....sono lontani quei momenti...
quando uno sguardo provocava turbamenti..
quando la vita era più facile...
e si potevano mangiare anche le fragole....
perché la vita è un brivido che vola via
è tutt'un equilibrio sopra la follia....
Sally - Vasco Rossi
venerdì 30 settembre 2011
giovedì 29 settembre 2011
Di male in peggio
A volte penso di essere caricato
a molla. Da molto tempo non riesco a dormire una notte intera. Se vado a dormire presto, mi sveglio nel pieno della notte, mentre se mi addormento tardi, arrivo
a svegliarmi alle prime luci dell’alba. La molla non si carica a sufficienza per
farmi dormire una notte intera.
E se, come ieri sera, cado dal
sonno subito dopo cena, mi ritrovo sveglio verso le due di notte e un po’ arrabbiato,
comincio a girarmi nel letto alla ricerca della posizione giusta per
riaddormentarmi. Il più delle volte le solite15 gocce risolvono la situazione.
La notte scorsa, mentre stavo con
pazienza cercando di addormentarmi, di colpo è mancata la luce. Il segnale
verde del modem si è spento e mi sono ritrovato nel buio più assoluto.
Dopo qualche secondo un allarme
ha rotto il silenzio. Il suono sinistro sembrava vicino.
“ Non vorrei essere nei panni di
chi deve spegnarlo al più presto”, pensai senza inveire verso il malcapitato.
Attesi con pazienza che il suono
smettesse, ma avevo la netta sensazione che nessuno se ne stesse occupando.
Infine po’ indispettito, dopo qualche minuto,
aperta la porta decisi di capire da dove provenisse quel fastidio e, alzati gli
occhi, mi accorsi con stupore che, la luce che lampeggiava in sintonia con l’allarme
era proprio quella di casa mia.
Fui preso dal panico. Sapevo di
avere un antifurto installato, ma ero convinto che fosse disinnescato, come una
bomba a mano senza detonatore.
Vagando al buio, mi avvicinai
alla centralina. Illuminandola con una torcia di emergenza la aprii e,
osservando le decine di tasti mi venne quasi da piangere.
Cercai di ragionare, il
manuale che avevo messo via con ordine, mi avrebbe potuto aiutare. Lo trovai senza fatica ma sfogliandolo
non riuscii a trovare niente che spiegasse
in modo semplice come far tacere quell'urlo sinistro.
La depressione toccò il suo punto più
basso.
Poi, mentre ripassavo il manuale,
orbo ormai a qualsiasi istruzione, l’allarme come d’incanto svanì.
Accolsi il silenzio con un
sospiro di sollievo.
Bisognava, a quel punto, risolvere il
problema del buio. La torcia presa per sfizio all’Ikea funzionava ancora egregiamente,
ma non sapevo quanto fosse l’autonomia rimanente.
Fui preso così da un secondo dubbio
atroce :
“Vuoi vedere che mi hanno
tagliato la fornitura per non aver pagato le bollette?”, pensai.
Già pensavo alle conseguenze di un risveglio senza elettricità e più di tutto mi faveva rabbrividire la doccia fredda.
Già pensavo alle conseguenze di un risveglio senza elettricità e più di tutto mi faveva rabbrividire la doccia fredda.
Sempre supportato dalla luce fioca della lampada, ritrovata la cartellina delle bollette, rintracciai il numero verde, sempre attivo, dove nonostante l’ora, trovai una gentile signora che mi
rassicurò senza indugio. Con le bollette ero a posto.
“Allora, non può essere che un guasto !”,
dissi a voce alta e sollevata, mentre chiamavo un altro numero verde.
Non feci in tempo a segnalare il
guasto a un altro operatore vigile a quell’ora, che il buio si illuminò, la
luce verde del modem si riaccese e tutto riprese l’aspetto usuale, sciogliendo tutte
le ansie che nel buio si erano materializzate.
Quando succede qualcosa che ci
mette subito in grave difficoltà è difficile poi ritornare razionali e pensare
alle cose ovvie, ritrovando il controllo di se stessi. Più spesso si continua a
sbagliare e a peggiorare la situazione a meno che… non ritorni la luce.
mercoledì 28 settembre 2011
Parametri Macchina
Frazione di eiezione Settembre 2010 : 65 %
Frazione di eiezione Settembre 2011 : 58 %
In cardiologia la misura della frazione di eiezione (EF) serve a valutare l'efficacia di pompa del cuore. La frazione di eiezione del cuore è la frazione o porzione di sangue che il cuore pompa (espelle) dal ventricolo sinistro (gettata ventricolare sistolica) a ogni battito cardiaco rispetto al volume telediastolico. Nei soggetti con un cuore normale e sano la frazione di eiezione è pari a 55% o superiore. Questo significa che il 55% del sangue che riempie il ventricolo sinistro viene pompato nel corpo ad ogni contrazione. Un livello basso di frazione di eiezione può indicare uno scompenso cardiaco nel paziente. Significa che il cuore non pompa efficacemente e quindi non fornisce una adeguata quantità di sangue agli organi interni ed al resto del corpo.
Fonte Wikipedia : Frazione di eiezione
P.s. : Wikipedia mi ha tirato su un pò il morale. Altre fonti su Internet riportano come valore normale, un EF del 70 %. Io ho preso il valore che più mi faceva star bene. Gli altri sono sicuramente sbagliati.
Ora sto riprendendo a correre, dopo un estate di "siesta". Vediamo tra qualche mese se sarò peggiorato o migliorato.
martedì 27 settembre 2011
Cska Mosca - Inter 2 - 3
Come può un allenatore cambiare l’atteggiamento
di una squadra, che in quattro partite aveva raccolto un solo punto e subito
sette gol e portarla, in appena tre giorni, a vincere due partite in trasferta
subendo tre gol e segnandone sei ?
Probabile che Ranieri, dopo aver letto
i nomi dei giocatori che Moratti gli aveva messo a disposizione abbia
individuato sulla base delle loro caratteristiche, il modulo tattico più adatto.
Gasperini, invece, aveva messo il
modulo in primo piano, quasi disinteressandosi dei giocatori.
La cattiva gestione della squadra e delle persone che la compongono sono spesso il motivo dei fallimenti dei manager, siano questi allenatori di calcio o capitani di azienda.
lunedì 26 settembre 2011
Il centro dell'impresa
Qualche anno fa arrivò in azienda
un manager, giovane, aggressivo, con idee innovative che attirarono l’attenzione
della Proprietà e dell’Amministratore Delegato. Fu nominato Direttore Generale,
carica sempre ritenuta necessaria, ma mai resa operativa. Dopo un primo periodo
di ambientamento dedicato soprattutto a capire l’azienda in cui era finito,
cominciarono le dimissioni più o meno pilotate di alcuni manager non più
ritenuti all’altezza del nuovo corso e delle nuove sfide che aspettavano l’azienda
di li a qualche mese.
Probabilmente quelle defezioni
altro non erano che uno dei primi obiettivi richiesti al nuovo Direttore
Generale. La pratica fu sbrigata in un paio di mesi.
Nei primi tempi, tra le altre
cose, spese parte del suo tempo a girare in lungo e in largo l’azienda e, facendo
sfoggio di una non comune capacità oratoria, riuscì a raccogliere non pochi
consensi.
Prima passò in rassegna i reparti
più importanti della produzione finché, quando decise di approfondire anche le
funzioni di staff, programmò l’incontro con il personale dell’Information Technology.
Io partecipai all’evento.
L’incontro fu preparato nei
minimi dettagli. Doveva essere descritto un mondo perfetto.
La presentazione introduttiva, partendo da una visione quasi planetaria, proseguiva con spiegazioni e scenari
sintetici corredati da pochi ma significativi numeri.
La seconda parte invece fu
dedicata alla presentazione della squadra. Ciascuno dei partecipanti descrisse
in meno di venti parole la sua funzione, dedicando qualche parola alla quota di
business che governava.
Tutto andò per il meglio e il
messaggio che quella direzione altro non fosse che una riedizione del Paradiso
Terrestre sembrò essere recepito.
L’incontro terminò con il
doveroso discorso del Direttore Generale che fino a quel momento aveva limitato
la sua partecipazione a poche e puntuali domande.
Ho dimenticato quasi tutto di
quanto disse, tranne una frase che in quel momento mi riempi il cuore :
“Una cosa dovete tenere ben
presente ! Noi metteremo sempre la
persona al centro dell’impresa e dell’azienda!”
Queste parole furono pronunciate
con enfasi e quasi con voce rotta dalla commozione.
Il futuro non fu esattamente come
descritto quel giorno. Il direttore di quel Paradiso Terrestre di li a pochi
giorni, esattamente in prossimità del Natale, fu cacciato. Il Direttore
Generale, non durò molto. Allo sbocciare delle prime gemme volò verso altre
sfide e altre aziende.
Per le persone dell’Information
Technology iniziò un decennio indimenticabile.
L’azienda, negli anni successivi,
avviò tutta una serie di “imprese”: delocalizzazioni e cessioni di rami d’azienda,
dove le persone furono veramente al centro dell’interesse generale.
Il salone degli specchi
Sono ritornato a frequentare i corridoi degli ospedali. Sono obbligato a
farlo perché ciclicamente devo fare delle visite e analisi di controllo. Il mio
stato di salute lo richiede.
L’ICD, che mi
accompagna, necessita di manutenzione a
intervalli regolari, come una qualsiasi macchina di questo mondo.
Mi ritrovo così a sostare nelle sale di aspetto degli ambulatori di
Cardiologia. A volte ci sto perché arrivo troppo presto, altre volte perché da
ritardatario mi rimettono in fondo alla lista.
Ho modo così di guardare i pazienti, in attesa, come me, del
loro turno di visita, come fossero dei “compagni
di vaggio”, in attesa di un volo aereo.
Quasi tutti sembrano più anziani di me. Ad occhio, stimo, che la gran parte di loro abbia già superato i sessant’anni, anzi molti sembrano addirittura più vecchi. Alcuni sono
accompagnati da figli e compagni/e, spesso perché non autosufficienti.
Raramente trovo persone che potrei definire miei coetanei.
Guardo e scruto questa gente, tutta affetta da questioni di cuore come me, con il
distacco di colui "a cui la cosa non lo
riguarda”, o con la sorpresa dell’”estraneo capitato li per caso”.
“ Non mi ridurrò mai come loro!”, dico tra me e me, osservando
i casi in apparenza più seri.
Poi penso agli anni a venire e alla fatica, che già faccio
oggi, per tenere riparato questo mio cuore, dalle intemperie della vita e, con
una botta di ottimismo, guardo con favore al poter ritornare per molto ancora
tra quegli “specchi”.
domenica 25 settembre 2011
Mondiali di ciclismo
Ore passate davanti alla tv in attesa di un assolo e di un’impresa
che solo poche volte ho potuto ammirare.
Ma quando c’è la passione l’attesa non pesa. Quest’anno è
andata male, andrà meglio l’anno prossimo.
E’ il solo sport in cui tifo in maniera esagerata per la
nazionale, cosa che invece non accade per il calcio.
Oggi la gara aveva un vincitore annunciato, che ha mantenuto
le promesse e le previsioni.
Gli italiani non avevano un fuoriclasse adatto per un
percorso da velocisti dove l’arrivo in volata era scontato. La vittoria sarebbe stata un vero e proprio
miracolo.
La squadra che per tutta la gara ha corso con furbizia senza
sprecare risorse in inutili tentativi di fuga,
è poi mancata di scaltrezza quando, sgomitando e rischiando, bisognava
guadagnare le prime posizioni del gruppo per affrontare la volata. Le maglie
azzurre si sono disperse risucchiate da avversari molto più potenti e
determinati.
Non si vince da Varese 2008.
venerdì 23 settembre 2011
Parametri Macchina
Pressione Massima 114
Pressione Minima 80
Frequenza cardiaca 48
Le misurazioni che dall’ultima
visita faccio più frequentemente, sia al mattino che al pomeriggio, riportano valori
rassicuranti. Noto solo, un leggero
rallentamento dei battiti. L’altro ieri ho misurato una frequenza di 45. Ancora
cinque in meno e l’ICD si mette in moto.
Ho fatte le analisi del sangue.
Una crocetta riesco sempre a portarmela a casa. Se la volta precedente avevo la
Glicemia sopra i valori massimi, questa volta invece e la mitica Omocisteina a
sbordare, naturalmente oltre il massimo previsto. Ho pensato di ritornare alla
dieta dei Frutti di Bosco, mentre se dovessi incrementare il consumo di verdura
verde, potrei trasformarmi in un ruminante a caso.
Le mie porzioni di insalata sono
assolutamente da animale al pascolo.
Non sono ancora andato dal medico
perché penso che non ci sia nulla di allarmante.
A Novembre, quando ritornerò dal
cardiologo, presenterò il resoconto finale di tutte le visite.
Intanto devo concludere tutto ciò
che mi serve per il rinnovo della patente. Lunedì 26 ore 15.30 : Ecocardiografia.
Ritroverò la dottoressa che mi ha spedito in terapia intensiva a bordo di una
carrozzina, mentre io la imploravo di mandarmi a casa. La rivedrò volentieri.
Le raccomandazioni, comunque non
mancano mai.
Qualcuno, come al solito una
donna, mi ha ricordato che, pur non essendo malato, vivo una condizione di
sofferenza. Senza mettere da parte l’autoironia, mi ha consigliato di non dimenticare
la condizione di sofferenza che mi caratterizza. Quindi dovrò evitare ogni tipo
di eccesso (17 settembre, 10 Marzo, ecc.…), ne va della mia vita.
Piccoli segnali, spero non
premonitori : qualche dolorino al costato, una stanchezza diffusa.
Ancora qualche giorno di
osservazione poi passo in cardiologia.
Intanto ho deciso di rifare pace
con il sonno, prendendo un po di gocce alla sera.
Aiutano a far dormire anche l’animo.
giovedì 22 settembre 2011
Il giorno del ringraziamento
Quel giorno il mercato era particolarmente affollato.
L’estate era alle porte e i primi giorni di caldo si erano già fatti sentire
facendo assumere alla natura circostante nuovi colori, diversi da quelli chiari e giovanili della primavera.
Fortunatamente, l’Oceano, che distava poche decine di
miglia da quei luoghi, regalava forti brezze, ricche di salsedine, capaci di spazzare l’afa e regalare notti
fresche e riposanti.
Gli uccelli marini, diventati ormai ospiti abituali, arrivavano in massa ad ali spiegate, alla ricerca di cibo, spinti
dal vento che giungeva dall’Atlantico,
sostenuto e costante. Apparivano
riposati e tranquilli come quei viaggiatori
che scendono da un treno di prima classe, rilassati da buone letture e ottimi
ristori.
La gente passeggiava tra le bancarelle, con il solito passo stanco e trasandato, guardando con svogliatezza quanto esposto. Per molti quella passeggiata
era motivo di ozio, per altri ricerca di qualcosa non del tutto chiaro.
Le persone con le idee chiare si notavano immediatamente.
Camminavano spedite verso la zona dove sapevano poter trovare quanto
interessava loro. A volte indugiavano su una o più bancarelle, chiedendo e trattando, poi fatta la scelta se ne andavano
con quanto acquistato.
La zona dedicata agli animali non era molto vasta. “La stagione era andata”, si sentiva dire ma
alcune bancarelle avevano, dentro a improvvisati recinti, dei tacchini. Alcuni
di loro erano ben cresciuti.
Uno di questi conosceva già quella zona. Era una delle tante che negli ultimi tempi aveva
frequentato, a rimorchio della bancarella che, di giorno in giorno, il suo
padrone spostava di mercato in mercato.
Le facce gli sembravano tutti uguali. Ricordava di aver
notato più di qualcuno guardarlo con interesse
e aveva pure ascoltato trattative che lo
riguardavano.
Altri tacchini a seguito di trattative simili, erano stati
presi e portati via. Ne ignorava la sorte. Lui fortunatamente, era rimasto sempre
dentro il suo recinto e ogni sera puntualmente era ritornato a casa.
Quel mattino, un signore con un grande cappello si fermò davanti al recinto. Sembrava uno dei tanti
personaggi che aveva già avuto modo di osservare.
Il tacchino, senza curarsi di quella presenza, continuò a
passeggiare in quello spazio ristretto, nemmeno si accorse della trattativa che
lo riguardava e, quando si senti sollevare da due mani che gli stringevano le
ali, capì che la sua vita, da quel momento, sarebbe cambiata.
Fu chiuso dentro una scatola che sobbalzò per un po’ di
tempo. Dentro faceva un caldo asfissiante e riusciva a percepire un po’ di fresco da alcuni buchi
da cui entrava anche un po’ di luce.
Era terrorizzato e si
chiedeva cosa gli stesse succedendo.
Di colpo gli sbalzi finirono e pure il rumore che aveva
accompagnato quella situazione scomparve.
Dopo un ultimo scossone la scatola si aprì. Con un po’ di
timore mise il becco fuori e si trovò nel mezzo di un prato circondato da
alberi e arbusti. C’erano altri animali : simili a quelli già conosciuti dove
aveva vissuto fino al giorno prima.
Uscito, guardingo e
ancora spaventato, cominciò a guardarsi intorno. Poco lontano l’uomo dal
grande cappello, che aveva visto al mercato, si stava allontanando con il cartone
in mano.
Finalmente poté dissetarsi e mangiare qualcosa. In poco
tempo, pur con la nostalgia di casa, realizzò che anche la nuova sistemazione non era
poi male. Il cibo era eccellente e al fresco degli alberi avrebbe potuto
risposare e stare tranquillo.
I giorni estivi portarono caldo e benessere. L’uomo con il
cappello era puntuale ogni mattina con nuovo cibo e acqua fresca. Percepì più
di una volta il suo sguardo poggiarsi su di lui e questo lo riempiva di
orgoglio. Il suo piumaggio diventava sempre più lucido e poteva, a ragione,
considerasi un bel tacchino.
La vita scorreva calma al fresco di quel prato.
La fiducia in quell’uomo tanto previdente cresceva ogni giorno
di più. L’attenzione che gli riservava era tale che, spesso il cibo cambiava. Aveva avuto così l’occasione
di assaggiare, più di una volta, delle vere e proprie prelibatezze.
Insomma il trattamento era dei migliori e di certo non
poteva lamentarsi.
I ritmi si ripetevano sempre uguali, l’amore verso l’uomo
cresceva di giorno in giorno e quando questi si approssimava, di buon mattino,
al recinto, il tacchino, ormai cresciuto
e ben in carne, gli correva incontro, impaziente, si, di mangiare ma anche come
segno di sincera riconoscenza.
Le giornate, si fecero un po’ più fresche. Di sera sentiva la necessità di raggomitolarsi
un po’ di più. La stagione stava cambiando e l’autunno era alle porte.
Le piogge non tardarono a farsi sentire. Il vento
dell’oceano, spesso arrabbiato, rovesciava vere e proprie montagne di acqua. Il
tacchino, spaventato, attendeva infreddolito che tutto passasse sotto la
tettoia .
Ciononostante, l’uomo anche sotto la pioggia battente, non
mancava un appuntamento.
Ogni giorno il cibo e l’acqua non mancavano mai.
Il tacchino si stava preparando al freddo dell’inverno, come
già aveva fatto l’anno precedente e la cosa non lo preoccupava vista la cura e
l’attenzione con cui veniva trattato.
Un giorno apparve anche la neve ma si sciolse in breve tempo. L’inverno era alle porte.
Fu dopo quella nevicata,
passato qualche giorno che, un mattino, sentì un po’ di trambusto.
Qualcosa di simile era già successo ma, quella mattina sentiva, che qualcosa
stava accadendo.
L’uomo dal grande cappello entrò nel recinto e puntò dritto
verso di lui. Il tacchino, spaventato, cercò di scappare ma fini in un angolo e,
da lì non poté più muoversi. Si sentì afferrare da due mani forti che gli
bloccarono le ali come era successo al mercato prima dell’estate.
Urlando cercò inutilmente di ribellarsi e liberarsi , poi
improvvisamente ……
Liberamente ispirato a un brano del libro "Il Cigno Nero" di Nassim Nicholas Taleb
martedì 20 settembre 2011
Tu chiamale se vuoi ....emozioni...
“Tutto perfetto, direi”, mi disse il dottore guardando il Quick Report che il sistema di monitoraggio aveva appena stampato.
Io ero disteso sul lettino e stavo vivendo il rituale controllo del funzionamento dell’ICD, con estrema calma e tranquillità.
Non avevo mai avvertito alcunché di strano, ne un leggero pizzicare dalle parti dello stomaco, tantomeno alcuna scossa che ne testimoniasse l’entrata in funzione.
L’esito per me era scontato : nessun problema.
All’udire quel : “Tutto perfetto, direi”, rafforzai la mia sicurezza. Aspettavo solo qualche altro particolare, dovuto più al buon rapporto che avevo con il dottore, che alla necessità di descrivere qualcosa che poteva essere un segnale di allarme.
Ma invece il segnale c’era….
“Cosa sono quelle cose la?” , sentii dire al dottore, mentre leggeva con più attenzione la striscia di carta appena uscita dalla stampante.
Rimasi con il sospiro in sospeso, ascoltando in silenzio, sperando che il medico continuasse a pensare a voce alta.
“Aspetti, anzi,….mi dica. Cosa è successo Sabato 17 Settembre verso le 17.30 ?”, mi chiese con un tono da inizio interrogatorio, quando il pubblico ministero ha la convinzione che l’imputato sia disposto a collaborare.
Non tardai a rispondere :
“Mi sono arrabbiato. Ho avuto una discussione molto accesa”, precisai senza tentare di nascondermi.
“Sembrano delle extrasistoli”, diagnosticò il cardiologo, come volesse minimizzare l’accaduto.
Accolsi il resoconto con un po’ di sollievo . In fondo da sempre sono abituato a convivere con questi mancati battiti cardiaci che, per qualche attimo, creano una sensazione di vuoto allo stomaco.
“Niente di grave”, continuò, “so che a volte non è facile, ma lei deve evitare queste arrabbiature”
“Le eviterò, dottore”, risposi un po’ frastornato e dopo aver realizzato questa fragilità così ben documentata a cui non avevo potuto sfuggire.
Quando mi alzai dal lettino e riuscendo così, pure io, a leggere la lista degli eventi registrati, notai altre date significative (es: il 10 Marzo), giorni che ricordavo molto bene, ma che erano comunque caratterizzate da momenti difficili.
"Pare che solo il dolore e la rabbia deturpino il cuore, mentre le altre emozioni, quelle belle, sembrano passare senza lasciare traccia, come se non fossero degne di nota, pur generando batticuore e qualche extrasistole di troppo", pensai.
"Devo voltare pagina, definitivamente, prima che la vita lo faccia per me", continuai a ripetermi dentro di me.
Quando mi alzai dal lettino e riuscendo così, pure io, a leggere la lista degli eventi registrati, notai altre date significative (es: il 10 Marzo), giorni che ricordavo molto bene, ma che erano comunque caratterizzate da momenti difficili.
"Pare che solo il dolore e la rabbia deturpino il cuore, mentre le altre emozioni, quelle belle, sembrano passare senza lasciare traccia, come se non fossero degne di nota, pur generando batticuore e qualche extrasistole di troppo", pensai.
"Devo voltare pagina, definitivamente, prima che la vita lo faccia per me", continuai a ripetermi dentro di me.
Le anomalie, mi rassicurò il dottore, non pregiudicavano comunque la possibilità di ottenere il rinnovo della patente, non le aveva nemmeno menzionate nel referto, per evitarmi possibili problemi.
Raccolte tutte le carte, uscii ringraziando, ma aver visto e capito qualcosa in più di cosa sta a fare l’ICD connesso al mio cuore, mi aveva scombussolato non poco.
Cercai di distrarmi pensando ad alcune originalità della mia situazione.
Raccolte tutte le carte, uscii ringraziando, ma aver visto e capito qualcosa in più di cosa sta a fare l’ICD connesso al mio cuore, mi aveva scombussolato non poco.
Cercai di distrarmi pensando ad alcune originalità della mia situazione.
Io che non porto da anni l’orologio, mi trovo ad averne uno estremamente preciso, impiantato dentro al mio petto. Peccato non poterlo consultare all’occorrenza o poterlo usare qualche volta come cronometro.
Tutto ciò che succede al mio cuore viene registrato o loggato, come diciamo noi informatici. Qualcuno a posteriori, può verificare cosa è successo e quando è successo, chiedendo, nel caso fosse necessario, chiarimenti all’interessato.
Mi sento come molti di quei server che per anni ho installato in sala macchine, che mi divertivo a controllare e mettere a punto, leggendo tutte le mattine i report di tutte le attività notturne.
Insomma mi sento un po’ bionico e, a dirla tutta, anche un po’ meno libero.
Forse si tratta solo di accettare la nuova condizione, magari con un po’ di ironia. Dopotutto nulla è cambiato, se non la maggiore conoscenza del dispositivo e, nemmeno posso immaginare, da qui all’espianto, previsto tra undici anni, quante e quali potranno essere le sorprese.
domenica 18 settembre 2011
Due Stent a uno !
Si può dire che la stagione delle
non competitive, nonostante l’afa estiva e soffocante, sia cominciata oggi.
Il programma delle corse, questa
domenica, era molto ampia e quindi la scelta è andata su quella più comoda e vicina,
che permetteva un risveglio normale.
A Dolo i percorsi erano come di
consueto 3 : i sei chilometri, i quindici e i trenta. Quest’ultima misura, suppongo, preparata
appositamente per dare modo ai maratoneti di saggiare la resistenza in vista della
ormai prossima maratona di Venezia.
Dal canto mio, pur non essendomi
mai allenato dopo l’ultima corsa a Colle Umberto, snobbando la distanza più
corta ho scelto i quindici chilometri, pur con la consapevolezza che, in caso
di difficoltà, avrei potuto proseguire a passo spedito.
Alla partenza, avvenuta puntualmente
alle 8.30, ho potuto percorrere qualche centinaio di metri in testa a tutti,
poi controllato il battito cardiaco ho rallentato bruscamente. Da quel momento
è cominciato un lento e inesorabile scivolamento verso le retrovie del gruppo.
Unica soddisfazione, non sono
stato risucchiato dai “Nordic Walking” , quelle persone che, aiutandosi con i bastoncini, si mescolano orami ai podisti in ogni manifestazione.
Prese le misure con il cuore e la
velocità, correvo senza eccessiva fatica, riuscendo a scambiare qualche parola
con podisti che nel frattempo mi passavano.
Percorrevo un po’ di strada affiancato per poi lasciarli andare.
A un certo punto, un gruppetto
che stava sopraggiungendo, stava discutendo di cinema e in particolare del film
“Questioni di cuore” con Antonio Albanese e Kim Rossi Stuart.
Una signora, che sembrava l’esperta
della materia, stava dicendo che il film sarebbe passato in televisione nel corso
della settimana e lo stava raccomandando ai compagni.
Quando si accostarono mi unii
a lei nell’elogiare il film, che avevo visto qualche tempo fa.
“Parla di due persone che colpite
da infarto fanno amicizia”, raccontava la signora evitando di svelarne la fine.
“Si è vero però il senso del
titolo è duplice, un storia di cuore che diventa una storia di amore”, ho aggiunto
io spiegando il doppio senso del titolo.
Di li a poco ci siamo divisi. Io proseguii per il percorso dei 15 km, mentre loro puntarono decisamente al
percorso lungo. Mi invitarono con loro ma io ringraziai salutandoli.
Dopo qualche metro, superata la
deviazione, sono stato affiancato da un altro podista. Aveva sessantanni, mi avrebbe detto più tardi.
“Parlavano di infartuati, quei
signori e ne avevano uno che correva con loro !”, dissi al nuovo compagno di corsa.
Il signore mi chiese se correre
mi dava dei problemi e che frequenza cardiaca dovevo rispettare.
Poi aggiunse :
“Ti hanno messo anche degli Stent
? Io ne ho uno, tu quanti ne hai ?
“Io ne ho due ! “, risposi senza
soddisfazione.
sabato 17 settembre 2011
giovedì 15 settembre 2011
L'assessment
Ormai almeno una volta all'anno, vengo coinvolto sul lavoro, in una attività di Assessment. Nasce sempre una buona ragione perché qualcuno, mandato da una società
di consulenza, arrivi attrezzato di tutto punto per il “necessario“ accertamento.
Queste attività che nel caso di grossi cambiamenti reputo necessarie e utili, in altre circostanze nascono per cause o motivi spesso sconosciuti o indicibili.
Inizialmente percepivo questi “interrogatori”
come una sorta di tribunale che aveva il compito di giudicare le mie scelte e
il mio operato nel corso degli anni.
L’esperienza mi ha poi insegnato, che la collaborazione e il confronto erano sempre utili, a me, che dovevo
rispondere alle domande, ma anche a coloro che annotavano con cura le mie risposte.
Mi consolava il fatto che alla fine erano
loro, "gli inquisitori", a dover preparare decine di slides PowerPoint, sollevandomi così, da quella
noiosa incombenza.
Coloro con cui avevo a che fare
erano spesso le teste di cuoio dei fornitori, le persone più esperte, mentre raramente
mi sono dovuto confrontare con ragazzi alle prime armi.
In ogni caso il loro compito era
del tutto simile a quello che negli eserciti è assegnato agli incursori :
preparare il terreno per l’invasione delle truppe che nello specifico significava : creare le condizioni di lavoro per altri consulenti.
Il compito non era difficile. Il
mondo non è perfetto e quindi margini di miglioramento se ne trovano sempre.
Mi sono trovato davanti, durante le interviste, a dei semplici
scrivani, tutti intenti ad annotare quello che io narravo, come dovessero
scrivere le mie memorie, mentre in altre occasioni dovevo confrontarmi con un interlocutore
che non smetteva mai, di obiettare su tutto ciò che raccontavo.
Quest'ultimi incontri erano caratterizzati da molte domande del tipo: "Perché non un'altra soluzione?", seguite da altrettante spiegazioni, quasi a dover dimostrare di avere, per
ogni presunta cazzata, un alibi da esibire.
Alla fine si concludeva il lavoro,
nonostante qualche scambio di opinioni "dialettico" e qualche “vaffa…” ingoiato all'ultimo istante, senza rancori e con una sorta di comprensione reciproca.
Arrivava così, il momento del resoconto finale.
La cerimonia, enfatizzata dal coinvolgimento
dei manager più qualificati di entrambe le aziende, presentava sempre una
situazione imperfetta, passibile di miglioramento, che cercava di preparare il
terreno per consulenze future senza però affermare che, ciò che era stato fatto
era del tutto sbagliato.
L’obiettivo, nemmeno tanto celato, era quello di
permettere ai consulenti (le truppe di invasione) di poter lavorare in seguito senza l’opposizione del
personale interno.
Fondamentale era la Gap Analisys,
spesso sintetizzata da uno schema grafico che aveva il compito di descrivere quanto
la situazione accertata si discostava dalla condizione ideale (spesso identificata
dalla parola Target).
La rappresentazione più
comunemente utilizzata somigliava in tutto e per tutto a una ragnatela da dove si diramavano a raggio gli assi relativi agli aspetti
oggetto dell’assessment. Le punte esterne identificavano la condizione ideale, mentre il centro identificava la condizione peggiore. Il risultato dell'indagine, altro non era
che una sorta di “girotondo di ragno” all’interno
della ragnatela. Il massimo non si raggiungeva quasi mai e, più era lo
scostamento dalla situazione Target, più consistenti potevano essere i contratti futuri.
Così spesso funzionano le cose
nelle aziende.
Ma come gli esami, anche per noi,
gli assessment non finiscono mai.
Di accertamenti siamo costretti a
farne spesso. A volte per problemi di salute accurati esami setacciano buona parte del nostro corpo, mentre altre volte, per meglio affrontare i cambiamenti che riguardano la nostra vita, passiamo molto tempo a raccontarci a qualcuno in grado di aiutarci a trovare le possibili soluzioni. In realtà, in molti casi, l’importante
è non peggiorare, senza coltivare l’illusione
di arrivare all'eccellenza Anche l’essere imperfetti può regalare
equilibrio e voglia di vivere.
Stasera mi sono fatto una sorta
di assessment. Quasi per gioco ho dato una valutazione ad alcuni aspetti della
mia vita : L’amore, il lavoro, la salute, i soldi, le amicizie e riportando i valori nella ragnatela ho ottenuto il grafico che segue.
Come si vede la il Gap da colmare
è in alcuni casi significativo e forse incolmabile. Di sicuro, in alcune aree,
avrò bisogno di qualche consulenza , in altri casi sono certo di poter migliorare confidando nelle mie forze
Il resto lo affido alla
provvidenza e alla fortuna, caso mai volessero darmi una mano.
mercoledì 14 settembre 2011
La luce gialla
Ho sperimentato nei giorni scorsi
il dover fare a meno di internet. La causa, banale, ma provvidenziale : Il
guasto della linea telefonica che ha messo fuori servizio telefono e adsl.
Sono diventati così sporadici i
contatti con la “nube” di Google, contenitore e custode di molte delle mie emozioni
: foto, posta, scritti che da un po’ di tempo con fiducia memorizzo in uno
spazio a me riservato.
Perciò, limitandomi solo alla
scrittura sul Blog e alla consultazione della sola posta elettronica, sono riuscito
a cambiare nell’ultima settimana le mie serate e soprattutto le mie giornate a
casa.
“Si può fare dell’altro”, ho
pensato e forse sono io l’ultimo a scoprirlo, ma guardandomi po’ intorno, ho
potuto dedicarmi alla lettura e ad alcune attività “manuali” e casalinghe che
altrimenti rimandavo sempre.
La riparazione del guasto è stato
lento, scandito dai tempi dettati dalle lunghe chiamate al call center, dove gentili
interlocutori, rifacendo sempre tutte le verifiche del caso, mi rassicuravano
che tutto si sarebbe risolto in breve tempo.
Quando parlo con un call center
vivo sempre la stessa curiosità che provo quando ricevo una cartolina da un
posto che non conosco e mi chiedo :
“Chissà da dove questi signori mi
rispondono?”, immaginandoli in paesi lontani e a me sconosciuti.
L’unico a soffrire un po’ di
questo contrattempo è stato il modem, che da sopra il comodino dove ora si
trova, sin da lunedì notte era riuscito a scaricare, mentre dormivo, tutto ciò
che il defibrillatore aveva memorizzato nell’ultima settimana.
Lunedì mattina al mio risveglio,
ho subito notato la luce dell’allarme. Lampeggiava in continuazione.
“Manca la linea telefonica “, rivendicava l’amico.
“Adesso aspetti, non so che farci
!”, rispondevo leggendo il messaggio sul grande display.
Di aspettare il modem non voleva
saperne e così ha continuato a lampeggiare senza sosta, giorno e notte,
illuminando a intermittenza la stanza. Io, nel timore di perdere i dati che di sicuro conteneva al suo interno, non ho
avuto il coraggio di spegnerlo.
Oggi appena ripristinata la linea
i dati sono stati spediti a destinazione e la grande luce gialla ha smesso di
agitarsi. Come oramai succede da un anno, nessuno ha chiamato, tutto funziona regolarmente.
Certe personaggi meno chiamano meglio è.
lunedì 12 settembre 2011
Primo giorno di scuola
Del 1 Ottobre 1963 non ricordo
più niente. Mi è rimasta in mente solo l’aula dentro alla quale ho passato quel
primo anno di scuola. Ricordo la figura della maestra, il suo nome e il fatto
che l’anno dopo fu sostituita da non so chi. Ho passato i restanti quattro anni
con una maestra di cui non ricordo assolutamente niente.
Il nero era il colore
predominante. Nera era la lavagna, neri erano i grembiuli, scuri erano i muri, neri erano i banchi di legno e
le imposte grandi di quell’austero edificio sembrava non bastassero a illuminare la stanza.
Azzurro era il fiocco al collo
dei maschi mentre rosso era quello delle femmine. Nulla sembrava essere
lasciato al caso. Come catalogati erano i maschi e le femmine anche i poveri
erano divisi dai non poveri. Di ricchi non ce n’erano.
I poveri ricevevano libri e
quaderni gratis. I squaderni dei poveri avevano pure loro la copertina nera e
il bordo delle pagine era colorato di rosso. A me piacevano molto e avrei
desiderato essere povero per avere quei quaderni.
C’era il capoclasse. Di solito
era eletto il più bravo della classe che, quando la maestra doveva assentarsi
per qualche motivo, controllava la classe separando i buoni dai cattivi. Li
scriveva diligentemente sulla lavagna su due colonne ben distinte.
Come essere buono ? Tutti avevano
al loro tattica : alcuni se ne stavano accucciati, sul banco senza fiatare
mentre altri guardavano i compagni cercando chi fosse il più buono. Il rigoroso
silenzio e la gara alla santità durava pochi minuti. Quando l’assenza della
maestra superava i quindici minuti, i cattivi avevano sempre il sopravvento sui
buoni che comunque restavano buoni in quanto vittime dei cattivi.
Il primo della lista dei cattivi veniva, al ritorno
della maestra, espulso dalla classe per qualche minuto.
L’umiliazione era forte sia quando si era cacciati sia quando si rientrava.
Il resto dei ricordi sono legati
al grande cortile della scuola dove ho giocato a bandiera e memorabili partite
di calcio.
Verso la quarta elementare, una
supplente per tenerci tranquilli, usava la bacchetta picchiando sulle mani dei
più vivaci che disturbavano i compagni.
Infine non ho mai dimenticato gli
amori platonici, mai confessati, verso un paio di bimbe.
Ricordo ancora i loro nomi.
E’ proprio vero, gli amori non si
dimenticano mai.
domenica 11 settembre 2011
Palermo - Inter 4 : 2
Il risultato era sul 2-2.
“Non male”, ho pensato, “Palermo è un campo difficile !”.
Ascoltando la telecronaca avevo la netta sensazione che l’Inter stesse dominando in lungo e in largo. Le occasioni da goal si sprecavano. Quindi fiducioso, aspettavo la terza rete per consacrare la vittoria in trasferta, che era di buon auspicio per il prosieguo del campionato.
Visto il susseguirsi di palle goal e anche per mitigare l’ansia, ricordando di avere una lavatrice colma di biancheria pronta da stendere già dalla mattina, mi sono alzato e senza curarmi della partita in pochi minuti ho steso il bucato.
Qualche ovazione era arrivata fino al bagno, ma non ero riuscito a decifrare chi stesse gioendo e chi invece no.
Tornato a seguire la partita ho scoperto la triste realtà : il Palermo aveva segnato 4 goal.
Mi sono detto : “La prossima volta il bucato lo lascio asciugare in lavatrice !”.
Devo però scoprire cosa fare per far segnare l’Inter altrimenti finisce che pareggiamo tutte le volte. Potrei provare a cucinare o lavare i piatti.
Non posso spingermi oltre nell’analisi della partita. Ho trascurato l’Inter dalla fine del campionato scorso. Conosco solo parzialmente la struttura della nuova squadra e chi è il nuovo allenatore.
Alcuni giocatori, oggi impiegati, non li ho mai sentiti e non so da dove provengono.
Intanto alla prima di campionato abbiamo preso quattro goal, anche se ne abbiamo fatti tre.
Un buon attacco e una pessima difesa, o meglio, una squadra squinternata impostata nel modo sbagliato. Per non perdere tempo e tenendo fede alla tradizione , si potrebbe già cominciare a mettere in dubbio l’allenatore, ipotizzando chi potrà essere il probabile sostituto.
sabato 10 settembre 2011
I primi tre secondi
Il libro
Passando davanti alla libreria di
Mirano, il 25 Agosto scorso fui colpito da un libro, con la copertina verde e
dal titolo : “Tutto per amore o quasi”. Non ne avevo mai sentito parlare, non sapevo di cosa
parlasse ma qualcosa mi spinse a entrare e a comprarlo. Non opposi resistenza
al suggerimento che proveniva da non so dove.
Mi sembrò di essere stato scelto più che aver scelto. Oggi leggendo
l’ultima pagina ho avuto la stessa sensazione che spesso provo in questi anni, quando ritrovo qualcosa che pensavo perduto o che pensavo di non potermi più permettere.
La storia che il libro narra mi ha spesso coinvolto emotivamente. La fine mi ha
sorpreso e mi sono piaciuti i dialoghi finali : confessioni tardive, ma non per
questo inutili, che hanno aiutato la protagonista a ridare un senso a ciò che pensava aver perduto.
La signora
Da qualche tempo mi capita di incrociare
una signora, sempre la stessa. La prime volte pensavo fosse il mio stato d’animo
a enfatizzare questi incontri che, pur essendo del tutto casuali, si ripetevano
con una certa regolarità. Di certo non mi lasciavano, né mi lasciano
indifferente.
“Sono di sicuro io a notarli non
certo lei a provocarli “, pensavo, cercando di dare il giusto peso alla situazione
Se per qualche giorno mi capita di
non pensarci più, succede che, senza ne pensarci ne cercarla, riappare casualmente
sulla mia strada. Non posso fare a meno di fissarla negli occhi.
Forse mi sta aspettando.
Dedicato a …..
“
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Essenzialmente sei
Sostanza dei sogni miei
Sostanza dei giorni miei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Essenzialmente sei
Sostanza dei sogni miei
Sostanza dei giorni miei
“
Queste parole della canzone di
Jovanotti sono uscite dall’autoradio, qualche giorno fa, appena terminata una telefonata.
In un attimo mi sono tornate alla
mente emozioni e ricordi.
Le parole hanno, a volte, un
potere immenso.
giovedì 8 settembre 2011
Certi giorni
Certe mattine è un piacere notare
quanto sia terso il cielo. E’ raro vedere il cielo carico di quell’azzurro monocromatico,
che solo i bimbi sanno dare colorando i cieli dei loro disegni, sgombri di nubi e illuminati da un sole giallo.
Guardando a Nord, le montagne
sembrano a portata di mano e tanti sono i particolari che, pur da lontano, si riescono a notare, che perdere
uno spettacolo simile per rinchiudersi in ufficio, sembra un’eresia. Tante sono
state le volte che, ammirando quel panorama, è scaturita la tentazione di raggiungerlo,
come si fantastica davanti a un imponente arcobaleno e si è presi dal desiderio
di arrivare in quel luogo dove sembra essersi appoggiato. Mai ho ceduto alla tentazione,
preferendo la pallida certezza di un ufficio senza luce, al vagare pur da solo,
là dove finisce il verde del bosco e comincia l’azzurro del cielo.
La bellezza genera altra bellezza
e ciò che rallegra gli occhi, rallegra spesso anche lo spirito, oltre che il cuore
e, quell’euforica sensazione di benessere ispira buoni propositi e idee cariche
di energia.
Mentre tutto
sembra rimanere immutato, come il dipinto fissato su una tela, tutto
impercettibilmente, come lo spostarsi della lancetta delle ore di un orologio,
cambia di attimo in attimo.
I particolari
lontani, offuscati dall’aria resa instabile dal calore del sole, assumono
contorni sempre più incerti e qualche piccola nuvola, tanto sparuta da sembrare
spaventata, di tanto in tanto solca l'orizzonte.
Con il passare
delle ore sempre più nubi bianche e soffici, passano sulle nostre teste, senza
fretta apparente. Viviamo la stessa sensazione che si prova quando, imbattendoci
in un gregge, ci si trova circondati da decine di pecore, che tranquille, ci passano accanto, senza recare alcun
fastidio.
Quando la sera
sembra ancora lontana, ecco che il tempo sembra accelerare. Improvvisamente, l’azzurro
pastello del cielo, diventa un blu sempre più cupo e le nubi bianche, di qualche
minuto prima, si incupiscono di un grigio
sempre più nero.
Il vento,
destatosi d’un tratto, trasmette brividi di freddo fuori stagione. Ci si chiude
in casa a ritrovare un po’ del calore del mattino.
Poi, da non so
che direzione, si ode uno strano ticchettio. All’inizio sembra simile al canto
delle raganelle che rallegrano le sere di maggio, ma più diventa forte, più assomiglia a
un suono battente e ossessivo : è il preludio della grandine che si avvicina.
Isolati pezzi
di ghiaccio cadono provocando lo stesso rumore di sassi lanciati che rimbalzano
sul terreno seguiti da altri, sempre più ravvicinati. Poi lo scroscio diventa continuo, il rumore
assordante, angosciante, fino a che qualche goccia di pioggia comincia a
mescolarsi a quel ghiaccio cadente.
Via via la
pioggia prende il sopravvento, la grandine rapidamente diventa inoffensiva, sopraffatta
dall’acquazzone
Poi smessa la
pioggia, passato il temporale, rimane il ghiaccio sul terreno ferito. Foglie e
rami spezzati si notando ovunque si guardi.
Ci vorrà un po’
di tempo per dimenticare e rivedere tutto come prima o quasi.
Intanto, le
nubi svuotate dalla tempesta si sono dileguate e da ovest arrivano i raggi di
un sole sulla via del tramonto. Domani, si spera che il cielo sia ancora più
terso.
Certe giornate
cominciano, nelle nostre relazioni personali, con lo stesso azzurro di un
mattino senza nubi. Tutto sembra avere la nitidezza del mattino frizzante e, la convinzione
che da quel momento le cose non possano che migliorare, ci riempie di voglia di
vivere.
Succede che, senza motivo apparente, ci si ritrovi nel bel mezzo di una tempesta, travolti da incomprensioni, che
nonostante la sincerità d’animo non riusciamo a mitigare. Il non dire e il dire
troppo porta purtroppo spesso agli stessi disastri. Alla fine ne usciamo con il
freddo dentro, come fossimo stati sotto l’acqua e la grandine. Ad asciugarci
non basta mai il sole della sera.
A rompere ci
vuole un attimo a riaggiustare a volte non basta il futuro.
La Mussa
La Fiera dei Mussi di
Trebaseleghe è giunta quest’anno alla 827 esima edizione.
Mi sono chiesto : chissà quando è
cominciata e chi si è preso la briga di
tenere il conto esatto.
I Mussi (asini) c’erano,
nonostante si dica che ormai sia un animale in “disuso” e, guardandoli con le
loro facce tristi, mi sono tornati alla mente i detti, alcuni ancora di uso
comune, che proprio con i mussi avevano a che fare.
Era normale apostrofare un
bambino, che piangeva per ottenere ciò che voleva o arrabbiato per non averlo ottenuto,
con il detto “El xe drio fare a mussa”.
La “mussa” era sinonimo di una arrabbiatura,
di un pianto disperato come di un lungo e sordo frignare.
Di solito il prosieguo della
frase era :”Spetemo, tra poco 'a mussa ghe passa”
Insomma come gli asini che pur impuntandosi,
alla fine, con pazienza ripartono anche
se riluttanti, anche noi da bambini la nostra cocciutaggine si è spesso sciolta
tra le lacrime della “mussa”.
Superata la delusione, spesso
demolita anche dai morsi della fame, si ritornava in cucina o si riappariva in
cortile come niente fosse.
E i più grandi, che saggiamente
ci avevano lasciato sbollire, erano soliti chiederci :
“Dove ‘a gheto ligà a mussa?”
martedì 6 settembre 2011
L'alcova
Qui al piano di sotto, nella
nuova casa, tutto sembra al suo posto. Ho sistemato l’armadio separando
ordinatamente i vestiti, mentre ho occupato quasi tutti gli spazi del mobile
della cucina.
Quest’ultimo è talmente grande da
contenere comodamente ogni cosa rendendo tutto di facile accesso.
Non ho ancora memorizzato il
nuovo ordine: la corrispondenza interrutori–luci e la posizione degli oggetti
usati di rado. Sono riuscito anche a distribuire i cavi del modem adsl , del
telefono e della console Nintendo wii, nascondendo la matassa dei fili dietro
al televisore.
Tutta un’altra cosa rispetto a
prima.
A completare l’opera mi sono pure
attrezzato con una scarpiera, così anche le scarpe un tempo messe alla rifusa
sotto un tavolo, hanno trovato la giusta sistemazione, sparendo dalla vista.
La scarpiera, uno dei pochi
acquisti, quello più costoso, risultato della spedizione all’Ikea di sabato pomeriggio,
è riuscita ad occupare l’intero pomeriggio.
Mi ero convinto che in un paio d’ore
potevo andare e tornare anche se non avevo considerato il tempo che avrei dovuto dedicare al montaggio. In realtà,
appena iniziato il percorso all’interno del grande magazzino, sono stato
assalito dallo sgomento :
“Cosa ci facevo io là da solo ?”
Il constatare di non potermi
consigliare con nessuno, in pochi secondi sminuì l’iniziale entusiasmo, e ridimensionò la lista di cose che mi ero ripromesso di comprare.
Alla fine, scelta la scarpiera,
dopo aver comprato un paio di ceste dove riporre i vestiti da lavare e quelli
da stirare, sono sceso con il carrello al parcheggio cercando la macchina lungo
la corsia contrassegnata dalla lettera C, posizione che avevo memorizzato al
mio arrivo.
Ignaro che il parcheggio, fosse
diviso in due parti con le corsie contrassegnate con le stesse lettere, ho
vagato per più di mezz’ora nella parte
sbagliata, passando in rassegna tutte le corsie e, sull’orlo della
disperazione, quando davo ormai per persa la macchina, ho capito lo scherzo
atroce che i geniali svedesi mi avevano giocato. La macchina stava nella corsia
C ma nel parcheggio N. 2.
Quando, una volta a casa e aperta la scatola, ho constatato che la
scarpiera era praticamente ridotta in “frantumi”, mi sono rimboccato le maniche
e seguendo le istruzioni in poco più di un’ora il mobile era montato. In fondo
il montaggio mi era sembrato molto più semplice rispetto alla ricerca della macchina nel parcheggio.
Infine ieri, traslocata la linea telefonica, si trattava di
sistemare il modem Latitude collegato al
defibrillatore. In fondo potevo metterlo dove volevo. Le prese telefoniche di
certo non mancano nella casa nuova. Lo avrei potuto accostare al telefono,
appoggiandolo su un mobile in cucina, ma alla fine pensai di usare la presa in
camera da letto, appoggiandolo sul comodino.
Li per li l’idea mi sembrò geniale. Di certo lo scarico dei dati non poteva fallire vista la vicinanza, e ben presto quella specie di segugio che mi bracca ogni lunedì per scaricare i miei battiti digitalizzati avrebbe svolto il suo compito anche durante il sonno.
Poi ripensando a quel "colpo di genio" mi sono detto :
Poi ripensando a quel "colpo di genio" mi sono detto :
“Manca solo la maschera per l’ossigeno
che scende in caso di necessità !“, mentre osservavo su un comodino il modem e
sull’altro tutto l’occorrente per il controllo della pressione.
“Ecco l’alcova del tombeur de femmes è completa! “ ho
pensato a voce alta sorridendo a questa vita così inconsueta.
domenica 4 settembre 2011
Si riprende a correre
Si ritorna a correre. La stagione delle non competitive, dalle mie part,i non è
ancora cominciata. Il caldo continua a farsi sentire, ma dalla prossima settimana
molti saranno coloro che rimesse le scarpe da running riprenderanno il rito
della corsa domenicale.
Le ultime corse estive, che mai
hanno visto soste, si corrono tra il fresco dei monti e delle colline, su percorsi
che spesso assumono caratteristiche di vere e proprie scalate.
Quindi, dato uno sguardo al
programma delle corse pubblicato su Internet, ho trovato la corsa che faceva
per me : un percorso collinare a Colle Umberto, poco più in là di Conegliano.
Le colline di quei luoghi sono
molto dolci e, pur non essendo particolarmente preparato, l’affrontare qualche
pendenza non mi creava nessuna apprensione.
Percorrere le strade venete, di
domenica, tra le sette e le otto del mattino, è come un viaggio nel deserto, dove
sembra che tutto, non solo le strade, sia abbandonato da qualsiasi forma di
vita.
L’unica testimonianza di vita che si trova, sono i gruppi di ciclisti che, a frotte via via sempre più numerose, si avviano
in cerca di pendenze. Il resto della specie umana non appare, come assopita, in
attesa delle ore tarde del mattino, come lucertole in attesa del sole più
caldo.
All’apparire delle colline, l’orizzonte
è subito diventato più gradevole. Notando l’insegna dell’Hotel Prealpi, qualche
chilometro dopo Conegliano, ho immaginato, vedendolo un po’ fuori luogo, che fosse scivolato a valle a causa di uno smottamento. Le Prealpi infatti
cominciano qualche chilometro più su.
La corsa, si snodava tra pendii
molto brevi, sempre seguiti da discese utili per buoni recuperi.
Il percorso era segnato in modo approssimativo.
Ho perso, più di una volta, la linea dei 12 Km, trovandomi per dei tratti con
quelli che facevano i 21 km e terminando con i concorrenti della corsa più breve.
La somma finale mi sta bene,
visto che non correvo da giugno.
Durante la gara ho tenuto d’occhio
il mio cuore e, quando alla fine della rampa più lunga la frequenza mi è sembrata
fuori controllo, mi sono messo al passo e fino all’arrivo non ho più ripreso a
correre.
Con i tortellini ottenuti
aggiungendo due euro all’iscrizione, mi sono preparato il pranzo.
venerdì 2 settembre 2011
I Pennarelli
Le ferie si sa, più sono lunghe
più fanno bene. Farne spesso, ma poche, non elimina le tossine che il lavorare
quotidiano ci fa accumulare. Ho sempre pensato che tre settimane fosse il
periodo minimo per ritrovarsi un po’, oltre che naturalmente, per riposare. Quest’anno, dopo alcune stagioni passate ad
accumulare ferie, è arrivato l’anno giusto in cui ho dovuto consumarne una
buona parte.
Così tra le tante idee nate all’ombra
della piazzola A 128 del campeggio, una mi sembrò particolarmente originale.
All’inizio pensavo fosse il risultato di un colpo di sole, poi più ci pensavo e più la cosa mi
intrigava, finché, rientrato dalle ferie e approfittando della imminente
apertura delle scuole, entrato in un grande magazzino, mi misi alla ricerca di
due scatole di pennarelli.
Sugli scaffali, tra quaderni e
cartelle di ogni tipo, l’assortimento di pennarelli era a dir poco completo. Si
potevano trovare quelli a punta fine come quelli adatti per fare segni grossi e
colorare. Insomma, dopo aver gironzolato un po’ optai per due misure e il
numero classico di colori : dodici.
Da anni ormai, considero PowerPoint una sorta di Olio di Ricino che purtroppo
troppo spesso bisogna ingurgitare. La bulimia di slide sta contagiando ogni
attività aziendale. La considero una vera e propria epidemia. Si usano slide con la stessa inutilità di chi
usa gli sms per parlare con chi gli sta di fronte. Insomma le slide PowerPoint
sono diventate un incubo, sia per chi le deve preparare sia per coloro che se
le devono sorbire, durante noiosissime riunioni che spesso, altro non sono, che
soporiferi monologhi.
Già sapevo che al ritorno dalle
ferie, avrei dovuto preparare della documentazione e l’idea di dover ripartire
da PowerPoint non mi dava pace. Ormai il rigetto è irreversibile.
Così pensai bene che potevo
disegnare a mano libera, usando i pennarelli, gli stessi schemi che avrei dovuto
fare con PowerPoint.
Rientrato al lavoro iniziai a
disegnare, quasi fossi un carbonaro, senza dire niente a nessuno. La cosa non poteva,
però, passare inosservata, visto che le mie mani erano sporche come quelle di
un alunno delle elementari e sulla mia scrivania facevano bella mostra i
pennarelli in un colorato disordine.
Facevo una tavola e poi la passavo
allo scanner prima di inserirla dentro al documento. I disegni erano colorati e
tradivano le incertezze di una mano tremante e soprattutto la mia scarsa
propensione al disegno. Non mi persi d’animo e come in tutte le cose, senza
voler emulare Raffaello, mi ripromisi di esercitarmi per migliorare. Cominciai
a chiedere dei pareri presentando le prime tavole, ottenendo delle risposte incoraggianti
e quando presentai la prima bozza ai miei colleghi la cosa piacque in quanto originale.
Terminato il lavoro, i documenti
salirono l’organigramma : anche il mio capo li apprezzò.
Oggi infine, un consulente ha
apprezzato il “taglio alto” di quei tratti incerti e alcuni colleghi entusiasti
della novità mi hanno dato del “creativo”.
Insomma non mi sento un Fantozzi,
capace di dissacrare la corazzata
Potëmkin , ma sono contento di aver creduto
in un’idea, che pur sembrando in controtendenza, si è rivelata nella sua
semplicità, innovativa.
Un mondo senza PowerPoint è possibile !
giovedì 1 settembre 2011
Doppio Salto Mortale
Giusto due anni fa mi "installavano" il defibrillatore. Quel giorno a vederlo appoggiato sul tavolo della sala operatoria, prima dell'operazione, svenni, come un condannato a morte che vede la siringa prima di stendersi sul lettino. Difatti non era e non fu un'esecuzione ma un atto di amore da parte di chi, pur non conoscendomi, riprese per mano la mia vita assicurandola, come si assicura un bambino che sta imparando i primi passi.
Ritornai in camera, dopo l'intervento, nuovamente cambiato nel giro di otto giorni.
Ritornai in camera, dopo l'intervento, nuovamente cambiato nel giro di otto giorni.
"Doppio salto mortale", direbbe il presentatore del circo equestre.
Due anni, sono lunghi e cercando di percorrerli a passo di corsa, sono spesso incespicato. Il cuore e il defibrillatore hanno entrambi fatto il proprio dovere. Il primo, con orgoglio non ha voluto saperne di avere bisogno del secondo. "Oggi faccio da solo, grazie", è sembrato ripetere ogni giorno al risveglio e, anche nei momenti più difficili, e credetemi, ci sono stati, se l'è sempre cavata da solo.
Il defibrillatore non ha battuto ciglia, superando tutti i controlli fatti fino ad ora, come una fuoriserie di ottima fattura. So che, ha ancora "carburante" per otto anni, un'autonomia da astronave interplanetaria piuttosto che da fuoriserie.
Qualcuno da ottobre del 2010, legge e immagazzina i dati che questa astronave intercostale, raccoglie e trasmette di lunedì in lunedì.
Per curiosità chiederò di leggere la storia di questo ultimo anno quando, tra un mese, per un controllo di routine sarò richiamato ai box. Chissà se sarà possibile leggerla o sarà comprensibile.
Poi c'è questa mia vita, normale per me, meno per gli altri. In fin dei conti sono una persona colpita da infarto, da arresto cardiaco e portatrice di defibrillatore.
"Cosa pensereste voi incontrandomi, conoscendo il mio stato di salute ?". Certo, sono sicuramente uno che deve ringraziare Dio di essere ancora a questo mondo ma, personalmente mi sento aggrappato alla vita non con un filo sottile, ma con una solida corda. A morire non ci penso nemmeno un po’ e, soprattutto, non è cosa che mi riguarda.
In ogni caso, per scrupolo e per rispetto degli altri, all'inizio di nuove amicizie sono tentato a raccontare il mio stato, a volte anche la mia storia. La chiarezza sin dall'inizio evita delusioni a tutti. Quando ho "giocato" con l'assicuratore chiedendo una polizza vita, atteggiandomi come una persona normale, sono stato accolto come un cliente di riguardo. Quando invece, finito il gioco, ho raccontato la verità, sono di colpo diventato un emarginato, un escluso dal Target, di sicuro una persona poco affidabile per chi intendeva spillarmi un po’ di anni di premi assicurativi.
Due anni, sono lunghi e cercando di percorrerli a passo di corsa, sono spesso incespicato. Il cuore e il defibrillatore hanno entrambi fatto il proprio dovere. Il primo, con orgoglio non ha voluto saperne di avere bisogno del secondo. "Oggi faccio da solo, grazie", è sembrato ripetere ogni giorno al risveglio e, anche nei momenti più difficili, e credetemi, ci sono stati, se l'è sempre cavata da solo.
Il defibrillatore non ha battuto ciglia, superando tutti i controlli fatti fino ad ora, come una fuoriserie di ottima fattura. So che, ha ancora "carburante" per otto anni, un'autonomia da astronave interplanetaria piuttosto che da fuoriserie.
Qualcuno da ottobre del 2010, legge e immagazzina i dati che questa astronave intercostale, raccoglie e trasmette di lunedì in lunedì.
Per curiosità chiederò di leggere la storia di questo ultimo anno quando, tra un mese, per un controllo di routine sarò richiamato ai box. Chissà se sarà possibile leggerla o sarà comprensibile.
Poi c'è questa mia vita, normale per me, meno per gli altri. In fin dei conti sono una persona colpita da infarto, da arresto cardiaco e portatrice di defibrillatore.
"Cosa pensereste voi incontrandomi, conoscendo il mio stato di salute ?". Certo, sono sicuramente uno che deve ringraziare Dio di essere ancora a questo mondo ma, personalmente mi sento aggrappato alla vita non con un filo sottile, ma con una solida corda. A morire non ci penso nemmeno un po’ e, soprattutto, non è cosa che mi riguarda.
In ogni caso, per scrupolo e per rispetto degli altri, all'inizio di nuove amicizie sono tentato a raccontare il mio stato, a volte anche la mia storia. La chiarezza sin dall'inizio evita delusioni a tutti. Quando ho "giocato" con l'assicuratore chiedendo una polizza vita, atteggiandomi come una persona normale, sono stato accolto come un cliente di riguardo. Quando invece, finito il gioco, ho raccontato la verità, sono di colpo diventato un emarginato, un escluso dal Target, di sicuro una persona poco affidabile per chi intendeva spillarmi un po’ di anni di premi assicurativi.
L'assicuratore quella sera, ha subito risposto : "No, non ti posso assicurare !"
Nelle relazioni personali, temo a volte che possa succedere la stessa cosa, per questo preferisco raccontarmi e senza farmi illusioni, attendo la reazione di chi mi sta davanti.
Nonostante tutto, tendo a dimenticare, illudendomi di non essere mai cambiato, anzi di essere migliorato strada facendo. Per questo motivo mi tuffo con entusiasmo in imprese, che definirei al limite, che spesso mettono in apprensione chi mi accompagna o coloro a cui le racconto.
"Il come stai ?" o "A quanto sono i battiti ?" che mi sento chiedere durante le corse o salendo in montagna, sono un po’ il termometro di questa apprensione che prende chi sta con me. Io tendo a rassicurarli, pur raccontando che il cuore qualche minuto prima era andato per un po’ fuori giri.
Chi invece si sente raccontare le mie imprese "da Indiana Jones", mi ascolta paziente, poi in modo pacato conclude: "Tu devi ricordarti una cosa : sei malato!".
Nelle relazioni personali, temo a volte che possa succedere la stessa cosa, per questo preferisco raccontarmi e senza farmi illusioni, attendo la reazione di chi mi sta davanti.
Nonostante tutto, tendo a dimenticare, illudendomi di non essere mai cambiato, anzi di essere migliorato strada facendo. Per questo motivo mi tuffo con entusiasmo in imprese, che definirei al limite, che spesso mettono in apprensione chi mi accompagna o coloro a cui le racconto.
"Il come stai ?" o "A quanto sono i battiti ?" che mi sento chiedere durante le corse o salendo in montagna, sono un po’ il termometro di questa apprensione che prende chi sta con me. Io tendo a rassicurarli, pur raccontando che il cuore qualche minuto prima era andato per un po’ fuori giri.
Chi invece si sente raccontare le mie imprese "da Indiana Jones", mi ascolta paziente, poi in modo pacato conclude: "Tu devi ricordarti una cosa : sei malato!".
Parametri Macchina (nel bel mezzo della notte)
Pressione minima 61
Frequenza cardiaca 59
Nel nuovo letto si riposa meglio. Non c’è più il fossato che si formava tra i due materassi, dentro al quale finivo ogni notte. Il nuovo materasso è un monoblocco sopra il quale posso girarmi e muovermi in lungo e in largo. Il sonno ci guadagna un po’ anche se il trasferimento non ha annullato il fuso orario delle Seychelles, che regola il mio risveglio. Purtroppo mi sveglio sempre alle sette del mattino , ora di Victoria, capitale delle isole Seychelles. Quando apro gli occhi, invece che trovarmi davanti al sole che sorge dall’Oceano Indiano, sbircio tra le fessure delle finestre in cerca di un mattino di là da venire.
Quà in terra veneta sono però le 5 o poco più. Qualsiasi tentativo di riaddormentarmi fallisce, così rassegnato resto a fissare il buio, aspettando il filtrare delle prime luci dell’alba.
Non guardo nemmeno più l’orologio. Aspetto il suono della sveglia, quasi a controllare quanto sia precisa senza mai perdere un colpo. Piccole cose che si ripetono ogni mattina ma che non riesco ad eludere, nemmeno affidandomi alle 15 gocce di sonnifero, che qualche volta prendo, quando dopo la mezzanotte non riesco ancora a prendere sonno.
Stasera ho finito il trasloco. Mi ha stupito la quantità di roba che in questi due anni sono riuscito ad accumulare. L'occasione mi ha permesso di buttare molte cose : vestiti di quando pesavo 15 chili in più, scarpe fuori moda e oggetti inutili o inutilizzati.
Nel buttare tutta 'sta roba, speravo di gettare pure i ricordi che mi legavano a quegli oggetti, che da anni tenevo in armadio o in un cassetto senza più degnarli di una seppur minima attenzione.
I vestiti come gli oggetti, se ne sono andati, senza opporre resistenza, nei contenitori. I ricordi invece, che pensavo di veder sparire con loro, come dei fedeli piccioni viaggiatori hanno ben presto ritrovato la via di casa e della mia memoria.
Iscriviti a:
Post (Atom)