venerdì 30 dicembre 2011

La passeggiata spaziale


Il voler diventare tutto d’un pezzo : sicuri di se, capaci di decidere, incuranti di ciò che dicono gli altri ma soprattutto fautori in tutto e per tutto del nostro futuro mi fa tornare alla mente l’astronauta che protetto dalla tuta spaziale e con un’enorme riserva di ossigeno riesce a vagare nello spazio vuoto senza timore di precipitare.
Appunto il vuoto è lo  spettro che può tormentare gli uomini perfetti, capaci di essere insensibili a un’amicizia o indifferenti a un’amore.
In due si vive meglio, anche se con un po’ di difetti equamente distribuiti e qualche lite utile a schiarire le acque quando tentano di intorbidirsi.
Quello che conta è l’amore e il rispetto reciproco, aspetti della vita che trasformano il vuoto in un solido prato verde, dove al massimo ci si può rotolare senza farsi alcun male.

La domanda vera è........

.....per chi batte veramente il cuore ?


............. ma, restando un po' in silenzio, il cuore, che lo sa bene,  ce lo può svelare senza ombra di dubbio......


......il resto non conta niente.

Fine Anno - Parte Terza


“Se vogliamo salvaguardare il nostro posto di lavoro, dobbiamo abbassare i costi”.

Già le previsioni del prossimo anno erano state fatte con parsimonia e l’obiettivo di ottenere il necessario con il minimo costo.
Un po’ di evoluzione c’è e ci deve essere anche nei momenti di crisi nera. Qualcuno dice che proprio nei momenti neri si dovrebbe produrre il massimo sforzo, investendo quanto possibile, per essere pronti ad aggredire la ripresa.
Nelle aziende moderne il successo non è frutto di strategie industriali. Queste servono solo a riempire le presentazioni PowerPoint. Le strategie degli ultimi anni sono state puntualmente disattese. Si naviga a vista nel bene (strategie evolutive) e nel male (scoprendo all’ultimo momento i problemi economici).
Insomma c’è da chiederci a cosa servano le mega strutture delle grandi aziende se l’obiettivo è quello di non farsi travolgere dalla tempesta.
Forse dai manager inutili potrebbe cominciare parte del risanamento economico. Ci siano o non ci siano il risultato non cambia. Bastano poche teste ma buone, e quelle, qualunque capo di azienda è in grado di individuarle con il solo buon senso.

Poi c’è la delocalizzazione, lavoro Italiano spostato verso paesi dove le stesse cose si fanno a minor costo.  Lavoro straniero che produce mobilità italiana.

I costi sono talmente vantaggiosi  che per far lavorare del personale nel Far East si mette in piedi una sorta di passa-mano informativo in cui chi prepara il lavoro per i poveri, può nello stesso tempo, produrlo direttamente con una qualità forse migliore.
Si sta scoprendo, nel settore alimentare, la qualità e la convenienza dei prodotti a Km. 0.
Penso che lo stesso modello, possa ormai essere applicato anche in alcuni processi industriali, che oggi sono distribuiti nel mondo e in continua migrazione, sempre alla ricerca di un povero ancora più povero.

giovedì 29 dicembre 2011

Fine Anno – Parte Seconda

Il cuore quello sano, continua a funzionare benissimo. Non si è preso nessuna pausa, di sua spontanea iniziativa. Ha continuato a battere, regolare, rallentato un po' dai medicinali un po’ per indole acquisita da anni di maratone. Farlo andare piano è un "trucco" per farlo durare di più, mi dissero i medici, quando mi spiegarono il motivo delle pastiglie di Beta Bloccante. In fondo non si tratta che far durare di più una pompa idraulica difettosa. 
E’ vero, qualche volta inciampa, soprattutto quando corro e voglio fare i primi metri in testa alle gare domenicali. Lo sento dietro allo stomaco, distintamente annaspare, come tossisse.  Rallento con il tardivo senso di rispetto che mi caratterizza e attendo che ritorni nell'anonimato della regolarità dei battiti. Altre volte sembra stanco, di suo, desideroso di rallentare, e avverto in quei frangenti un vuoto prolungato che a volte mi fa dire al mio interlocutore : “Aspetta un secondo che qualcosa non va”, Premo con la mano sulla bocca dello stomaco, come a voler sistemare un oggetto fuori posto, finché tutto ritorna normale. Sono questi gli unici momenti in cui vivo un po’ di paura e per qualche attimo attendo quel “Giramento di Mondo” capace di portarmi via. Invece tengo duro, in silenzio, come quando si è prossimi a scollinane sopra una forcella, sperando che di li a poco cominci la discesa.
La parte bionica : ICD e modem di controllo, invece, fanno il loro dovere. Il primo trascrive ciò che vivo l’altro scarica dati e li invia al centro di controllo.
Forse un giorno potrei ricevere una telefonata del tipo: “Abbiamo un problema, passi da noi al più preso”, ma ad oggi sono convinto che il mio cuore di suo non si fermerà se non l’ultima volta, ma forse nemmeno per colpa sua.
Semmai il problema sono io con i miei eccessi che per qualcuno non sono altro che rabbia, mentre per altri invece appartengono alla sfera della gelosia. In fondo potrebbero essere la conseguenza di grosse delusioni o un misto di tutto quanto sopra elencato.
Niente di unico ne particolare, solo il dolore per un distacco ormai irreversibile.

L’ICD registra, come un bravo stenografo, tutti gli eventi negativi, tutti i momenti in cui sono stati superati i valori di soglia.  Probabilmente, solo la breve durata dei fenomeni, non fa scattare la scarica moralizzatrice. Restano comunque le registrazioni che guarda caso riguardano momenti di tensione e di dolore, non la fatica di una corsa lunga 20 km o la salita al Velo della Madonna sulle Pale di San Martino.
Che strano ‘sto cuore che distingue quando batte per far star bene da quando invece batte a causa di ansia, agitazione e dolore.

Fine Anno - Parte Prima


Fine dell’anno, fine di un triennio. Continua la vita con la voglia rinnovata di questi ultimi tempi, solo un po scalfita da qualche aspettativa regolarmente frustrata.
Basta rifiatare un po, buttare qualcosa che sembrava avere un significato particolare e guardare avanti.
Non posso dimenticare e trascurare i miei progetti che non devono essere intaccati da questi inciampi.
Lentamente le scorie se ne andranno una alla volta.
Alla fine la smetteranno di minare di tanto in tanto i miei giorni alimentando falsi entusiasmi, ricchi di creatività, ma apprezzati quasi per scherno.
Chissà quanta strada manca e dove finirò la corsa.

Le sorprese si fanno alle persone amate.

Attorno a me non c’è più nessuno.


Ritornerò sui libri.

lunedì 26 dicembre 2011

La corsa dei bicchieri


E’ abbastanza strabiliante che alle 8.30 del mattino ci siano già migliaia di persone che corrono incuranti della temperatura sotto zero. Lo è ancor di più se ciò accade il giorno di Santo Stefano, uno dei giorni di vacanza per eccellenza.
Le corse programmate erano un paio, pure distanti fra di loro. Gli affezionati della corsa erano accontentati, ma non pensavo di essere tra gli ultimi a partire a Casalserugo, appunto alle otto e mezza.
Nonostante la mancanza di allenamento, ho scelto di percorrere di corsa i dieci km del percorso medio.
Faceva freddo ma si correva senza fatica e ben presto il freddo lasciò il posto a un tepore da faceva star bene. C’erano podisti  imbacuccati come stessero marciando verso il Polo Nord mentre altri in tenuta quasi estiva sembravano incuranti del freddo.  Succede qualcosa di simile anche alle corse estive quando  ci si trova a correre con persone eccessivamente vestite.  Di gente strana ce ne a tutte le stagioni.
Al primo ristoro, che giunse ben presto, per il rotto della cuffia trovai  ancora dei bicchieri per poter bere del the caldo. Tutto era stato saccheggiato da coloro che mi avevano preceduto.
Cosa sarebbe successo al ristoro successivo ?  Bisognava accelerare il passo e rimontare un po’ di gente. Così per un buon tratto la corsa si tramutò in una gara contro la riserva di bicchieri del ristoro successivo.
In quel tratto mi riuscì di rimontare qualche centinaio di persone e giunto al secondo ristoro, pur trovando i tavoli completamente razziati di ogni vivanda, c’erano comunque sufficienti bicchieri per bere del  the caldo.
Gli ultimi tre chilometri passarono senza particolari difficolta, alternando accelerazioni a periodi di recupero.
Con oggi sono ritornato a correre, dopo qualche esperienza di camminata e un tentativo di Nordic Walking.
Correre, in ogni modo, quando è possibile è fonte di benessere e soddisfazione.
“Se fa strada !!”

domenica 25 dicembre 2011

IPOD Playlist

le donne lo sanno
che niente è perduto
che il cielo è leggero
però non è vuoto
le donne lo sanno

le donne l'han sempre saputo

vogliono ballare un po' di più
vogliono sentir girar la testa
vogliono sentire un po' di più
un po' di più  


Le donne lo sanno - Ligabue

Buon Natale


giovedì 22 dicembre 2011

Il sonno dell'allodola


Studiando il ciclo del sonno mi sono reso conto che proprio nel ciclo ho qualche problema.
Ho imparato le quattro fasi che lo caratterizzano e il sonno REM (Rapid Eyes Movement) durante il quale si sogna ma è anche il periodo in cui è minore il controllo dei muscoli, rendendoci simbolicamente più indifesi.

Il ciclo del sonno ha circa una durata di 90 minuti, al termine del quale passando attraverso la fase REM si ritorna alla Fase 1, quella il cui il sonno è più lieve.
Quando si è invece nella Fase 4, è il momento in cui si dorme “di gusto” e si fa più fatica a svegliarsi.
Una persona normale durante una notte può avere dai 4 ai 6 cicli completi.
Ciò significa che può dormire dalle sei ore e mezza fino a più di nove ore.

Coloro che si svegliano molto presto al mattino sono qualificati come “Allodole”, mentre le persone che tendono ad andare a letto tardi, svegliandosi quando il sole è già alto, sono definiti “Gufi”.

Ciò che invece succede a me è qualcosa non in linea con gli studi scientifici. Di norma  di questi tempi mi addormento verso le undici e trenta ma, ahime, mi ritrovo già sveglio poco dopo le quattro.
Fatti i debiti conti mi manca un ciclo, ma soprattutto non ho la percezione e nessun ricordo che mi riconduca ai sogni della fase REM.
Senza dubbio mi posso definire Allodola, visto il risveglio tanto precoce, ma in cuor mio non auguro nemmeno a un’allodola le mie alzatacce.
Come recuperare un ciclo e diventare una allodola più umana ? Questo è il problema …….
Forse basta convincere l'allodola  a prendere 20 gocce.

mercoledì 21 dicembre 2011

I soldi non sono tutto


I soldi  non son tutto, mi ripeto ogni qualvolta, e succede abbastanza spesso, dimentico di ritirare i soldi dallo sportello del Bancomat.
L’essere sovrappensiero o in preda alla fretta di arrivare chissà dove, mi fa concentrare solo sul ritiro della tessera Bancomat, che con cura rimetto nel porta documenti.
Fatta l’operazione mi avvio per la mia strada senza curarmi di prelevare i soldi che nel frattempo hanno fatto capolino dallo sportello. Sono talmente veloce che riesco ad andare prima dell’apparire dei soldi, che potrebbero attirare la mia attenzione.

Non sempre mi rendo conto dell’errore immediatamente. A volte, se i soldi non mi servono, possono passare molte ore.
Stamattina ho rifatto l’errore. Me ne sono accorto solo a mezzogiorno passato.
Fortunatamente telefonando alla banca, ho potuto verificare che i soldi non erano stati prelevati da nessun altro e dopo qualche  decina di secondi erano ritornati all’interno.

Rientreranno, con un po’ di pazienza, sul conto.
Anche stavolta è andata bene ! Ed è già la seconda !

domenica 18 dicembre 2011

Cesena - Inter 0 : 1

Si va avanti a piccoli passi. Sei partite, cinque vittorie.
Diciotto goal fatti, diciotto segnati. Gli attaccanti segnano poco mentre i difensori tutti intenti ad attaccare si dimenticano di fare i difensori.
Il capocannoniere è Milito con 3 goal di cui 2 fatti su rigore che in classifica marcatori sta tra i dimenticati.
Nonostante i numeri si sta tra il quinto e il sesto posto, a soli 10 punti dalla capolista, che evito di nominare.
E' una situazione molto simile a quelli che dicono : " Anche oggi ho mangiato, domani si vedrà".
Il domani di questa squadra non c'è o non ci è ancora stato trasmesso o non lo abbiamo ancora capito o voluto capire.
Il futuro spero sia caratterizzato da un profondo cambiamento che porti a cambiare ciò che va cambiato, puntando su un tecnico nuovo, senza lasciarsi andare ai sentimentalismi o alle minestre riscaldate.

giovedì 15 dicembre 2011

La persona speciale


Bisogna essere un uccello o un’acrobata per apprezzare una scala appoggiata alle nuvole.
Ma una salita così originale può far sognare una scorciatoia verso il cielo.
Un tempo mi sentivo una persona speciale perché pensavo di poter salire ovunque senza il timore di cadere.
Anzi, se fossi salito fin lassù, con un po’ di coraggio avrei potuto  tentare di imparare a volare,  come se nulla mi fosse precluso. Anche la caduta non mi spaventava,  ero convinto in ogni caso di cadere in piedi.
Sono salito su una scala del tutto simile, ma  la realtà è stata diversa. Non ho imparato a volare e la caduta è stata rovinosa .
Per volere del Destino, il tonfo non è stato fatale e rialzatomi ho dovuto curare le ferite più di quanto immaginassi. Ancor oggi non tutte sono completamente guarite.

Il tempo non è passato invano e oggi mi sento una persona speciale, soprattutto perché mi è stata data la possibilità di rendermi conto di non essere una persona speciale.



"Ed il più grande
conquistò nazione dopo nazione,
e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione
perchè più in là
non si poteva conquistare niente;
e tanta strada per vedere un sole disperato
e sempre uguale e sempre
come quando era partito."


Stranamore - Roberto Vecchioni

mercoledì 14 dicembre 2011

Presepe

Non vuole essere Mobbing nei confronti del Bue e dell'Asinello.

L'evoluzione culturale


Quando ho incominciato a lavorare, nel 1979,  la Micromp, questo era il nome della ditta, occupava un area destinata a negozio, con tanto di vetrine, al piano terra di un palazzo di un paese del veneziano.
Eravamo in otto, di cui 4 erano accaniti fumatori. Uno di questi  fumava la pipa, non senza darsi un po’ di arie affermando che, la pipa era meno dannosa delle sigarette.
Il negozio, anzi l’azienda, era perennemente satura di fumo . C’era chi si costruiva direttamente le sigarette, partendo dalle cartine e il tabacco e chi, invece, era capace di fumarsi un pacchetto di Gauloises al giorno.
Noi non fumatori non avevamo voce in capitolo, eravamo nostro malgrado degli accaniti fumatori passivi.
A quei tempi, il mio medico visionando una radiografia al torace, mi chiese quante sigarette al giorno fumassi e faticai a convincerlo affermando di non aver mai toccato una sigaretta in vita mia.
Erano gli inizi degli anni Ottanta e da allora l’atteggiamento verso il fumo e i fumatori è radicalmente cambiato. Ora, quest’ultimi, vivono in una sorta di riserva protetta, come fossero portatori di una malattia infettiva da controllare e per evitarne il contagio.
Oggi nel corso di una riunione che parlava di sicurezza sul lavoro a cui erano presenti i rappresentanti dei lavoratori, dei sindacati e dell’ufficio personale, qualcuno ha evidenziato come spesso qualche lavoratore si rifugiasse in bagno a fumare, trasgredendo le regole aziendali.
Le prove erano inequivocabili.
“Come sono cambiati i tempi!”, ho pensato ricordando i tempi della Micromp.
“Chi non rispetta le regole, va segnalato. Ognuno si renda responsabile del rispetto delle regole !”, tuonò con voce solenne il rappresentante dell’ufficio personale, che quasi con tono di sfida continuò:


“Datemi i nomi che li licenziamo!”.


In un primo momento, considerai la minaccia fuori luogo, troppo severa per un peccato che, nonostante il mio passato di fumatore passivo, consideravo del tutto veniale.
Poi ripensando a come i tempi fossero cambiati ho dato un senso a quella minaccia e sorridendo dentro di me mi son detto :
“E’ vero i tempi sono cambiati, oggi si sente molto di più il bisogno di licenziare !”.

lunedì 12 dicembre 2011

Il Brodo di Arquà Petrarca


Non sapevo che la patria del Brodo di Giuggiole stesse cosi vicino a casa.
Tanto meno immaginavo che il paese in questione fosse Arquà Petrarca, un paese situato nei Colli Euganei, che deve il suo nome e la maggior parte della sua fama per essere stato dimora, non so per quanto, del poeta Francesco Petrarca.
Il paese ha, in alcuni tratti architetturali, una parvenza medioevale: mura costruite con sasso o con pietre a faccia vista. Qualche viuzza stretta si inerpica su per i colli.
Non mancano i riferimenti al poeta che vanno dall’ agriturismo Franciscus fino ad arrivare al bar centrale intitolato a Laura.
La casa del Petrarca, che vista da fuori non doveva essere sicuramente una casupola, è oggi un museo e sta a qualche centinaio di metri dal centro.
L’altro personaggio di rispetto del paese sono le Giuggiole. Gli alberi di Giuggiole superano di gran lunga qualsiasi altro tipo di vegetazione. Dalle Giuggiole si produce l’omonimo “Brodo”, liquore venduto praticamente a ogni angolo.
Passeggiando per le strade del paese e spingendosi anche un po’ fuori, si ha la sensazione che le giuggiole non siano così tanto amate, notando quante siano quelle lasciate appassire sui rami degli alberi. Infatti molte sono quelle non raccolte, tanto da farmi sorgere il sospetto che nell’ apparente noncuranza si celasse il segreto dell’infuso: prodotto da frutta lasciata “macerare” al freddo dell’inverno.
Quando, finita la passeggiata ho cercato di chiarire il perché di tanto spreco, un signore del posto ha liquidato la questione spiegandomi che, per le giuggiole il tempo di raccolta è molto breve, passato il quale appassiscono e non sono più buone.
“Niente di più semplice “, ho pensato, mentre fino a quel momento avevo immaginato strane pratiche di preparazione.
L’infuso, una volta assaggiato, sminuisce un po’ il senso che di solito si associa al detto “andare in brodo di giuggiole”. La realtà quasi sempre sminuisce il sogno.

sabato 10 dicembre 2011

Più Quattro


Il termometro della carrozzeria segna +4. Sono le 21.37.
“Non sembra così freddo”, penso, notando il valore della temperatura.
“Magari non sì è ancora dissolto il tepore che mi porto appresso da casa “, rimugino soffermandomi un attimo davanti al capitello della Madonna che sta nell’ampio parcheggio. La provinciale è vuota, solo un paio di macchine sono passate, negli ultimi cinque minuti, l’andatura era di chi non ha una meta precisa e per questo indugia sperando che il caso schiarisca il destino.

La crisi, di cui si parla tanto, sembra qualcosa che non ci riguarda. Molti ancora non ci credono. E' come se fossimo divisi in due squadre, una che può permettersi di giocare con le nuove maglie, l'altra che deve entrare in campo con le scarpe rotte.
Quello che far star male è il fatto che non fa scalpore una simile disuguaglianza. I ricchi e i poveri sono diventati, nella nostra cultura, due istituzioni sanciti "dalla legge".
Il malessere, nella nostra società, ha fatto molta breccia, tanto da minarne la cultura. Ripensare a qualcosa di diverso e più equo sarà difficile senza forti contrapposizioni.

Il pomeriggio è passato un po’ stando sui libri, un po’ senza curarmi dì niente. Più di una volta avrei potuto , dovuto uscire, ma senza necessità impellenti, ho preferito fare “poche cose”, come ieri mi ripeteva mio figlio.
“Chissà se è una forma di pigrizia di un bimbo o un karma da appendere alla mente?”, mi sono chiesto.
Visto cosi può fare il paio con il detto :”Fare poche cose ma bene”, oppure potrebbe sembrare la raccomandazione a mettere in fila le cose della vita considerando quelle veramente importanti che, a contarle, stanno sulle dita di una mano.

Se non avessi ascoltato mio figlio ieri avrei vagato un po’ alla rifusa per negozi a prendere cose di cui ancora adesso non sono convinto, stancandoci entrambi.

Alla fine ascoltando le sue necessita ho potuto riconsiderare anche la mia giornata traendone giovamento.

I piccoli


I figli da piccoli amano essere presi per mano. E’ un modo per essere guidati, rassicurati, accarezzati.
Noi adulti, genitori spesso poco attenti a queste necessità dei piccoli, tendiamo a volerli farli viaggiare alla nostra velocità, senza essere consapevoli di quanto poco automatizzate siano le percezioni e le azioni di chi sta apprendendo l’ambiente che lo circonda.
Capita anche il contrario, ve lo assicuro. Succede di prendere per mano un figlio, per essere “presi per mano”, cercando il conforto di chi teme di entrare da solo in una stanza buia.
Esistono anche negli adulti percezioni e sensazioni che nemmeno secoli di vita renderebbero automatiche.

martedì 6 dicembre 2011

Note


Equità

Le parole sono segni arbitrari che servono a descrivere la realtà che ci circonda. Le parole sono parte della cultura e permettono quella comunicazione capace di trasmettere la cultura tra i vari componenti di una società o una comunità.
Ma non sempre il significato delle parole riamane inalterato tra chi condivide la stessa cultura. Spesso l’interpretazione ha bisogno di un contesto di riferimento. La stessa parola assume sensi diversi al variare del contesto.
Però ci sono parole che consideriamo segni inconfutabili di certi valori universali. Parole che pensiamo inattaccabili da qualsiasi contesto.
Equità è una di queste. Forse la parola che più di ogni altra è passata di bocca in bocca di questi tempi.
E’ diventata per molti simbolo di speranza e  di rinascita mentre per altri si è trasformata nello spettro di un ridimensionamento.
Alla fine, fatti alla mano, non è diventata ne speranza, ne rinascita ma nemmeno  il tanto temuto ridimensionamento.
Ha così mantenuto il significato ambiguo di sempre in un contesto dove l’iniquità è omologata dalla cultura malata di una società che non sa più guardarsi dentro.


Crisi

Le crisi di qualunque tipo siano vanno affrontate quando compaiono i primi sintomi.
Le crisi sentimentali senza un continuo dialogo rischiano di esplodere senza possibilità di recupero se per troppo tempo non si risolvono o chiariscono le incomprensioni.
Non resta a volte che accettare il destino più difficile : il distacco per gli amanti in crisi, il fallimento per tutte quelle imprese che senza alcuna lungimiranza cercano soluzioni "tattiche" evitando volutamente di rivedere le strategie a lungo termine.

I tentativi di recupero come pure le contromisure più di facciata che di sostanza, non fanno che allungare l’agonia, amplificando  le sofferenza senza modificare la fine già scritta.
Riconoscere per tempo il proprio fallimento può aiutarci a non farci sentire dei falliti.

domenica 4 dicembre 2011

Inter - Udinese 0 : 1

Ormai si perde una partita si e una no. In quella no o si vince per una botta di c. (vedi Siena) oppure si pareggia.
Anno, mi vien da dire nerissimo, con un futuro tutto da scoprire.
Il fatto che ci manchi la partita con il Genoa, non può essere motivo di speranza.
A Genova sarà difficile e non sempre la fortuna ci sarà amica.

Emblematico lo scivolone di Pazzini nel momento di calciare il rigore.
"Può succedere", "Non ce ne va dritta una", e potremmo continuare con una lunga lista di lamentele.
In realtà non c'è l'Inter e forse non c'era nemmeno l'anno scorso se non ci fosse stata l'annata eccezionale di Eto'o.


venerdì 2 dicembre 2011

La negligenza


La signora Laura, questo era il nome riportato sul cartellino, scivolato un po’ in disparte sulla sinistra dello sportello, mi indicò con precisione, segnando delle minuscole crocette, dove dovevo firmare.
Questo tipo di indicazioni mi rassicurano, quando, preso un po’ dalla fretta, voglio far presto senza prestare molta attenzione a quello che sto facendo. 
In fondo il mio scopo era quello di riavere la Carta di Identità persa qualche giorno addietro.
Consegnate le tre foto “uguali”, in pochi minuti la carta di identità si materializzò e,  dopo l’ultima firma “ufficiale” sul documento stesso, arrivò il momento di pagare.
“Purtroppo, ti devo far pagare il doppio, nella denuncia è dichiarato lo smarrimento e in questo caso si paga la negligenza”.
“Quanto ti devo”, chiesi un po’ contrariato, ma senza polemica.
“Sono 10 euro e 80 centesimi”, mi rispose e , mentre cercavo nelle tasche del cappotto i soldi, pensavo a quello che avevo dichiarato al carabiniere due giorni prima :
“Non posso affermare che il portafoglio mi sia stato rubato, quindi presumo di averlo perso”.

Riposi i soldi sul tavolo e, mentre attendevo i venti centesi di resto, pensai di verificare un sospetto :
“Se nella denuncia avessi dichiarato che il portafogli mi era stato rubato?”
“Avresti pagato la metà, perché non si trattava di negligenza”.

Ringraziai la signora per la sua gentilezza e uscendo pensavo che la mia presunta “negligenza” era stata punita dallo Stato con una tassa che valeva il doppio di quanto avrei dovuto normalmente pagare.
Paragonando la sanzione a quella di molti grandi evasori che, se scoperti, riescono invece ad evitare l’aggravio, ottenendo altresì  grossi sconti, dallo Stato su quanto dovuto, ho formulato la seguente regola:

"Più è grande la 'negligenza' , minore è, in rapporto, la sanzione applicata”.
Quindi …..

Sulla Depressione

Il più grande torto che Elifaz e i suoi amici hanno inflitto a Giobbe è stato quello di impedirgli di credere alla propria versione dei fatti.
E' quello che i medici della depressione vogliono da te.

Chiama il tuo dispiacere una malattia. O no.
Prendi le pillole. O no.
Vai da un terapeuta. O no.

Ma qualunque cosa tu faccia, quando la vita ti mette in ginocchio, cosa che di sicuro succederà, cosa che forse deve succedere, non accontentarti di pensare di avere il cervello malato.
Ricorda che è solo una storia.
Puoi raccontare la tua e penso proprio che sarà più bella di quella che hanno prodotto i medici della depressione.

(G. Greenberg - "Storia segreta del male oscuro")