domenica 9 maggio 2010

Defibrillatore e Aereporti.

Il corredo che mi fu consegnato all'uscita dall'ospedale fu abbastanza dettagliato.
Avevano pianificato praticamente tutto di ciò che avrei dovuto fare nei mesi successivi, dai controlli coronografici, alla riabilitazione fino alla terapia per tutto l'arco di un anno.
Per finire si erano "appropriati " della mia macchina usando, nella lettera di dimissione la frase : "si sconsiglia la guida fino al prossimo controllo". Nessun rancore, sia chiaro, solo un modo di dire.

Mi fornirono inoltre un cartoncino, che dovevo portare sempre con me, che attestava il fatto che ero un portatore di defibrillatore (genericamente definito Pacemaker). 
In esso sono riportate informazioni relative al modello, la data dell'impianto, il numero di telefono da chiamare in caso di emergenza. 
Dovevo presentarlo in caso di check-in negli aereoporti per evitare l'attraversamento degli detector o altre situazioni in cui dovevo attraversare dispositivi simili che potevano disturbare il defibrillatore.
L'altra raccomandazione fu quella di tenere il cellulare il più possibile lontano dalla parte sinistra del petto, zona dell'impianto, per evitare possibili interferenze.

In ultimo mi assicurarono che di li a qualche mese mi sarebbe stato consegnato un modem in grado di trasmettere i dati di funzionamento ed eventuali anomalie a un centro di controllo  via internet.
Da tecnologo quale sono, la cosa mi affascinò non poco e mi ripromisi di chiedere ulteriori informazioni al momento della consegna. Ad oggi la consegna non è ancora avvenuta, vivo "sconnesso" dal centro di controllo, ma sinceramente l'interesse si è un pò affievolito visto che vivo bene lo stesso e soprattutto gli ultimi controlli sono stati molto positivi.  
Insomma l'icd che mi porto addosso è una sorta di talismano, che per bizzarria di qualcuno, ma soprattutto del  mio cuore, porto direttamente connesso al cuore. Bene.

Fu  così che versò  metà novembre ebbi la possibilità di fare un viaggio lampo a Parigi, per motivi di lavoro.
Parigi è una città che amo in modo particolare e poterla assaporare anche per una cena e pochi passi lungo i Campi Elisi mi fece molto piacere. Viaggiai da solo e un  pomeriggio mi presentai a Venezia, aereporto Marco Polo, dopo aver validato il biglietto, alla barriera di check in.

Aspettai il mio turno e quando giunsi quasi al termine della serpentina che governa la coda, attirai l'attenzione di uno degli addetti. Gli mostrai il cartellino e questo in modo discreto si prese cura di me, facendomi mettere sul nastro trasportatore più oggetti possibili sino alla cintura e alle scarpe. 
Quindi in calzini mi fece superare al barriera dei detector attraverso una porta di servizio e nella zona successiva fui accuratamente perquisito.
Superato il tutto ci misi un bel pò a recuperare le mie cose e ritornare presentabile senza dimenticare niente, presi la cosa con calma ma non posso negare di essermi fatto prendere da un  pò d'ansia.

Il viaggio poi andò molto bene, la serata passò con una cena in un buon ristorante e il giorno successivo l'attività lavorativa si concluse appena dopo pranzo.
L'aereo di ritorno era verso sera e quindi avevo il tempo di fare due passi lungo i Campi Elisi poco lontani da dove mi trovavo.
Li percorsi completamente, trascinandomi il trolley che avevo con me. Arrivai verso l'Arco di Trionfo e pensai vedendo le persone sulla sua sommità  : " Ci sarà di certo un ascensore che porta su !".

Presi il biglietto e immediatamente realizzai che l'ascensore non c'era e si saliva attraverso delle strette scale.
Cominciai la salita con la valigia in mano, avevo un pò di batticuore e intervallai la salita con frequenti pause. Arrivai in cima senza particolari patemi.

Ammirai il panorama, scattai qualche foto, poi con calma scesi, ripercorsi il viale quasi completamente, poi quando lo ritenni opportuno con un taxi raggiunsi l'aereoporto.

Qui mi ripresentai al check in e anche in questo caso in prossimità del mio turno presentai la tessera.
La persona la prese, la scrutò, pensò un attimo poi a gran voce avvertì i suoi colleghi :
"Qui c'è un portatore di pacemaker!" ( io capisco poco di francese ma disse qualcosa di molto simile)

" Alla faccia della privacy !", pensai tra me e me, ma non feci una piega e assecondai le richieste del controllore.
La scena fu più o meno simile a quella di Venezia, scarpe comprese.
Il viaggio di ritorno fu tranquillo e in tarda serata fui di nuovo a  casa.

Io ho viaggiato abbastanza in aereo, ma non sono mai riuscito a vincere la paura di volare, tanto che molte volte vivevo l'attesa quasi come una sorta di "ultimi momenti di vita prima dell'esecuzione".

Realizzai, solo al ritorno, che nulla di tuttò ciò mi era mai passato per la mente durante quei due ultimi voli.
Ciò che deve succedere succede, non vale la pena preoccuparsene.

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