domenica 19 settembre 2010

Il chilometro da fermo

Succedono gli imprevisti, spesso banali. Succede che per evitare un acquazzone improvviso, ma non imprevisto, si decida di attraversarlo, di corsa, nel minor tempo possibile, senza curarsi dell'acqua.

La decisione corre più veloce del buon senso, inizia la corsa come ai bei tempi. Le prime gocce sembrano insignificanti mentre le gambe ritmano una corsa da atleta.
Senza pensare più all'acqua, "tanto", mi dico, "una volta bagnato non avrò più il problema di bagnarmi", continuo a correre. Dopo i primi duecento metri corsi chissà a che ritmo, forse quattro e trenta al chilometro, capisco che qualcosa non và.  Il fiato diventa affanno, rallento, non mi fermo, altri duecento metri sono andati.
La corsa lenta permette un piccolo recupero. Resta il respiro affannoso mentre la pioggia si intensifica.

Seicento metri, le gambe si appesantiscono, non mi fermo deciso di arrivare alla macchina. Ho il cuore in gola, per lo sforzo ma anche per la paura di correre lungo il bordo del precipizio.

Intravvedo la macchina, sono inzuppato d'acqua, non voglio pensare a che frequenza ho spinto il mio cuore.
Mi riparo dentro all'auto, anche per riscaldarmi.
Inizio così ad ascoltarmi, attendendo il lento ritorno alla normalità, "troppo lento ", penso. L'ansia nel frattempo mi toglie il respiro, anche nelle salite della scorsa settimana ho vissuto qualcosa di simile, temo mi possa succedere qualcosa, un pò di paura mi prende la mente.
Finalmente il respiro dirada, si fa meno profondo. Quasi con circospezione, ascolto il battito, lo trovo frenetico ma su valori già sperimentati.
Comincio a ripensare ai vestiti bagnati, vedendo il precipizio allontanarsi.

Nessun commento:

Posta un commento