Il militare l’ho fatto nel Battaglione Lagunari trascorrendo il primo mese al Centro Addestramento Reclute di Venezia e i restanti undici a Malcontenta, in terraferma, sempre nei pressi della laguna.
Ci sono finito, credo, grazie a qualche raccomandazione arrivata non so da dove.
La cosa mi fece molto piacere. Fare il militare vicino a casa era il secondo desiderio dei giovani della mia età, dopo quello di esserne esonerati.
Dopo il primo mese passato al Lido di Venezia, purtroppo tra ottobre e novembre, lo spostamento presso la caserma di Malcontenta mi avvicinò di molto a casa. In pratica distavo meno di 15 km da casa mia.
Ogni sera alle 18, quando scattava la libera uscita avevo la possibilità di andare a casa, cenare, trovando anche il tempo per uscire con gli amici.
Mi ero organizzato al meglio. Per spostarmi usavo un motorino, il vecchio Califfo che avevo da anni requisito a mia madre e che, nonostante avessi già la macchina, tornò nuovamente utile. A Malcontento avevo trovato, tramite amicizie, una famiglia dove parcheggiare il califfo in un luogo custodito. In venti minuti, compreso un breve tratto a piedi, andavo da casa alla caserma o viceversa.
Il mio servizio militare somigliava vagamente a un normale lavoro anche se entro le undici, dovevo essere di ritorno a dormire in caserma.
Non potevo sperare di meglio.
Poi, dopo un’accurata selezione fui incluso nella squadra atleti e così mi diedero la possibilità di dormire a casa quasi tutte le sere, per tutto il periodo degli allenamenti in preparazione delle gare.
Questo privilegio, unito a tanti altri, si era reso necessario soprattutto per evitare le rappresaglie notturne degli altri commilitoni, fatte di gavettoni lanciati all’interno della camerata atleti. Le prime notti furono molto bagnate e insonni.
L’attività sportiva durò da febbraio ad aprile, così come le libere uscite e i pernottamenti a casa.
Le cose cambiarono quando, fatte le gare di battaglione, fui prescelto per far parte della squadra atleti della Folgore.
L’essere stato selezionato mi fece molto piacere, nonostante che, per una delle prove multiple in cui gareggiavo: il lancio della bomba, fossi completamente negato. La gara consisteva da una serie di lanci di potenza seguiti da alcuni invece di precisione. Di solito dopo il primo lancio, un dolore lancinante alla spalla non mi permetteva di effettuarne altri. La sede di riferimento per gli allenamenti della nuova squadra, diventò Bologna dove, dopo un breve preavviso, fui trasferito.
La caserma era vicino al centro e pure là per gli atleti, furono riservati una camerata e tutta una serie di privilegi, tra cui la possibilità di tornare in caserma dopo la mezzanotte. A volte i militari ragionano alla rovescia !
Passavo le libere uscite in giro per Bologna assieme ai miei nuovi compagni che arrivavano da molte parti di Italia. Bologna non è grandissima e così dopo la prima settimana da turista, cominciai ad avere nostalgia di casa e della caserma di Malcontenta.
Di quelle libere uscite ne ricordo una in particolare. Una di quelle sere, decidemmo di andare al cinema, in uno di quei cinema di periferia, a quei tempi ce n'erano diversi, dove si proiettavano solo film a luci rosse, un po’ per ridere un po’ per curiosità.
Quella sera, era il maggio 1978, davano un film vietato ai minori di 18 anni, con visione tridimensionale. All’entrata della sala, come succede anche ai nostri giorni, ci munirono degli appositi occhialini che, ricordo come non fossero passati più di trent'anni, avevano una montatura di cartone e delle strane lenti verde scuro.
Non ricordo ne il film ne la trama, ma rammento benissimo che le immagini avevano un corretto effetto tridimensionale solo intorno al centro della proiezione, mentre appena si spostava lo sguardo un po’ lateralmente la visione perdeva le giuste proporzioni, con effetti, talvolta, a dir poco raccapriccianti.
Quella esperienza non minò il futuro della mia vita sessuale, anche se non nego che, considerato quanto è ancora vivo il ricordo, qualche segno lo abbai lasciato.
Quel periodo di libere uscite a Bologna durò meno di un mese. Facendo leva sulla mia incapacità di lanciare la bomba, chiesi di ritornare al Battaglione, abbandonando la vita da atleta.
Quando ritornai a Malcontenta cominciai a fare il soldato, ma ripresi le mie libere uscite a casa e con gli amici.
Ormai era quasi estate e il militare volgeva al termine.
Stamattina, entrando al bar per fare colazione, ricordandomi di prendere le medicine, ho cercato la piccola custodia con cui le porto sempre con me, ma aprendola ho notato che era completamente vuota. Non ne avevo con me. Non mi restava che tornare a casa a fare provviste di cardio-aspirina e betabloccanti, ma, considerata l'eventualità di arrivare al lavoro molto in ritardo, mi sono detto che, per un giorno, potevo anche fare a meno delle medicine. Avrei ricominciato già l'indomani.
Da quasi due anni non manco un giorno all’appuntamento con le cinque pillole quotidiane e saltare un giorno, ho pensato, non doveva essere la fine del modo.
Ho preso, quindi, la decisione di farne a meno, concedendomi un giorno di "libera uscita", una sorta di breve liberazione dalle medicine, riassaporando l’illusione di essere quello di una volta, quasi a provare che, pur senza medicine, la mia vita può scorrere normale come un tempo.
La sfida è durata lo spazio di un giorno, il tempo di un piccolo sogno.
Non va mai dimenticato, che nel corso della nostra vita ci sono dei momenti di non ritorno, a volte belli altre volte un po meno, che riguardano sia la salute, sia gli effetti dello scorrere del tempo sul nostro aspetto e sui nostri sentimenti che bisogna saper riconoscere senza false illusioni, accettando con serenità il cambiamento.
Come ho vissuto senza le medicine ? Il cuore non ha protestato ne incespicato. Sono stato pervaso, però, da un profondo senso di stanchezza, come se il giorno prima, avessi corso una maratona. Non dò la colpa al mancato doping quotidiano, come spesso chiamo la mia dose di medicine giornaliera, ma alle tensioni e alle emozioni del fine settimana alcune bellissime altre un po’ meno, a cui spesso, non sono preparato.