lunedì 31 gennaio 2011

La velocità della storia

 La storia sta accelerando. Le capacità di aggregazione che le nuove tecnologie offrono, permettono la diffusione e la condivisione delle informazioni in una modalità che sta rovesciando il mondo.

Prima erano i centri di potere che controllavano l'informazione, filtrando e censurando tutto ciò che non gradivano. Oggi la rete mette in comunicazione chiunque. Tutti possono potenzialmente trovare spazio.
La libertà, la democrazia che molti popoli, oppressi da decenni di tirannia, consideravano utopie oggi si stanno tramutando in possibilità concrete.
La carboneria dell'ottocento oggi viaggia nella rete, quasi alla luce del sole e l'enorme massa di persone che riesce a coinvolgere la rende incontrollabile e supera spesso i confini nazionali.

Le nuove rivoluzioni nascono nella rete e si concretizzano nelle piazze contro i palazzi dei poteri ormai logori, ancorati ai vecchi schemi della repressione, non più efficaci come un tempo.

Quello che sta succedendo nel nord Africa è solo l'inizio, il primo segnale di ciò che potrebbe succedere nei prossimi anni, quando milioni o miliardi di persone rivendicheranno una vita dignitosa.

Non sarà facile governare tutto questo, i nuovi movimenti di pensiero saranno in grado di mobilitare persone in ogni angolo del mondo in maniera simultanea.
Cosa potrà evitare l'emergere di nuovi tipi tirannia ?
Forse la globalizzazione di alcuni valori fondamentali : giustizia, libertà, democrazia.

Una sfida troppo ardua per l'uomo.

domenica 30 gennaio 2011

Inter - Palermo 3 : 2

A vedere la partita, se non c'era Pazzini finiva, nel migliore dei casi, 2 a 0 per il Palermo.
C'erano le attenuanti generiche : la partita di mercoledì finita ai rigori aveva lasciato il segno.
Per fortuna l'entrata di Pazzini ha rivoluzionato la squadra. In pochi minuti le cose si sono rimesse a posto e i tre goal portano il segno dell'ex sampdoriano.

Una squadra così, sembra uscita dall'alambicco di qualche apprendista stregone. Una volta va bene altre volte può andare male. Non c'è certezza di come andrà mercoledì prossimo.
Pazza Inter Amala ! Un ritorno alle origini.

Chissà come si sentiranno Eto'ò e Milito fino a ieri autentici bomber della squadra, improvvisamente messi in secondo piano dall'ultimo arrivato che , fregandosene delle solite pippe relative ai problemi di ambientamento e inserimento negli schemi di gioco, entra, fa due goal e, a completamento del lavoro provoca il rigore che permette la vittoria.

Sarà curioso vedere il prosieguo delle partite. Non vorrei mai che, inserendosi negli schemi della squadra, Pazzini si ritrovi con le polveri bagnate. Di certo con due goal a partita ci farebbe vincere il Campionato e Coppa Campioni

Succede anche nel lavoro che nuovi inserimenti promettano inizialmente risultati e cambiamenti strabilianti. Quasi sempre l'iniziale entusiasmo si disperde appena i meccanismi aziendali (schemi di gioco) iniziano a condizionare le attività dei nuovi fino a farli sgonfiare e talvolta a scomparire.

Questo ha delle ragioni che non sono tutte a favore dei nuovi. Le comunità, siano queste aziende o squadre di calcio, si basano su equilibri che dovrebbero fondare la loro solidità sul rispetto reciproco e sulla chiarezza. Molte volte questo non accade e le persone, siano queste vecchie o nuove, perdono progressivamente le motivazioni e l'entusiasmo.

Quasi sempre i vecchi si sentono insidiati dai nuovi e li snobbano mentre i nuovi qualche volta dicono che i vecchi stanno sbagliando tutto. Insomma tutti parlano prima di capire e conoscere.

Tornando all'Inter, il Milan è ancora a tiro. Tutto è ancora possibile.

P.S. Maradona si è sempre disinteressato degli schemi di gioco. I fuoriclasse, in tutti i campi, possono permetterselo.

L'approccio

L'avvicinamento è sempre molto cauto. Per un po' sta a guardare, prima da lontano, poi via via sempre più vicino. Colpisce la pazienza e l'attenzione che dedica a capire prima di fare o prima di cimentarsi in qualcosa.
Ho imparato a rispettare i suoi tempi, permettendogli di acquistare la confidenza di cui ha bisogno.

Stamattina il pendio per gli slittini era molto dolce, non troppo lungo. Lui ha cominciato da metà pendio a scendere per poi, di discesa in discesa, alzare sempre di più il punto di partenza.

Le ultime discese coprivano l'intero pendio con qualche derapata aggiuntiva.

Più tardi su sua richiesta, messi gli sci ai piedi, il comportamento è stato lo stesso. Prima guardingo, timoroso di cadere, poi in tandem con il fratello che gli faceva da maestro.

Mi sembra crescere bene, più propenso ad imparare di qualche mese fa.
Un piatto di pasticcio ha chiuso la mattinata sulla neve.




Il sogno

Quella mattina mi svegliai con una strana sensazione. Avevo nella mente un vago ricordo : come se nel sonno avessi parlato con qualcuno. Nulla di strano, poteva trattarsi di un normale sogno, ma io i sogni non li ricordo, mentre questa volta qualcosa sembrava essere rimasto.
Ma la cosa che più mi turbava era quella convinzione che da quella mattina mi portavo dentro, nata forse da quel dialogo nel sonno : “era un bimbo quel figlio che di li pochi mesi sarebbe nato”.
Da meno di un mese ero a conoscenza del lieto evento. Questo stava mettendo a soqquadro la mia vita. Avevo a quei tempi 48 anni, mi sentivo un po' avanti con l'età per intraprendere una nuova esperienza di padre. Temevo che la mia naturale minore prospettiva di vita mi avrebbe impedito di accompagnare per un tempo sufficientemente lungo il nuovo nato.

Questi e altri pensieri mi correvano per la mente in quei giorni e la cosa che meno mi preoccupava era sicuramente il fatto che fosse maschio o femmina.
Chiunque si fosse presentato sulla soglia di casa sarebbe stato accettato con enorme felicità e gratitudine.

Di quella specie di rivelazione non ne parlai con nessuno.
Cercai di trasmettere questa sorta di profezia usando toni scherzosi e dicendo a mia moglie :
“Io te solo figli maschi riusciamo a fare !”,
ma non andai più in là nel raccontare quello che era successo soprattutto perché mille erano i dubbi che avevo su quel sogno e su quel risveglio.

Passarono alcuni giorni e una notte successe qualcosa di particolare.
Questa volta il ricordo è nitido e non ha mai vacillato nel corso del tempo.

Quella notte in particolare sognai mio padre.
“So che tra qualche mese ti nascerà un secondo figlio “ mi disse

“Si”, risposi io, “sarà ancora un maschio”

“lo so. Sarei felice che portasse rl mio nome : Giovanni”, mi chiese esprimendo quel suo desiderio.

Non avevo pensato a questa possibilità anche per non forzare nessuna scelta.
Ricordo che risposi :
“Papà, non so se sarà possibile, non vorrei imporre il nome del bambino, Non saprei come dirlo …..”

Qualche istante di silenzio poi prima di lasciarmi mio padre mi disse .

“Non preoccuparti. Grazie. Ciao”

La fine del sogno mi fece svegliare, quasi volessi riprendere mio padre che così di rado avevo sognato da quando se ne era andato.

I giorni successivi passarono e spesso mi ritrovavo a pensare a quel dialogo e a quel desiderio così chiaramente espresso.
Ma non feci niente per proporre quel nome a mia moglie. Altri erano i nomi papabili e quindi non interferii.

Una sera di Ottobre, già sapevamo con certezza che quel figlio sarebbe stato un maschio.
La Carla, mia moglie, stava stirando, io le tenevo compagnia.

A un certo punto disse :
“E se questo bambino lo chiamassimo Giovanni, come tuo padre ?”

“ Ti farebbe piacere ? Farebbe piacere a tua madre ?”.

“Spero faccia piacere anche a te” , risposi lusingato.

“Si “, rispose lei.

Mi ritornò alla mente quel sogno di settembre e quell'ultimo saluto di mio padre.

Quel bimbo nacque il 14 marzo e si chiama Giovanni.  

venerdì 28 gennaio 2011

L'evoluzione della specie

Agli informatici un tempo venivano assegnati lussuosi edifici.
Luoghi quasi asettici, insonorizzati e a temperatura costante. Stanze luminose e circondate da vetri, come se le tecnologia fosse un ornamento da mettere in evidenza.
Le macchine venivano trattate come gli uomini o forse gli uomini venivano trattati di lusso come le macchine perché erano necessari al loro funzionamento.
I primi informatici lavoravano in camice bianco neanche vivessero in sale operatorie.
Le cose sono cambiate, gli uomini non sono più inscindibili dai computer.
Come due Iceberg  alla deriva i Computer hanno preso una direzione, gli Informatici un’altra. Quest’ultimi non sono più necessari ai primi come un tempo.

Ora i due Iceberg stanno navigando in acque sempre più tiepide e da qualche tempo hanno cominciato a sciogliersi diventando sempre più piccoli.
La tecnologia sta aiutando i computer ad adeguarsi a spazi sempre più ridotti e a temperature meno confortevoli. Quando l’iceberg sarà del tutto sciolto i computer saranno diventati talmente piccoli da poter volare via, distribuendosi ovunque.
Gli informatici hanno qualche problema in più . Solo una parte di essi, i più coraggiosi, a bordo di improvvisate scialuppe riuscirà ad approdare verso un futuro diverso.
Per altri l’agonia durerà quanto la vita dell’iceberg.
Alla fine gli informatici non serviranno più.

giovedì 27 gennaio 2011

Parametri Macchina

Pressione Massima    124

Pressione Minima         79

Frequenza cardiaca       51

Un controllo ogni tanto ci vuole. La locomotiva di questi tempi ci mette un pò ad andare in pressione, ma poi devo dire funziona molto bene.
Devo annotare che, da un pò di tempo, il cuore inciampa molto poco (extrasistoli). Solo da quando ho ricominciato un pò di attività motoria noto qualche battito mancato. Lo considero una forma di protesta, visto che si era abituato per mesi a battere al minimo. Tra l'altro ieri sera gli ultimi due chilometri li ho corsi veramente con soddisfazione, mia, non di certo del mio cuore.

mercoledì 26 gennaio 2011

Il mendicante

Stasera faceva freddo. Il termometro piazzato sull'insegna della carrozzeria di fronte a casa segnava zero gradi.
La serata, nonostante la partita dell'Inter in tv, mi sembrava troppo lunga e insidiosa visto il morale, non proprio al settimo cielo che mi ritrovavo.
Quindi come ai bei tempi ho pensato di andare a correre.

"Un altro tiro mancino al mio cuore fannullone", ho pensato.

Il freddo e la fatica mi avrebbero di certo ripulito la mente o alla peggio l'avrebbero congelata per un pò.

Ma in fondo in fondo, quella corsa altro non era che un modo per mendicare un pò di Endorfine e recuperare un pò di buon umore.
Il metodo devo dire, ha funzionato.

martedì 25 gennaio 2011

I guru

Da Wikipedia


L'etimolgia del termine, secondo alcune interpretazioni delle Upaniṣad (14-18), viene dalle radici gu ("oscurità") e ru ("svanire"), significando quindi colui che disperde l'oscurità.

Finalmente la definizione mette un po' di ordine su alcune mie convinzioni. In informatica esistono molti falsi guru che proprio nel ruolo di “colui che disperde 'l'oscurità” mostrano il loro limite maggiore.
In realtà le loro spiegazioni più che disperdere l'oscurità contribuisco a renderla ancora più nera, attraverso l'uso di termini sconosciuti e nell'abbondare di sigle senza mai preoccuparsi di spiegarne il significato.

Spesso invece, queste persone risultano essere dei super tecnici, con scarsa propensione al lavoro di gruppo. Abituati come sono a lavorare da soli, sono molte volte scettici nei confronti delle capacità altrui.
Hanno un modo di lavorare che per certi versi li avvicina agli artisti e, come quest'ultimi, seguono l'ispirazione ed l'estro infischiandosene dei tempi e delle scadenza.

Ma anche nell'informatica esistono i veri guru. Io di certo ne ho incontrato uno agli inizi della mia carriera. Passava molto tempo a spiegarmi quello che dovevo fare, preoccupandosi ogni tanto di verificare quanto avevo capito.
Aveva il dono della pazienza e ci teneva a semplificare anche le cose più complesse.
E' stato per me un vero maestro.
Era il 1979 e forse non c'erano ancora abbastanza sigle.

domenica 23 gennaio 2011

La salita

 Quando ho occasione di incontrare anziani ciclisti o comunque ciclisti che in gioventù sono riusciti a fare una discreta carriera dilettantistica o addirittura tra i professionisti, è curioso ascoltare i loro racconti approdati di narrazione in narrazione alle soglie della leggenda.

Spesso si scivola a parlare di doping chiedendo a loro, che un giorno frequentavano l'ambiente, quanto ci sia di vero in tutto quello che si legge oggi e soprattutto si racconta del passato.

Da ciò che ne esce ne deduco che anche questo argomento per ciò che riguarda il passato sia pure lui vicino alla sfera della leggenda dentro la quale non è più possibile distinguere quanto ci sia di vero e quanto sia stato inventato.

Quando invece si passa ad ascoltare le loro gesta si sentono racconti e aneddoti relativi ai grandi campioni, particolari quasi segreti, momenti di crisi superati attaccandosi alle macchine o grazie a spinte non viste. E' simpatico ascoltare con soddisfazione soprattutto i vecchi ciclisti, in particolare quelle persone che anche a settant'anni non hanno ancora smesso di pedalare per decine di km al giorno.

Ci sono i racconti degli scalatori che non sono tranquilli se non scalano il Passo dello Stelvio una volta alla settimana e i racconti dei passisti , quelli ammalati di km, capaci di partire al mattino e ritornare alla sera senza mai scendere di sella.

L'aneddoto che accomuna i racconti di quest'ultimi, i passisti, è il loro approccio alle montagne, quando le percorrevano durante le gare che facevano da giovani.
Molti di loro, prevedendo l'inevitabile sforzo e il conseguente distacco che avrebbero accumulato dagli scalatori adottavano una tecnica particolare.

Qualche decina di chilometri prima della temuta asperità iniziavano una fuga, che veniva il più delle volte snobbata da tutti. Questo premetteva loro di accumulare un vantaggio, spesso considerevole, che avrebbero gestito lungo l'ascesa con l'obiettivo di limitare i danni.

Si creavano una sorta di serbatoio di tempo che li avrebbe aiutati a minimizzare il distacco finale. In pratica si prendevano avanti per essere ripresi lungo la salita evitando qualche volta di andare oltre il tempo massimo.

La mia vita scorre di settimana in settimana. Volendo fare un'analogia con i ciclisti ogni settimana mi appare spesso come una salita. Arrivare alla domenica sera “entro il tempo massimo” è certe volte difficile, soprattutto pensando che il giorno dopo si ricomincia daccapo una nuova salita.
Non sono uno scalatore e a dirla tutta di questi tempi non mi sento nemmeno un passista da lunghe distanze.
L'ultima settimana mi è sembrata oltremodo faticosa, corsa senza motivazioni e con qualche imprevisto di troppo.
La prossima non sta nascendo sotto i migliori auspici. Meglio pensare a una fuga in avanti, qualcosa che mi porti dei bei pensieri e che almeno nei primi giorni lasci indietro i problemi a inseguire.
Non ho idea cosa farò, da qui a domattina ho tempo per pensarci.

IPOD Playlist

Cosa ci fai
In mezzo a tutta
Questa gente
Sei tu che vuoi
O in fin dei conti non ti frega niente
Tanti ti cercano
Spiazzati da una luce senza futuro.
Altri si allungano
Vorrebbero tenerti nel loro buio  



Piccola stella senza cielo - Ligabue

sabato 22 gennaio 2011

IPOD Playlist

E adesso che sei dovunque sei
Chissà se ti arriva il mio pensiero
Chissà se ne ridi o se ti fa piacere

Cosa c’entra quel tramonto inutile
Non ha l’aria di finire più
E ci tiene a dare il suo spettacolo
Mentre qui manchi tu 



Il Mio Pensiero - Ligabue

Risveglio di cuore

Senza avvertirlo, dopo tre mesi di fiacca, finalmente oggi pomeriggio ho rimesso le scarpe da running, riacceso il fido IPod, pure lui dimenticato in un cassetto e nonostante i 2 gradi di temperatura sono andato a fare un po' di moto.
Lo scossone ci voleva e me lo ripetevo in continuazione.

Chissà cosa avrà pensato quando è stato richiamato a un lavoro supplementare a cui non era più abituato. Prima avrà cercato la causa in un contrattempo, in una momentanea accelerazione causata da un ritardo o un po' di fretta. Ma la cosa, durando più del previsto gli avrà fatto sorgere ben presto qualche dubbio.

“Che si sia rimesso a correre o chissà , forse che sia ritornato a camminare in montagna ?”, si sarà chiesto.

E nel frattempo chiuso a lavorare all'interno della cassa toracica, continuando nellle sue congetture, avrà tentato di capire se l'ossigeno che lo stava attraversando fosse di ottima qualità, avvalorando la tesi montagna oppure inquinato dai gas di scarico della strada lungo la quale stava correndo.
Insomma, il risveglio dal torpore a cui si era assuefatto lo deve avere in qualche modo un po' scosso tanto da inciampare un paio di volte, dimenticandosi un battito qua e là.

Adesso chi glielo dice che se la volontà un po' mi assiste gli toccherà sgobbare anche domani e gli altri giorni ancora ?

Spero che  passi a leggere il Blog.

P.s. : quando ritorno a correre la sensazione è sempre la stessa : come mi fossi allenato anche il giorno prima.  

La Deduplica

Salvaguardare lo spazio a disposizione è un’esigenza che tutti noi abbiamo. Le nostre case per quanto possano essere grandi, tendono sempre a riempirsi di cose che spesso non ci servono più, di cose a cui ci siamo con il passare del tempo affezionati e di oggetti di ogni tipo di cui non conosciamo la provenienza e manteniamo, senza buttare, inseguiti dal dubbio del “non si sa mai, potrebbe servire …”.

Gestire gli spazi e lo spazio è un’attività quotidiana che svolgiamo spesso nei posti di lavoro. Io faccio un lavoro di ufficio e la mia poca propensione all’ordine mi porta a coprire la mia scrivania di una quantità di carte via via crescente fino al raggiungimento di quella che io definisco “soglia di decenza”. Superato questo livello vengo preso dalla necessità di ripristinare l'ordine, innescando un’operazione di pulizia che ogni volta annovera tra le perdite anche qualche documento importante, erroneamente cestinato a causa della fretta e della superficialità.

Di spazio si parla spesso in informatica quando si deve dimensionare la capacità di memorizzazione richiesta per un pc o per un sistema di memorizzazione dati destinato a una grande azienda.
La dinamica che regola l’occupazione dello spazio disco di un PC o di qualsiasi spazio di memorizzazione è la stessa che riempie i nostri ripostigli e i solai delle nostre case.

Nei dischi dei nostri PC ci sono naturalmente le cose che ci servono ogni giorno, ci sono dati di cui non conosciamo la provenienza che, spaventati dalla possibilità di fare danni, tendiamo a mantenere così come stanno, oltre che una quantità sempre più grande di informazioni che non utilizzeremo mai più o molto di rado.
Il risultato di tutto questo è che alla fine il disco tenderà a riempirsi e solo in quel momento ci porremmo il problema della pulizia.
Qualcosa di simile avviene quando ci ritroviamo incapaci di immagazzinare ulteriori oggetti nel solaio di casa oramai colmo.

Ma l’informatica tratta dati, entità immateriali su cui la ricerca e la scienza hanno, nel corso di questi anni, speso parecchie energie.
Per combattere la crescente produzione di informazioni digitali la scienza e le nuove tecnologie si prodigano in continuazione per ottenere che questa enorme mole di dati occupi il minor spazio possibile.
Tutti noi, anche chi ha meno dimestichezza con l’informatica, ha certamente sentito parlare di compressione. Gli algoritmi di compressione usati fino a qualche tempo fà riducevano lo spazio occupato cercando di minimizzare le sequenze di dati uguali.

Questi tipi di compressione dovevano anche garantire che la procedura inversa, detta Decompressione, fosse in grado di restituire l’informazione originale senza nessuna perdita di dati.
Negli anni i metodi di compressione si sono evoluti e tra le novità di questi ultimi tempi è comparsa una modalità chiamata "Deduplica".
L’idea di base di questa tecnologia è: evitare la memorizzare di cose già memorizzate, referenziando solamente il dato già memorizzato. Questo tipo di compressione porta enormi benefici quando si ha che fare con informazioni che non vengono mai modificate o modificate molto di rado. Questo permette di scriverle una sola volta e referenziarle, mediante un codice, tutte le volte successive ci fosse la necessità di riscriverle. Più grande è il blocco che si riesce a referenziare più alto è lo spazio che si riesce a risparmiare. In questa maniera si arriva a salvaguardare in certe condizione più del 90 % dello spazio necessario.

Ripensando a questo semplice e banale modo di compressione, con la mente ho creato un parallelismo tra questa tecnologia che, evita di ritrasferire tra sistemi i dati già conosciuti da entrambi e, i rapporti interpersonali.
Spesso una relazione tra due persone acquista una tale sintonia che le parole e la comunicazione diventano superflue. L’uno sa cosa pensa l’altro e viceversa. Spesso uno sguardo di intesa sostituisce le parole o le discussioni. Non per questo, queste coppie devono considerarsi in crisi, anzi proprio questa intesa profonda le rende solidissime e indistruttibili.
Ma non è sempre così. Quando l’intesa è meno solida la “deduplica”, cioè il non dire, può essere pericoloso. Pensare che il partner possa comprendere cose non dette mette a repentaglio la solidità della coppia generando incomprensioni.
In questi casi vale la regola inversa, parlare, magari ripetendosi, mirando ad essere chiari ma soprattuto compresi.
Poi ci sono le cose che non si devono comprimere mai. Le gentilezze, le frasi che vengono dal cuore sono le parole che non devono essere sottintese e per questo motivo omesse.
Un “Ti voglio bene” detto oggi è di certo diverso da quello detto ieri e per questo motivo vale comunque la pena ripeterlo.

venerdì 21 gennaio 2011

Oggi............

proprio non va !

Parametri Macchina

Pressione Massima   125

Pressione Minima       78

Frequenza Cardiaca    55

Peso   76.5,  da tenere sotto controllo, soprattutto per il guardaroba che altrimenti andrebbe rivisto. Fino ad ora nessun problema, basta non esagerare.

giovedì 20 gennaio 2011

Buoni propositi

Ritorno a casa verso le 19.30, sembra l'alba rispetto agli orari di un tempo. Riesco pure a entrare nel supermercato vicino a casa, quello che chiude alle otto.
Entro senza idee e vago qualche minuto tra probabili cene nel reparto carne e verdura. Non mi posso permettere gradi di difficoltà superiore, non ne sono capace.
A casa la dispensa ha ancora una discreta scorta di quelle minestre o risotti già pronti, dove l'unico impegno è azzeccare la quantità d'acqua e aspettare il tempo giusto.
Il gusto non è male ma fatico ad apprezzarli se non quando la fame attenua gusti e differenze.

Sceglievo qualche tempo fa le verdure già pronte, tagliate e lavate. Controllata la data di scadenza, in due secondi erano pronte per essere condite e mangiate. Le apprezzavo per la velocità di preparazione. Tra un cibo veloce e un altro espresso in pochi minuti ero seduto a tavola, e in altrettanti minuti avevo mangiato e lavato i piatti.
Alla fine mi chiedevo : “Nessuno mi aspetta, perché tanta fretta ? “.
Ho così ricominciato a prendere la verdura sfusa per poi pulirla, tagliarla e condirla. Mi è sembrata un'attenzione in più che mi riservavo, una sorta di medicina contro l'ansia da attesa di non so che cosa.

Ritorno a casa alle 19.30 e dopo il supermercato, che non mi ruba più di qualche minuto, dovrei indossare tuta e scarpe da ginnastica e ben coperto, uscire per l'attività sportiva che tanto i medici mi hanno raccomandato. Addirittura, sempre i medici, mi hanno insinuato la speranza di poter cimentarmi ancora, nella maratona. Niente di tutto ciò oggi mi riesce. Sarà il buio, la stanchezza, la tristezza della solitudine ma non riesco a avviarmi di corsa lungo la pista ciclabile verso Santa Maria di Sala.
Ogni sera la stesso proposito prima di arrivare, ogni sera seduto sul divano mi sento svuotato e privo di forze. Niente riesce a smuovermi. Riesco solo a rinnovare per l'indomani lo stessa promessa, mentendomi, consapevole.

Ritorno a casa alle 19.30 e verso le 20.30 potrei pensare di uscire. Un cinema potrebbe essere una ottima opportunità.
Spesso mi documento sui film in programmazione nelle sale della zona. Ci sono a volte degli ottimi film. Raramente riesco nell'impresa.
Di questi tempi solo buoni propositi.. Forse colpa dell'inverno.

mercoledì 19 gennaio 2011

Inter - Cesena 3 : 2

Si continua a correre e il Milan non è poi così lontano.
Domenica all'ora di pranzo si gioca a Udine.

Due goal dal Cesena in casa si potevano evitare.

Parlando di lavoro

Un tempo le strade ferrate erano suo regno esclusivo. Nessun altro mezzo di trasporto era potente quanto lei. Era un locomotiva di ultima generazione, riusciva a trainare un'interminabile fila di vagoni e carrozze inerpicandosi lungo difficili pendii o attraversando interminabili pianure.
Mai aveva avuto bisogno di aiuto, tanto era potente e tanto perfetti ed efficienti erano i meccanismi che la muovevano.
Per lunghi periodi non fece altro che attraversare i luoghi più impensati, arrivando quasi in capo al mondo. Aveva trasportato da una città all'altra moltitudini di persone spesso sognanti e piene di entusiasmo unitamente ad altre, cariche di sogni e speranze, unica ricchezza di una vita di povertà.

Insomma lei, locomotiva indistruttibile, tutto pensava meno che il passare del tempo, pian piano ma inesorabilmente, potesse intaccare i suoi congegni tanto perfetti.

Dopo molti anni di servizio, però, fu costretta a qualche giorno di riposo per essere revisionata, pulita e “rimessa a nuovo”.
Ritornata sui binari si ritrovò luccicante, silenziosa e potente come una volta.
In breve si convinse di aver sconfitto il tempo a di aver riconquistato l'originale efficienza.

Ma il tempo passava e presa dall'ebrezza della velocità e della potenza, non si accorse che il mondo intorno a lei stava cambiando. Le strade ferrate cominciarono a “ornarsi” di strani tralicci che sostenevano dei fili interminabili che seguivano dall'alto i binari.
“Che strano” , si chiese senza dare troppa importanza alla cosa, “ chissà a cosa serviranno ?”

Ma lei continuava a solcare le campagne, orgogliosa di quel suo pennacchio di fumo che, uscito dal camino, sembrava stentasse a seguirla.
Ma purtroppo dovette fermarsi una seconda volta. Per un po' di tempo tornò in officina per rimettere in sesto il cuore pulsante che trasformava la forza del vapore in forza trascinatrice.
Non si perse d'animo e, pur con qualche tentennamento iniziale, tornò a cavalcare le strade ferrate di un tempo. Tutto sembrava tornato come prima ….
Un fremito, però la scosse, quando incrociò, transitando in una di quelle strade ferrate “ornate” da tralicci, una strana locomotiva che, senza emettere ne fumo ne vapore, come aggrappata a dei fili, trainava imperterrita una fila di vagoni simile se non superiore alla sua.

“Chissà come farà ? “,pensò, “di certo appesa a quei fili così fragili non potrà andare lontano!”.

Le cose però cambiarono velocemente. Spesso si ritrovò per giorni, in sosta lungo un binario morto ad osservare intristita quegli strani locomotori sfrecciarle vicino, seguiti dagli stessi vagoni che un giorno era abituata ad avere dietro di sé.

Non si perse d'animo, attese con speranza e pazienza una nuova possibilità, sicura di non essere stata dimenticata.
Nel frattempo, accettò di buon grado le cure che le furono riservate. Si riposò e apprezzò quei giorni di ozio al riparo dal sole cocente dell'estate e dal gelo dell'inverno, sotto la pensilina che le era stata riservata.

Quando la rimisero in moto, il vapore rianimò in breve tempo tutti gli ingranaggi e gli stantuffi cominciarono a muoversi decisi. Si sentiva come nuova.
I binari su cui si ritrovò a condurre vagoni carichi di gente in vacanza, non erano quelli di un tempo. Nessuno le chiedeva la potenza e la velocità dei tempi migliori, anzi la sua grande esperienza le permetteva di condurre dolcemente quei viaggiatori senza strappi a destinazione, permettendo loro di godere del paesaggio che stavano attraversando.

Il tempo aveva fatto il suo corso. Locomotori sempre più veloci facevano ciò che un tempo era di sua pertinenza. Ma non per questo si sentiva sminuita e dimenticata, anzi con gioia apprezzava quel suo nuovo servizio, in cui ora, veniva privilegiata la qualità alla quantità.
Aveva solo un piccolo motivo di rammarico : non aver avuto la possibilità di provarci prima.  

martedì 18 gennaio 2011

lunedì 17 gennaio 2011

Camminare sul filo

Mi rendo conto che spesso le relazioni tra persone diventano una sorta di esercizio di equilibrio tra i più rischiosi.

La fune sembra talmente tesa e difficile da attraversare che, a volte, il bastone non è sufficiente a mantenere l'equilibrio.
Appena si acquista un briciolo di confidenza, basta un nonnulla per precipitare al suolo.
Nel mondo delle relazioni la caduta può non essere fatale ma, come ogni buon funambolo che si rispetti, si può risalire e ricominciare tutto dall'inizio.

L'importante per i funamboli e per coloro che inciampano nelle relazioni,  è capire quando un inchino e un saluto sia la scelta più sensata, senza drammatizzare l'insuccesso.

Ci si può comunque rifare alla prossima occasione.

Il social network

Qualche giorno fa leggevo che oramai i Social Network” stanno diventando oggetto di studio da parte della scienza.
Veniva portata ad esempio una statistica che, analizzando i contenuti “postati” nella comunità di Facebook, era riuscita ad individuare l'andamento delle separazioni di coppia. In particolare metteva in evidenza come l'approssimarsi delle vacanze sia uno dei periodi più a rischio di separazione, in quanto pone la coppia nella necessità di vivere un periodo “assieme”. Il rifiuto o la paura di tale evenienza fa scoppiare molte coppie che preferiscono così separarsi.
Questo è un esempio di dove possa portare lo studio dei fenomeni sociali nati attorno a Facebook e a tutte le altre piccole o grandi comunità nate con Internet.
Una delle sfide dell'informatica di questi anni è riuscire ad analizzare l'enorme quantità di dati generati da tutto ciò. Questo tipo di dati viene qualificato dagli addetti ai lavori come “dati non strutturati”. Niente a che vedere con quello che fino a ora è stato il mestiere predominante dell'elaborazione dati che, fino a qualche anno fa si era solo concentrata nella gestione di quelli che venivano definiti invece, come “dati strutturati”, cioè quella massa di informazioni organizzate in “tracciati record” e funzionali a ciò che definiamo o definivamo applicazioni.

Dopo circa trent'anni qualcuno ha scoperto che questi dati strutturati altro non erano che circa il 5% dell'informazione complessiva che normalmente veniva prodotta mentre il 95% era invece composto da documenti, fogli elettronici, immagini e negli ultimi anni anche da tutto quell'enorme massa di messaggi, foto, video, generati dall'evoluzione della comunicazione cominciata con le email e gli sms e approdata a Facebook e Youtube.
Lo studio della navigazione in Internet genera informazioni sulla personalità, lo stato di salute, sulla propensione all'acquisto e sulle tendenze sessuali di tutti gli utilizzatori che credono in forma anonima di navigare tra i milioni di siti della rete. E' ormai normale osservare come, ritornando su un sito, questo si animi in funzione delle nostre precedenti visite.
Come per il maiale, per Internet vale il detto “non si butta via niente”, tutto ciò che volenti o nolenti riversiamo sulla rete risulta utile a qualcuno e, potenzialmente può essere fonte di profitti.

Questo leggevo e di riflesso pensavo al mio speciale Social Network costruito da un misto di wireless, telefonia, sonde agganciate nei dintorni dei ventricoli del mio cuore.
Vecchie e nuove tecnologie che però abilitano qualcosa di estremamente importante e utile per me e non solo.
Mi sono sentito una sorta di pioniere, che per motivi di salute, sta percorrendo strade che un giorno potrebbero  diventare più comuni di quanto lo siano adesso.
Una delle frontiere future dei social network penso sarà appunto accedere a informazioni che possano monitorare comportamenti di massa con modalità oggettive a fini scientifici magari avvalendosi di sonde sempre più piccole e meno invasive.
Spero che esperienze come la mia possano portare, in futuro, giovamento a tutti.

Quello che passo, una volta alla settimana nel mio speciale Social Network altro non sono che i segnali della mia vita, di tutto ciò che può essere determinato da fatica, gioia, dolore, amore e naturalmente malattia.
Sono convinto che le emozioni, oltre alle disfunzioni, registrate in quei tracciati, siano facilmente leggibili agli occhi di software o medici specializzati.
Allo stesso modo, considerato il fatto che tutto ciò non mi abbandonerà più, spero che questo dia modo di capire alla fine qualcosa di più, su come me ne sarò andato.
Mi raccomando qualcuno si ricordi di spegnere tutto.

sabato 15 gennaio 2011

Di Padre in Figlio

Un uomo una domenica d'estate torna lungo l'autostrada al termine di una giornata passata tra sentieri di montagna che pensava di non poter più calpestare.
Verso le 15 mosso da chissà che fretta viaggia verso casa. Sa' che nessuno lo sta aspettando. Nonostante tutto  mette la macchina  al massimo consentito e  punta dritto verso casa.
Nel passare una macchina più lenta, forse distratto da qualcosa, devia in modo immotivato e tampona l'auto che oramai gli sta di fianco.
Ne segue un gran colpo, una carambola. Le macchine diventano incontrollabili, ma fortunosamente rimangono dritte e soprattutto si fermano senza provocare altri disastri.
La donna tamponata e l'uomo che si è distratto ne escono increduli ma illesi. Delle auto invece rimane un cumulo di rottami.

Il figlio torna assieme a un amico, una domenica di Gennaio dopo aver sciato tra i boschi nei dintorni di  Cortina.
Verso le 15 si trova sulla stessa autostrada che il padre percorreva quella domenica di Luglio, forse solo venti chilometri più  indietro. Il giovane mosso da chissà che fretta, occupa la corsia di sorpasso, quella più a sinistra. Non corre al massimo ma la velocità è comunque rispettabile.
Ignorando le avvisaglie, sente le palpebre appesantirsi. In pochi secondi il sonno lo coglie e in un momento striscia il guardrail di sinistra. Ne esce un rimbalzo che spinge l'auto verso il guardrail di destra che rilancia a sua volta la macchina a sinistra. Dopo aver attraversato l'autostrada per ben due volte la carambola finisce in corsia di sorpasso.
In questo delirio di attraversamenti nessun altro veicolo viene coinvolto. I due ragazzi escono spaventati ma illesi.
Dell'auto rimane un cumulo di rottami.

Aggiungere altre parole mi sembra superfluo.

Inter - Bologna 4 : 1



Notizia di Atletica Leggera

L'inter si è rimesso a correre !

giovedì 13 gennaio 2011

Memoria al tempo di Google

“Chi canta quella canzone che fa …...?”
“Come si chiama quel personaggio storico che …..... dai aiutami ?”

Questo qualche volta succedeva in passato.

Ma la memoria sembrava ribellarsi. Nozioni, nomi che avevo più volte trattato, sembravano fuggite dalla mia mente. Per quanto mi sforzassi, al massimo percepivo i contorni di dubbie iniziali o assonanze probabilmente poco realistiche.
La cosa mi indispettiva e così partiva la sfida.

Nasceva così il tarlo che prendeva la mente, la necessità e il puntiglio di voler a tutti i costi recuperare quelle parole quei nomi in fuga dalla memoria. A volte nemmeno sembravano essere determinanti ma, in quei momenti, la sfida diventava una questione di principio.

Purtroppo non sempre la memoria si arrendeva restituendo velocemente il maltolto, spesso invece quel pensiero non mi abbandonava per ore e continuavo a cercare di ricostruire qualcosa di cui non ricordavo nemmeno le parvenze.

Poi d'improvviso una schiarita riportava la luce, tutto riappariva estremamente, chiaro. Il nome, la parola era là come se non se ne fosse mai andata. Vivevo una sensazione di liberazione, come si fosse sciolto un nodo e forse nella mia mente qualcosa si era finalmente districato.

E se oggi succedesse una cosa simile ? Come si risolverebbe la cosa ?

Probabilmente, avendo a disposizione una connessione a Internet basterebbe consegnare quei pochi indizi a un motore di ricerca qualsiasi.
La ricerca, anche se reiterata, porterebbe in pochi minuti a un soluzione con la disponibilità di informazioni aggiuntive nemmeno richieste.
Senza parlare poi di quelle geniali applicazioni capaci di individuare una canzone ascontandone solo una parte.
L'accesso immediato alle informazioni che oggi Internet garantisce, permette di fugare i dubbi e le curiosità senza aspettare, come un tempo, di avere a disposizione i libri giusti.
Non credo che tutto questo contribuisca a sminuire la funzione della memoria, anzi ne diventa un'utile estensione da cui estrarre le cose che più ci interessano.
Oggi il percorso di apprendimento è completamente cambiato, ma la nostra mente non si è lasciata sorprendere,  assorbendo senza battere ciglio il cambiamento, anzi irrobustendo le sue capacità di logica e memorizzazione. Là tra i neuroni di spazio ce né ancora molto.  

mercoledì 12 gennaio 2011

Foto di carta

Da qualche tempo passo parte del mio tempo libero a riordinare, catalogare e anche localizzare le foto fatte
A dire la verità il mio rapporto con le foto digitale è abbastanza recente : maggio 2009. Da lì in poi mi sono appassionato più alla possibilità di immortalare le immagini e con loro il tempo piuttosto che preoccuparmi di fare foto estremamente artistiche. A dire il vero tra le tante qualcuna di bella scappa ma di quelle fatte non butto via quasi niente.
Prima del maggio 2009 usavo abbastanza spesso una telecamera digitale del 2006, che registrava i video su mini dvd. Penso di essere stato uno dei pochi a fare quella scelta che a mio parere è rimasta sul mercato non più di qualche mese, per essere soppiantata dagli hard disk che sempre più capienti, sono montati nelle moderne telecamere. Le finanze di allora mi permettevano quello e non di più.
Per le foto avevo e ho ancora funzionante una Canon 35 mm.
Oggi mi trovo a dover gestire qualche decina di Gbytes di fotografie. Ho tentato vari modi e tecnologie ma dopo aver tentato di catalogare una libreria di CD e DVD sono passato ai poco costosi Hard Disk connessi al PC.
Ma non ci si può fidare ad occhi chiusi della tecnologia e memorizzare migliaia di foto su un solo hard disk può essere la strada più veloce per perderle tutte in un secondo in caso di guasto.
Da qui la necessità di duplicarle su un nuovo disco con tutti i problemi di allineamento.
Insomma la fotografia digitale, ha portato i problemi di sicurezza oltre che problemi di memorizzazione. Oggi una foto fatta con la risoluzione di14 Mpixel crea immagini che, spesso occupano più di 5 Mbytes di spazio. Con dimensioni di questo tipo lo spazio richiesto crescerà sempre più.
Qualcuno sta già rimpiangendo le foto di carta e la parsimonia degli scatti del mondo analogico e, non è inusuale che, ci sia chi preferisca ristampare le foto digitali su carta per evitare i problemi di spazio disco. Il salvataggio in pratica lo si fa sulla carta. Può essere una valida alternativa visti i costi non proibitivi dei servizi di stampa offerti in internet.
Probabilmente ritorneranno di moda gli album con in copertina i paesaggi di montagna o le modelle dagli occhi di cerbiatto.

Se prima con le foto di carta, c'era il problema dell'invecchiamento, oggi con il digitale si stanno incontrando problemi di compatibilità : fino a quando i cd e i dvd potranno ancora essere letti dai moderni computer ?
Vanno considerati poi i problemi di compatibilità dei sistemi operativi dei PC. Gli standard di comunicazione di oggi per quanto saranno supportati dalle nuove tecnologie ?
Potrà accadere che dopo aver cambiato PC, il disco su cui erano memorizzate le nostre foto diventi incompatibile e illeggibile.
Ciclicamente saremo obbligati a mantenere aggiornati i sistemi di memorizzazione e convertire i formati digitali delle foto per adeguarci ai nuovi che saranno adottati.

Insomma il problema non è e ne sarà semplice in futuro tanto da rendere difficile la gestione di ciò che riguarda i nostri ricordi senza il rischio di perderle per troppa confidenza o poca conoscenza.

Un tempo il ritorno dai nostri viaggi era caratterizzato dalla necessità di portare a sviluppare e stampare le foto fatte. C'era l'impazienza di scoprire come fossero riuscite. Eravamo costretti a pagare anche per foto di cui avremmo fatto certamente a meno.
Le foto poi venivano raccolte in album o raccoglitori, messe in cassetti da cui raramente venivano riprese per essere riviste.
Oggi dalle ferie si torna con centinaia a volte migliaia di scatti, da dover memorizzare, catalogare e soprattutto salvare. Un lavoro non facile e che richiede, se fatto bene, molto tempo.
Rivederle tutte diventa quasi un'impresa improba per noi, figuriamoci per gli incauti amici o parenti che volessero cimentarsi nell'impresa.
In questi casi ci aiuta Internet che permette di memorizzare le nostre foto rendendole accessibili su nostra approvazione a coloro con cui desideriamo condividerle. Chi vuole le guarda gli altri possono lasciare perdere.

In teoria il digitale sembra garantire vita illimitata ai nostri scatti, ma i distinguo e le attenzioni dovute ci fanno pensare che le foto stampate ancor oggi siano le più longeve.

Il Calendario

Quando mio figlio espresse il desiderio di cimentarsi nel Camino di Santiago, nell'estate del 2007, l'idea mi trovò subito d'accordo, e non mi preoccupò l'eventualità che avrebbe affrontato l'avventura completamente da solo.
La solitudine pensai, non sarebbe stato un problema. Non andava di certo a percorrere un sentiero sconosciuto, ma il “Sentiero dei Francesi” che da Saint Jean Pied de Port, lo avrebbe portato a Santiago de Compostela, vicino all'Atlantico.
Di certo non si sarebbe trovato solo a camminare, durante quell'estate del 2007, anzi il partire solo gli avrebbe permesso di essere più aperto verso nuove conoscenze.

L'avvio non fu dei più felici a causa di qualche problema sul volo verso destinazione. Alla fine scelse il treno e partì con un paio di giorni di ritardo. Era la fine di giugno 2007 ma l'obiettivo di mio figlio era arrivare a Santiago entro il 25 Luglio, giorno di San Giacomo e giorno del suo 23esimo compleanno.

Cominciò il percorso, non senza qualche errore dovuto all'esuberanza e l'entusiasmo, ma ben presto capì che la fretta e l'ingordigia non l'avrebbero portato lontano.
Calibrò le sue giornate su distanze ragionevoli (25 , 30 chilometri), cercando di concludere entro mezzogiorno partendo molto presto al mattino.
Il resto della giornata lo passava a cercarsi un ricovero per la notte e ad accudire a se stesso e ai suoi indumenti, nonché ai suoi piedi.

A noi arrivavano notizie, un po' via sms e un po' via mail quando riusciva a trovare modo di scriverle nei posti dove arrivava. Pur con qualche contrattempo non ebbe mai momenti di grossa crisi. Capì molto presto come muoversi. A volte mangiava presso i rifugi dove dormiva, altre volte, lasciandosi un po' andare al lusso, si sedeva al tavolo di qualche trattoria per una cena più sostanziosa.

Strada facendo incontrò più persone, con alcune fece dei brevi tratti assieme, con altri solo incontri lunghi il tempo della sosta. Il mattino seguente tutti riprendevano con il loro passo e i loro tempi come era giusto.
Fece quindi amicizia con due italiani, un vicentino e un piemontese con cui da un certo punto in poi proseguì di concerto. Fecero amicizia e arrivarono sino a Santiago senza più dividersi.
Una volta arrivato, il 22 luglio, seguì i festeggiamenti di San Giacomo unendosi ad altri giovani che affollavano la città. Tornò in aereo prima della fine di luglio.
Da quella esperienza ne uscì un libro che il signore piemontese scrisse nei mesi successivi e centinaia di foto che mio figlio scattò lungo il percorso.
Ce le mostrò con un po' di reticenza, ma alla fine passammo alcun ore assieme a guardarle e a sentire le situazione e i luoghi a cui si riferivano.
In questi giorni, recuperando dei vecchi dischi in cui avevo memorizzato foto e video nel corso degli anni scorsi, ho ritrovato quelle foto e in qualche modo le ho “portate in salvo” su altri supporti .
Infine il nome di una cartella “Calendario” mi ha fatto ricordare un fatto sempre legato a quel viaggio.
Verso Natale pensai di regalare a mio figlio un calendario costruito dalle foto del suo Camino di luglio.
Ripresi tutto l'archivio e con pazienza cominciai a selezionarle con l'aiuto di mia moglie che condivideva l'idea. Ci furono più passate e la selezione si restrinse alle 12 necessarie.
Passai per un fotografo che in tempo per Natale concluse l'opera.
Il calendario scandì i giorni del 2008, che iniziò di li a poco, e fu per mio figlio l'anno in cui cominciò a lavorare.
Forse, oggi,  quel calendario è ancora appeso a qualche parete, incurante del tempo passato.
Qui a fianco alcune delle foto prescelte












martedì 11 gennaio 2011

Steve Jobs

 Steve Jobs, Amministratore delegato di Apple, riceve dal 2003 un dollaro di stipendio.
Negli ultimi anni le sue idee innovative hanno portato Apple a trasformarsi da una azienda di nicchia seguita solo da una sorta di sparuto gruppo di adepti, tra l'altro in via di estinzione, in un marchio che sta condizionando l'evoluzione tecnologica dei prossimi anni.
Tutti, anche i giganti di un tempo, Micrososft, Hp, Nokia, ecc. annaspano cercando di ricorrere le idee innovative di Jobs ma nel contempo rischiando di perdere fette rilevanti di mercato cercando di giocare partite in terreni non amici.

Ipod, Iphone, Ipad, ITune senza parlare delle nuove versioni di sistema operativo OS X, di qualche anno fa, sono alcune delle idee che stanno rivoluzionando la vita e le modalità di comunicazione di oggi.

Le azioni Apple nel 2003 valevano circa 5 $ e il pacchetto azionario di Jobs (5,5 milioni di titoli) a quel tempo valeva intorno ai 25 Milioni di $.
Bene con 25 Milioni di $ si vive lo stesso e si può fare a meno di uno stipendio, ma c'è da chiederci quanti dei nostri AD sarebbero in grado di cimentarsi in una simile sfida. Spesso fuggono vendendo tutto dopo qualche mossa di “alta finanza”, come se si trattasse del bottino di una rapina.
Oggi le azioni Apple valgono circa 341 $ e il valore oggi nelle mani di Steve Jobs è salito a 1,87 Miliardi di $.



Cuore e Salute

 Devo ammettere di avere un buon feeling con le pagine che regolarmente Repubblica dedica alla salute.
Il titolo di una delle pagine a tema, nell'inserto di oggi, è il seguente :

Quando il vaccino anti-inflenzale ci salva dall'infarto

L'articolo documenta percentuale alla mano come l'influenza sia una delle maggiori cause di morte da infarto.
Identifica la fetta di cardiopatici (38% di 1.400.000) che saggiamente non cercano altri guai vaccinandosi regolarmente, mentre gli altri “ oltre 700 mila hanno preferito correre il rischio di prendere il virus, esponendosi inutilmente a conseguenze anche molto pesanti”, testuali parole.

L'articolo letto di getto, non sembra dire che i cardiopatici sono più esposti all'infarto, ma in fondo il sunto è questo : meno ci si ammala meglio è, quindi non costa niente (solo 7 euro) vaccinarsi contro il virus dell'influenza che sembra, sempre a detta dell'articolo, abbia una certa predilezione per le placche aterosclerotiche, facilitando le trombosi.

Messaggio ricevuto. L'articolo sembra scritto per me, uno dei 700 mila, che continua a rischiare inutilmente di ammalarsi.
L'anno scorso il vaccino mi aveva salvato dall'influenza, quest'anno invece, complice il solito affanno con cui mi trovo troppo spesso a gestirmi, me ne sono bellamente dimenticato, pur avendo avuto l'occasione di poterlo fare gratuitamente in azienda.

Insomma non è l'averla scampata bella che mi preoccupa ma la perdita ricorrente di amor proprio che mi fa uscire spesso di strada.

lunedì 10 gennaio 2011

Influenza.... forse

Dal medico ero l'unico paziente che piuttosto che leggere i giornali, vecchi e consumati, che stavano sul tavolo dello studio, comunicava attraverso Internet usando un tablet. Tra un anno forse le cose cambieranno e l'utilizzo di questi dispositivi nel corso del 2011 crescerà oltre ogni previsione.
Certo, in ogni caso, è una bella comodità e mi ha fatto passare meglio il lungo tempo di attesa.
Lo studio era gremito di persone, oltre ogni mia previsione. L'influenza si sta diffondendo ogni giorno di più e l'affollamento era, di sicuro, dovuto proprio a quello.

A causa della lunga coda, con un po' di fatica ho individuato chi mi avrebbe preceduto. Capito questo, tutto è diventato facile.

Il mio medico, lo so da tempo, non ha nella velocità il suo punto migliore. Si prende con ciascun paziente il tempo che crede, salvo accelerare verso il momento di chiusura dello studio, quando i consulti diventano spesso di qualche secondo, stretta di mano compresa.
Anche con me in passato, ha spesso passato delle buone mezzore a spiegarmi il perché e il percome di certi miei sintomi, tanto da farmi sentire imbarazzato nell'affrontare chi attendeva, quando uscivo dall'ambulatorio.
Fosse stato un po' più attendo e meno prevenuto, tutto sarebbe andato diversamente.

Entrato, l'accoglienza cordiale è stata secondo copione. Dopo la mia esposizione dei sintomi e di quanto vissuto nei giorni scorsi, il medico ha ritenuto indispensabile visitarmi. Verificare se bronchi e polmoni fossero a posto.
Un controllo molto attento, oltre il normale, che ha evidenziato qualche rumorino di troppo.
“Niente di preoccupante”, mi ha detto il medico, “ un inizio, anzi cosa dico, nemmeno, di bronchite”,
per poi concludere,
“ In ogni caso meglio essere previdenti. Ecco degli antibiotici da prendere per una settimana”

L'attenzione di oggi stride con l'indifferenza di un tempo, ho pensato tra me e me e, a dirla tutta mi si sono velati gli occhi.

domenica 9 gennaio 2011

Catania - Inter 1 : 2


Ieri sera sotto l'influsso di predizioni tipo Lotto sulla ruota di Firenze ero intenzionato di giocarmi un po' di euro sul 2 : 0 per l'Inter.
Ero sicuro che l'Inter avrebbe vinto anche dopo il vantaggio del Catania.
Sono contento per le previsioni azzeccate anche se devo ammettere che c'è ancora qualcosa da registrare prima di metterci su dei soldi. Non sono ancora precise e tempestive.

In ogni caso L'inter si è rimesso a correre. Il Milan non  mi dà affidamento (solita previsione imperfetta ) sul lungo periodo. Quindi lo scudetto è ancora un obiettivo perseguibile.

venerdì 7 gennaio 2011

L'applicazione della regola

 Mio padre era solito raccontare, quando si approssimava la fine dell'anno che, quando ancora era giovane, una persona, che lui nominava, ma di cui io non ricordo il nome, gli aveva dato alla chiusura di un lavoro, tre numeri da giocare al lotto.

“ Mi raccomando”, gli aveva detto, “gioca i numeri 14, 43, 64, ma ricordati di giocarli, soprattutto, l'ultimo dell'anno, non te ne pentirai“

Non raccontò mai, ma forse nemmeno lui la conosceva, qual'era la genesi e il significato di quei numeri.
Quando ne parlò a noi, quella persona già non c'era più da qualche anno.

Questa storia mio padre l'aveva raccontata molte volte. Non penso si ricordasse di giocare i numeri ogni anno, ma certamente si ricordava del fatto e spesso, senza pedanteria, ne parlava.

I ripetuti racconti raggiunsero il risultato di fissare la terna nella mente di noi figli tanto che cresciuti cominciammo a giocare i numeri con una certa regolarità.

Nonostante la regola raccomandi di giocare l'ultimo dell'anno, spesso gioco gli stessi numeri anche negli altri periodi dell'anno, quando mi ricordo, senza puntare grosse cifre.
Quei tre numeri sono un ricordo di mio padre e li considero una sorta di porta fortuna.

Quest'anno però, giunto fine anno, mi è ritornata alla mente la storiella, e ho deciso di giocare seguendo le regola tramandata da mio padre.

Ho giocato i numeri il 30 Dicembre, non sapendo che l'ultima estrazione dell'anno avveniva proprio quella sera. Nel definire la ruota dove giocare ambo e terno fisso decisi per Firenze ascoltando solo l'istinto.

Oggi quando ho deciso di controllare l'estrazione, ero convinto di dover verificare la prima estrazione del 2011.
Così ho fatto e, osservata la tabella, immediatamente ho notato che sulla ruota di Firenze avevo l'ambo secco 43 e 64, mentre il 14 aveva sbagliato ruota ed era subito sotto.
Euforico, per verificare quanto ricordavo, cercai i tagliandi, verificai se di Firenze si trattasse davvero e per ultimo la data dell'estrazione.
L'entusiasmo crollò. Notai con dispiacere che le schedine si riferivano all'estrazione del 30 Dicembre.
In pratica avevo sbagliato estrazione o più semplicemente non avevo seguito la regola alla lettera.