sabato 23 luglio 2011

Piazzola A 128

La boa di salvataggio ha fatto carriera .
Da semplice ormeggio immobile a supporto del nuotatore inesperto ma incosciente del pericolo, sono diventato una piattaforma mobile a supporto dei tuffi .
Ebbene si, scovando da non so che angolo nascosto del mio fisico, mi sono ritrovato capace di apnee sorprendentemente lunghe.
Sopra la mia schiena, promossa a piattaforma di lancio, il piccolo saliva e scendeva a piacimento, incurante di quanta aria utile avessero a disposizione i miei polmoni, lanciandosi in tuffi di pregevole fattura.
Naturalmente tanto più forte era lo slancio verso l'alto del bambino, tanto più accentuato era il mio sprofondare.

Solo in un paio di situazioni mi sono ritrovato a respirare con le branchie, non avendo ancora raggiunto la superficie, ma le situazioni critiche sono state superate con qualche colpo di tosse liberatorio.

L'esercizio di apnea, chiamiamolo pure così, si è protratto per una buona mezz'ora.
Come per la corsa, dove mi sembra di essere sempre allenato, anche in questo caso mi sono riscoperto più delfino di quanto potessi pensare, con doti di apnea mai possedute prima.

Non ho avuto modo e tempo di rimuginare attorno a questa situazione, ho solo constatato con stupore queste capacità tenute gelosamente nascoste per molti anni.
A volte , in situazioni simili a questa, mi ritrovo a paragonarmi a un lavandino finalmente sturato.

Tra un tuffo e l'altro, mio figlio mi ha chiesto perché ho una cicatrice sul petto.

“Mi hanno messo una macchinetta che controlla il mio cuore”, gli ho risposto.
“Così non cadi più ?”, mi ha chiesto, forse ricordando di avermi visto svenuto per terra.

La curiosità gli ha fatto vincere un po di timore, così ha voluto verificare l'esistenza di quella macchinetta capace di non far cadere più suo padre.

La piattaforma mobile, ha chiuso la serata con una grappa :”duretta e a temperatura ambiente”, così è stata tecnicamente definita dal barman.

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