venerdì 30 dicembre 2011

La passeggiata spaziale


Il voler diventare tutto d’un pezzo : sicuri di se, capaci di decidere, incuranti di ciò che dicono gli altri ma soprattutto fautori in tutto e per tutto del nostro futuro mi fa tornare alla mente l’astronauta che protetto dalla tuta spaziale e con un’enorme riserva di ossigeno riesce a vagare nello spazio vuoto senza timore di precipitare.
Appunto il vuoto è lo  spettro che può tormentare gli uomini perfetti, capaci di essere insensibili a un’amicizia o indifferenti a un’amore.
In due si vive meglio, anche se con un po’ di difetti equamente distribuiti e qualche lite utile a schiarire le acque quando tentano di intorbidirsi.
Quello che conta è l’amore e il rispetto reciproco, aspetti della vita che trasformano il vuoto in un solido prato verde, dove al massimo ci si può rotolare senza farsi alcun male.

La domanda vera è........

.....per chi batte veramente il cuore ?


............. ma, restando un po' in silenzio, il cuore, che lo sa bene,  ce lo può svelare senza ombra di dubbio......


......il resto non conta niente.

Fine Anno - Parte Terza


“Se vogliamo salvaguardare il nostro posto di lavoro, dobbiamo abbassare i costi”.

Già le previsioni del prossimo anno erano state fatte con parsimonia e l’obiettivo di ottenere il necessario con il minimo costo.
Un po’ di evoluzione c’è e ci deve essere anche nei momenti di crisi nera. Qualcuno dice che proprio nei momenti neri si dovrebbe produrre il massimo sforzo, investendo quanto possibile, per essere pronti ad aggredire la ripresa.
Nelle aziende moderne il successo non è frutto di strategie industriali. Queste servono solo a riempire le presentazioni PowerPoint. Le strategie degli ultimi anni sono state puntualmente disattese. Si naviga a vista nel bene (strategie evolutive) e nel male (scoprendo all’ultimo momento i problemi economici).
Insomma c’è da chiederci a cosa servano le mega strutture delle grandi aziende se l’obiettivo è quello di non farsi travolgere dalla tempesta.
Forse dai manager inutili potrebbe cominciare parte del risanamento economico. Ci siano o non ci siano il risultato non cambia. Bastano poche teste ma buone, e quelle, qualunque capo di azienda è in grado di individuarle con il solo buon senso.

Poi c’è la delocalizzazione, lavoro Italiano spostato verso paesi dove le stesse cose si fanno a minor costo.  Lavoro straniero che produce mobilità italiana.

I costi sono talmente vantaggiosi  che per far lavorare del personale nel Far East si mette in piedi una sorta di passa-mano informativo in cui chi prepara il lavoro per i poveri, può nello stesso tempo, produrlo direttamente con una qualità forse migliore.
Si sta scoprendo, nel settore alimentare, la qualità e la convenienza dei prodotti a Km. 0.
Penso che lo stesso modello, possa ormai essere applicato anche in alcuni processi industriali, che oggi sono distribuiti nel mondo e in continua migrazione, sempre alla ricerca di un povero ancora più povero.

giovedì 29 dicembre 2011

Fine Anno – Parte Seconda

Il cuore quello sano, continua a funzionare benissimo. Non si è preso nessuna pausa, di sua spontanea iniziativa. Ha continuato a battere, regolare, rallentato un po' dai medicinali un po’ per indole acquisita da anni di maratone. Farlo andare piano è un "trucco" per farlo durare di più, mi dissero i medici, quando mi spiegarono il motivo delle pastiglie di Beta Bloccante. In fondo non si tratta che far durare di più una pompa idraulica difettosa. 
E’ vero, qualche volta inciampa, soprattutto quando corro e voglio fare i primi metri in testa alle gare domenicali. Lo sento dietro allo stomaco, distintamente annaspare, come tossisse.  Rallento con il tardivo senso di rispetto che mi caratterizza e attendo che ritorni nell'anonimato della regolarità dei battiti. Altre volte sembra stanco, di suo, desideroso di rallentare, e avverto in quei frangenti un vuoto prolungato che a volte mi fa dire al mio interlocutore : “Aspetta un secondo che qualcosa non va”, Premo con la mano sulla bocca dello stomaco, come a voler sistemare un oggetto fuori posto, finché tutto ritorna normale. Sono questi gli unici momenti in cui vivo un po’ di paura e per qualche attimo attendo quel “Giramento di Mondo” capace di portarmi via. Invece tengo duro, in silenzio, come quando si è prossimi a scollinane sopra una forcella, sperando che di li a poco cominci la discesa.
La parte bionica : ICD e modem di controllo, invece, fanno il loro dovere. Il primo trascrive ciò che vivo l’altro scarica dati e li invia al centro di controllo.
Forse un giorno potrei ricevere una telefonata del tipo: “Abbiamo un problema, passi da noi al più preso”, ma ad oggi sono convinto che il mio cuore di suo non si fermerà se non l’ultima volta, ma forse nemmeno per colpa sua.
Semmai il problema sono io con i miei eccessi che per qualcuno non sono altro che rabbia, mentre per altri invece appartengono alla sfera della gelosia. In fondo potrebbero essere la conseguenza di grosse delusioni o un misto di tutto quanto sopra elencato.
Niente di unico ne particolare, solo il dolore per un distacco ormai irreversibile.

L’ICD registra, come un bravo stenografo, tutti gli eventi negativi, tutti i momenti in cui sono stati superati i valori di soglia.  Probabilmente, solo la breve durata dei fenomeni, non fa scattare la scarica moralizzatrice. Restano comunque le registrazioni che guarda caso riguardano momenti di tensione e di dolore, non la fatica di una corsa lunga 20 km o la salita al Velo della Madonna sulle Pale di San Martino.
Che strano ‘sto cuore che distingue quando batte per far star bene da quando invece batte a causa di ansia, agitazione e dolore.

Fine Anno - Parte Prima


Fine dell’anno, fine di un triennio. Continua la vita con la voglia rinnovata di questi ultimi tempi, solo un po scalfita da qualche aspettativa regolarmente frustrata.
Basta rifiatare un po, buttare qualcosa che sembrava avere un significato particolare e guardare avanti.
Non posso dimenticare e trascurare i miei progetti che non devono essere intaccati da questi inciampi.
Lentamente le scorie se ne andranno una alla volta.
Alla fine la smetteranno di minare di tanto in tanto i miei giorni alimentando falsi entusiasmi, ricchi di creatività, ma apprezzati quasi per scherno.
Chissà quanta strada manca e dove finirò la corsa.

Le sorprese si fanno alle persone amate.

Attorno a me non c’è più nessuno.


Ritornerò sui libri.

lunedì 26 dicembre 2011

La corsa dei bicchieri


E’ abbastanza strabiliante che alle 8.30 del mattino ci siano già migliaia di persone che corrono incuranti della temperatura sotto zero. Lo è ancor di più se ciò accade il giorno di Santo Stefano, uno dei giorni di vacanza per eccellenza.
Le corse programmate erano un paio, pure distanti fra di loro. Gli affezionati della corsa erano accontentati, ma non pensavo di essere tra gli ultimi a partire a Casalserugo, appunto alle otto e mezza.
Nonostante la mancanza di allenamento, ho scelto di percorrere di corsa i dieci km del percorso medio.
Faceva freddo ma si correva senza fatica e ben presto il freddo lasciò il posto a un tepore da faceva star bene. C’erano podisti  imbacuccati come stessero marciando verso il Polo Nord mentre altri in tenuta quasi estiva sembravano incuranti del freddo.  Succede qualcosa di simile anche alle corse estive quando  ci si trova a correre con persone eccessivamente vestite.  Di gente strana ce ne a tutte le stagioni.
Al primo ristoro, che giunse ben presto, per il rotto della cuffia trovai  ancora dei bicchieri per poter bere del the caldo. Tutto era stato saccheggiato da coloro che mi avevano preceduto.
Cosa sarebbe successo al ristoro successivo ?  Bisognava accelerare il passo e rimontare un po’ di gente. Così per un buon tratto la corsa si tramutò in una gara contro la riserva di bicchieri del ristoro successivo.
In quel tratto mi riuscì di rimontare qualche centinaio di persone e giunto al secondo ristoro, pur trovando i tavoli completamente razziati di ogni vivanda, c’erano comunque sufficienti bicchieri per bere del  the caldo.
Gli ultimi tre chilometri passarono senza particolari difficolta, alternando accelerazioni a periodi di recupero.
Con oggi sono ritornato a correre, dopo qualche esperienza di camminata e un tentativo di Nordic Walking.
Correre, in ogni modo, quando è possibile è fonte di benessere e soddisfazione.
“Se fa strada !!”

domenica 25 dicembre 2011

IPOD Playlist

le donne lo sanno
che niente è perduto
che il cielo è leggero
però non è vuoto
le donne lo sanno

le donne l'han sempre saputo

vogliono ballare un po' di più
vogliono sentir girar la testa
vogliono sentire un po' di più
un po' di più  


Le donne lo sanno - Ligabue

Buon Natale


giovedì 22 dicembre 2011

Il sonno dell'allodola


Studiando il ciclo del sonno mi sono reso conto che proprio nel ciclo ho qualche problema.
Ho imparato le quattro fasi che lo caratterizzano e il sonno REM (Rapid Eyes Movement) durante il quale si sogna ma è anche il periodo in cui è minore il controllo dei muscoli, rendendoci simbolicamente più indifesi.

Il ciclo del sonno ha circa una durata di 90 minuti, al termine del quale passando attraverso la fase REM si ritorna alla Fase 1, quella il cui il sonno è più lieve.
Quando si è invece nella Fase 4, è il momento in cui si dorme “di gusto” e si fa più fatica a svegliarsi.
Una persona normale durante una notte può avere dai 4 ai 6 cicli completi.
Ciò significa che può dormire dalle sei ore e mezza fino a più di nove ore.

Coloro che si svegliano molto presto al mattino sono qualificati come “Allodole”, mentre le persone che tendono ad andare a letto tardi, svegliandosi quando il sole è già alto, sono definiti “Gufi”.

Ciò che invece succede a me è qualcosa non in linea con gli studi scientifici. Di norma  di questi tempi mi addormento verso le undici e trenta ma, ahime, mi ritrovo già sveglio poco dopo le quattro.
Fatti i debiti conti mi manca un ciclo, ma soprattutto non ho la percezione e nessun ricordo che mi riconduca ai sogni della fase REM.
Senza dubbio mi posso definire Allodola, visto il risveglio tanto precoce, ma in cuor mio non auguro nemmeno a un’allodola le mie alzatacce.
Come recuperare un ciclo e diventare una allodola più umana ? Questo è il problema …….
Forse basta convincere l'allodola  a prendere 20 gocce.

mercoledì 21 dicembre 2011

I soldi non sono tutto


I soldi  non son tutto, mi ripeto ogni qualvolta, e succede abbastanza spesso, dimentico di ritirare i soldi dallo sportello del Bancomat.
L’essere sovrappensiero o in preda alla fretta di arrivare chissà dove, mi fa concentrare solo sul ritiro della tessera Bancomat, che con cura rimetto nel porta documenti.
Fatta l’operazione mi avvio per la mia strada senza curarmi di prelevare i soldi che nel frattempo hanno fatto capolino dallo sportello. Sono talmente veloce che riesco ad andare prima dell’apparire dei soldi, che potrebbero attirare la mia attenzione.

Non sempre mi rendo conto dell’errore immediatamente. A volte, se i soldi non mi servono, possono passare molte ore.
Stamattina ho rifatto l’errore. Me ne sono accorto solo a mezzogiorno passato.
Fortunatamente telefonando alla banca, ho potuto verificare che i soldi non erano stati prelevati da nessun altro e dopo qualche  decina di secondi erano ritornati all’interno.

Rientreranno, con un po’ di pazienza, sul conto.
Anche stavolta è andata bene ! Ed è già la seconda !

domenica 18 dicembre 2011

Cesena - Inter 0 : 1

Si va avanti a piccoli passi. Sei partite, cinque vittorie.
Diciotto goal fatti, diciotto segnati. Gli attaccanti segnano poco mentre i difensori tutti intenti ad attaccare si dimenticano di fare i difensori.
Il capocannoniere è Milito con 3 goal di cui 2 fatti su rigore che in classifica marcatori sta tra i dimenticati.
Nonostante i numeri si sta tra il quinto e il sesto posto, a soli 10 punti dalla capolista, che evito di nominare.
E' una situazione molto simile a quelli che dicono : " Anche oggi ho mangiato, domani si vedrà".
Il domani di questa squadra non c'è o non ci è ancora stato trasmesso o non lo abbiamo ancora capito o voluto capire.
Il futuro spero sia caratterizzato da un profondo cambiamento che porti a cambiare ciò che va cambiato, puntando su un tecnico nuovo, senza lasciarsi andare ai sentimentalismi o alle minestre riscaldate.

giovedì 15 dicembre 2011

La persona speciale


Bisogna essere un uccello o un’acrobata per apprezzare una scala appoggiata alle nuvole.
Ma una salita così originale può far sognare una scorciatoia verso il cielo.
Un tempo mi sentivo una persona speciale perché pensavo di poter salire ovunque senza il timore di cadere.
Anzi, se fossi salito fin lassù, con un po’ di coraggio avrei potuto  tentare di imparare a volare,  come se nulla mi fosse precluso. Anche la caduta non mi spaventava,  ero convinto in ogni caso di cadere in piedi.
Sono salito su una scala del tutto simile, ma  la realtà è stata diversa. Non ho imparato a volare e la caduta è stata rovinosa .
Per volere del Destino, il tonfo non è stato fatale e rialzatomi ho dovuto curare le ferite più di quanto immaginassi. Ancor oggi non tutte sono completamente guarite.

Il tempo non è passato invano e oggi mi sento una persona speciale, soprattutto perché mi è stata data la possibilità di rendermi conto di non essere una persona speciale.



"Ed il più grande
conquistò nazione dopo nazione,
e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione
perchè più in là
non si poteva conquistare niente;
e tanta strada per vedere un sole disperato
e sempre uguale e sempre
come quando era partito."


Stranamore - Roberto Vecchioni

mercoledì 14 dicembre 2011

Presepe

Non vuole essere Mobbing nei confronti del Bue e dell'Asinello.

L'evoluzione culturale


Quando ho incominciato a lavorare, nel 1979,  la Micromp, questo era il nome della ditta, occupava un area destinata a negozio, con tanto di vetrine, al piano terra di un palazzo di un paese del veneziano.
Eravamo in otto, di cui 4 erano accaniti fumatori. Uno di questi  fumava la pipa, non senza darsi un po’ di arie affermando che, la pipa era meno dannosa delle sigarette.
Il negozio, anzi l’azienda, era perennemente satura di fumo . C’era chi si costruiva direttamente le sigarette, partendo dalle cartine e il tabacco e chi, invece, era capace di fumarsi un pacchetto di Gauloises al giorno.
Noi non fumatori non avevamo voce in capitolo, eravamo nostro malgrado degli accaniti fumatori passivi.
A quei tempi, il mio medico visionando una radiografia al torace, mi chiese quante sigarette al giorno fumassi e faticai a convincerlo affermando di non aver mai toccato una sigaretta in vita mia.
Erano gli inizi degli anni Ottanta e da allora l’atteggiamento verso il fumo e i fumatori è radicalmente cambiato. Ora, quest’ultimi, vivono in una sorta di riserva protetta, come fossero portatori di una malattia infettiva da controllare e per evitarne il contagio.
Oggi nel corso di una riunione che parlava di sicurezza sul lavoro a cui erano presenti i rappresentanti dei lavoratori, dei sindacati e dell’ufficio personale, qualcuno ha evidenziato come spesso qualche lavoratore si rifugiasse in bagno a fumare, trasgredendo le regole aziendali.
Le prove erano inequivocabili.
“Come sono cambiati i tempi!”, ho pensato ricordando i tempi della Micromp.
“Chi non rispetta le regole, va segnalato. Ognuno si renda responsabile del rispetto delle regole !”, tuonò con voce solenne il rappresentante dell’ufficio personale, che quasi con tono di sfida continuò:


“Datemi i nomi che li licenziamo!”.


In un primo momento, considerai la minaccia fuori luogo, troppo severa per un peccato che, nonostante il mio passato di fumatore passivo, consideravo del tutto veniale.
Poi ripensando a come i tempi fossero cambiati ho dato un senso a quella minaccia e sorridendo dentro di me mi son detto :
“E’ vero i tempi sono cambiati, oggi si sente molto di più il bisogno di licenziare !”.

lunedì 12 dicembre 2011

Il Brodo di Arquà Petrarca


Non sapevo che la patria del Brodo di Giuggiole stesse cosi vicino a casa.
Tanto meno immaginavo che il paese in questione fosse Arquà Petrarca, un paese situato nei Colli Euganei, che deve il suo nome e la maggior parte della sua fama per essere stato dimora, non so per quanto, del poeta Francesco Petrarca.
Il paese ha, in alcuni tratti architetturali, una parvenza medioevale: mura costruite con sasso o con pietre a faccia vista. Qualche viuzza stretta si inerpica su per i colli.
Non mancano i riferimenti al poeta che vanno dall’ agriturismo Franciscus fino ad arrivare al bar centrale intitolato a Laura.
La casa del Petrarca, che vista da fuori non doveva essere sicuramente una casupola, è oggi un museo e sta a qualche centinaio di metri dal centro.
L’altro personaggio di rispetto del paese sono le Giuggiole. Gli alberi di Giuggiole superano di gran lunga qualsiasi altro tipo di vegetazione. Dalle Giuggiole si produce l’omonimo “Brodo”, liquore venduto praticamente a ogni angolo.
Passeggiando per le strade del paese e spingendosi anche un po’ fuori, si ha la sensazione che le giuggiole non siano così tanto amate, notando quante siano quelle lasciate appassire sui rami degli alberi. Infatti molte sono quelle non raccolte, tanto da farmi sorgere il sospetto che nell’ apparente noncuranza si celasse il segreto dell’infuso: prodotto da frutta lasciata “macerare” al freddo dell’inverno.
Quando, finita la passeggiata ho cercato di chiarire il perché di tanto spreco, un signore del posto ha liquidato la questione spiegandomi che, per le giuggiole il tempo di raccolta è molto breve, passato il quale appassiscono e non sono più buone.
“Niente di più semplice “, ho pensato, mentre fino a quel momento avevo immaginato strane pratiche di preparazione.
L’infuso, una volta assaggiato, sminuisce un po’ il senso che di solito si associa al detto “andare in brodo di giuggiole”. La realtà quasi sempre sminuisce il sogno.

sabato 10 dicembre 2011

Più Quattro


Il termometro della carrozzeria segna +4. Sono le 21.37.
“Non sembra così freddo”, penso, notando il valore della temperatura.
“Magari non sì è ancora dissolto il tepore che mi porto appresso da casa “, rimugino soffermandomi un attimo davanti al capitello della Madonna che sta nell’ampio parcheggio. La provinciale è vuota, solo un paio di macchine sono passate, negli ultimi cinque minuti, l’andatura era di chi non ha una meta precisa e per questo indugia sperando che il caso schiarisca il destino.

La crisi, di cui si parla tanto, sembra qualcosa che non ci riguarda. Molti ancora non ci credono. E' come se fossimo divisi in due squadre, una che può permettersi di giocare con le nuove maglie, l'altra che deve entrare in campo con le scarpe rotte.
Quello che far star male è il fatto che non fa scalpore una simile disuguaglianza. I ricchi e i poveri sono diventati, nella nostra cultura, due istituzioni sanciti "dalla legge".
Il malessere, nella nostra società, ha fatto molta breccia, tanto da minarne la cultura. Ripensare a qualcosa di diverso e più equo sarà difficile senza forti contrapposizioni.

Il pomeriggio è passato un po’ stando sui libri, un po’ senza curarmi dì niente. Più di una volta avrei potuto , dovuto uscire, ma senza necessità impellenti, ho preferito fare “poche cose”, come ieri mi ripeteva mio figlio.
“Chissà se è una forma di pigrizia di un bimbo o un karma da appendere alla mente?”, mi sono chiesto.
Visto cosi può fare il paio con il detto :”Fare poche cose ma bene”, oppure potrebbe sembrare la raccomandazione a mettere in fila le cose della vita considerando quelle veramente importanti che, a contarle, stanno sulle dita di una mano.

Se non avessi ascoltato mio figlio ieri avrei vagato un po’ alla rifusa per negozi a prendere cose di cui ancora adesso non sono convinto, stancandoci entrambi.

Alla fine ascoltando le sue necessita ho potuto riconsiderare anche la mia giornata traendone giovamento.

I piccoli


I figli da piccoli amano essere presi per mano. E’ un modo per essere guidati, rassicurati, accarezzati.
Noi adulti, genitori spesso poco attenti a queste necessità dei piccoli, tendiamo a volerli farli viaggiare alla nostra velocità, senza essere consapevoli di quanto poco automatizzate siano le percezioni e le azioni di chi sta apprendendo l’ambiente che lo circonda.
Capita anche il contrario, ve lo assicuro. Succede di prendere per mano un figlio, per essere “presi per mano”, cercando il conforto di chi teme di entrare da solo in una stanza buia.
Esistono anche negli adulti percezioni e sensazioni che nemmeno secoli di vita renderebbero automatiche.

martedì 6 dicembre 2011

Note


Equità

Le parole sono segni arbitrari che servono a descrivere la realtà che ci circonda. Le parole sono parte della cultura e permettono quella comunicazione capace di trasmettere la cultura tra i vari componenti di una società o una comunità.
Ma non sempre il significato delle parole riamane inalterato tra chi condivide la stessa cultura. Spesso l’interpretazione ha bisogno di un contesto di riferimento. La stessa parola assume sensi diversi al variare del contesto.
Però ci sono parole che consideriamo segni inconfutabili di certi valori universali. Parole che pensiamo inattaccabili da qualsiasi contesto.
Equità è una di queste. Forse la parola che più di ogni altra è passata di bocca in bocca di questi tempi.
E’ diventata per molti simbolo di speranza e  di rinascita mentre per altri si è trasformata nello spettro di un ridimensionamento.
Alla fine, fatti alla mano, non è diventata ne speranza, ne rinascita ma nemmeno  il tanto temuto ridimensionamento.
Ha così mantenuto il significato ambiguo di sempre in un contesto dove l’iniquità è omologata dalla cultura malata di una società che non sa più guardarsi dentro.


Crisi

Le crisi di qualunque tipo siano vanno affrontate quando compaiono i primi sintomi.
Le crisi sentimentali senza un continuo dialogo rischiano di esplodere senza possibilità di recupero se per troppo tempo non si risolvono o chiariscono le incomprensioni.
Non resta a volte che accettare il destino più difficile : il distacco per gli amanti in crisi, il fallimento per tutte quelle imprese che senza alcuna lungimiranza cercano soluzioni "tattiche" evitando volutamente di rivedere le strategie a lungo termine.

I tentativi di recupero come pure le contromisure più di facciata che di sostanza, non fanno che allungare l’agonia, amplificando  le sofferenza senza modificare la fine già scritta.
Riconoscere per tempo il proprio fallimento può aiutarci a non farci sentire dei falliti.

domenica 4 dicembre 2011

Inter - Udinese 0 : 1

Ormai si perde una partita si e una no. In quella no o si vince per una botta di c. (vedi Siena) oppure si pareggia.
Anno, mi vien da dire nerissimo, con un futuro tutto da scoprire.
Il fatto che ci manchi la partita con il Genoa, non può essere motivo di speranza.
A Genova sarà difficile e non sempre la fortuna ci sarà amica.

Emblematico lo scivolone di Pazzini nel momento di calciare il rigore.
"Può succedere", "Non ce ne va dritta una", e potremmo continuare con una lunga lista di lamentele.
In realtà non c'è l'Inter e forse non c'era nemmeno l'anno scorso se non ci fosse stata l'annata eccezionale di Eto'o.


venerdì 2 dicembre 2011

La negligenza


La signora Laura, questo era il nome riportato sul cartellino, scivolato un po’ in disparte sulla sinistra dello sportello, mi indicò con precisione, segnando delle minuscole crocette, dove dovevo firmare.
Questo tipo di indicazioni mi rassicurano, quando, preso un po’ dalla fretta, voglio far presto senza prestare molta attenzione a quello che sto facendo. 
In fondo il mio scopo era quello di riavere la Carta di Identità persa qualche giorno addietro.
Consegnate le tre foto “uguali”, in pochi minuti la carta di identità si materializzò e,  dopo l’ultima firma “ufficiale” sul documento stesso, arrivò il momento di pagare.
“Purtroppo, ti devo far pagare il doppio, nella denuncia è dichiarato lo smarrimento e in questo caso si paga la negligenza”.
“Quanto ti devo”, chiesi un po’ contrariato, ma senza polemica.
“Sono 10 euro e 80 centesimi”, mi rispose e , mentre cercavo nelle tasche del cappotto i soldi, pensavo a quello che avevo dichiarato al carabiniere due giorni prima :
“Non posso affermare che il portafoglio mi sia stato rubato, quindi presumo di averlo perso”.

Riposi i soldi sul tavolo e, mentre attendevo i venti centesi di resto, pensai di verificare un sospetto :
“Se nella denuncia avessi dichiarato che il portafogli mi era stato rubato?”
“Avresti pagato la metà, perché non si trattava di negligenza”.

Ringraziai la signora per la sua gentilezza e uscendo pensavo che la mia presunta “negligenza” era stata punita dallo Stato con una tassa che valeva il doppio di quanto avrei dovuto normalmente pagare.
Paragonando la sanzione a quella di molti grandi evasori che, se scoperti, riescono invece ad evitare l’aggravio, ottenendo altresì  grossi sconti, dallo Stato su quanto dovuto, ho formulato la seguente regola:

"Più è grande la 'negligenza' , minore è, in rapporto, la sanzione applicata”.
Quindi …..

Sulla Depressione

Il più grande torto che Elifaz e i suoi amici hanno inflitto a Giobbe è stato quello di impedirgli di credere alla propria versione dei fatti.
E' quello che i medici della depressione vogliono da te.

Chiama il tuo dispiacere una malattia. O no.
Prendi le pillole. O no.
Vai da un terapeuta. O no.

Ma qualunque cosa tu faccia, quando la vita ti mette in ginocchio, cosa che di sicuro succederà, cosa che forse deve succedere, non accontentarti di pensare di avere il cervello malato.
Ricorda che è solo una storia.
Puoi raccontare la tua e penso proprio che sarà più bella di quella che hanno prodotto i medici della depressione.

(G. Greenberg - "Storia segreta del male oscuro")

mercoledì 30 novembre 2011

Tutto Ok


La sera precedente mi ero ripromesso che di buonora, il mattino successivo, dovevo procurarmi i soldi che mi servivamo. Sarei andato in bicicletta, non potendo usare la macchina, tanto lo sportello Bancomat era a poco più di un chilometro. Fu così che svegliatomi di buon mattino, come ormai ero solito, dopo una breve lettura, mi ricordai di quanto mi ero programmato la sera prima.

In pochi minuti, ero pronto e ben imbacuccato. Così conciato, il freddo non mi avrebbe fatto paura. Rinchiusi la porta di casa con cura. Avevo superato ormai il timore di chiudermi fuori, che provavo quando vivevo nella casa precedente, dove ogni ogni volta che uscivo, chiusa la porta, ero preso dal timore di aver lasciato le chiavi dentro. Solo una volta, per fortuna era estate e le finestre erano aperte, sono dovuto rientrare dalla finestra. La casa nuova si chiude solo con le chiavi e, restare  fuori di casa, è praticamente impossibile.

Uscito, l’orologio della Carrozzeria , segnalava le 6.04 e di lì a pochi secondi comparve la temperatura : un grado sotto zero.
“Non fa nemmeno troppo freddo!”, pensai.
Poi, forse per evitare di dover scendere in garage, aprire la porta per prendere la bicicletta richiudendo tutto, mi incamminai lungo la provinciale, camminando contromano.
Accelerai il passo e di li a poco, dopo la curva a sinistra, mi ritrovai lungo il rettilineo che portava al paese. Era buio e solo in lontananza, in corrispondenza di una semicurva, si notava la luce dei lampioni.
Il freddo non pungeva e il camminare risultava piacevole. Da una delle poche case lungo la via, si fece avanti un cane, abbaiando. Aveva il cappotto. Era la prima volta che vedevo un cane con “l’abito da lavoro”. Di solito i cani indossano il cappotto quando escono con il padrone a passeggiare.

Quando arrivai in paese, l’orologio del campanile non faceva ancora le sei e mezza. Osservai da lontano se una delle pasticcerie fosse a quell’ora già aperta. Le insegne della prima,  la più vicina, erano accese e quando ci arrivai davanti vidi, da fuori, che già due clienti stavano discutendo con il barista.
Decisi che mi sarei fermato al ritorno, per quel mattino decisi di far colazione al bar, come non succedeva da un po’ di tempo.

Al bancomat “non c’era coda” e come al solito prelevai ciò che mi serviva, nemmeno una lira in più. Sono solito di questi tempi girare con pochi soldi in tasca, convinto del fatto che meno ne ho, meno sono le tentazioni di spenderlo.

Appena imboccata la strada del ritorno, dopo pochi metri mi capitò di affiancarmi ad una persona che stava avviandosi nella mia stessa via. Era di carnagione scura. quando lo vidi da vicino pensai potesse essere o indiano o pachistano. Poteva avere poco più di vent'anni.
Incrociando lo sguardo mi disse : “Buongiorno , come va ?”. Parlava un italiano stentato, di chi lo sta imparando da poco, incespicando tra vocaboli e regole.
Era vestito con un giubbotto arancione, simile a quelli usati da chi lavora lungo le strade, fosforescente, utile per farsi riconoscere da chi ti sfiora in macchina.
Rispondendo al saluto chiesi :
“ Già al lavoro a quest’ora ? Quando finisci ?”.
Mi incuriosiva cosa mai potesse fare quel ragazzo venuto da così lontano e quanto  potesse arridergli la vita qui da noi, rispetto a quella che aveva lasciato, vedendolo recarsi al lavoro con un passo già stanco a quell'ora del mattino.
Che ingrata la vita per molti che, provenendo da culture e situazioni drammatiche, arrivano nei nostri paesi e apprezzano condizioni di vita per noi inaccettabili.
Ricordando la Canzone “Born to run” c’è da chiedersi quanto sia ancora lunga la strada per molti emarginati prima che possano vivere in un mondo giusto, che certo non è la realizzazione del successo americano cantato nella canzone di Springsteen.

“Alle quattro e mezza”, rispose prontamente ripetendo la frase un paio di volte, forse temendo di non essere capito.

Per qualche istante fui tentato di invitarlo a far colazione o a bere un caffè. Lasciai stare, forse a causa dei soldi contati che tenevo in tasca. Il ragazzo si allontanò, con passo lento, lungo i portici, mentre io entrai in pasticceria.
La colazione non durò che qualche minuto, poi ripresi con passo spedito la strada di casa.
Il cielo stava rischiarando a est. Si intravvedevano strisce di nuvole che velavano appena le prime luci dell’alba. La strada invece rimaneva buia e rade erano le macchine che la percorrevano. Notai poco più avanti i riflessi del giubbetto del giovane. Di lì a poco lo avrei raggiunto. Ripassai davanti la cane con il  cappotto, che non mancò di abbaiare.

Alla curva prima di casa raggiunsi e superai il giovine che salutandomi nuovamente, con la mano fece un cenno a significare : “Tutto ok”, prima di andare nella direzione opposta alla mia.

“Tutto bene”, pensai, ricordando quante volte mi sono sentito abbandonato dal mondo per cose insignificanti che sembravano indispensabili alla mia sopravvivenza.

domenica 27 novembre 2011

Nordic .... che ?


Di questi tempi,  non so perché (o forse si), di correre non ci ho voglia.
Non è finito un amore, mi è solo passata la voglia di far fatica, soprattutto affrontando corse domenicali senza nemmeno uno straccio di allenamento.  Di sicuro sono certe condizioni esterne, che non riesco a governare, a  determinare questo mio comportamento, anche se cerco di considerare ciò che mi succede al netto di turbative provenienti da chissà dove. Non sempre ci riesco.
Così stamattina accettando l’invito per la solita corsa domenicale, ho cercato stimoli nuovi.
“Oggi provo il Nordic Walking”, mi sono detto. 
Così, rispolverati i bastoncini da trekking, li ho riposti con scarpe e maglietta nella borsa, deciso a intraprendere la nuova esperienza.
La decisione non era casuale. La motivazione era, in fondo in fondo, quella di non voler far fatica.
Così inventandomi la scusa del Nordic Walking, ho trovato il pretesto per portare con me i bastoncini per usarli come fossero delle stampelle, più che gli strumenti adatti al nuovo tipo di fitness.
Scelto il percorso più corto, sempre per la solita ragione, mi sono avventurato lungo sentieri pieni di saliscendi, usando i bastoncini come quando cammino in montagna, ma con un passo decisamente più svelto.
Mi sono divertito un sacco, faticando come e più se avessi corso, riproponendomi alla fine di ripetere l’esperienza.
Nel pomeriggio, leggendo su Internet la tecnica specifica del Nordic Walking mi sono reso conto che lo stile che avevo usato in mattinata niente aveva a che fare con quanto descritto.
A Barbisano, dalle parti di Pieve di Soligo, in provincia di Treviso c’era una moltitudine di persone come poche altre volte avevo visto. Corsa bellissima, giornata ideale, unico neo : i problemi di parcheggio, come ormai succede ogni domenica, determinati dalla invasione dei podisti.

sabato 26 novembre 2011

Storiellina

C'era una volta un cinese che andava a prendere la sotterranea; il compagno bianco gli disse che avrebbero risparmiato venti minuti, con l'espresso, e così presero l'espresso.
Quando uscirono al Central Park, il cinese si sedette tranquillamente su una panchina.
L'altro lo guardò, sorpreso.
"Be', " gli spiegò il cinese, " visto che abbiamo risparmiato venti minuti, possiamo starcene seduti un po' qui a goderci il parco"

Brano tratto dal libro : "A che gioco giochiamo" di Eric Berne

Dati e non solo


Da circa mezzo secolo uno degli obiettivi degli informatici è stato quello di organizzare, ordinare nonché memorizzare i dati nella maniera più idonea per essere modificati ma soprattutto per essere consultati.
Le basi dati (Database) sono diventate sempre più complesse ma soprattutto sono cresciute in quantità,  occupando spazi di memorizzazione sempre più grandi.  Questi sono  comunemente identificati  con i dischi che equipaggiano gli elaboratori.  Le unità di misura con cui sono stati misurati i volumi dei dati nel corso degli anni si sono evolute conseguentemente alla crecita e, mentre all’inizio l’unità di misura era il Megabyte (1 Milione di caratteri), oggi è sempre più comune l’uso del Petabyte. (1000 Megabytes= Gigabyte, 1000 Gigabyte = 1 Terabyte, 1000 Terabyte = 1 Petabyte; per calcolare il numero di caratteri basta fare la moltiplicazione ).
Questi tipi di Banche Dati sono quelle che supportano tutti i processi automatizzati all’interno di banche , assicurazioni e aziende di ogni genere e dimensioni, pubbliche e private.
Tutti i dati sono organizzati in unità logiche tra loro congruenti, e la ricerca è facilitata da altre strutture chiamate Indici, dove sulla base di chiavi di ricerca predefinite, vengono memorizzati i puntatori alle singole unità logiche (record).
Una simile organizzazione dei dati ha permesso di gestire in maniera controllata la crescita e l’ attendibilità dei dati, cruciale in molti casi per ciascuno di noi, basti pensare che così vengono gestiti i nostri conti correnti o le nostre informazioni sanitarie.
Conseguentemente  con l’avvento dei personal computer e di tutti quegli strumenti ausiliari alla produttività individuale (Word Processor per i testi, fogli elettronici, elaboratori di immagini, ecc..), nonché negli ultimi dieci anni alla crescente digitalizzazione del mondo che ci circonda (video, foto, segnali di controllo), le informazioni sono via via cresciute in maniera del tutto diversa dal mondo dei Database, ordinati e indicizzati.
Quest’ultimi sono definiti Dati Strutturati mentre le rimanenti informazioni (documenti, foto, ecc), che come vedremo tanto "rimanenti" non sono, vengono definiti Dati non Strutturati.
Ben presto lo spazio occupato dai Dati non Strutturati ha superato di gran lunga quanto occupato dai dati memorizzati nei Database, tanto che si stima, oggi, i Dati non Strutturati siano circa l’85 % del totale dell’informazione mondiale relegando al solo 15% la stima per i Dati Strutturati.
Per gestire questa nuova tipologia di informazioni sono nate così nuove tecnologie (gestioni documentali) che avevano l’obiettivo di controllare la crescita vorticosa. Anche queste soluzioni, pur mantenendo ancor oggi la loro validità, si sono rivelate incapaci di arginare il fenomeno .  In effetti non è possibile trattare e organizzare  i documenti come fossero dei record di un normale database e quando è possibile ciò è applicabile solo per un sottoinsieme di essi.
Oggi tutti i Dati non Strutturati sono lasciati dove si trovano. Quando sono accendibili via Internet possono essere catalogati e oggetto di ricerche attraverso i vari motori di ricerca che ne facilitano l’accesso e la fruibilità.
Facebook, i blog, la posta elettronica, i siti web 2.0, sono dei formidabili generatori di informazioni non strutturate che i motori di ricerca ci aiutano a setacciare. Ma il setaccio sembra non bastare più. Cercare e trovare, pur essendo un servizio utilissimo, non soddisfa più le necessità odierne e future.
Tutte queste informazioni che spesso contengono frasi , parole, dialoghi, immagini, video che veicolano spesso sentimenti, comportamenti e stati d’animo di milioni di persone, sono diventati appetibilissimi e oggetto di analisi sempre più raffinate.
Per elaborare queste quantità enormi di dati sono nati nuovi software e si stanno affinando nuove tecnologie di elaborazione, memorizzazione e ricerca. Questa nuova tipologia di dati non a caso è chiamata BIG Data.
I risultati di queste analisi probabilmente impatteranno  anche sulla vita di ciascuno di noi in quanto, sempre più, tutto ciò ce facciamo sarà veicolato attraverso la rete: dai pagamenti fino alle nostre chiacchierate via Skype o Facebook.  Viviamo e vivremo come se qualcuno ci stesse continuamente seguendo, annotando tutto ciò che facciamo.
Orwell non aveva previsto tutto in "1984 ".
Che ne sarà dei Dati Strutturati ? Qualcuno dirà prima o poi, quando le nuove tecnologie di memorizzazione saranno consolidate :
“Perchè non mescolare dati strutturati e non, usando la stessa tecnologia ? “
Così i Database e tutte quelle tecnologie che per più di 50 anni hanno contribuito a fare dell’informatica quasi una scienza esatta saranno definitamente messi da parte.

mercoledì 23 novembre 2011

IPOD Playlist

Ho messo via un pò di consigli
dicono è più facile
li ho messi via perchè a sbagliare
sono bravissimo da me.
Mi sto facendo un pò di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel pò di cose
ma non mi spiego mai il perchè
io non riesca a metter via te



Ho messo via - Ligabue

martedì 22 novembre 2011

Il fuoriclasse


Quando una partita di calcio non va per il verso giusto, e la propria squadra sta perdendo, il più delle volte ci si affida ai miracoli che, in quanto miracoli, sono molto difficili se non impossibili da realizzarsi. Quando ancora le speranze non sono del tutto andate, si è soliti individuare chi, tra gli undici in campo, possa essere considerato il maggior responsabile della débâcle.
Talvolta, fatta la dovuta selezione, si ne invoca a gran voce la sostituzione pensando che il sostituto possa portare linfa e energie nuove, tali da raddrizzare il risultato.
La richiesta diventa spesso tanto più alta tanto più si ritiene che tra i giocatori in panchina ci sia un fuoriclasse o un potenziale talento.
Questo succede quando gli allenatori tendono a risparmiare campioni ormai sulla via del tramonto o quando, consci della capacità di un giovane, non vogliono rischiarlo nelle partite dove serve soprattutto l’esperienza.
In entrambe queste situazioni la tendenza è di utilizzare campioni o presunti tali solo nella parte finale delle partite.
Ma quando la situazione sembra ormai compromessa, ecco che giocare carte simili, rinfocola le speranze dei tifosi e il povero prescelto, nonostante tutte le sue doti, si sente gravato di una enorme responsabilità.
Anche in questo caso i miracoli sono restii ad avverarsi e, il più delle volte, la partita finisce male come già si era indirizzata, senza che i nuovi entrati possano incidere in qualche modo nel risultato.

Pensavo a questa metafora analizzando la situazione italiana, le aspettative che tutti noi abbiamo verso il nuovo governo e a quanta è stata la foga con cui abbiamo richiesto le dimissioni del governo precedente.
Gli italiani, con il governo Monti sono convinti di aver fatto entrare il fuoriclasse che tenevano inutilmente in panchina. Tutti stanno aspettando il gol risolutore che, pur senza farci vincere la partita, ci porti almeno al pareggio, salvandoci da una figuraccia agli occhi del mondo intero.
Nel frattempo, la sola entrata in campo, non sembra abbia portato nessun beneficio apparente. L’economia è sempre più in crisi e la situazione internazionale non mostra miglioramenti significativi, anzi, molti sono convinti che il peggio non sia ancora arrivato.

Ora aspettiamo impazienti le prime azioni concrete capaci di farci sognare.
Di certo, questa volta, noi non potremmo rimanere inermi spettatori, in attesa di un goal o dell’assist risolutore. Lo spettacolo sarà talmente eccezionale che, per assistervi dovremmo pagare, magari a malincuore, un supplemento al biglietto già pagato,

Speriamo che quanto vedremo valga veramente il prezzo del sovrapprezzo.

lunedì 21 novembre 2011

La genesi


Non avevo mai lavorato con il freddo, ma quell’anno finito il militare, non avendo ancora un lavoro, mi adattai a lavorare come manovale nel cantiere di mio padre. Già da qualche anno ero solito passare in cantiere le vacanze estive, ma d’inverno le cose erano diverse. Non che fosse diverso il lavoro ma altre erano le condizioni. A fare i muratori d’inverno era quasi una fortuna. Bisognava avere il lavoro giusto al momento giusto. Spesso si concordava con il proprietario di tirare su una casa con il freddo perché finche non arrivava il gelo “ (la casa) , non aveva paura”. Questo era solito dire mio padre quando pensava di passare buona parte di un inverno a costruire una casa. In effetti i muri, il getto non ne soffrivano, se solo si aveva l’attenzione di fermare i lavori durante i giorni di vero gelo. In questo modo si salvaguardava la bontà del lavoro oltre che la salute dei muratori. Starsene al caldo durante i giorni di freddo era ancora più piacevole se il lavoro non mancava.
Ma le mattine fredde ma non impossibili, indossati i vestiti pesanti si apriva il cantiere, prendendo confidenza con gli arnesi gelati. Le mani ben presto dolevano per quanto erano intirizzite, e poco potevano i guanti se non ritardare e mitigare per un po’  l’avanzare del freddo.
Darsi da fare era il metodo migliore per scaldarsi più in fretta e, una volta raggiunto il tepore, non c’era arnese ghiacciato che impensierisse.
Io poco avvezzo a quelle situazioni, mal sopportavo quel freddo mattutino, come il dover lavare verso sera, quando si approssimava già l’imbrunire, tutti gli attrezzi con l’acqua quasi gelata.
In ogni caso non cercai mai di evitare il freddo adducendo scuse. Anche se stavo già cercando un lavoro, non credevo potesse arrivare tanto in fretta.
Quando mi telefonarono chiedendomi se ero interessato a un lavoro in un’azienda in provincia di Treviso, accettai con entusiasmo.
Chiesi quando avrei dovuto presentarmi ma mi fu risposto :
"Per noi va bene anche domani mattina”.
Dissi a mio padre che il giorno dopo non sarei andato al cantiere.
Così dal 21 Novembre 1978, cominciai a lavorare su ” quello che avevo studiato”, come diceva mio padre. Era il giorno della “Madonna della Salute”.

domenica 20 novembre 2011

Inter - Cagliari 2 : 1

Stavolta si vince non senza polemiche e nemmeno senza infortuni. Sneijder dovrà restare fermo per 20 giorni.
A guardare la classifica sembra non sia cambiato niente. Gli altri, non solo Juve e Milan, stanno tutti sopra e lontani.
Dire che non seguo molto l'Inter di questi tempi mi sembra un unitile svicolare per non parlare del periodo buio.
In effetti un pò lontano ci sto e non so se ci starei comunque con una classifica meno disgraziata.
Di certo parlare di calcio potendo sfottere Juventini e Milanisti sarebbe un altro parlare.
Possibilmente cerco di evitare gli sfottò, anche se in ogni caso sono occasioni per socializzare e discutere.

Non conosco la situazione in Coppa Campioni che, a naso, dovrebbe ricomparire la settimana prossima.

giovedì 17 novembre 2011

Velocità di.... vita


Quando ho iniziato a occuparmi di me stesso, pur in ritardo di almeno una trentina d’anni, pensavo che l’età, l’esperienza e il buon senso sarebbero stati miei preziosi alleati.
Mi ripromisi di non lasciarmi andare, curando la salute, l’aspetto  e la forma fisica. Quando riuscii a trovare una casa, il badare a me stesso passò anche attraverso il dovermi occupare di essa.
Insomma mi ritrovai a dover fare tutti i lavori che di norma una donna che lavora deve accollarsi.
Ben presto, non senza aiuti e utili consigli , nonché attraverso  vere e proprie lezioni, imparai a stirare, lavare e accudire alla pulizia della casa.
I primi tempi la spesa era quasi sempre sproporzionata rispetto a ciò che potevo consumare e, succedeva sovente, di dovermi disfare di cibi scaduti.
Con il tempo imparai a dosare le scorte. Per ciò che riguarda invece il lavare, sperimentai svariate marche di detersivi sperando di individuare quello che faceva il bucato più bianco. Non ne ho mai capito niente e ad oggi continuo a comprare senza una regola, a volte seguendo l’estro altre volte attirato dal costo. Il bucato, comunque, mi sembra sempre uguale.
Sul fronte pulizie, dopo un inizio volenteroso, mi arresi decidendo di farmi aiutare. Il fare le pulizie non mi ha appassionato anche se di tanto in tanto armeggio tra aspirapolvere e  spazzolone.
Mi occupo in ogni caso di mantenere rifornita la scorta dei detersivi necessari per le pulizie al pari di stracci di vario tipo e specializzazione. Anche in questo caso la scelta non ha un criterio se non quello di variare di volta in volta provando polveri e liquidi dalle formule miracolose.
Applico nella scelta dei detersivi, l’innovazione e la curiosità, stesso atteggiamento che assumo sul lavoro o quando, in pizzeria, scelgo le specialità non ancora assaggiate.
Sempre parlando di pulizie, ho sperimentato che il lavare i piatti è una attività estremamente rilassante. Cerco di non accumulare stoviglie e piatti da lavare. Così terminato il pranzo sgombero il lavello lavando e rimettendo tutto in ordine.  La sensazione finale è del tutto simile all’appagamento che si prova quando, terminato, un lavoro ci si riposa senza pensieri.
Infine rimaneva la cucina. Imparare a cucinare era forse il segnale più forte del mio volermi bene.
Forse non me ne volevo abbastanza se in questi anni mi sono sempre rifiutato di andare al di là della pasta condita con sughi preparati o oltre la bistecca ai ferri. Inoltre ho consumato quantità abnormi di verdura cruda.
Inizialmente ero convinto che l’importante fosse il mangiare. Di conseguenza non curavo la preparazione dei cibi, sia che ciò fosse facile oppure difficile. Anzi mi preoccupavo di preparare tutto nel più breve tempo possibile, il più delle volte assediato dall’appetito.
Mi affidai a minestre pronte in bustina e, sempre a garanzia della velocità, cominciai a usare le buste di verdura già pronte. Cena o pranzo erano pronti in pochi minuti  e in altrettanti minuti tutto era terminato.
Mangiavo con l’atteggiamento di chi, preso da chissà che impegni, avesse i minuti contati. In verità niente era così assillante da giustificare tutto ciò, se non la incapacità di sentirmi bene dov'ero, sempre alla ricerca di una quiete che non avrei trovato ovunque.
Persi pure il piacere di far colazione a casa, tra marmellate e yogurt, preferendo il cappuccino e brioche mangiati in piedi tra sconosciuti in  pasticceria. Non che ciò fosse denigrabile ma di certo, potendo scegliere, non doveva diventare la regola di ogni mattina.
Non mi accorgevo della inutilità di tanta frenesia in aspetti che, riguardando l’amor proprio, meritavano maggior considerazione e cura dei particolari.
L’inversione di tendenza iniziò dalla verdura. Mi accorsi, casualmente che era molto più gratificante curare con calma la scelta e la pulizia della verdura, invece che limitarsi a svuotare buste preconfezionate senza possibilità di scelta. Oltretutto fare le cose con calma mi permetteva di dare alla preparazione del pranzo o della cena una solennità antica che pensavo di aver dimenticato.
Il mangiare è forse la miglior occasione per volersi bene, ridursi a mangiare di corsa, come a dover prendere l’autobus al volo, mi sembrò come buttare uno dei piaceri della vita. Fu questo uno dei primi segni del rallentamento.

Quasi nello stesso periodo, abbandonai le bustine liofilizzate per minestre o risotti vari, preferendo i minestroni naturali e ripromettendomi di imparare a preparare un risotto.
Oggi ho ancora qualche sugo in dispensa, che userò per qualche pastasciutta di emergenza, ma sto imparando in fretta anche là.
Ora mi sto pian piano attrezzando nel campo della mia “ristorazione” e sempre più spesso mi cimento in pietanze nuove, con risultati spesso discutibili ma, non temendo il giudizio di alcuno, ci riprovo di là a qualche giorno.
Risotto di funghi e risotto con in fegatini saranno i prossimi esperimenti.

La frenata, senza programmazione alcuna, si accentuò quando, una mattina di non molto tempo fa, alzatomi più presto del solito, trovai naturale prepararmi la colazione con marmellate, yogurt e caffè.
La piacevolezza del sedere a tavola, ascoltando alla radio le notizie del mattino, mi parve un lusso se comparata allo stare in piedi con cappuccino e krapfen in  mano. Da quel giorno non mi hanno più visto in pasticceria, anche se di sicuro ci tornerò perché, di tanto in tanto, anche un dolce esagerato fa bene quanto pane e marmellata.

Così la frenata non è stata pilotata, ne forzata, ma effettuata consapevolmente come se fosse una necessità. E’ un segnale di benessere che aiuta a non lasciarsi andare.

L’amore ha bisogno di tempo e dedizione anche quando riguarda noi stessi.

Note



Ministri
La compagine di governo non potrebbe essere più autorevole e qualificata. Sarà interessante capire se gli eminenti professori e rettori abbiano la capacità di mettere in pratica tutti gli insegnamenti che nei loro atenei trasmettono ogni giorno ai loro studenti. “Dalla teoria alla pratica”, è proprio il caso di dire.
Sarebbe curioso confrontare il CV di uno qualsiasi dei ministri del nuovo governo con i CV di Maurizio Gasparri o di Maria Stella Gelmini . Potremmo finalmente dimostrare, se non fosse già chiaro, come la via del potere o del “successo”  non sia sempre determinata da riconoscimenti e meriti dimostrabili.
Il mestiere di politico è davvero strano

Nuovo governo greco
Ieri il nuovo governo greco ha ricevuto un’ampia fiducia dal parlamento : 255 si contro i 38 no dell’opposizione.  Il nuovo esecutivo si avvale anche della partecipazione del Partito di estrema destra (LAOS) che, all’atto della sua fondazione sbandierava il fatto che tra i suoi sostenitori non fossero presenti ne ebrei, ne omosessuali. Ieri il suo leader ,Giorgio Karatzaferis, ha dovuto dichiarare che : l’olocausto è stato il peggior crimine che sia mai stato perpretato contro l’umanità.
Quando l’acqua arriva al ……

Spread
Mi chiedevo cosa significava “Spread”, il divario BTP-Bund che tanto ci sta assillando e stamattina di striscio il giornalista di Prima Pagina l’ha spiegato.
“Avere lo spread a 500 significa che il tasso di interesse pagato dai BTP Italiani è di cinque punti percentuale superiore a quello garantito dai Bund Tedeschi”. 

In pratica si tratta di una differenza tra due tassi di interesse.

Interrelazione


…. quanto sembra succedere al momento non rispecchia mai interamente ciò che succede veramente. Per l’ape mellifera è importante il miele; ma l’ape è anche il veicolo naturale dell’impollinazione dei fiori. L’interrelazione è un principio fondamentale della natura. Nulla è isolato, ogni avvenimento è legato ad altri. Le cose si evolvono continuamente a livelli diversi e spetta a noi individuare meglio che possiamo l’ordito e trama di tutto e seguire i nostri fili attraverso l’arazzo della vita con sincerità e decisione.

Brano tratto dal libro “Dovunque tu vada ci sei già” di Jon Kabat-Zinn

lunedì 14 novembre 2011

La fuga del senatore


Nel ciclismo spesso i finali sono facilmente prevedibili. Ciò accade quando i tracciati pur lunghi non presentano eccessive difficoltà. In questi tipi di gare non è rado che nascano, a volte sin dall’inizio, delle fughe a cui partecipano non più di una decina di corridori. Il più delle volte si tratta di corridori di seconda schiera, che sperano di trovare la giornata di gloria, attesa da molto tempo.
Di norma fughe di questo tipo vengono snobbate dal gruppo e non è rado che i fuggitivi riescano ad accumulare, in pochi chilometri, diversi minuti di vantaggio. Ma quando la gara sembra ormai segnata, ecco che il gruppo, risvegliato da chi punta concretamente alla vittoria, accelera improvvisamente e si riporta in breve tempo a poca distanza dai battistrada.
In questa situazione la corsa è segnata, i fuggitivi sono tenuti a distanza di sicurezza fino a  pochi chilometri dall'arrivo quando un’ulteriore accelerazione porta a ricompattare il gruppo e la vittoria è decisa da una volata generale.
Dopo l’entusiasmo di sabato sera quando, con le dimissioni del sig. B, mi sembrava di essere entrato in una nuova era, già da ieri, seguendo tutte le puntualizzazioni di leader politici, ho cominciato a percepire un certo pessimismo.
Il nuovo governo, non ancora nato, temo che rischi di fare la fine di quei ciclisti fuggitivi tenuti a tiro dal gruppo, per poi essere ripresi a pochi metri dal traguardo.
Il sig. B, più che dimettersi per il bene del paese, ha preferito fare un passo indietro con l’obiettivo di riorganizzare il suo partito che ormai si stava sbriciolando, per sferrare, quando lo riterrà opportuno, l’attacco decisivo. Se riuscirà a far ritornare a "casa", e di certo per ottenere ciò non lesinerà sforzi e risorse, i transfughi degli ultimi mesi, potrà decidere a suo piacimento le sorti del governo e la data delle elezioni.
L’esperienza della Bicamerale di qualche anno fa dovrebbe avere insegnato qualcosa !
Sono sempre più convinto che la strada verso l’Italia che vorrei sia ancora lunga e impervia.
Buona Fortuna Senatore Monti.

Le buone abitudini


La parte pigra di me, da un pò di tempo, aveva preso il sopravvento sulle buone abitudini della primavera passata.  Pian piano mi ero allontanato dalla pratica di quel po’ di attività sportiva tanto raccomandata dai medici.
Quest’estate con il caldo, preferivo le lunghe passeggiate, poi con l’arrivo del fresco, invece che riprendere il passo di corsa,  mi sono attenuto al minimo sindacale : facevo solo le corse non competitive domenicali, senza curare nessun tipo di allenamento infrasettimanale. Insomma, peggio non potevo fare concentrando tutti gli sforzi alla domenica mattina.
Ma il buon senso pazientemente ha lavorato in silenzio. Ho progressivamente notato chiari segni di affanno su rampe e scalinate, affrontate di corsa solamente qualche mese prima mentre, le corse domenicali sono diventate via via una sofferenza.

Era necessario cambiare marcia.  Stasera, quasi con noncuranza, mi sono ritrovato in tenuta da runner. Uscire e cominciare a correre mi è parso come andare in riva al mare a saggiare la temperatura dell’acqua prima di fare il bagno. In effetti qualcosa dovevo avere sbagliato. Il termometro della carrozzeria segnava 7 gradì, ma il mio abbigliamento era adatto a una temperatura di almeno 15 gradi.

“Non fa niente”, mi sono detto, “tra dieci minuti non sentirò più il freddo”.

Il freddo l’ho sentito per una buona mezz’ora e solo quando ho intrapreso la via del ritorno ho realizzato di essermi finalmente scaldato.

Sono tornato a casa più in fretta di quanto me ne fossi allontanato. Il caldo della casa mi ha ritemprato e messo un certo appetito.
Potevo in pochi minuti svuotare il frigorifero,  ma la situazione mi è ormai nota. E' bastato addentare un paio di carote per salvare l’incolumità della dispensa .

sabato 12 novembre 2011

Sabato sera


E’ un giorno particolare, tra poco cadrà il governo. Il momento tanto atteso è arrivato. Spero che questa Italia disperata riesca  a risalire la china mai stata tanto scoscesa.

Mi ritornano alla mente le ultime parole di “Viva L’Italia” di Francesco de Gregori :

Viva l’Italia…..
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste.

le parole di Francesco Saverio Borrelli pronunciate il 12 Gennaio 2002 :

« Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività resistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave. »
(Francesco Saverio Borrelli, 12 gennaio 2002)

La resistenza ha prodotto i frutti sperati, ma non deve considerarsi terminata. Non è oggi il  giorno per cantare vittoria ma il momento da cui ripartire per rinnovare la classe politica secondo i principi di una rinnovata coscienza civile.

Sono uscito a respirare l’aria fresca, quasi fredda, di questo strano giorno. L’attesa di una telefonata, che probabilmente non arriverà, mi rende un po’ nervoso. Cerco di buttare questi pensieri, badando a me stesso, come da qualche tempo ho imparato a fare sempre meglio.

L’aria è fredda. Ora per controllare il termometro della carrozzeria devo uscire, mentre fino a qualche mese fa, durante l’inverno, era visibile dalla finestra della cucina. Per vederlo raggiungo il centro del parcheggio. Noto che la temperatura è di 4 gradi. Il freddo si sta facendo sentire. Il cielo però è terso e, alto e brillante, spicca Giove. Nei giorni scorsi andava quasi a braccetto con la Luna che invece, oggi se ne sta bassa a Nord-Est.

Dalla provinciale arrivano i rumori delle auto che hanno la fretta di chi sta tornando a casa dopo le ultime spese del sabato.  I centri commerciali che stanno a poche centinaia di metri si stanno svuotando.  Resto ad ascoltare quei suoni, guardo le luci  delle case vicine e intravvedo qualche ombra di ciclista nella pista ciclabile.

Rientrato in casa, apprezzo il tepore del salotto. Il telefono è rimasto muto. Ora penserò alla cena. Oggi per la prima volta mi sono preparato dei funghi. La mia carriera di cuoco procede a rilento nonostante i buoni propositi che più volte mi sono ripromesso di mantenere.

giovedì 10 novembre 2011

Passione

"Credendo appassionatamente in qualcosa che non esiste, noi la creiamo. 
Ciò che non esiste è ciò che non abbiamo desiderato abbastanza"

Nikos  Kazantzakis

Parametri Macchina


Sentirmi svegliare dalla sveglia è stato stamattina un sollievo.
“Finalmente sono riuscito a dormire un po’ di più !”, ho pensato sorpreso, appena aperti gli occhi.
Non so per quale motivo ma per svegliarmi mi avvalgo di ben due sveglie.
La prima è impostata alle 6.15, mentre la seconda suona puntuale alle 6.45.
Ogni mattina da molto tempo mi sveglio verso le cinque e, alle sei e un quarto vedo accendersi il display del BlackBerry che inizia a emettere una nenia talmente soave da assomigliare a una ninna nanna.
La ascolto per qualche secondo poi con circospezione e la precisione necessaria, ma difficile alle prime ore dell’alba, muovo il cursore nel punto di disattivazione.
Quando invece suona la seconda, di solito è quasi l’ora di alzarsi e  in questo caso mi allungo fino ad arrivare al Tablet per spegnerlo nel più breve tempo possibile. Diversamente dal BlackBerry la sveglia del Tablet  ha un piglio più deciso e un tono decisamente alto.  Non dura più di un paio di secondi .
Vista la situazione e miei risvegli molto mattinieri, non ho mai pensato di disattivarle entrambe. Disattivarne almeno una, la prima, sarebbe senza dubbio la cosa più sensata, sperando di ritornare ad andare d’accordo con il sonno un po’ alla volta.
Stamattina, di certo la sveglia non mi aveva spaventato. Dopo averla spenta e preso coscienza dei luoghi e del tempo, ho cominciato ad ascoltare i rumori di casa : il frigorifero e la caldaia che, quando è accesa manda un ronzio molto particolare.
Rimessomi sotto le coperte ho cominciato a percepire distintamente il battito del cuore.  Da tempo non mi crea problemi , svolge il suo lavoro diligentemente, senza contrattempi che potrebbero crearmi preoccupazioni.
“Sembra quasi di non averlo!”, dicono dalle mie parti, quando vogliono descrivere un bambino che gioca senza fare capricci. Potrei dire la stessa cosa del mio cuore.
Stamattina invece, la situazione sembrava diversa dagli altri giorni. Lo percepivo distintamente, batteva con più vigore del solito e anche la frequenza non era bassa come gli altri giorni.
A descriverla la situazione sembrava del tutto simile a  quando di buon mattino, tra sonno e dormiveglia, si sentono i vicini tutti indaffarati a far trambusto.
Ci si chiede cosa abbiano di così importante da fare con tutto quel rumore.  La stessa cosa ho pensato stamattina del mio cuore, chiedendomi  qual’era il motivo di così tanto battere.
Ho aspettato qualche minuto,  origliando immobile se quella immotivata agitazione, scemando, riportasse il mio cuore a quella presenza anonima a cui ormai ero abituato.
Poi, vedendo che nulla sembrava quietarsi,  mi sono allungato fino al comodino, dove è riposta la macchina per la misurazione della pressione.
In meno di un minuto i parametri macchina apparirono sul display.

Pressione massimo        109
Pressione Minima            69          
Frequenza                       54

Niente di anormale. Parametri  corretti. 

martedì 8 novembre 2011

7 Novembre

“Buongiorno signora,  avrei bisogno di ordinare una torta e delle paste per questa sera.”
“Quanto le serve ?”, mi chiese quasi in modo automatico la commessa. Richieste come la mia ne arrivavano a  decine in una settimana  e le cose da definire erano sempre le stesse.
Fatta la domanda, vedendomi intendo a far colazione con il solito cappuccino e una ciambella alla crema, la donna si volse altrove, verso gli altri clienti che già a quell’ora frequentavano il locale.

Non avevo fretta. Ero partito presto, un po’ per godermi la giornata speciale ma anche perché mi ero stancato di stare a letto, visto che già da qualche ora ero sveglio. Quando mi capita di svegliarmi all’alba non mi faccio più prendere dall’ansia. Aspetto il momento di  alzarmi leggendo o standomene tranquillo sotto le coperte.
Intanto guardavo la gente che entrava nel bar. Già da qualche tempo usavo passare di là al mattino per far colazione . Nei primi tempi combinavo la colazione con una visita alla chiesa di fronte.  
La chiesa a quell’ora era spesso vuota. Solo qualcuno talvolta era intento a far pulizia. 
In sottofondo della musica sacra rompeva il silenzio austero del sagrato.
Mi soffermavo davanti all’altare della madonna e di regola accendevo un lumino. Lo facevo anche quando ero sprovvisto di monete e tra le preghiere promettevo di saldare il debito il giorno successivo.
Speravo,  che quella candela accesa, potesse ardere fino a sera quasi a farmi compagnia per il resto della giornata, anche se ero cosciente  che dopo un paio d’ore si sarebbe consumata  e spenta.
Da qualche giorno invece, forse dal ritorno all’ora solare, trovo la porta della chiesa regolarmente chiusa. Mi ero convinto che fosse una regola trovarla aperta al mattino, ma evidentemente niente è immutabile.

Al termine della colazione, tornai a cercare la signora. Dopo un po' lei notò il mio sguardo insistente e, sbrigatasi di ciò che stava facendo, prese carta e penna e mi fece cenno di raggiungerla.
“Più o meno quante porzioni le servono ?”, mi chiese, riprendendo il discorso interrotto pochi minuti prima.
“Dieci”, risposi preoccupandomi di dare una quantità che giustificasse le dimensioni di una torta che potesse chiamarsi tale.
Subito individuai il tipo di dolce che faceva per me.
“Devo scrivere qualcosa ? …. E’ per un  Compleanno ?”
“Si”, dissi un pò imbarazzato,”...non serve però scrivere niente.... si tratta del mio compleanno”.
Era come se io mi stessi facendo gli auguri, ma di colpo trovai tutto ciò del tutto normale.
Pensare al meglio è sempre ben augurante.
La commessa, alzando leggermente il tono della voce, sottolineò dicendo :
“A maggior ragione !”.
Uscendo, mi chiesi perchè non avessi ordinato anche le 54 candeline.