sabato 13 agosto 2011

A passo spedito

Per camminare a passo spedito, non serve il cardio-frequenzimetro, il cuore non arriva di certo a 110 pulsazioni al minuto. Non mi interessa e non voglio saperlo. In un’ora e mezza riesco a percorrere  più di 10 chilometri, lungo la stessa strada, all’andata come al ritorno. Il percorso disegna una grande L, in parte lungo la pista ciclabile che costeggia provinciale, il resto lungo una strada bianca che si perde tra i campi e, per lunghi tratti completamente all’ombra di alberi antichi.
Al crepuscolo, sotto quegli alberi, il buio arriva prima e le ombre degli altri passanti, sono difficilmente individuabili, appena qualche decina di metri più in là.

Quest’inverno, quando, di sera, la percorrevo di corsa, pensavo all’imprudenza di passare per quei luoghi cosi poco frequentati. Mi dicevo : “E se mi succede qualcosa o il mio cuore si prende una pausa di troppo….. ?”, poi, sorridendo tra me, continuavo imperterrito come se la cosa non mi riguardasse.

A volte ripenso a questo mio cuore, che per ottenere un po’ di rispetto e attenzione da parte mia, dopo anni di sofferenze, ha dovuto ricorrere agli estremi rimedi. Prima l’infarto poi l’arresto. Visto che la prima botta non era bastata, è dovuto ricorrere alla seconda. (Hola!)
Avrà detto, dopo aver fatto tutto ciò a malincuore : “Testa di c… Guarda cosa mi tocca fare perché tu capisca qualcosa ? Perché con te, si deve arrivare sempre agli estremi rimedi ? “.

Sono certo che alcuni tra coloro che mi conoscono, la pensano, esattamente, come il mio cuore.

“Caro cuore mio la tua missione è compiuta. Qualche è risultato lo hai ottenuto. La testa di c…. qualcosa ha capito. Grazie di cuore ( con tutto il rispetto)”

Ma nonostante tutto, un po’ di irrequietezza è rimasta. Il desiderio di risentire il brivido che si prova a camminare sul bordo del precipizio, ogni tanto ritorna.
La voglia di correre è tornata, seguita dalla curiosità di riavvicinarsi al passato e alle velocità di un tempo. Confesso che qualche centinaio di metri a meno di 4’ al chilometro li ho precorsi. Per ciò che riguarda, invece, la lunghezza, il mio record da cardiopatico è di oltre 22 chilometri.

In montagna ci vado come un tempo, anzi più di un tempo. Nel senso che salgo, cammino, come non ho fatto mai. Anni fa, quando ero sano come un pesce, dicevo, giudizioso e convinto, che le ferrate erano troppo rischiose e mi accontentavo dei sentieri semplici e panoramici. Quest’anno già due volte sono entrato in un negozio per comprarmi imbragatura, moschettoni e caschetto. Ne sono uscito, la prima volta con un giubbetto e la seconda con delle scarpe.

" Che scemo", mi son detto," mica volevo comprare dei preservativi !",

Chissà con cosa uscirò al terzo tentativo. L’impresa è solo rimandata, per il momento mi tengo in allenamento e ci penso ancora un po’.

Il cuore tace e ha taciuto, non ha battuto ciglio, come un padre paziente, spera che il figlio, nonostante le cazzate già commesse, crescendo metterà giudizio. So di certo che se questo cuore, buono come il pane, si incazza di nuovo, saranno dolori o molto probabilmente il nulla. Io, intanto, approssimandomi ai 54 anni continuo a  crescere: “Non è mai troppo tardi”, diceva qualcuno qualche anno fa.

Ma più dell’indole ribelle, che si annida nel mio corpo così come pure (ahime!) nel mio animo, sono dannose l’ansia e la fatica di vivere di certi giorni. La sensazione di non essere ascoltato, mi ha portato, qualche volta a gridare oltremisura le mie ragioni, forse pensando di arrivare lontano, perdendo la calma e di conseguenza la chiarezza.
Ma il suono, anzi, le urla, non sono come la luce, esse vengono disperse dal vento e, purtroppo, non arrivano lontano. Al massimo vengono distorte e rimbalzate dall’echo.
Resomi conto di parlare ai sordi, ho capito di aver sprecato fiato, mettendo alla prova il mio cuore al pari delle ripetute in pista di un tempo.
Chissà cosa pensava il mio cuore, quando tutto intento a pompare, non percepiva ne il ritmo, ne i balzi della corsa. Fortunatamente pure lui è sordo.

Di errore in errore, si prosegue, sembra essere il filo conduttore della mia vita.
Stasera un po’ arrabbiato, nonostante stessi ascoltando della buona musica, percorrevo con il consueto passo spedito la solita strada, come da dieci giorni, quasi ogni sera. Passo e ripasso per gli stessi luoghi, con la puntualità di in treno in orario.
Sulla via del ritorno, volgendo lo sguardo a destra, mi è apparso un Capitello con dentro la statua della Madonna. Era ben illuminata e di fronte aveva una specie di giardino con tanto di fontana.
Incredulo, mi sono chiesto con mai non lo avessi notato, passando di là, nei giorni precedenti.

Il fatto mi ha un po’ sorpreso, anche perché, tornando dal lavoro, avevo cercato inutilmente una chiesa aperta per una sosta di preghiera alla Madonna.
La sosta mi ha fatto bene.

Certe cose a volte non le capisco.

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