lunedì 12 settembre 2011

Primo giorno di scuola


Del 1 Ottobre 1963 non ricordo più niente. Mi è rimasta in mente solo l’aula dentro alla quale ho passato quel primo anno di scuola. Ricordo la figura della maestra, il suo nome e il fatto che l’anno dopo fu sostituita da non so chi. Ho passato i restanti quattro anni con una maestra di cui non ricordo assolutamente niente.
Il nero era il colore predominante. Nera era la lavagna, neri erano i grembiuli, scuri erano i muri, neri erano i banchi di legno e le imposte grandi di quell’austero edificio sembrava non bastassero a  illuminare la stanza.

Azzurro era il fiocco al collo dei maschi mentre rosso era quello delle femmine. Nulla sembrava essere lasciato al caso. Come catalogati erano i maschi e le femmine anche i poveri erano divisi dai non poveri. Di ricchi non ce n’erano.
I poveri ricevevano libri e quaderni gratis. I squaderni dei poveri avevano pure loro la copertina nera e il bordo delle pagine era colorato di rosso. A me piacevano molto e avrei desiderato essere povero per avere quei quaderni.

C’era il capoclasse. Di solito era eletto il più bravo della classe che, quando la maestra doveva assentarsi per qualche motivo, controllava la classe separando i buoni dai cattivi. Li scriveva diligentemente sulla lavagna su due colonne ben distinte.

Come essere buono ? Tutti avevano al loro tattica : alcuni se ne stavano accucciati, sul banco senza fiatare mentre altri guardavano i compagni cercando chi fosse il più buono. Il rigoroso silenzio e la gara alla santità durava pochi minuti. Quando l’assenza della maestra superava i quindici minuti, i cattivi avevano sempre il sopravvento sui buoni che comunque restavano buoni in quanto vittime dei cattivi.

Il primo della lista dei cattivi veniva, al ritorno della maestra, espulso dalla classe per qualche minuto.
L’umiliazione era forte sia quando si era cacciati sia quando si rientrava.

Il resto dei ricordi sono legati al grande cortile della scuola dove ho giocato a bandiera e memorabili partite di calcio.
Verso la quarta elementare, una supplente per tenerci tranquilli, usava la bacchetta picchiando sulle mani dei più vivaci che disturbavano i compagni.

Infine non ho mai dimenticato gli amori platonici, mai confessati, verso un paio di bimbe.
Ricordo ancora i loro nomi.
E’ proprio vero, gli amori non si dimenticano mai.

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