martedì 30 agosto 2011

Big Bang

Serata tranquilla, ascoltando il silenzio, che pensavo dimenticato.
Nella nuova casa, i rumori delle auto che transitano sulla provinciale, nemmeno arrivano.  I garage che stanno in mezzo fungono da silenziatori.
Solo il ventilatore del PC, manda un ronzio dimesso, che sparisce in fretta attraverso il cuscino del divano.
Mi ritornano alla mente, quasi in punta di piedi, come se l'ansia potesse far rumore, i pensieri di questi ultimi tempi.
Mi risuonano le voci delle discussioni e delle inutili spiegazioni.
Rileggo a memoria, mail, messaggi che ogni tanto hanno fatto vibrare i cellulari.
Sembrano dire : “Volevo dire, anzi no, non c’è un perché, anzi si”.
Meglio lasciare perdere.
Mi sono detto : “Si rimane ostaggi dei propri errori”, cambiare serve solo a se stessi.
Ho la netta sensazione di essere come quegli oggetti celesti che continuano ad allontanarsi da tutto, dai tempi del Big Bang.

lunedì 29 agosto 2011

Riflessioni

Dal 1992 al 1997  ho corso 7 maratone. La grande corsa cominciò il 3 Agosto 1991 e si concluse il 20 luglio del 1998. Ho vissuto 8 anni di grande passione sportiva. La maratona ma soprattutto l’appuntamento quotidiano con la corsa condizionarono e aiutarono il mio vivere di quegli anni. L’inizio fu entusiasmante, caratterizzato da continui miglioramenti. Riuscii ad allenarmi per quasi due anni tutti i giorni alle 6 del mattino, con qualsiasi tempo e temperatura. La passione e la determinazione nel volermi migliorare riuscirono a farmi superare qualsiasi difficoltà. Tutto, anche se difficile, sembrava scivolare via e la fatica non intaccava le energie. Arrivarono i risultati, i buoni tempi in maratona e le buone prestazioni anche in mezza maratona. Correvo, correvo e ancora correvo, come se quella fosse la mia condizione naturale.
Vivevo una sorta di stato di grazia che mi spingeva, oltre che ad allenarmi con sempre più metodo, anche a cercare sempre nuove sfide e nuove motivazioni.
Fu così che affrontai le corse in montagna e, per qualche tempo fui tentato dalle ultra-maratone e la 100 km che fortunatamente rimasero solamente delle intenzioni.
Intanto dopo i primi buoni risultati in maratona, ottenuti sull’onda dell’entusiasmo iniziale, l’ambizione mi portò a tentare di abbassare i miei record personali.
Per una serie di motivi sia fisici che psicologici non riuscii nell’impresa e la delusione incrinò un po’ quell’amore che tanta energia mi aveva dato negli anni precedenti.
Non capii in quei momenti, che la corsa non poteva significare solo l’andare sempre più veloce o affrontare sfide sempre più al limite, ma anche un modo per rigenerarsi e ritrovare l’equilibrio che, gli impegni sempre più pressanti, tentavano di incrinare ogni giorno.
Fu così che pian piano le motivazioni scemarono e la corsa diventò un esercizio dovuto, quasi una medicina sempre più difficile da prendere. Le prestazioni cronometriche peggiorarono soprattutto a causa della crescente difficoltà a mantenere il ritmo degli allenamenti.
La voglia di ritornare quello di un tempo anche se ostentata, in fondo in fondo non era ciò a cui in cuor mio aspiravo. Forse sarebbe bastato un periodo di riposo per ricaricare le pile, ma il timore di non riuscire più a ricominciare mi fece proseguire, pur consapevole di non avere un obiettivo o le motivazioni giuste.
Ci pensò il fisico a dettare i tempi. Dal ginocchio sinistro cominciarono, un bel dì, a salire dolori poco rassicuranti. Cercai di ignorarli, come avevo fatto in altre occasioni, ma questa volta la mia caparbietà non servì a nulla. Quando diventarono insopportabili mi fermai. Era il 20 luglio 1998.
Seguirono un’operazione e qualche mese di riposo, la cartilagine danneggiata da qualche trauma di troppo doveva rigenerarsi.
Appena raggiunta la guarigione , l’idea di ritornare al vecchio amore, all’allenamento quotidiano e a quello stato di grazia che la corsa trasmetteva, tornò ad occupare la mia mente.

Ricominciai ad allenarmi, non con la stessa determinazione di un tempo, alternando periodi di allenamenti quotidiani con lunghi periodi di inattività. Più volte ripresi per poi smettere dopo breve tempo. Nel frattempo cominciai a mettere su qualche chilo e questo ostacolava e rendeva sempre più difficile ogni mia ripartenza.
Niente era come prima e nonostante non lo volessi ammettere, avevo capito che quell’amore, un tempo totalizzante, non era più quello di una volta.  Per un’ultima volta tentai di prepararmi per la maratona ma abbandonai ben presto ogni velleità.
Successe così che ancora una volta il mio fisico dettò i tempi, anzi il mio cuore decise di imporre il proprio ritmo. Lo stop imposto fu il più categorico e convincente possibile.

Accusato il colpo, per mia fortuna, la vita mi ritornò a sorridere.

Oggi che correre è diventato quasi una “medicina”, amo la corsa per il piacere di muovermi, per quella leggerezza che il correre senza competizione trasmette all’animo, per la libertà di non farlo se qualche volta non ne ho voglia, senza più obbedire a scadenze imposte da chicchessia, fosse anche la mia volontà.
L’amore non è più quello della volta ma non  per questo è meno appagante.
Sono contento di averlo riscoperto e non è detto che un giorno non ritorni tra i maratoneti.
Di certo sarà una festa.

Rifugio Velo della Madonna - 2358 metri - 2011

La cordata

Crepuscolo visto dal Rifugio

Luce del Mattino

Il rifugio 

Pala della Madonna

La Via Lattea

Sabato sera il cielo lassù, ai 2358 metri dove si trova il Rifugio Velo della Madonna, sulle Pale di San Martino,  era completamente terso. Un leggero riverbero faceva intravvedere, ancora all’orizzonte,  le creste delle montagne. 
Ascoltando, durante la cena affollata,  i discorsi degli alpinisti che pernottavano, come me nel rifugio, avevo imparato a individuare verso Ovest  il gruppo del Catinaccio e con un po’ di fatica le Torri del Vajolet.
L’anno scorso  ero da quelle parti e di quelle lunghissime camminate ho un ricordo che ha il sapore di una rinascita.
Il buio del cielo sopra la mia testa era assoluto. Mai avevo visto una notte così vera.  Avevo la netta sensazione di essere staccato dal mondo.
Così alzando lo sguardo sono rimasto incantato nel vedere la Via Lattea che bianca e nitida attraversava il cielo. Non l’avevo mai potuta vedere così.
Potrei dire, esagerando, che le stelle si vedevano tutte, chiare, fredde e nitide.
Quello spettacolo mi ha fatto dimenticare il freddo pungente di quella notte senza luna.
Peccato che mio figlio già dormisse, raggomitolato dentro al sacco a pelo. Svegliarlo per mostrargli quello spettacolo era chiedergli un po troppo, dopo la lunga camminata per salire lassù. "Ci saranno altre occasioni", ho pensato.
E’ rimasta la voglia di ritornare, magari su altri monti a riveder le stelle.

giovedì 25 agosto 2011

Segnali da paura

Il piazzale all’interno della fabbrica sembra un piastra rovente, a camminarci sopra mi viene quasi da identificarmi con una bistecca.  Le macchine sono fortunatamente all’ombra, anzi al fresco del parcheggio che arriva fino a -2, come intendiamo indicare il parcheggio sotterraneo. Alla sera sono fresche ed entrarci è un sollievo anche se fuori il sole picchia ancora.
Oggi, di ritorno da uno spuntino al bar, quasi a festeggiare la ricorrenza, mi sono trovato un po’ ansimante sul finire della lunga rampa di scale che permette di risalire dall’interrato. Solo un leggero affanno, dovuto più alla birra che alla salita. Percepivo nitidamente il battito cardiaco, accelerato ma non frenetico.
Mi ha fatto piacere percepirlo, in parte il festeggiato oggi è proprio lui.
La situazione mi ha riportato alla mente quei giorni di tre e più anni fa, quando, lungo il tragitto tra il parcheggio e l’ufficio, sostavo più volte a far calmare i dolori “allo stomaco” e “alla schiena”.  Stavo fermo, apparentemente senza ragione, fingendo di riassettare il cappotto o lo zaino che conteneva il PC, anche a giustificare chi, facendo il mio stesso tragitto si fermava a chiedermi se stavo male o mi aspettava per fare assieme il restante percorso.
Poi andavo dal medico, il solito, a raccontare sintomi e quanto mi accadeva. Ne sono sempre uscito con diagnosi minimali e superficiali. Lui chissà perché non ha voluto fare il medico ma soprattutto perché io non ho mai  fatto il malato fino in fondo ?
Perché preoccupato della mia salute, preferivo quelle diagnosi rassicuranti alla realtà anormale che vivevo ogni giorno ?
La paura di ammalarsi e di affrontare la realtà è spesso foriera di tragedie.

mercoledì 24 agosto 2011

Buon Compleanno






Si va avanti, felice di esserci e di aver vissuto quest’anno ricco di luci e ombre, di momenti emozionanti e felici come di giornate grigie, caratterizzate da silenzi e delusioni.

Il mio cuore gira che è una meraviglia ! Lui si che ha messo la testa a posto !

Grazie a tutti coloro che mi sono stati fedeli compagni di viaggio, aspettandomi con  pazienza, sopportando i miei errori e i momenti no.
Grazie a tutti gli altri che mi hanno incrociato, ascoltato e comunque aiutato.
Grazie a quelli che, passando da queste pagine, si soffermano a leggere i miei pensieri, sogni e ricordi.
Questo quotidiano incontro con le parole, i significati e l'ordinata ma  non sempre scontata sequenza che compone i periodi, mi ha aiutato a rallentare, allontanando i vortici di certi momenti di panico.
Mi ha fatto fare amicizia con il silenzio.

Di casa in casa


E’ giunto il momento di cambiare casa. Da oggi si comincia il trasloco. Lascio questa casa simbolo del mio ritorno alla normalità e alla consapevolezza di ciò che posso fare da solo. Appena arrivato mi sentivo, spesso, come rinchiuso in una prigione, incapace di pensare a qualcosa  appena oltre la porta. E’ diventata poi un rifugio, soprattutto quando ci ho fatto amicizia e passarci dentro il tempo non mi costava più fatica. 
Oggi è la mia casa, ritornarci la sera è un sollievo, trovarla appena pulita mi ricarica. 
La lascio con profonda riconoscenza.
Cercavo un po’ più di spazio,  forse cercavo di cambiare e basta. E’ stata la nuova casa a cercare me, non io a cercare lei. Una occasione presa al volo e senza troppi pensieri. La nuova sistemazione, sicuramente non definitiva è solo un piano più sotto, con un po’ di giardino e qualche metro un po’ più ampia. Mi sembra arredata con cura.
Riparto da qui. Cambiare casa in fondo non è difficile, ci sono un po’ di spese e qualche formalità burocratica. Il trasloco, nel mio caso, sarà veloce.
Ho, infatti, vissuto in questi anni ultimi due anni, con l’essenzialità di chi si sente nomade, di chi salendo in montagna sa, che meno cose ha appresso meno fatica fa per spostarsi da un rifugio all'altro.
Ciononostante, riprendendo per mano tutte le mie cose, qualcosa di superfluo, vecchio e da buttare c’è di sicuro. Un modo come un altro, per rimanere leggero e per prepararsi al prossimo trasloco.

domenica 21 agosto 2011

Parametri Macchina

Pressione massima    129
Pressione  minima       74

Frequenza cardiaca       57


Sono  le 21 di un 21 Agosto torrido. Solo da poco il termometro della carrozzeria di fronte a casa mia, segna 28 gradi.
Il caldo toglie il respiro, induce a rallentare i movimenti. Rende inusabili le auto. Infastidisce, infatti, chiudersi dentro a quelle scatole di lamiera rese quasi incandescenti dal sole.
Ho cercato riparo nella calma, nell’eseguire i soli movimenti necessari quasi a volermi mimetizzare, per non farmi aggredire dal senso di oppressione indotto dalla calura.
I cardiopatici sono dei soggetti a rischio, in condizioni e temperature come queste. Più di una volta guardandomi allo specchio ho stentato a riconoscermi ma poi spostandomi sbottavo . “Io soggetto a rischio ?  Non ci credo manco morto !”.
Ieri l’ho fatta grossa. Senza cardiofrequenzimetro devo aver fatto uno sforzo come mai fino ad ora. La conferma sono i dolori da acido lattico che sono comparsi alle gambe. Quindi il cuore ha lavorato oltre la soglia aerobica. Probabilmente ha fatto fatica.
Domani i dati finiranno in ospedale. Chissà se si faranno vivi ?

Come ieri sera, il buio porterà, sul tardi, un pò di refrigerio. Le finestre di tramontana faranno filtrare un po’ di fresco. Lasciandole aperte, sul far del mattino sotto un coperta leggera si sta bene.
Ci dev’essere da qualche parte una finestra da cui arriva quella brezza fresca e leggera che riesce a rinfrescare anche l’animo.
Come fare a trovarla ? Sarei disposto a sopportare un caldo ancor più torrido se riuscissi a farmi appena sfiorare.

Rifugio Giussani - 2580 metri

Dietro ai cartelli oltre Forcella Fontananegra
sotto Cima Tofana c'è il Rifugio Giussani

Rifugi Averau e Nuvolau come appaiono dalle Tofane
Sotto si possono notare le Cinque Torri

Il Rifugio 

La Croda del Lago

La Marmolada e il suo Ghiacciaio sofferente sotto il caldo torrido

Il caldo oggi era forse eccessivo per le mie capacità.
All'inizio della salita sembravo immune alla calura e il mio cuore andava che era una meraviglia.
Poi con il prosieguo del cammino le forze si sono via via affievolite fino a lasciarmi sfinito.
L'ultima forcella sulla via del ritorno e la successiva discesa si sono rivelate una sofferenza.
Ci è voluta qualche ora e un buon piatto di pasta per riprendermi del tutto.

Fosse stata un test sotto sforzo potrei definirlo un successo ma, non essendomi stato richiesto dal medico, perché proseguire ?

Su una maglietta piegata su uno scaffale di un negozio di Longarone c'era stampata la seguente frase :

"Il coraggio non è assenza di paura,
 ma la consapevolezza che ci sono cose più importanti"

venerdì 19 agosto 2011

L' Arbitro

Le passioni sportive, come del resto, molti degli interessi a cui dedichiamo parte della nostra esistenza spesso non ci abbandonano mai. Altre invece, anche se intense e portatrici di forti emozioni, con il tempo tendono ad affievolirsi e inevitabilmente ad essere trascurate.
Mio padre mi ha trasmesso la passione per lo sport. Mi interessano quasi tutti gli sport, anche quelli meno diffusi, che spesso seguo inizialmente con interesse, cercando di carpirne regole e trucchi.
A pochi però sono veramente appassionato, mentre seguo tutti gli altri con l’attenzione di un normale sportivo.
Il ciclismo e l’atletica non sono mai stati messi in discussione, mentre la mia passione per il calcio ha subito negli anni una lenta e inesorabile trasformazione.
Sono cresciuto a dar calci al pallone, in qualsiasi luogo e con qualsiasi abbigliamento. Da bambino ho fatto mille fughe per andare a giocare a calcio, saltando la rete di casa con i gesti tipici di un ladro che non vuole farsi sentire dalla guardia (mia madre).
Posso annoverare e raccontare ai nipoti (poveri loro!), quando verranno, anche  una breve carriera agonistica nelle giovanili della Mestrina (quando questa quadra era in serie C).
Poi, abbandonati i sogni da campione, tornai a giocare nella squadra del mio paese in seconda e terza categoria. Da quando smisi con il calcio agonistico, continuai saltuariamente a calpestare i campi di calcio, finché negli anni novanta, appesi definitivamente le scarpe al chiodo.
Dell'amore per il gioco del calcio mi è rimasto solo l'Inter. Sono sempre stato Interista e il calcio oggi per me è solo l’Inter, il resto, la Nazionale, il Campionato non mi interessa più. Mi considero una sorta di credente non praticante.
Il Pugilato, invece, è uno di quegli sport di cui ho perso ogni interesse. Da anni, forse decenni non seguo più un incontro di pugilato, mentre da ragazzo, sempre assieme a mio padre, ho seguito tutti i più grandi incontri di pugilato: le eterne sfide di Nino Benvenuti con Emil Griffit e Carlos Monzon e i combattimenti di Mohammed Ali contro Joe Frezier.
Di tutte le sfide seguite alla televisione in bianco e nero di allora, non ho dimenticato la tecnica sopraffina di Nino Benvenuti, la potenza di Carlos Monzon e la danza leggera di Mohammed Ali.

Ogni volta aspettavo il colpo risolutivo, il KO che avrebbe messo termine all’incontro, affascinato dalla potenza capace di abbattere l’avversario.
Spesso gli incontri finivano ai punti e  mi appassionavano un po’ meno.
Con il tempo avevo imparato a riconoscere i colpi e le tecniche, oltre ai trucchi, che i pugili applicavano durante il combattimento. Ero sorpreso quando riuscivano a rialzarsi dopo un colpo che sembrava devastante, oppure quando, incuranti degli occhi tumefatti, non volevano arrendersi.
Le situazioni spesso si ripetevano ma l’immagine a cui sono più affezionato è quella del pugile colpito con un colpo da KO che, dopo essersi prontamente rialzato, nonostante le idee e la vista annebbiate, cercava di convincere l’arbitro a lasciarlo continuare, mimando una finta e approssimativa vitalità. L’arbitro continuava inesorabilmente il conteggio e quanto più andava avanti, tanto più disperati e irrazionali erano i gesti del povero pugile.
Poi arrivava il verdetto: KO e anche il poverino, che fino a pochi istanti prima era pronto a continuare il combattimento, lo accoglieva con rassegnazione. La partita era persa e il futuro spesso non avrebbe permesso ulteriori opportunità.

Entrato nell’ambulatorio, attendevo la dottoressa, per potermene andare finalmente a casa. Me lo avevano detto tutti : nessun problema al cuore, anche se, durante la notte i dolori non mi avevano mai abbandonato. In quei momenti, ma solo da pochi minuti, mi sembrava di stare di nuovo bene e la notte insonne, densa di sofferenze, sembrava appartenere ad un altro.
La dottoressa arrivò, incurante delle mie richieste di andarmene al più presto. Non capivo il suo indugiare  sulle carte.
Mi dicevo :” Se lo avevano capito pure gli infermieri non devono esserci dubbi !”.
Se ne andò per qualche istante, mentre l’infermiera cominciò a farmi strane domande relative alla privacy.
Io continuavo, palesando una strana sicurezza, a chiedere il certificato di dimissione.
La dottoressa tornò per farmi l’ecocardiografia.
“Perché mai ? “, mi chiesi e le chiesi.
La mia sicurezza cominciò a traballare, divenni più remissivo. Chiesi ancora, meno convinto, quando me ne sarei potuto andare a casa.
Ma la dottoressa (l’arbitro), nel frattempo, aveva decretato il verdetto.
Alzato il telefono chiese la disponibilità di un posto letto nel reparto di Terapia Intensiva nonché della Sala Operatoria.
Mi trasportarono in reparto con una sedia a rotelle e  passando tra le persone in sala di attesa, non sapevo cosa pensare ne dove guardare.
Il colpo da KO era arrivato. La partita era persa.
Oggi a due anni da quel giorno, porto ancora i segni di quel KO, sia nel fisico che nell’animo.
A differenza dei pugili, che spesso vedevano la propria carriera infrangersi contro quel colpo che li aveva stesi, la vita mi ha dato ancora molto.
Ora tocca a me dare qualcosa alla vita.

giovedì 18 agosto 2011

Il soggetto a rischio

Due anni fa, esattamente il 17 Agosto, passai una giornata al mare con mio figlio di 4 anni.
Già dal mattino forti dolori allo stomaco preannunciavano l'imminente infarto.
Io convinto, dopo i recenti controlli, di avere problemi allo stomaco, pur preoccupato, non venni nemmeno sfiorato dall'idea di andare al pronto soccorso.
Al mattino pensavo che i dolori sarebbero passati, ma solo alla sera, decisi di cercare il mio medico. Non trovandolo rimandai di un giorno. Le sue vacanze e il mio scarso amor proprio mi fecero propendere per l'attesa, ahime, continuando la discesa lungo il piano inclinato che avevo imboccato. 
Oggi dico : fossi stato meno solo, forse la mia vita sarebbe stata diversa, ma questo non lo saprò mai.
Fu un imprudenza fare cento e più chilometri, per andare e tornare dal mare, portandomi appresso il bimbo. Con il senno di poi certamente sì. Un malore strada facendo poteva provocare una tragedia.
Da quasi due anni, dopo l'arresto cardiaco, vivo con un defibrillatore che ha il compito di proteggermi da una eventuale ricaduta. Nessuno sa perché il primo blocco sia accaduto e tanto meno quali potrebbero essere le condizioni per cui dovrebbe ripetersi. Non ho una patologia specifica, se non consideriamo l'infarto.
Quindi ero e sono un soggetto a rischio il cui cuore può fermarsi in qualsiasi momento : quando sono solo, quando guido oppure nel sonno. Non ho preferenze, l'eventualità non mi spaventa affatto e non è tra le mie preoccupazioni
Quest'anno ho fatto 42 mila km in macchina di cui, qualche migliaio, solo in compagnia di mio figlio.
Posso considerarmi un incosciente ? Metto a repentaglio la sua vita ? 
Forse si, visto che per avere la patente devo fare dei rinnovi annuali, condizione certo non da persone normali.
Può la mia incoscienza essere paragonata a quella di una persona che uscendo da un bar, dopo aver bevuto una birra, si trovi  a guidare con le idee un  po' annebbiate dall'alcool? 
La fatalità e l'imprudenza sono spesso divise dalla tragedia da quel sottile spazio infinito che chiamiamo fortuna.
Purtroppo, come ognuno di noi,  non manovro l'acceleratore del mio cuore e spero che, in caso di un nuovo arresto, la fortuna mia o di altri possa evitare ulteriori tragedie.

domenica 14 agosto 2011

L'invenzione del fuoco


Ero convinto che bastasse una lente di ingrandimento, delle foglie secche e soprattutto il sole cocente di un pomeriggio di Agosto, per poter dimostrare a mio figlio quanto fosse facile accendere un fuoco.
La convinzione che tutto fosse semplice derivava solo dalla teoria e dal ricordo di qualche documentario scientifico visto qualche decennio fa. Non avevo mai provato personalmente, nemmeno da ragazzo, nè avevo pensato di studiare un po’, prima di fare l’esperimento.
Non è stato facile procurarsi una lente di ingrandimento, ma alla fine nei grandi magazzini non manca niente, nonostante sia difficile trovare il reparto “lenti di ingrandimento".

Ma a dispetto del sole a picco, della lente di buona qualità e delle poche foglie secche raccolte fuori stagione, di fuoco nemmeno l’ombra. Solo un sottile filo di  fumo, segno di una combustione, testimoniavano il progressivo consumarsi del fogliame. Ma non una fiamma si era  generata dal quel lento bruciare.

Successo parziale, molto parziale.
Ora prima di proseguire con la dimostrazione a mio figlio di come si possa accendere il fuoco con lo sfregamento della legna oppure usando addirittura le pietre focaie, urge una pausa di studio, condita di qualche prova per affinare il procedimento, per evitare figuracce.

Pensavo a tutto quello che d’estate si sente relativamente a come nascono gli incendi e addirittura alla autocombustione. Tutto riesce facile altrove e ad altri, mentre a me non resta che affidarmi all'accendino. 

Rifugio Bosconero - 1457 metri



Sul biglietto del rifugio è riportata la seguente frase :
' la via che sale e la via che scende sono la medesima cosa '
Dai ' Frammenti dei Presocratici'  Eraclito

Posso immaginare il motivo della scelta da parte dei gestori del Rifugio
Ma al tempo stesso sono curioso si conoscere il significato "originale" della frase di Eraclito
il quale, ne sono certo, non era un gestore di Rifugi Alpini

sabato 13 agosto 2011

A passo spedito

Per camminare a passo spedito, non serve il cardio-frequenzimetro, il cuore non arriva di certo a 110 pulsazioni al minuto. Non mi interessa e non voglio saperlo. In un’ora e mezza riesco a percorrere  più di 10 chilometri, lungo la stessa strada, all’andata come al ritorno. Il percorso disegna una grande L, in parte lungo la pista ciclabile che costeggia provinciale, il resto lungo una strada bianca che si perde tra i campi e, per lunghi tratti completamente all’ombra di alberi antichi.
Al crepuscolo, sotto quegli alberi, il buio arriva prima e le ombre degli altri passanti, sono difficilmente individuabili, appena qualche decina di metri più in là.

Quest’inverno, quando, di sera, la percorrevo di corsa, pensavo all’imprudenza di passare per quei luoghi cosi poco frequentati. Mi dicevo : “E se mi succede qualcosa o il mio cuore si prende una pausa di troppo….. ?”, poi, sorridendo tra me, continuavo imperterrito come se la cosa non mi riguardasse.

A volte ripenso a questo mio cuore, che per ottenere un po’ di rispetto e attenzione da parte mia, dopo anni di sofferenze, ha dovuto ricorrere agli estremi rimedi. Prima l’infarto poi l’arresto. Visto che la prima botta non era bastata, è dovuto ricorrere alla seconda. (Hola!)
Avrà detto, dopo aver fatto tutto ciò a malincuore : “Testa di c… Guarda cosa mi tocca fare perché tu capisca qualcosa ? Perché con te, si deve arrivare sempre agli estremi rimedi ? “.

Sono certo che alcuni tra coloro che mi conoscono, la pensano, esattamente, come il mio cuore.

“Caro cuore mio la tua missione è compiuta. Qualche è risultato lo hai ottenuto. La testa di c…. qualcosa ha capito. Grazie di cuore ( con tutto il rispetto)”

Ma nonostante tutto, un po’ di irrequietezza è rimasta. Il desiderio di risentire il brivido che si prova a camminare sul bordo del precipizio, ogni tanto ritorna.
La voglia di correre è tornata, seguita dalla curiosità di riavvicinarsi al passato e alle velocità di un tempo. Confesso che qualche centinaio di metri a meno di 4’ al chilometro li ho precorsi. Per ciò che riguarda, invece, la lunghezza, il mio record da cardiopatico è di oltre 22 chilometri.

In montagna ci vado come un tempo, anzi più di un tempo. Nel senso che salgo, cammino, come non ho fatto mai. Anni fa, quando ero sano come un pesce, dicevo, giudizioso e convinto, che le ferrate erano troppo rischiose e mi accontentavo dei sentieri semplici e panoramici. Quest’anno già due volte sono entrato in un negozio per comprarmi imbragatura, moschettoni e caschetto. Ne sono uscito, la prima volta con un giubbetto e la seconda con delle scarpe.

" Che scemo", mi son detto," mica volevo comprare dei preservativi !",

Chissà con cosa uscirò al terzo tentativo. L’impresa è solo rimandata, per il momento mi tengo in allenamento e ci penso ancora un po’.

Il cuore tace e ha taciuto, non ha battuto ciglio, come un padre paziente, spera che il figlio, nonostante le cazzate già commesse, crescendo metterà giudizio. So di certo che se questo cuore, buono come il pane, si incazza di nuovo, saranno dolori o molto probabilmente il nulla. Io, intanto, approssimandomi ai 54 anni continuo a  crescere: “Non è mai troppo tardi”, diceva qualcuno qualche anno fa.

Ma più dell’indole ribelle, che si annida nel mio corpo così come pure (ahime!) nel mio animo, sono dannose l’ansia e la fatica di vivere di certi giorni. La sensazione di non essere ascoltato, mi ha portato, qualche volta a gridare oltremisura le mie ragioni, forse pensando di arrivare lontano, perdendo la calma e di conseguenza la chiarezza.
Ma il suono, anzi, le urla, non sono come la luce, esse vengono disperse dal vento e, purtroppo, non arrivano lontano. Al massimo vengono distorte e rimbalzate dall’echo.
Resomi conto di parlare ai sordi, ho capito di aver sprecato fiato, mettendo alla prova il mio cuore al pari delle ripetute in pista di un tempo.
Chissà cosa pensava il mio cuore, quando tutto intento a pompare, non percepiva ne il ritmo, ne i balzi della corsa. Fortunatamente pure lui è sordo.

Di errore in errore, si prosegue, sembra essere il filo conduttore della mia vita.
Stasera un po’ arrabbiato, nonostante stessi ascoltando della buona musica, percorrevo con il consueto passo spedito la solita strada, come da dieci giorni, quasi ogni sera. Passo e ripasso per gli stessi luoghi, con la puntualità di in treno in orario.
Sulla via del ritorno, volgendo lo sguardo a destra, mi è apparso un Capitello con dentro la statua della Madonna. Era ben illuminata e di fronte aveva una specie di giardino con tanto di fontana.
Incredulo, mi sono chiesto con mai non lo avessi notato, passando di là, nei giorni precedenti.

Il fatto mi ha un po’ sorpreso, anche perché, tornando dal lavoro, avevo cercato inutilmente una chiesa aperta per una sosta di preghiera alla Madonna.
La sosta mi ha fatto bene.

Certe cose a volte non le capisco.

venerdì 12 agosto 2011

Make Lists : #3 - Compiti. Dalle vacanze a.....


  1. Recuperare un po’ di energie, ora non mi sento al massimo. 
  2. Fare il padre. E’ il compito più importante che devo svolgere, ma non il solo.
  3. Lavorare. Stanca, ma è necessario e con un piccolo sforzo può ancora piacere.
  4. La fede è una recente piacevole riscoperta, non va trascurata. La serenità dell’animo aiuta a star bene
  5. Imparare a star da soli è importante. Imparare a vivere con chi si ama lo è ancora di più. Vivere solo : non è il futuro che vorrei.

giovedì 11 agosto 2011

San Lorenzo

Ieri  la serata era delle più terse. Nessuna ombra di nubi oscurava il cielo.
Si notavano distintamente tutte le costellazioni più luminose, unitamente a Giove unico pianeta nel cielo stellato.

Avrei desiderato salire su uno dei monti che si ergono a contorno della grande pianura illuminata.
Lassù, lontano dalle luci dell’uomo, il cielo doveva apparire più buio e l’orizzonte immensamente più ampio.

La Luna, prossima al suo massimo splendore, copriva, però, la luce delle stelle più deboli.

“Non sarà facile notare le stelle cadenti, con tutta questa luce !”, ho pensato, senza il rimpianto di dover rinunciare dall’esprimere un desiderio.

La pazienza al pari dell’attesa è durata poco e ho preferito rientrare in casa.
Chissà quante saranno state le stelle cadenti che, dopo milioni di anni, passati a girovagare nell’universo, hanno terminato la loro vita nella luce di un lampo durato pochi istanti.

Non sempre i desideri riescono a raggiungere le stelle cadenti.

Ma le stelle cadenti, a nostra insaputa, sanno spesso scovare i nostri desideri, anche se gelosamente custoditi  nel profondo del nostro cuore.

Realizzarli, a nostra insaputa e con nostro piacevole stupore, è il fine ultimo del loro girovagare nel cosmo e di quell'ultima esplosione di luce.

martedì 9 agosto 2011

Il punto di non ritorno

Prima di intraprendere il viaggio verso la Luna, tutte le missioni spaziali del programma Apollo, rimanevano “parcheggiate” in orbita terrestre per un certo periodo durante il quale venivano fatti tutti i controlli e i preparativi necessari al prosieguo della missione.
In  primo luogo si provvedeva a d estrarre il LEM dall’ultimo stadio del razzo Saturno 5, agganciandolo al muso della navicella Apollo. Si verificava, quindi, il funzionamento del condotto che collegava le due navicelle e il corretto funzionamento di tutti gli strumenti di bordo del “treno spaziale”, come era a quei tempi definito.
Concluse tutte le verifiche previste, per intraprendere il viaggio verso la Luna, abbandonando l’orbita terrestre, bisognava accelerare il Convoglio Spaziale fino alla velocità di fuga, che si aggirava intorno agli 11 Km/sec.  Una volta raggiunta questa velocità la navicella Apolllo era in grado di sfuggire alla gravità terrestre fino ad entrare nel campo gravitazionale Lunare.
Il momento in cui la navicella iniziava a essere attratta dalla gravità lunare era descritto come una sorta di Punto di non ritorno. Se prima di quel momento bastava farsi “cadere” per poter ritornare a casa, dopo aver attraversato quella linea immaginaria, per poter rivedere la terra era necessario riaccendere il motore di servizio della navicella per sfuggire alla gravità lunare.

Nella vita di relazione, soprattutto durante i periodi più difficili, spesso non ci si rende conto di aver raggiunto la velocità di fuga.  La nostra superficialità ci fa ritenere che sia sempre possibile lasciarsi “cadere” per ritornare quelli di un tempo. Ma purtroppo non ci accorgiamo che, oltrepassato il Punto di non ritorno, tutto appare irrimediabilmente  perduto e non ci rimangono più le energie per ritornare sui nostri passi.
Lo scorrere del tempo, il passare dei giorni, contrasta con la parola ritorno, che sottintende invece una sorta di viaggio all’indietro. La vita non ci permette regressioni ma, ci dà solo la possibilità di evolvere, di cambiare, ma soprattutto di saper cambiare guardando avanti .
Non sempre i cambiamenti sono portatori di miglioramento, di crescita e di successo, anzi  spesso ci fanno comprendere che il prosieguo della vita non sarà più come lo avremmo desiderato, imponendoci rinunce dolorose e cocenti delusioni.
I punti di non ritorno, che caratterizzano la nostra vita, ci devono aiutare a amarla ancora di più, senza farci condizionare oltremodo dal passato, guardando con fiducia al futuro qualunque esso sia.

Dicevano dalle mie parti :
"No' savemo se doman semo 'ncora a 'sto mondo!"
"Non sappiamo se domani siamo ancora in questo mondo!"

lunedì 8 agosto 2011

IPOD Playlist

Quello che si prova
non si può spiegare qui
hai una sorpresa
che neanche te lo immagini
dietro non si torna
non si può tornare giù
Quando ormai si vola
non si può cadere più....
Vedi tetti e case
e grandi le periferie
E vedi quante cose
sono solo "fesserie"... 



Gli angeli - Vasco rossi

Le Libere Uscite

Il militare l’ho fatto nel Battaglione Lagunari trascorrendo il primo mese al Centro Addestramento Reclute di  Venezia e i restanti undici a Malcontenta, in terraferma, sempre nei pressi della laguna.
Ci sono finito, credo, grazie a qualche raccomandazione arrivata non so da dove.
La cosa mi fece molto piacere. Fare il militare vicino a casa era il secondo desiderio dei giovani della mia età, dopo quello di esserne esonerati.
Dopo il primo mese passato al Lido di Venezia, purtroppo tra ottobre e novembre, lo spostamento presso la caserma di Malcontenta mi avvicinò di molto a casa. In pratica distavo meno di 15 km da casa mia.

Ogni sera alle 18, quando scattava la libera uscita avevo la possibilità di andare a casa, cenare, trovando anche il tempo per uscire con gli amici.
Mi ero organizzato al meglio. Per spostarmi usavo un motorino, il vecchio Califfo che avevo da anni requisito a mia madre e che, nonostante avessi già la macchina, tornò nuovamente utile. A Malcontento avevo trovato, tramite amicizie, una famiglia dove parcheggiare il califfo in un luogo custodito. In venti minuti, compreso un breve tratto a piedi, andavo da casa alla caserma o viceversa.

Il mio servizio militare somigliava vagamente a un normale lavoro anche se entro le undici, dovevo essere di ritorno a dormire in caserma.
Non potevo sperare di meglio.
Poi, dopo un’accurata selezione fui incluso nella squadra atleti e così mi diedero la possibilità di dormire a casa quasi tutte le sere, per tutto il periodo degli allenamenti in preparazione delle gare.
Questo privilegio, unito a tanti altri, si era reso necessario soprattutto per evitare  le rappresaglie notturne degli altri commilitoni, fatte di gavettoni lanciati all’interno della camerata atleti. Le prime notti furono molto bagnate e insonni.
L’attività sportiva durò da febbraio ad aprile, così come le libere uscite e i pernottamenti a casa.

Le cose cambiarono quando, fatte le gare di battaglione, fui prescelto per far parte della squadra atleti della Folgore.
L’essere stato selezionato mi fece molto piacere, nonostante che, per una delle prove multiple in cui gareggiavo: il lancio della bomba, fossi completamente negato. La gara consisteva da una serie di lanci di potenza seguiti da alcuni invece di precisione. Di solito dopo il primo lancio, un dolore lancinante alla spalla non mi permetteva di effettuarne altri.
La sede di riferimento per gli allenamenti della nuova squadra, diventò Bologna dove, dopo un breve preavviso, fui trasferito.
La caserma era vicino al centro e pure là per gli atleti, furono riservati una camerata e tutta una serie di privilegi, tra cui la possibilità di tornare in caserma dopo la mezzanotte. A volte i militari ragionano alla rovescia !

Passavo le libere uscite in giro per Bologna assieme ai miei nuovi compagni che arrivavano da molte parti di Italia. Bologna non è grandissima e così dopo la prima settimana da turista, cominciai ad avere nostalgia di casa e della caserma di Malcontenta.
Di quelle libere uscite ne ricordo una in particolare. Una di quelle sere, decidemmo di  andare al cinema, in uno di quei cinema di periferia, a quei tempi ce n'erano diversi, dove si proiettavano solo film a luci rosse, un po’ per ridere un po’ per curiosità.
Quella sera, era il maggio 1978, davano un film vietato ai minori di 18 anni, con visione tridimensionale. All’entrata della sala, come succede anche ai nostri giorni, ci munirono degli appositi occhialini che, ricordo come non fossero passati più di trent'anni, avevano una montatura di cartone e delle strane lenti verde scuro.

Non ricordo ne il film ne la trama, ma rammento benissimo che le immagini avevano un corretto effetto tridimensionale solo intorno al centro della proiezione, mentre appena si spostava lo sguardo un po’ lateralmente la visione perdeva le giuste proporzioni, con effetti, talvolta, a dir poco raccapriccianti.
Quella esperienza non minò il futuro della mia vita sessuale, anche se non nego che, considerato quanto è ancora vivo il ricordo, qualche segno lo abbai lasciato.
Quel periodo di libere uscite a Bologna durò meno di un mese. Facendo leva sulla mia incapacità di lanciare la bomba, chiesi di ritornare al Battaglione, abbandonando la vita da atleta.
Quando ritornai a Malcontenta cominciai a fare il soldato, ma ripresi le mie libere uscite a casa e con gli amici.
Ormai era quasi estate e il militare volgeva al termine.

Stamattina, entrando al bar per fare colazione, ricordandomi di prendere le medicine, ho cercato la piccola custodia con cui le porto sempre con me, ma aprendola ho notato che era completamente vuota. Non ne avevo con me. Non mi restava che tornare a  casa a fare provviste di cardio-aspirina e betabloccanti, ma, considerata l'eventualità di arrivare al lavoro molto in ritardo, mi sono detto che, per un giorno, potevo anche fare a meno delle medicine. Avrei ricominciato già l'indomani.
Da quasi due anni non manco un giorno all’appuntamento con le cinque pillole quotidiane e saltare un giorno, ho pensato, non doveva essere la fine del modo.
Ho preso, quindi, la decisione di farne a meno, concedendomi un giorno di "libera uscita", una sorta di  breve liberazione dalle medicine, riassaporando l’illusione di essere quello di una volta, quasi a provare che, pur senza medicine, la mia vita può scorrere normale come un tempo.
La sfida è durata lo spazio di un giorno, il tempo di un piccolo sogno.
Non va mai dimenticato, che nel corso della nostra vita ci sono dei momenti di non ritorno, a volte belli altre volte un po meno, che riguardano sia la salute, sia gli effetti dello scorrere del tempo sul nostro aspetto e sui nostri sentimenti che bisogna saper riconoscere senza false illusioni, accettando con serenità il cambiamento.

Come ho vissuto senza le medicine ?  Il cuore non ha protestato ne incespicato. Sono stato pervaso, però, da un  profondo senso di stanchezza, come se il giorno prima, avessi corso una maratona. Non dò la colpa al mancato doping quotidiano, come spesso chiamo la mia dose di medicine giornaliera, ma alle tensioni e alle emozioni del fine settimana alcune bellissime altre un po’ meno, a cui spesso, non sono preparato.

sabato 6 agosto 2011

Supercoppa Italiana 2011

Milan - Inter  2: 1

Il cuore sbucciato

Da ragazzo giocavo a calcio nei posti più disparati. Non era la disponibilità dello spazio a far nascere partite e sfide, ma l'avere tra le mani un pallone.
Poi bastava un cortile, un angolo, uno spiazzo qualsiasi per far nascere uno stadio.
La palla unitamente alla passione erano l'essenza del gioco.
Tutti gli altri accessori non erano significativi. Si poteva giocare con le scarpe chiodate su un campo regolamentare, come indossando i vestiti della festa davanti alla chiesa, finita la messa domenicale.

Naturalmente non sempre vestiti, scarpe appena lucidate e ginocchia ne uscivano indenni. Spesso era preferibile avere le ginocchia sbucciate, piuttosto che tornare a casa con il vestito della festa strappato.

Quando invece, ci si sbucciava le ginocchia, passati i primi minuti, spaventati dal sangue che sembrava non fermarsi mai, dopo un sommario pronto soccorso fatto con l'acqua fresca si tornava a giocare e a correre, incuranti del rigolo di sangue che continuava a scendere lungo la gamba.

D'estate, quando si girava con i pantaloni corti, ci veniva detto che il sole caldo aiutava a rimarginare la ferita che sarebbe, quindi, guarita più in fretta.

Oggi pomeriggio, ricordando quelle ginocchia sbucciate e visto il sole cocente, ho pensato che forse, quest'ultimo, poteva fare per me, aiutandomi a guarire le ferite che ancora ogni tanto si riacutizzano nel mio cuore.
Aiutandomi con della buona musica ho camminando sotto quel sole cocente, senza pensare.
Quel caldo ha fatto l'effetto sperato e, tornato a casa, già mi sentivo un po' meglio.

giovedì 4 agosto 2011

Quando ci vuole....

Stupisce l'estremo rispetto delle istituzioni che in questi giorni sta dimostrando il popolo italiano.
Sembra dire, composto, come mai prima d'ora :
“ C'è un governo eletto democraticamente, lasciamolo  lavorare !”

La situazione sempre più difficile, che peggiora di giorno in giorno, non scalfisce questa granitica fiducia nelle istituzioni democratiche.
Nulla riesce ad insinuare il dubbio, il sospetto che, chissà, magari quelli là al governo non ci stanno capendo un c...., oppure, altro non fanno ,che continuare a resistere aggrappati alle sedie il più a lungo possibile.

I segnali arrivati attraverso il voto contrario di maggio e giugno, non hanno consigliato il capo del governo e i suoi scudieri a una ritirata strategica, lasciando la nave un attimo prima del naufragio.

Sembrano tutti fedeli al loro mandato di servitori dello stato.

Ora la nave sta colando a picco. L'invito a fare un passo indietro, che arriva da molte parti, è ancora inviato con discrezione, quasi fosse un consiglio amichevole.

Non bastasse ancora, qualcuno potrebbe procedere usando modi meno garbati, mettendo per un attimo da parte “il rispetto per le istituzioni democratiche”.
Quando ci vuole … ci vuole.



Parametri Macchina

Pressione Massimo 99
Pressione Minima 69
Frequenza a Riposo 49.


Quattro nove su sei numeri. Pressione massima un po' bassina. La macchina sta veramente andando al minimo. Da segnalare solo dei dolori allo stomaco che mi accompagnano da due giorni.

Dopo il ritorno alla vita “lavorativa”, qualche piccola sfasatura ha compromesso l'equilibrio conquistato durante le ferie.
Un paio di volte nel dubbio mi sono scivolate due cardio aspirine, mentre i pasti non sono stati più così regolari.
Una delle ultime sere, passando davanti a un negozio di verdure, che trovo sulla strada, ho approfittato per fare un po' di spesa.
Il negozio si trova a circa 30 Km da casa.
Ho fatto provviste di uva, prugne, pomodorini, quelli piccoli, e insalata.
Già pregustavo la cena che avrei messo in tavola verso le nove di sera.

Così, riprendendo la strada del ritorno, ho appoggiato la borsa nel sedile di fianco.
Sarà stata l'ora, la fame e la solitudine ma prima di arrivare a casa sono riuscito a mangiare tutta l'uva, gran parte dei pomodorini, qualche prugna lasciando fortunatamente stare l'insalata. La cena era andata e per smaltire il tutto, indossati i panni da runner, ho sostituito la cena con una lunga passeggiata.

Il mattino seguente tutto era ritornato in ordine e, come dicevo, a parte il dolore di stomaco, tutto sembrava funzionare a dovere.
Comunque a conferma che “nella vita gli esami non finiscono mai”, nelle prossime settimane mi trovo un bel po' di esami clinici da fare. Parte sono dovuti al rinnovo della patente, la cui validità di un anno, scadrà ad ottobre, altri invece hanno il compito di ricontrollare qualche valore, che nelle precedenti analisi non stava dentro i limiti.

lunedì 1 agosto 2011

Configurazione Lavoro

Come quando si cambia l'impianto di riscaldamento da estate a inverno, così io stamattina ho girato la chiave verso la configurazione “Lavoro”.
Il cambiamento si è svolto senza particolari patemi, ritornando ai soliti ritmi e, prima delle otto, ero già in macchina con il solo pensiero su dove fermarmi a fare colazione.

Nonostante la strada sia da anni sempre la stessa, piccole varianti mi permettono sempre di scovare pasticcerie o nuovi bar dove prendere brioche e cappuccino.

I 70 Euro spesi per il pieno di gasolio, hanno leggermente incrinato il buonumore. Durante le tre settimane di ferie, infatti, ero sopravvissuto con un solo pieno di carburante. Quello di stamattina mi porterà a malapena fino a Lunedì prossimo.

Confesso che il timore di trovare dei cambiamenti, mi aveva assalito, mentre varcavo i cancelli dell'azienda.
Il mio ufficio era sempre là, immutato come lo avevo lasciato, percorso dal leggero disordine, che ciclicamente rigenero dopo una sorta di “pulizia di primavera”.

Con stupore mi sono ritrovato a lavorare, senza alcun effetto ritorno : quello che si smaltisce in almeno tre giorni. Mi sembrava di aver lavorato fino al venerdì precedente.
Insomma avevo dimenticato in fretta le vacanze, come tre settimane fa avevo dimenticato in fretta il lavoro.

In ogni caso tra due settimane di nuovo vacanza !