mercoledì 6 ottobre 2010

Il muro che non mi aspettavo

Preparavo la Maratona di Venezia con molta cura e pignoleria. L'allenatore che mi seguiva, mi aveva assegnato quell'anno una tabella di allenamento estremamente ambiziosa. Ambizioso era l'obiettivo : 2 ore e 48 minuti.

Già ero riuscito nell'impresa di scendere sotto il muro delle 3 ore e per la nuova edizione puntavo ad abbattere il mio record, mica di poco, solo di una decina di minuti. 
Di quella gara ricordo l'inebriante benessere e facilità con cui ho corso i primi 30 Km. Per tutta la prima metà gara chiacchierai, pur correndo a più di 15 km all'ora, con un altro concorrente che occasionalmente andava alla mia velocità. Altri concorrenti sentendoci chiacchierare così spavaldamente non esitarono ad apostrofarci con frasi del tipo :
"Non sprecate il fiato, più avanti ne avrete bisogno!".

Fiato in quei momenti ne avevo da vendere e pensavo di poter arrivare fino alla luna senza mai fermarmi.
Quell'euforia infatti sembrava inesauribile. Tutto andava per il meglio. 
La tabella di marcia preparata e studiata con cura, calcolando frequenze di soglia e i corrispondenti tempi di percorrenza, era rispettata, anzi stavo andando un pò più veloce, e tutto mi sembrava sotto controllo.

La strada scorreva regolare sotto di me. Guardavo avanti nei lunghi rettilinei cercandone la fine, mettevo un pò più di grinta nei dossi per poi lasciarmi andare nelle brevi discese.
Poi con l'approssimarsi di Mestre la strada si fece un pò più nervosa e più frequenti erano le curve. Ventisette chilometri se ne erano già andati, e da un pò avevo smesso di chiacchierare.
Fu proprio in una di quelle curve che avvertii un leggero disturbo al cambio di ritmo. Quel minimo rallentamento e la successiva ripresa mi costarono un pò più di fatica, come se i lunghi rettilinei precedenti mi avessero disabituato anche ai piccoli cambi di ritmo.
Ripresi il ritmo e subito mi rincuorai guardando il cronometro. "Tutto Ok", dissi tra me e continuai.

La sgradita sensazione si ripresentò di li a poco, alla curva successiva. Il fastidio fu maggiore, ma con una dose di grinta aggiuntiva ripresi con vigore la mia corsa.

Ritornato sulla dritta via, passai ai 30 Km intorno alle due ore. Tutto secondo le previsioni. L'obiettivo era ancora alla mia portata. 
Fu così che mentre ripensavo a quegli ultimi chilometri che mi aspettavano, improvvisamente le gambe diventarono sempre più pesanti. Nel volgere di qualche centinaio di metri  tutto diventò estremamente difficile, ero quasi nauseato dal dover correre.
L'euforia che fino a quel momento mi aveva accompagnato si era trasformata in tristezza, quasi dolore.
Rallentai, cercai di raccogliere le energie rimaste al solo scopo di arrivare, senza più curarmi di quello e coloro che mi stavano attorno e nemmeno di centrare l'obiettivo per cui ero partito.Arrivai al traguardo in tre ore esatte, un pò sopra il mio limite, mancando il mio record personale, ma alla fine quell'esperienza mi aveva insegnato qualcosa.

La nostra condizione di vita, può cambiare in maniera repentina, senza preavviso, come quotidianamente le nostre giornate.

Ci sono giorni che sembrano baciati dal sole più caldo che finiscono sotto un acquazzone torrenziale.
Ieri è stato uno di questi giorni. 
Senza il minimo preavviso, tutto improvvisamente è diventato insopportabile, ogni luogo inadatto, ogni consolazione inutile.
Non ci ho capito niente. 
Ma sicuramente non era un problema di lavoro, come qualcuno si limita, ancora, a pensare.

1 commento:

  1. sai che scrivi proprio bene? è un piacere leggerti...
    oggi come stai? lalla

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