Quel giorno il mercato era particolarmente affollato.
L’estate era alle porte e i primi giorni di caldo si erano già fatti sentire
facendo assumere alla natura circostante nuovi colori, diversi da quelli chiari e giovanili della primavera.
Fortunatamente, l’Oceano, che distava poche decine di
miglia da quei luoghi, regalava forti brezze, ricche di salsedine, capaci di spazzare l’afa e regalare notti
fresche e riposanti.
Gli uccelli marini, diventati ormai ospiti abituali, arrivavano in massa ad ali spiegate, alla ricerca di cibo, spinti
dal vento che giungeva dall’Atlantico,
sostenuto e costante. Apparivano
riposati e tranquilli come quei viaggiatori
che scendono da un treno di prima classe, rilassati da buone letture e ottimi
ristori.
La gente passeggiava tra le bancarelle, con il solito passo stanco e trasandato, guardando con svogliatezza quanto esposto. Per molti quella passeggiata
era motivo di ozio, per altri ricerca di qualcosa non del tutto chiaro.
Le persone con le idee chiare si notavano immediatamente.
Camminavano spedite verso la zona dove sapevano poter trovare quanto
interessava loro. A volte indugiavano su una o più bancarelle, chiedendo e trattando, poi fatta la scelta se ne andavano
con quanto acquistato.
La zona dedicata agli animali non era molto vasta. “La stagione era andata”, si sentiva dire ma
alcune bancarelle avevano, dentro a improvvisati recinti, dei tacchini. Alcuni
di loro erano ben cresciuti.
Uno di questi conosceva già quella zona. Era una delle tante che negli ultimi tempi aveva
frequentato, a rimorchio della bancarella che, di giorno in giorno, il suo
padrone spostava di mercato in mercato.
Le facce gli sembravano tutti uguali. Ricordava di aver
notato più di qualcuno guardarlo con interesse
e aveva pure ascoltato trattative che lo
riguardavano.
Altri tacchini a seguito di trattative simili, erano stati
presi e portati via. Ne ignorava la sorte. Lui fortunatamente, era rimasto sempre
dentro il suo recinto e ogni sera puntualmente era ritornato a casa.
Quel mattino, un signore con un grande cappello si fermò davanti al recinto. Sembrava uno dei tanti
personaggi che aveva già avuto modo di osservare.
Il tacchino, senza curarsi di quella presenza, continuò a
passeggiare in quello spazio ristretto, nemmeno si accorse della trattativa che
lo riguardava e, quando si senti sollevare da due mani che gli stringevano le
ali, capì che la sua vita, da quel momento, sarebbe cambiata.
Fu chiuso dentro una scatola che sobbalzò per un po’ di
tempo. Dentro faceva un caldo asfissiante e riusciva a percepire un po’ di fresco da alcuni buchi
da cui entrava anche un po’ di luce.
Era terrorizzato e si
chiedeva cosa gli stesse succedendo.
Di colpo gli sbalzi finirono e pure il rumore che aveva
accompagnato quella situazione scomparve.
Dopo un ultimo scossone la scatola si aprì. Con un po’ di
timore mise il becco fuori e si trovò nel mezzo di un prato circondato da
alberi e arbusti. C’erano altri animali : simili a quelli già conosciuti dove
aveva vissuto fino al giorno prima.
Uscito, guardingo e
ancora spaventato, cominciò a guardarsi intorno. Poco lontano l’uomo dal
grande cappello, che aveva visto al mercato, si stava allontanando con il cartone
in mano.
Finalmente poté dissetarsi e mangiare qualcosa. In poco
tempo, pur con la nostalgia di casa, realizzò che anche la nuova sistemazione non era
poi male. Il cibo era eccellente e al fresco degli alberi avrebbe potuto
risposare e stare tranquillo.
I giorni estivi portarono caldo e benessere. L’uomo con il
cappello era puntuale ogni mattina con nuovo cibo e acqua fresca. Percepì più
di una volta il suo sguardo poggiarsi su di lui e questo lo riempiva di
orgoglio. Il suo piumaggio diventava sempre più lucido e poteva, a ragione,
considerasi un bel tacchino.
La vita scorreva calma al fresco di quel prato.
La fiducia in quell’uomo tanto previdente cresceva ogni giorno
di più. L’attenzione che gli riservava era tale che, spesso il cibo cambiava. Aveva avuto così l’occasione
di assaggiare, più di una volta, delle vere e proprie prelibatezze.
Insomma il trattamento era dei migliori e di certo non
poteva lamentarsi.
I ritmi si ripetevano sempre uguali, l’amore verso l’uomo
cresceva di giorno in giorno e quando questi si approssimava, di buon mattino,
al recinto, il tacchino, ormai cresciuto
e ben in carne, gli correva incontro, impaziente, si, di mangiare ma anche come
segno di sincera riconoscenza.
Le giornate, si fecero un po’ più fresche. Di sera sentiva la necessità di raggomitolarsi
un po’ di più. La stagione stava cambiando e l’autunno era alle porte.
Le piogge non tardarono a farsi sentire. Il vento
dell’oceano, spesso arrabbiato, rovesciava vere e proprie montagne di acqua. Il
tacchino, spaventato, attendeva infreddolito che tutto passasse sotto la
tettoia .
Ciononostante, l’uomo anche sotto la pioggia battente, non
mancava un appuntamento.
Ogni giorno il cibo e l’acqua non mancavano mai.
Il tacchino si stava preparando al freddo dell’inverno, come
già aveva fatto l’anno precedente e la cosa non lo preoccupava vista la cura e
l’attenzione con cui veniva trattato.
Un giorno apparve anche la neve ma si sciolse in breve tempo. L’inverno era alle porte.
Fu dopo quella nevicata,
passato qualche giorno che, un mattino, sentì un po’ di trambusto.
Qualcosa di simile era già successo ma, quella mattina sentiva, che qualcosa
stava accadendo.
L’uomo dal grande cappello entrò nel recinto e puntò dritto
verso di lui. Il tacchino, spaventato, cercò di scappare ma fini in un angolo e,
da lì non poté più muoversi. Si sentì afferrare da due mani forti che gli
bloccarono le ali come era successo al mercato prima dell’estate.
Urlando cercò inutilmente di ribellarsi e liberarsi , poi
improvvisamente ……
Liberamente ispirato a un brano del libro "Il Cigno Nero" di Nassim Nicholas Taleb
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