giovedì 8 settembre 2011

Certi giorni


Certe mattine è un piacere notare quanto sia terso il cielo. E’ raro vedere il cielo carico di quell’azzurro monocromatico, che solo i bimbi sanno dare colorando i cieli dei loro disegni,  sgombri di nubi e illuminati da un sole giallo.
Guardando a Nord, le montagne sembrano a portata di mano e tanti sono i particolari che, pur  da lontano, si riescono a notare, che perdere uno spettacolo simile per rinchiudersi in ufficio, sembra un’eresia. Tante sono state le volte che, ammirando quel panorama, è scaturita la tentazione di raggiungerlo, come si fantastica davanti a un imponente arcobaleno e si è presi dal desiderio di arrivare in quel luogo dove sembra essersi appoggiato. Mai ho ceduto alla tentazione, preferendo la pallida certezza di un ufficio senza luce, al vagare pur da solo, là dove finisce il verde del bosco e comincia l’azzurro del cielo.
La bellezza genera altra bellezza e ciò che rallegra gli occhi, rallegra spesso anche lo spirito, oltre che il cuore e, quell’euforica sensazione di benessere ispira buoni propositi e idee cariche di energia.

Mentre tutto sembra rimanere immutato, come il dipinto fissato su una tela, tutto impercettibilmente, come lo spostarsi della lancetta delle ore di un orologio, cambia di attimo in attimo.
I particolari lontani, offuscati dall’aria resa instabile dal calore del sole, assumono contorni sempre più incerti e qualche piccola nuvola, tanto sparuta da sembrare spaventata, di tanto in tanto solca l'orizzonte.
Con il passare delle ore sempre più nubi bianche e soffici, passano sulle nostre teste, senza fretta apparente. Viviamo la stessa sensazione che si prova quando, imbattendoci in un gregge, ci si trova circondati da decine di pecore, che tranquille, ci passano accanto, senza recare alcun fastidio.

Quando la sera sembra ancora lontana, ecco che il tempo sembra accelerare. Improvvisamente, l’azzurro pastello del cielo, diventa un blu sempre più cupo e le nubi bianche, di qualche minuto prima, si incupiscono di un  grigio sempre più nero.

Il vento, destatosi d’un tratto, trasmette brividi di freddo fuori stagione. Ci si chiude in casa a ritrovare un po’ del calore del mattino.
Poi, da non so che direzione, si ode uno strano ticchettio. All’inizio sembra simile al canto delle raganelle che rallegrano le sere di maggio, ma più diventa forte, più assomiglia a un suono battente e ossessivo : è il preludio della grandine che si avvicina.
Isolati pezzi di ghiaccio cadono provocando lo stesso rumore di sassi lanciati che rimbalzano sul terreno seguiti da altri, sempre più ravvicinati.  Poi lo scroscio diventa continuo, il rumore assordante, angosciante, fino a che qualche goccia di pioggia comincia a mescolarsi a quel ghiaccio cadente.
Via via la pioggia prende il sopravvento, la grandine rapidamente diventa inoffensiva, sopraffatta dall’acquazzone
Poi smessa la pioggia, passato il temporale, rimane il ghiaccio sul terreno ferito. Foglie e rami spezzati si notando ovunque si guardi.
Ci vorrà un po’ di tempo per dimenticare e rivedere tutto come prima o quasi.
Intanto, le nubi svuotate dalla tempesta si sono dileguate e da ovest arrivano i raggi di un sole sulla via del tramonto. Domani, si spera che il cielo sia ancora più terso.
Certe giornate cominciano, nelle nostre relazioni personali, con lo stesso azzurro di un mattino senza nubi. Tutto sembra avere la nitidezza del mattino frizzante e, la convinzione che da quel momento le cose non possano che migliorare, ci riempie di voglia di vivere.

Succede che, senza motivo apparente, ci si ritrovi nel bel mezzo di una tempesta, travolti da incomprensioni, che nonostante la sincerità d’animo non riusciamo a mitigare. Il non dire e il dire troppo porta purtroppo spesso agli stessi disastri. Alla fine ne usciamo con il freddo dentro, come fossimo stati sotto l’acqua e la grandine. Ad asciugarci non basta mai il sole della sera.
A rompere ci vuole un attimo a riaggiustare a volte non basta il futuro.

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