martedì 7 agosto 2012

Curiosity


C’è un che di organico nella modalità in cui si è svolta la missione di Curiosity. Mi ricorda il primo viaggio di un bambino a cui i genitori hanno impartito tutte le  istruzioni necessarie a raggiungere per bene la destinazione, sapendo di non poterlo accompagnare nell’ultimo tratto.
Anche questa complessa astronave può essere considerato una sorta di figlio dell’uomo. Un figlio della scienza e della sete di conoscenza, appartenente ad una nuova generazione di macchine “pensanti” capaci di mettere a frutto, magari ampliandole, le conoscenze, l’imprinting trasmesso dall’uomo.
Controllarne remotamente, da Terra la discesa, era precluso dalle leggi della fisica. Servivano minuti per poter trasmettere un singolo comando, mentre durante la discesa sono stati centinaia al secondo le decisioni da prendere per poter stabilizzare in continuazione il sistema, centrando con precisione il cratere  Gale.
Quanto bastava a compiere questa serie di complesse operazioni, era tra le conoscenze già  a bordo e, durante l’avvicinamento, gli occhi di “Curiosity” si sono continuamente misurati con lo spazio circostante, valutando la velocità  e la posizione dell’astronave.
La fase di atterraggio non è stata governata da una sequenza temporizzata di comandi. La capacità autonoma di apprendere e misurarsi con l’ambiente esterno ha permesso all’astronave di correggere in continuazione tutti i parametri di volo, attivando al momento più giusto le operazione fondamentali.
Chissà cosa direbbe Alan Turing, uno dei padri dell'informatica e ideatore del Test di Turing, nell’ammirare un comportamento tanto intelligente di una macchina. Chissà se un uomo  avrebbe fatto meglio ?
Con questa missione si è aperta una fase nuova dei viaggi e dell’esplorazione spaziale. Volendo si può identificare nel Pathfinder, piccolo robot esploratore di Marte, il precursore di questa nuova generazione di macchine. Si tratta di sistemi autonomi e capaci di  padroneggiare gran parte delle funzionalità di base, rispondendo a richieste provenienti dalla terra molto simili a degli obiettivi di progetto.
Nei prossimi decenni compariranno sistemi molto più capaci dell’uomo sia di esplorare l’immensamente grande quanto di avventurarsi nell’estremamente piccolo con il compito di curare e correggere potenziali cause di malattie.

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