giovedì 11 novembre 2010

Il tempo delle oche

San Martino non porta di certo bene alle oche che vivono dalle mie parti.
A San Martino e nei giorni che gli stanno appresso è ormai tradizione mangiare l'oca.

Il povero animale era passato indenne tra le varie feste dell'anno. Il Natale è fatale ai tacchini mentre la Pasqua è il periodo pericoloso per gli agnelli, chi di questi animali supera quei giorni difficili, ha  spesso l'opportunità di godersi ancora la vita.
L'oca invece pur finendo di tanto in tanto in pentola, come tutti gli animali da cortile, un pò per la sua carne particolare, un pò grassa, non aveva fino a qualche tempo fa solleticato l'appetito delle grandi masse.
I miei ricordi relativi alle oche sono legati più che alle loro carni, alle loro piume. Nelle case di campagna di un tempo, le oche erano allevate perchè, raccogliendo pazientemente il piumaggio del loro petto, si potevano confezionare dei caldi piumini per l'inverno.
Le case di un tempo non avevano il riscaldamento di oggi, gli inverni erano sicuramente più rigidi e le "colsare", come si chiamavano nella campagna veneziana i piumini, erano molto usate, ma soprattutto necessarie.

Le nonne raccoglievano piume, in continuazione e la produzione di "colsare", riguardava figli e nipoti.
Le "colsare" di allora erano tutt'altra cosa rispetto ai piumini di oggi, pressati e compatti, avevano la forma di enormi cuscinoni soffici e in cui io da piccolo amavo sprofondare fino a sparirci dentro.
I letti invernali di un tempo erano altissimi e soffici.
Non escludo che ancora oggi qualcuno continui a scaldare le fredde notti, durante la cattiva stagione, con la "colsara" della nonna.
Quindi le oche, grazie al loro piumaggio, riuscivano a vivere una vita relativamente tranquilla, a parte i momenti dello spiumaggio, che non doveva essere per loro una passeggiata, ricordano i modi spicci delle donne di campagna. Tutto questo non garantiva comunque a loro la pensione, purtroppo, visto che un tempo non si buttava via nulla, anche un'oca stagionata faceva, alla fine, un figurone in tavola.

Però da qualche anno a questa parte, il mangiare l'oca  a San Martino è diventato usuale, rispolverando vecchie tradizioni che con il tempo erano andate perdute.

L'accostamento dell'oca a San Martino non è casuale, infatti la raffigurazione più frequente del Santo rievoca l'episodio del mantello, ma a volte, San Martino è rappresentato con un'oca: il motivo è da ricercarsi in una leggenda secondo la quale, quando a  furor di popolo Martino fu acclamato vescovo di Tours, poiché non si riteneva degno di un così grande onore, fuggì in campagna, e si nascose nella stalla di un casolare, ma la stalla era piena di oche che con il loro starnazzare svelarono il nascondiglio di Martino alla gente che lo stava cercando.

Si narra inoltre che nelle campagne del veneziano era usanza chiudere l'anno agricolo mangiando l'oca a San Martino.

Certo è che in questo periodo attorno alla povera oca stanno fiorendo iniziative di ogni tipo che non sempre, fortunatamente per l'oca,  hanno come fine ultimo l'oca arrosto.
Si organizzano competizioni quali : la corsa delle oche , gara competitiva tra oche in un paese poco distante e il Gioco dell'Oca nella piazza del paese.
Quest'ultimo evento altro non è che un gigantesco Gioco dell'Oca, con personaggi in costume di epoca indefinita, dove i vari quartieri del paese si sfidano per vincere il Palio cittadino, cimentandosi lungo le 63 caselle tradizionali, in prove del tutto simili a quelle di "giochi senza frontiere".
L'idea, originale  ma non troppo, attira in piazza centinaia di persone che per assistere allo spettacolo sono disposte a pagare un biglietto non proprio a buon mercato.
All'esterno della gara fioriscono iniziative di vario tipo: una mostra delle varie razze di oche e altri animali, mini spettacoli con danze e canti e giochi di un tempo per grandi e piccoli.
Ma le iniziative più pericolose per il povero animale, sono i pranzi ormai molto diffusi in cui si mangia l'oca preparata secondo le più svariate ricette. Ripieni, arrosti e sughi si sprecano. Negozi e rosticcerie si dedicano, in questi giorni, quasi in modo esclusivo alle oche e ai piatti derivati.
Insomma l'oca è diventata un affare per molti e per tutti un motivo in più per far festa.
Le oche francesi dovranno trovare altri paesi dove emigrare, dalle mie parti tirano, per loro, brutte arie.

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