giovedì 22 settembre 2011

Il giorno del ringraziamento


Quel giorno il mercato era particolarmente affollato. L’estate era alle porte e i primi giorni di caldo si erano già fatti sentire facendo assumere alla natura circostante nuovi colori, diversi  da quelli chiari e giovanili della primavera.
Fortunatamente, l’Oceano, che distava poche decine di miglia da quei luoghi, regalava forti brezze, ricche di salsedine, capaci di spazzare l’afa e regalare notti fresche e riposanti.
Gli uccelli marini, diventati ormai ospiti abituali,  arrivavano in massa ad ali spiegate, alla ricerca di cibo, spinti dal  vento che giungeva dall’Atlantico, sostenuto e costante.  Apparivano riposati  e tranquilli come quei viaggiatori che scendono da un treno di prima classe, rilassati da buone letture e ottimi ristori.
La gente passeggiava tra le bancarelle,  con il solito passo stanco e trasandato,  guardando con svogliatezza  quanto esposto. Per molti quella passeggiata era motivo di ozio, per altri ricerca di qualcosa non del tutto chiaro.
Le persone con le idee chiare si notavano immediatamente. Camminavano spedite verso la zona dove sapevano poter trovare quanto interessava loro. A volte indugiavano su una o più bancarelle, chiedendo e  trattando, poi fatta la scelta se ne andavano con quanto acquistato.
La zona dedicata agli animali non era molto vasta.  “La stagione era andata”, si sentiva dire ma alcune bancarelle avevano, dentro a improvvisati recinti, dei tacchini. Alcuni di loro erano ben cresciuti.
Uno di questi conosceva già quella zona. Era una delle  tante che negli ultimi tempi aveva frequentato, a rimorchio della bancarella che, di giorno in giorno, il suo padrone spostava di mercato in mercato.
Le facce gli sembravano tutti uguali. Ricordava di aver notato più di qualcuno guardarlo con interesse  e  aveva pure ascoltato trattative che lo riguardavano.
Altri tacchini a seguito di trattative simili, erano stati presi e portati via. Ne ignorava la sorte. Lui fortunatamente, era rimasto sempre dentro il suo recinto e ogni sera puntualmente era ritornato a casa.
Quel mattino, un signore con un grande cappello si fermò  davanti al recinto. Sembrava uno dei tanti personaggi che aveva già avuto modo di osservare.
Il tacchino, senza curarsi di quella presenza, continuò a passeggiare in quello spazio ristretto, nemmeno si accorse della trattativa che lo riguardava e, quando si senti sollevare da due mani che gli stringevano le ali, capì che la sua vita, da quel momento, sarebbe cambiata.
Fu chiuso dentro una scatola che sobbalzò per un po’ di tempo. Dentro faceva un caldo asfissiante e riusciva  a percepire un po’ di fresco da alcuni buchi da cui entrava anche un po’ di luce.
Era terrorizzato e si chiedeva cosa gli stesse succedendo.
Di colpo gli sbalzi finirono e pure il rumore che aveva accompagnato quella situazione scomparve.
Dopo un ultimo scossone la scatola si aprì. Con un po’ di timore mise il becco fuori e si trovò nel mezzo di un prato circondato da alberi e arbusti. C’erano altri animali : simili a quelli già conosciuti dove aveva vissuto fino al giorno prima.
Uscito, guardingo e  ancora spaventato, cominciò a guardarsi intorno. Poco lontano l’uomo dal grande cappello, che aveva visto al mercato, si stava allontanando con il cartone in mano.
Finalmente poté dissetarsi e mangiare qualcosa. In poco tempo, pur con la nostalgia di casa, realizzò che anche la nuova sistemazione non era poi male. Il cibo era eccellente e al fresco degli alberi avrebbe potuto risposare e stare tranquillo.
I giorni estivi portarono caldo e benessere. L’uomo con il cappello era puntuale ogni mattina con nuovo cibo e acqua fresca. Percepì più di una volta il suo sguardo poggiarsi su di lui e questo lo riempiva di orgoglio. Il suo piumaggio diventava sempre più lucido e poteva, a ragione, considerasi un bel tacchino.
La vita scorreva calma al fresco di quel prato.
La fiducia in quell’uomo tanto previdente cresceva ogni giorno di più.  L’attenzione che gli riservava era tale che, spesso il cibo cambiava. Aveva avuto così l’occasione di assaggiare, più di una volta, delle vere e proprie prelibatezze.
Insomma il trattamento era dei migliori e di certo non poteva lamentarsi.
I ritmi si ripetevano sempre uguali, l’amore verso l’uomo cresceva di giorno in giorno e quando questi si approssimava, di buon mattino, al recinto,  il tacchino, ormai cresciuto e ben in carne, gli correva incontro, impaziente, si, di mangiare ma anche come segno di sincera riconoscenza.
Le giornate, si fecero un po’ più fresche.  Di sera sentiva la necessità di raggomitolarsi un po’ di più. La stagione stava cambiando e l’autunno era alle porte.
Le piogge non tardarono a farsi sentire. Il vento dell’oceano, spesso arrabbiato, rovesciava vere e proprie montagne di acqua. Il tacchino, spaventato, attendeva infreddolito che tutto passasse sotto la tettoia .
Ciononostante, l’uomo anche sotto la pioggia battente, non mancava un appuntamento.
Ogni giorno il cibo e l’acqua non mancavano mai.
Il tacchino si stava preparando al freddo dell’inverno, come già aveva fatto l’anno precedente e la cosa non lo preoccupava vista la cura e l’attenzione con cui veniva trattato.
Un giorno apparve anche la neve ma  si sciolse in breve tempo.  L’inverno era alle porte.
Fu dopo quella nevicata,  passato qualche giorno che, un mattino, sentì un po’ di trambusto. Qualcosa di simile era già successo ma, quella mattina sentiva, che qualcosa stava accadendo.
L’uomo dal grande cappello entrò nel recinto e puntò dritto verso di lui. Il tacchino, spaventato, cercò di scappare ma fini in un angolo e, da lì non poté più muoversi. Si sentì afferrare da due mani forti che gli bloccarono le ali come era successo al mercato prima dell’estate.
Urlando cercò inutilmente di ribellarsi e liberarsi , poi improvvisamente ……

Liberamente ispirato a un brano del libro "Il Cigno Nero" di Nassim Nicholas Taleb

Nessun commento:

Posta un commento