sabato 22 gennaio 2011

La Deduplica

Salvaguardare lo spazio a disposizione è un’esigenza che tutti noi abbiamo. Le nostre case per quanto possano essere grandi, tendono sempre a riempirsi di cose che spesso non ci servono più, di cose a cui ci siamo con il passare del tempo affezionati e di oggetti di ogni tipo di cui non conosciamo la provenienza e manteniamo, senza buttare, inseguiti dal dubbio del “non si sa mai, potrebbe servire …”.

Gestire gli spazi e lo spazio è un’attività quotidiana che svolgiamo spesso nei posti di lavoro. Io faccio un lavoro di ufficio e la mia poca propensione all’ordine mi porta a coprire la mia scrivania di una quantità di carte via via crescente fino al raggiungimento di quella che io definisco “soglia di decenza”. Superato questo livello vengo preso dalla necessità di ripristinare l'ordine, innescando un’operazione di pulizia che ogni volta annovera tra le perdite anche qualche documento importante, erroneamente cestinato a causa della fretta e della superficialità.

Di spazio si parla spesso in informatica quando si deve dimensionare la capacità di memorizzazione richiesta per un pc o per un sistema di memorizzazione dati destinato a una grande azienda.
La dinamica che regola l’occupazione dello spazio disco di un PC o di qualsiasi spazio di memorizzazione è la stessa che riempie i nostri ripostigli e i solai delle nostre case.

Nei dischi dei nostri PC ci sono naturalmente le cose che ci servono ogni giorno, ci sono dati di cui non conosciamo la provenienza che, spaventati dalla possibilità di fare danni, tendiamo a mantenere così come stanno, oltre che una quantità sempre più grande di informazioni che non utilizzeremo mai più o molto di rado.
Il risultato di tutto questo è che alla fine il disco tenderà a riempirsi e solo in quel momento ci porremmo il problema della pulizia.
Qualcosa di simile avviene quando ci ritroviamo incapaci di immagazzinare ulteriori oggetti nel solaio di casa oramai colmo.

Ma l’informatica tratta dati, entità immateriali su cui la ricerca e la scienza hanno, nel corso di questi anni, speso parecchie energie.
Per combattere la crescente produzione di informazioni digitali la scienza e le nuove tecnologie si prodigano in continuazione per ottenere che questa enorme mole di dati occupi il minor spazio possibile.
Tutti noi, anche chi ha meno dimestichezza con l’informatica, ha certamente sentito parlare di compressione. Gli algoritmi di compressione usati fino a qualche tempo fà riducevano lo spazio occupato cercando di minimizzare le sequenze di dati uguali.

Questi tipi di compressione dovevano anche garantire che la procedura inversa, detta Decompressione, fosse in grado di restituire l’informazione originale senza nessuna perdita di dati.
Negli anni i metodi di compressione si sono evoluti e tra le novità di questi ultimi tempi è comparsa una modalità chiamata "Deduplica".
L’idea di base di questa tecnologia è: evitare la memorizzare di cose già memorizzate, referenziando solamente il dato già memorizzato. Questo tipo di compressione porta enormi benefici quando si ha che fare con informazioni che non vengono mai modificate o modificate molto di rado. Questo permette di scriverle una sola volta e referenziarle, mediante un codice, tutte le volte successive ci fosse la necessità di riscriverle. Più grande è il blocco che si riesce a referenziare più alto è lo spazio che si riesce a risparmiare. In questa maniera si arriva a salvaguardare in certe condizione più del 90 % dello spazio necessario.

Ripensando a questo semplice e banale modo di compressione, con la mente ho creato un parallelismo tra questa tecnologia che, evita di ritrasferire tra sistemi i dati già conosciuti da entrambi e, i rapporti interpersonali.
Spesso una relazione tra due persone acquista una tale sintonia che le parole e la comunicazione diventano superflue. L’uno sa cosa pensa l’altro e viceversa. Spesso uno sguardo di intesa sostituisce le parole o le discussioni. Non per questo, queste coppie devono considerarsi in crisi, anzi proprio questa intesa profonda le rende solidissime e indistruttibili.
Ma non è sempre così. Quando l’intesa è meno solida la “deduplica”, cioè il non dire, può essere pericoloso. Pensare che il partner possa comprendere cose non dette mette a repentaglio la solidità della coppia generando incomprensioni.
In questi casi vale la regola inversa, parlare, magari ripetendosi, mirando ad essere chiari ma soprattuto compresi.
Poi ci sono le cose che non si devono comprimere mai. Le gentilezze, le frasi che vengono dal cuore sono le parole che non devono essere sottintese e per questo motivo omesse.
Un “Ti voglio bene” detto oggi è di certo diverso da quello detto ieri e per questo motivo vale comunque la pena ripeterlo.

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