lunedì 7 febbraio 2011

Il modello giusto

Mio padre faceva l'impresario edile. Partito alla grande da giovane con un buon numero di dipendenti aveva pian piano ridotto l'impresa sino a raggiungere una dimensione, quattro persone, che andava d'accordo con le responsabilità che sentiva di potersi prendere.
Il suo lavoro era costruire case, mai si cimentò con costruzioni più grandi, mentre spesso si dedicò a lavori di manutenzione più o meno impegnativi.

In questa sua scelta sta tutto il suo mondo : la famiglia, il lavoro, l'impegno per la comunità in cui viveva.
Negli inverni di quegli anni, quando non lavorava per lunghi periodi, non ci ha mai trasmesso l'ansia con cui viveva la mancanza di lavoro. Le cose con la primavera si aggiustavano e recuperava serenità.

A rivederlo adesso, era un grande. Solo ora sto capendo il suo grande equilibrio di vita equamente diviso tra la conduzione di un'impresa, la famiglia e l'impegno sociale.

E' morto alla stessa maniera con cui stavo morendo io. Un infarto ai primi di dicembre, il blocco cardiaco otto giorni dopo, solamente con vent'anni di ritardo : a 72 anni.

Io figlio maggiore di tre, non sono riuscito a cogliere il suo modello di vita, oggi a guardarmi indietro mi rendo conto di quanto mi avrebbe aiutato, snobbandolo probabilmente per quella sorta di sufficienza con cui molte volte i figli guardano i padri.
Io che avevo studiato più di lui, non potevo che fare meglio.
Invece le cose sono andate diversamente.

Lui stravedeva per me e parlava a tutti del mio lavoro, della mia famiglia o delle mie maratone.
Io ho cominciato a stravedere per lui molti anni dopo la sua morte.

Non tutta la sua vita è stata vissuta a regola d'arte, come era solito scrivere nei preventivi che con la macchina da scrivere io, appena cresciuto, gli mettevo in bella copia.
Erano un po' tutti simili, scritti in un italiano semplice, con qualche errore di forma che io quasi mai correggevo per non modificare il senso delle frasi.

Insomma da giovane doveva essere stato un animo inquieto.
Pur lavorando sodo gli piaceva ballare e divertirsi. Naturalmente sposò mia madre a cui ballare non piaceva..
Da giovane fumava due pacchetti di sigarette al giorno e sempre in quegli anni ebbe un periodo in cui fu dedito al bere.
Io non mi ricordo delle sigarette, ricordo invece le liti in casa quando tornava ubriaco.

Poi improvvisamente, avrò avuto cinque o sei anni, smise con il vino da un giorno all'altro. Con il fumo aveva già chiuso. Da quel giorno mia madre non gli rammentò più le liti da ubriaco.
Per il resto della sua vita non assaggiò più vino o alcolici e obbligò tutti in famiglia a bere aranciata a pranzo e a cena.

Si fece la patente, dopo essere stato bocciato più volte all'esame di teoria. La sua prima macchina fu una Seicento usata, targata Sondrio.

Per molti anni si impegnò a far crescere una comunità, Crea, una frazione che si era raccolta attorno a una chiesa costruita con il sacrificio di tutti. Collaborò con i preti pur non essendo un assiduo credente.
Fu presidente della squadra di calcio e membro del consiglio di quartiere.

Era interista. Solo su questo lo ho seguito, fin da piccolo, senza mai un tentennamento.

Ho un solo grande rimpianto : non averci parlato abbastanza.

Nessun commento:

Posta un commento