Certe mattine è un piacere notare
quanto sia terso il cielo. E’ raro vedere il cielo carico di quell’azzurro monocromatico,
che solo i bimbi sanno dare colorando i cieli dei loro disegni, sgombri di nubi e illuminati da un sole giallo.
Guardando a Nord, le montagne
sembrano a portata di mano e tanti sono i particolari che, pur da lontano, si riescono a notare, che perdere
uno spettacolo simile per rinchiudersi in ufficio, sembra un’eresia. Tante sono
state le volte che, ammirando quel panorama, è scaturita la tentazione di raggiungerlo,
come si fantastica davanti a un imponente arcobaleno e si è presi dal desiderio
di arrivare in quel luogo dove sembra essersi appoggiato. Mai ho ceduto alla tentazione,
preferendo la pallida certezza di un ufficio senza luce, al vagare pur da solo,
là dove finisce il verde del bosco e comincia l’azzurro del cielo.
La bellezza genera altra bellezza
e ciò che rallegra gli occhi, rallegra spesso anche lo spirito, oltre che il cuore
e, quell’euforica sensazione di benessere ispira buoni propositi e idee cariche
di energia.
Mentre tutto
sembra rimanere immutato, come il dipinto fissato su una tela, tutto
impercettibilmente, come lo spostarsi della lancetta delle ore di un orologio,
cambia di attimo in attimo.
I particolari
lontani, offuscati dall’aria resa instabile dal calore del sole, assumono
contorni sempre più incerti e qualche piccola nuvola, tanto sparuta da sembrare
spaventata, di tanto in tanto solca l'orizzonte.
Con il passare
delle ore sempre più nubi bianche e soffici, passano sulle nostre teste, senza
fretta apparente. Viviamo la stessa sensazione che si prova quando, imbattendoci
in un gregge, ci si trova circondati da decine di pecore, che tranquille, ci passano accanto, senza recare alcun
fastidio.
Quando la sera
sembra ancora lontana, ecco che il tempo sembra accelerare. Improvvisamente, l’azzurro
pastello del cielo, diventa un blu sempre più cupo e le nubi bianche, di qualche
minuto prima, si incupiscono di un grigio
sempre più nero.
Il vento,
destatosi d’un tratto, trasmette brividi di freddo fuori stagione. Ci si chiude
in casa a ritrovare un po’ del calore del mattino.
Poi, da non so
che direzione, si ode uno strano ticchettio. All’inizio sembra simile al canto
delle raganelle che rallegrano le sere di maggio, ma più diventa forte, più assomiglia a
un suono battente e ossessivo : è il preludio della grandine che si avvicina.
Isolati pezzi
di ghiaccio cadono provocando lo stesso rumore di sassi lanciati che rimbalzano
sul terreno seguiti da altri, sempre più ravvicinati. Poi lo scroscio diventa continuo, il rumore
assordante, angosciante, fino a che qualche goccia di pioggia comincia a
mescolarsi a quel ghiaccio cadente.
Via via la
pioggia prende il sopravvento, la grandine rapidamente diventa inoffensiva, sopraffatta
dall’acquazzone
Poi smessa la
pioggia, passato il temporale, rimane il ghiaccio sul terreno ferito. Foglie e
rami spezzati si notando ovunque si guardi.
Ci vorrà un po’
di tempo per dimenticare e rivedere tutto come prima o quasi.
Intanto, le
nubi svuotate dalla tempesta si sono dileguate e da ovest arrivano i raggi di
un sole sulla via del tramonto. Domani, si spera che il cielo sia ancora più
terso.
Certe giornate
cominciano, nelle nostre relazioni personali, con lo stesso azzurro di un
mattino senza nubi. Tutto sembra avere la nitidezza del mattino frizzante e, la convinzione
che da quel momento le cose non possano che migliorare, ci riempie di voglia di
vivere.
Succede che, senza motivo apparente, ci si ritrovi nel bel mezzo di una tempesta, travolti da incomprensioni, che
nonostante la sincerità d’animo non riusciamo a mitigare. Il non dire e il dire
troppo porta purtroppo spesso agli stessi disastri. Alla fine ne usciamo con il
freddo dentro, come fossimo stati sotto l’acqua e la grandine. Ad asciugarci
non basta mai il sole della sera.
A rompere ci
vuole un attimo a riaggiustare a volte non basta il futuro.
Nessun commento:
Posta un commento