lunedì 29 agosto 2011

Riflessioni

Dal 1992 al 1997  ho corso 7 maratone. La grande corsa cominciò il 3 Agosto 1991 e si concluse il 20 luglio del 1998. Ho vissuto 8 anni di grande passione sportiva. La maratona ma soprattutto l’appuntamento quotidiano con la corsa condizionarono e aiutarono il mio vivere di quegli anni. L’inizio fu entusiasmante, caratterizzato da continui miglioramenti. Riuscii ad allenarmi per quasi due anni tutti i giorni alle 6 del mattino, con qualsiasi tempo e temperatura. La passione e la determinazione nel volermi migliorare riuscirono a farmi superare qualsiasi difficoltà. Tutto, anche se difficile, sembrava scivolare via e la fatica non intaccava le energie. Arrivarono i risultati, i buoni tempi in maratona e le buone prestazioni anche in mezza maratona. Correvo, correvo e ancora correvo, come se quella fosse la mia condizione naturale.
Vivevo una sorta di stato di grazia che mi spingeva, oltre che ad allenarmi con sempre più metodo, anche a cercare sempre nuove sfide e nuove motivazioni.
Fu così che affrontai le corse in montagna e, per qualche tempo fui tentato dalle ultra-maratone e la 100 km che fortunatamente rimasero solamente delle intenzioni.
Intanto dopo i primi buoni risultati in maratona, ottenuti sull’onda dell’entusiasmo iniziale, l’ambizione mi portò a tentare di abbassare i miei record personali.
Per una serie di motivi sia fisici che psicologici non riuscii nell’impresa e la delusione incrinò un po’ quell’amore che tanta energia mi aveva dato negli anni precedenti.
Non capii in quei momenti, che la corsa non poteva significare solo l’andare sempre più veloce o affrontare sfide sempre più al limite, ma anche un modo per rigenerarsi e ritrovare l’equilibrio che, gli impegni sempre più pressanti, tentavano di incrinare ogni giorno.
Fu così che pian piano le motivazioni scemarono e la corsa diventò un esercizio dovuto, quasi una medicina sempre più difficile da prendere. Le prestazioni cronometriche peggiorarono soprattutto a causa della crescente difficoltà a mantenere il ritmo degli allenamenti.
La voglia di ritornare quello di un tempo anche se ostentata, in fondo in fondo non era ciò a cui in cuor mio aspiravo. Forse sarebbe bastato un periodo di riposo per ricaricare le pile, ma il timore di non riuscire più a ricominciare mi fece proseguire, pur consapevole di non avere un obiettivo o le motivazioni giuste.
Ci pensò il fisico a dettare i tempi. Dal ginocchio sinistro cominciarono, un bel dì, a salire dolori poco rassicuranti. Cercai di ignorarli, come avevo fatto in altre occasioni, ma questa volta la mia caparbietà non servì a nulla. Quando diventarono insopportabili mi fermai. Era il 20 luglio 1998.
Seguirono un’operazione e qualche mese di riposo, la cartilagine danneggiata da qualche trauma di troppo doveva rigenerarsi.
Appena raggiunta la guarigione , l’idea di ritornare al vecchio amore, all’allenamento quotidiano e a quello stato di grazia che la corsa trasmetteva, tornò ad occupare la mia mente.

Ricominciai ad allenarmi, non con la stessa determinazione di un tempo, alternando periodi di allenamenti quotidiani con lunghi periodi di inattività. Più volte ripresi per poi smettere dopo breve tempo. Nel frattempo cominciai a mettere su qualche chilo e questo ostacolava e rendeva sempre più difficile ogni mia ripartenza.
Niente era come prima e nonostante non lo volessi ammettere, avevo capito che quell’amore, un tempo totalizzante, non era più quello di una volta.  Per un’ultima volta tentai di prepararmi per la maratona ma abbandonai ben presto ogni velleità.
Successe così che ancora una volta il mio fisico dettò i tempi, anzi il mio cuore decise di imporre il proprio ritmo. Lo stop imposto fu il più categorico e convincente possibile.

Accusato il colpo, per mia fortuna, la vita mi ritornò a sorridere.

Oggi che correre è diventato quasi una “medicina”, amo la corsa per il piacere di muovermi, per quella leggerezza che il correre senza competizione trasmette all’animo, per la libertà di non farlo se qualche volta non ne ho voglia, senza più obbedire a scadenze imposte da chicchessia, fosse anche la mia volontà.
L’amore non è più quello della volta ma non  per questo è meno appagante.
Sono contento di averlo riscoperto e non è detto che un giorno non ritorni tra i maratoneti.
Di certo sarà una festa.

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