Periodo tosto questo, zeppo di ricordi, costellato di domande del tipo :
"Un anno fa cosa facevo di questi tempi ?"
Sembrerà o è, retorica ma, ripassando per i giorni dolorosi di un anno fa, analogamente ai compleanni sono tentato a tirare le somme.
Come ero come sono, cosa sono diventato ?
Questo non lo so ancora. Speravo di ritrovarmi con più forza e determinazione al passaggio del primo giro.
Come sto ? Bene grazie mi verrebbe da rispondere, anzi molto bene.
Un anno fa, per il mio bene, mi impiantarono un defibrillatore.
" Non possiamo escludere altri blocchi , quindi ...", dissero con il tono rassicurante di chi la sa molto lunga e ne ha viste di tutti i colori.
Fu una medicina molto difficile da digerire.
La ferita dentro ci sta mettendo più tempo a guarire di quella chirurgica. Ora con 'sto coso ci convivo abbastanza bene. E' molto discreto, non da più di tanto fastidio. Balla un pò quando corro, si fa sentire con qualche dolorino di tanto in tanto. Mi hanno impressionato le radiografie con i lunghi fili dei cateteri all'interno del cuore.
Spesso lo cerco, chissà se per sentire se è ancora là o per vedere se tutto, altro non sia stato che un brutto sogno.
Da domani comincia il secondo anno. Fatto il primo giro, gli altri spero siano molto più facili.
Quanti siano, per mia fortuna, non mi è dato a sapere.
martedì 31 agosto 2010
Di ricorrenza in ricorrenza
Bologna Inter 0 : 0
Inter stecca alla prima |
E' oramai tradizione che la prima di campionato non sia una passeggiata.
Giocare contro i Campioni di "quasi tutto" moltiplica le energie ed è occasione che non capita tutti i giorni.
Onore al Bologna.
La sconfitta di Giovedì scorso aveva evidenziato uno stato di forma "Ok per 60 minuti", forse anche meno.
Ieri sera è andata un pò meglio, ma molti temevano il peggio.
Volendo gridare alla crisi Inter si può discutere sul fatto che da due partite l'attacco è a secco e questo deve essere un aspetto su cui Benitez dovrà lavorare.
Pareggiare a Bologna : " Un punto perso oppure un punto guadagnato ?". Nulla ad agosto è definito.
Lo spessore delle squadre è solo intuibile dalla rosa, ma ancora nulla si sa della solidità di squadra.
Quindi aspettiamo le prossime uscite ma soprattutto con fine settembre si potrà delineare la fisionomia del nuovo campionato.
Ora c'è la nazionale "questa sconosciuta".
lunedì 30 agosto 2010
Non competitiva
Alle nove passate sapevo di essere in ritardo.
"La corsa. a quest'ora, come tutte le corse non competitive sarà già partita, mal che vada correrò per conto mio", e inoltre pensavo tra me :
"Se gli organizzatori sapessero che tra i concorrenti c'è uno come me, probabilmente nemmeno mi iscriverebbero".
Sorrisi e cercai di far presto.
Ero in ritardo perchè avevo indugiato a casa cercando di convincere mio figlio piccolo ad accompagnarmi. Lui per contro aveva già deciso di passare con i nonni alla festa dell'agricoltura che sta là davanti casa.
Non cercai di insistere vista la sua determinazione.
Dopo averlo aiutato a lavarsi presi da solo la via verso il paese vicino dove la corsa si sarebbe svolta.
Arrivato nei pressi del paese, il vedere qualche podista ad andatura di riscaldamento vagare senza meta, mi riaccese qualche speranza. " Non sono di certo ancora partiti", pensai rincuorandomi.
Alla vista della chiesa li vidi tutti là, in mezzo alla strada, pronti a partire. Saranno stati 300 in tutto.
Parcheggiare fu abbastanza semplice. Per vestirmi impiegai pochi secondi senza preoccuparmi di ripiegare con cura i vestiti per poi ritrovarli riusabili. Li buttai sui sedili posteriori della macchina senza pensare.
Presi con me chiave della macchina, cellulare, e venti euro utili per l'iscrizione.
Al mio chiudere la macchina, subito dopo aver allacciato saldamente le scarpe, lo starter diede il via alla gara.
La massa di podisti si mosse d'incanto, io dovevo ancora effettuare l'iscrizione. "Al diavolo l'iscrizione, magari la faccio dopo", dissi e mi avviai di passo spedito nella bagarre della gara.Mi ritrovai retrovia tra le retrovie.
Avevo deciso di marciare e a marciare cominciai, prima un pò legato poi via via con una discreta velocità
"prima o poi raccoglierò qualche podista scoppiato", ne ero così certo che non perdevo di vista la coda del plotone che nonostante il mio impegno diventava sempre più lontana.
Per tre chilometri non persi il contatto visivo con il gruppo, che ben presto si ridusse a una macchia di colore rosso che intravvedevo solo nei rettilinei. A quella andatura non avrei raccolto nessuno tra gli scoppiati, anzi rischiavo seriamente di trovare i ristori sul percorso in via di smobilitazione.
Al quinto chilometro,ancora in buona condizione, sfruttando la discesa per un sottopasso presi a correre.
Andavo piano, ma la mia velocità, sempre dettata dal cardio frequenzimetro, mi permetteva di avvicinare la macchia rossa. Decisi di abbonarmi cinque battiti e aumentata l'andatura raggiunsi, in qualche minuto la macchia rossa che altro non era, che una signora poco avvezza alla corsa. Stava faticando e forse ce l'aveva un pò con il marito che dopo averla coinvolta in quella esperienza, la precedeva di qualche decina di metri.
Con la signora cominciò così la guerra degli ultimi. Io accettai la sfida. Mi mantenevo quel passo , due avanti; ma dopo un pò, capii che il bonus dei 5 battiti doveva terminare. Rallentai e la signora mi lasciò solo, a fare l'ultimo. Mi aspettavo da un momento all'altro, alle spalle, l'arrivo dell'ambulanza del fine corsa.
Il mio cuore che era arrivato fino ai 140 battiti rallentò al rallentare della mia andatura, quando fu sotto i 130 mi ritenni in zona sicura.Cercai di mantenere quel passo senza ascoltare eventuali rigurgiti di agonismo.
Ultimo restai e dopo un tentativo di recupero, incontrati due amici, che al passo del cane che tenevano al guinzaglio stavano completando il percorso. Mi aggregai, quindi, a loro, senza più pretese agonistiche.
La signora ritornò a essere la macchia rossa di inizio gara.
Io arrivai al traguardo tranquillo, chiacchierando e parlando di monti e passeggiate.
Qualche bicchiere di te al ristoro, qualche chiacchiera ancora e poi ripresi la via di casa.
Andando verso al macchina incrociai la macchia rossa, che stava tornando a casa con tutta la famiglia, mi salutò con un sorriso.
Ogni volta che corro o cammino a passo spedito, resto sorpreso dalla facilità con cui potrei anche accelerare quasi senza fatica. Un altro mondo rispetto a quando ero malato.
Quasi fossi un dopato.
"La corsa. a quest'ora, come tutte le corse non competitive sarà già partita, mal che vada correrò per conto mio", e inoltre pensavo tra me :
"Se gli organizzatori sapessero che tra i concorrenti c'è uno come me, probabilmente nemmeno mi iscriverebbero".
Sorrisi e cercai di far presto.
Ero in ritardo perchè avevo indugiato a casa cercando di convincere mio figlio piccolo ad accompagnarmi. Lui per contro aveva già deciso di passare con i nonni alla festa dell'agricoltura che sta là davanti casa.
Non cercai di insistere vista la sua determinazione.
Dopo averlo aiutato a lavarsi presi da solo la via verso il paese vicino dove la corsa si sarebbe svolta.
Arrivato nei pressi del paese, il vedere qualche podista ad andatura di riscaldamento vagare senza meta, mi riaccese qualche speranza. " Non sono di certo ancora partiti", pensai rincuorandomi.
Alla vista della chiesa li vidi tutti là, in mezzo alla strada, pronti a partire. Saranno stati 300 in tutto.
Parcheggiare fu abbastanza semplice. Per vestirmi impiegai pochi secondi senza preoccuparmi di ripiegare con cura i vestiti per poi ritrovarli riusabili. Li buttai sui sedili posteriori della macchina senza pensare.
Presi con me chiave della macchina, cellulare, e venti euro utili per l'iscrizione.
Al mio chiudere la macchina, subito dopo aver allacciato saldamente le scarpe, lo starter diede il via alla gara.
La massa di podisti si mosse d'incanto, io dovevo ancora effettuare l'iscrizione. "Al diavolo l'iscrizione, magari la faccio dopo", dissi e mi avviai di passo spedito nella bagarre della gara.Mi ritrovai retrovia tra le retrovie.
Avevo deciso di marciare e a marciare cominciai, prima un pò legato poi via via con una discreta velocità
"prima o poi raccoglierò qualche podista scoppiato", ne ero così certo che non perdevo di vista la coda del plotone che nonostante il mio impegno diventava sempre più lontana.
Per tre chilometri non persi il contatto visivo con il gruppo, che ben presto si ridusse a una macchia di colore rosso che intravvedevo solo nei rettilinei. A quella andatura non avrei raccolto nessuno tra gli scoppiati, anzi rischiavo seriamente di trovare i ristori sul percorso in via di smobilitazione.
Al quinto chilometro,ancora in buona condizione, sfruttando la discesa per un sottopasso presi a correre.
Andavo piano, ma la mia velocità, sempre dettata dal cardio frequenzimetro, mi permetteva di avvicinare la macchia rossa. Decisi di abbonarmi cinque battiti e aumentata l'andatura raggiunsi, in qualche minuto la macchia rossa che altro non era, che una signora poco avvezza alla corsa. Stava faticando e forse ce l'aveva un pò con il marito che dopo averla coinvolta in quella esperienza, la precedeva di qualche decina di metri.
Con la signora cominciò così la guerra degli ultimi. Io accettai la sfida. Mi mantenevo quel passo , due avanti; ma dopo un pò, capii che il bonus dei 5 battiti doveva terminare. Rallentai e la signora mi lasciò solo, a fare l'ultimo. Mi aspettavo da un momento all'altro, alle spalle, l'arrivo dell'ambulanza del fine corsa.
Il mio cuore che era arrivato fino ai 140 battiti rallentò al rallentare della mia andatura, quando fu sotto i 130 mi ritenni in zona sicura.Cercai di mantenere quel passo senza ascoltare eventuali rigurgiti di agonismo.
Ultimo restai e dopo un tentativo di recupero, incontrati due amici, che al passo del cane che tenevano al guinzaglio stavano completando il percorso. Mi aggregai, quindi, a loro, senza più pretese agonistiche.
La signora ritornò a essere la macchia rossa di inizio gara.
Io arrivai al traguardo tranquillo, chiacchierando e parlando di monti e passeggiate.
Qualche bicchiere di te al ristoro, qualche chiacchiera ancora e poi ripresi la via di casa.
Andando verso al macchina incrociai la macchia rossa, che stava tornando a casa con tutta la famiglia, mi salutò con un sorriso.
Ogni volta che corro o cammino a passo spedito, resto sorpreso dalla facilità con cui potrei anche accelerare quasi senza fatica. Un altro mondo rispetto a quando ero malato.
Quasi fossi un dopato.
sabato 28 agosto 2010
Malesseri
Ogni giorno che passa mi convinco che, l'anno passato, la pazienza e un pò di amor proprio mi hanno rimesso a nuovo. Mi sento, come ho già scritto, bene. Porto a termine le mie giornate come una volta, con la stessa energia e grinta. Ho scelto di dedicare gli ultimi due mesi al lavoro contribuendo a un successo insperato. Obiettivo raggiunto.
Ora sto pensando a fermarmi, alle ferie, a del tempo da dedicare a me stesso e a chi mi vuole bene.
E fino a qua il cuore non centra ma mi viene da pensare che anche la testa abbia intrapreso la strada giusta della guarigione.
Fino a pochi giorni fa pensare alle ferie mi sembrava la scalata dell'Everest, oggi invece ho già in mente il dove, il quanto e il quando. A dirla tutta mi manca il con chi, ma anche solo, sono convinto che saranno delle ottime vacanze.
Come spesso ripeto, non ne faccio una questione di soldi, cercherò di star bene e di far star bene coloro che mi accompagneranno anche solo per poco.
Poi ci sono i sabati, i giorni come questo, in cui percepisco che qualcosa non è come il solito. Il cuore, questo ospite che mesi fa pensavo di condurre per mano, ma che da tempo si è rintanato in silenzio e come un macchinista svolge il suo lavoro senza tregua, senza la minima palpitazione, esitazione, stamane si è pensato bene di ricordarmi la sua presenza.
I dolori allo stomaco ne hanno fatto da preludio, già dai giorni scorsi , poi oggi, i battiti si sono fatti percepibili, più frequenti di quanto ero abituato. Non ho dimenticato le medicine pensando di riportare tutto nella norma.
I capogiri, penso dovuti alla bassa pressione, hanno completato il quadro "clinico" degno di apprensione.
"Cosa fare", mi sono chiesto. Riposo prima di tutto, forse sono di fronte a una caduta di tensione dopo settimane di stress da lavoro, caratterizzate da giornate senza orari tanto era importante raggiungere quanto previsto.
Ma ho imparato che il cuore, quando sta male, ti mette in difficoltà , ti fa star male veramente solo quando non ne può più, quando non c'è niente da fare se non affidarsi ai miracoli.
E io che ne so qualcosa di miracoli, non devo ricadere nella superficialità di un tempo.
Pietro - Uno di noi
"
Ciao a tutti,
scusate l'intrusione...
sono la moglie di Pietro,mi ha parlato molto di voi e di quanto eravate in sintonia pur non conoscendovi....
mi ha chiesto prima di andare via di salutarvi tutti
con grande affetto tutti nessuno escluso.
Purtroppo...Pietro e' mancato il 25 Agosto...
il suo cuore ha deciso di fermarsi,ma io voglio ricordarlo
mentre scala le sue montagne in bicicletta....che era dopo di noi la sua vita.
Adesso vi chiedo scusa per l'intrusione e vi mando un abbraccio...e non arrendetevi mai
come diceva Pietro "tutto passa....."
Ciao Laura
Ciao a tutti,
scusate l'intrusione...
sono la moglie di Pietro,mi ha parlato molto di voi e di quanto eravate in sintonia pur non conoscendovi....
mi ha chiesto prima di andare via di salutarvi tutti
con grande affetto tutti nessuno escluso.
Purtroppo...Pietro e' mancato il 25 Agosto...
il suo cuore ha deciso di fermarsi,ma io voglio ricordarlo
mentre scala le sue montagne in bicicletta....che era dopo di noi la sua vita.
Adesso vi chiedo scusa per l'intrusione e vi mando un abbraccio...e non arrendetevi mai
come diceva Pietro "tutto passa....."
Ciao Laura
"
Pietro
Pietro scriveva su un forum frequentato da portatori di Pacemaker e Defibrillatori. L'ultima volta il 15 Agosto.
Pietro - 15 Agosto
Pietro scriveva su un forum frequentato da portatori di Pacemaker e Defibrillatori. L'ultima volta il 15 Agosto.
Pietro - 15 Agosto
venerdì 27 agosto 2010
Champions League
Si ricomincia dal 14 Settembre.
Vale solo il girone A, gli altri lasciamoli che si azzuffino ed eliminino per conto loro.
- INTER
- TOTTENHAM
- TWENTE
- WERDER BREMA
Gli altri anni il girone eliminatorio è sempre stato una sorta di calvario. A fatica siamo arrivati a classificarci.
Questa volta ? Sarà come tradizione, anche se mi sembra un gironcino, dove per far brutta figura ci vuole un certo impegno, e l'Inter certe volte si impegna eccome.
Vale solo il girone A, gli altri lasciamoli che si azzuffino ed eliminino per conto loro.
- INTER
- TOTTENHAM
- TWENTE
- WERDER BREMA
Gli altri anni il girone eliminatorio è sempre stato una sorta di calvario. A fatica siamo arrivati a classificarci.
Questa volta ? Sarà come tradizione, anche se mi sembra un gironcino, dove per far brutta figura ci vuole un certo impegno, e l'Inter certe volte si impegna eccome.
giovedì 26 agosto 2010
Il livello giusto di vita
Ho lasciato macerare, sempre, dico sempre, idee, problemi, sentimenti aspettando che il tempo, come il mosto prelude al buon vino, mi proponesse le giuste scelte. Molte volte ci ho azzeccato, devo dirlo, altre volte ho fatto dei veri disastri.
Ma la vita non è un tino e il tempo non fermenta gli avvenimenti come il mosto. Ora lo so, ma lo spero ancora di tanto in tanto, aspettando che le cose si aggiustino a modo loro, togliendomi il cruccio di decidere.
Ho la netta sensazione di una vita al minimo, guardinga, troppo piatta e senza un'impennata che apra un pò il gas.
Poi bevo un bicchiere di vino, uno solamente, anzi a volte anche meno e improvvisamente trovo le risposte ai miei dubbi. So, di colpo, cosa dire a Tizio e cosa dire a Caio. Tutto mi sembra così semplice e facile che partirei in men che non si dica a riordinare la mia vita.
Quel bicchiere di vino, sembra il giusto rabbocco alla vita, peccato che valga lo spazio di un paio d'ore.
Ma la vita non è un tino e il tempo non fermenta gli avvenimenti come il mosto. Ora lo so, ma lo spero ancora di tanto in tanto, aspettando che le cose si aggiustino a modo loro, togliendomi il cruccio di decidere.
Ho la netta sensazione di una vita al minimo, guardinga, troppo piatta e senza un'impennata che apra un pò il gas.
Poi bevo un bicchiere di vino, uno solamente, anzi a volte anche meno e improvvisamente trovo le risposte ai miei dubbi. So, di colpo, cosa dire a Tizio e cosa dire a Caio. Tutto mi sembra così semplice e facile che partirei in men che non si dica a riordinare la mia vita.
Quel bicchiere di vino, sembra il giusto rabbocco alla vita, peccato che valga lo spazio di un paio d'ore.
Born To ......
Il 25 Agosto del 1975 usciva in America Born To Run, il disco di Bruce Springsteen che più di ogni altro descriveva l'America di metà degli anni settanta.
Il cantautore di Freehold, descrisse in quel disco i valori, la vita di un paese tutto impegnato a crescere a inventare e a inventarsi. Un paese in cui chiunque, dal più diseredato al più dimenticato poteva rimettersi in gioco, fuggire dalla condizione di sconfitto cercare un motivo e un'opportunità di riscattarsi. Appunto, chiunque poteva rimettersi a correre.
Correre in un paese in cui la libertà abilitava le possibilità.
L'America con i suoi spazi immensi, le sue strade infinite senza orizzonte metafora delle capacità di accettare idee e nuove sfide. Spazi liberi e accoglienti per chi avesse ritrovato la voglia di ripartire.
Avere visto, pochi mesi fa, quegli spazi, quelle strade, quelle contraddizioni, presenti ancora oggi, forse simili a quelle di 35 anni fa, mi ha fatto realizzare quanto in quel paese si possa essere a stretto contatto con il futuro e l'innovazione e contemporaneamente vicino a situazione d'altri tempi.
Un luogo dove, la mancanza di radici ha creato delle generazioni nomadi, sempre alla ricerca di luoghi, lavori, imprese in cui rimettersi in discussione e ricominciare.
Quindi il Born to.... lega l'uomo al luogo, alle opportunità. Essere nati nell'America che permette di correre di riscattarsi, che ancora oggi ha immense risorse da sviluppare e da scoprire e nonostante tutto si trova a essere il cocchio del mondo, il punto di riferimento per qualsiasi innovazione tecnologica, è altra cosa che essere nati altrove.
Quanti Born to ... ci possono essere a questo mondo ?
In primo luogo ci sono quelli degli immigrati di ogni tempo. Il defluire (correre) di quelli arrivati nel corso di più di 100 anni a Long Island, con i bagagli pieni di povertà e speranza. Il correre dei treni di coloro partiti con valige di carta tenute su da spaghi, dal sud d'Italia verso il nord ricco di fabbriche.
Il correre, camminare, navigare di tutta quella moltitudine di disperati che affidano la loro prospettiva di vita ad altri disperati, risalendo dai deserti verso miraggi di benessere irraggiungibili, una volta a destinazione.
Correre con le armi in mano per fermare la corsa e la speranza di vita di qualcun altro o per affermare il proprio diritto alla corsa e alla vita.
Il senso del correre affiancato al senso della fuga, della diaspora, della ricerca di una terra accogliente.
Come potremmo completare la frase o come la completerebbero coloro per cui il correre è sembrato inutile ?
"Nascere quando" è altrettanto importante del "Nascere dove".
Ma ognuno di noi fa muovere il mondo per la propria parte. Niente avviene per caso, mi viene ripetuto in questi giorni. Felicità, gioia, dolore, morte non sono casuali, anche se possono cambiare, nel bene e nel male, al vita di ognuno di noi.
Tutto ha un fine e ognuno di noi non passa inosservato
Born to Run. Queste parole mi hanno frullato in testa per qualche giorno. Ho pensato al correre di ognuno di noi e alle motivazioni che ci spingono a farlo. Necessità o scelta ?
E potendo scegliere è necessario correre a tutti i costi ?
Corri, Vecchia America,Corri
Il cantautore di Freehold, descrisse in quel disco i valori, la vita di un paese tutto impegnato a crescere a inventare e a inventarsi. Un paese in cui chiunque, dal più diseredato al più dimenticato poteva rimettersi in gioco, fuggire dalla condizione di sconfitto cercare un motivo e un'opportunità di riscattarsi. Appunto, chiunque poteva rimettersi a correre.
Correre in un paese in cui la libertà abilitava le possibilità.
L'America con i suoi spazi immensi, le sue strade infinite senza orizzonte metafora delle capacità di accettare idee e nuove sfide. Spazi liberi e accoglienti per chi avesse ritrovato la voglia di ripartire.
Avere visto, pochi mesi fa, quegli spazi, quelle strade, quelle contraddizioni, presenti ancora oggi, forse simili a quelle di 35 anni fa, mi ha fatto realizzare quanto in quel paese si possa essere a stretto contatto con il futuro e l'innovazione e contemporaneamente vicino a situazione d'altri tempi.
Un luogo dove, la mancanza di radici ha creato delle generazioni nomadi, sempre alla ricerca di luoghi, lavori, imprese in cui rimettersi in discussione e ricominciare.
Quindi il Born to.... lega l'uomo al luogo, alle opportunità. Essere nati nell'America che permette di correre di riscattarsi, che ancora oggi ha immense risorse da sviluppare e da scoprire e nonostante tutto si trova a essere il cocchio del mondo, il punto di riferimento per qualsiasi innovazione tecnologica, è altra cosa che essere nati altrove.
Quanti Born to ... ci possono essere a questo mondo ?
In primo luogo ci sono quelli degli immigrati di ogni tempo. Il defluire (correre) di quelli arrivati nel corso di più di 100 anni a Long Island, con i bagagli pieni di povertà e speranza. Il correre dei treni di coloro partiti con valige di carta tenute su da spaghi, dal sud d'Italia verso il nord ricco di fabbriche.
Il correre, camminare, navigare di tutta quella moltitudine di disperati che affidano la loro prospettiva di vita ad altri disperati, risalendo dai deserti verso miraggi di benessere irraggiungibili, una volta a destinazione.
Correre con le armi in mano per fermare la corsa e la speranza di vita di qualcun altro o per affermare il proprio diritto alla corsa e alla vita.
Il senso del correre affiancato al senso della fuga, della diaspora, della ricerca di una terra accogliente.
Come potremmo completare la frase o come la completerebbero coloro per cui il correre è sembrato inutile ?
"Nascere quando" è altrettanto importante del "Nascere dove".
Ma ognuno di noi fa muovere il mondo per la propria parte. Niente avviene per caso, mi viene ripetuto in questi giorni. Felicità, gioia, dolore, morte non sono casuali, anche se possono cambiare, nel bene e nel male, al vita di ognuno di noi.
Tutto ha un fine e ognuno di noi non passa inosservato
Born to Run. Queste parole mi hanno frullato in testa per qualche giorno. Ho pensato al correre di ognuno di noi e alle motivazioni che ci spingono a farlo. Necessità o scelta ?
E potendo scegliere è necessario correre a tutti i costi ?
Corri, Vecchia America,Corri
martedì 24 agosto 2010
lunedì 23 agosto 2010
La Creatività del Bancomat
Al Marghera Village Festival (link), si può trovare un pò di tutto. Dalle bancarelle che vendono le cose più alternative, alla cucina etnica mediterranea oltre che le solite pizze.
Il programma degli spettacoli è di buona qualità, gente sconosciuta mista a gente famosa, gruppi specializzati e unici nel loro genere, quali quelli della musica Country.
Un posto dove due passi tra le bancarelle possono terminare con un buon pasto fuori dal comune.
Arrivatoci verso le 21.30 di domenica, con appetito, ero deciso a cenare con un Kebab o altro di simile ma soprattutto ero convinto di avere dei soldi in tasca.
L'estratto conto che avevo in testa aveva un saldo di circa 15 euro. Più che sufficienti per cenare senza strafare.
L'estratto conto del mio portafoglio era addirittura a zero. Niente, solo qualche euro in tasca.
Ho passato più di 15 minuti a cercare, nella poca luce, tra le cento, inutili carte del mio portafoglio il colore dei soldi. Inutilmente, mi restavano i pochi euro in tasca.
In quel momento mi sono venuti in mente tutti i discorsi fatti durante i corsi manageriali. I resoconti di chi per sfida era riuscito a far fruttare pochi dollari moltiplicandoli per chissà quanto.
Quasi per divertimento mi misi così a pensare a come, usando la mia creatività avrei potuto moltiplicare i 3,5 euro che avevo in tasca. Pinocchio deve aver vissuto uno stato d'animo molto simile al mio, prima di incontrare il Gatto e la Volpe.
Girovagai per gli stand, nessuna idea degna di nota. Guardai i listini prezzo esposti ma con tre euro la massimo veniva una birra o qualche altra bibita.
La mia creatività mi spingeva o verso azioni che molto si avvicinavano all'accattonaggio oppure sbandavano verso la parte opposta sfiorando l'idea del furto. Insomma, ritornai in me, creativo si ma non ladro.
Una birra , scura , piccola, fu il massimo che la mia mente partorì, lasciando lo stomaco vuoto a protestare.
La fame comunque era là, si era fatto anche un pò tardi e alla fine, al massimo della fase creativa decisi che avrei mangiato qualcosa e per poterlo fare dovevo trovare un bancomat.
Presto fatto, mi aggirai per la zona, senza successo. Presi la macchina, sempre creando a tutta forza, chiesi al navigatore di portarmi al bancomat più vicino.
Ci arrivai in poco più di 10 minuti, 50 euro mi spalancarono le porte della cena.
Tornai sui miei passi e finalmente con meno di 10 euro mangiai il mio Kebab, saziandomi a sufficienza per far tacere il mio stomaco.
Tornai a casa lentamente, cosciente dell'ora tarda e del letto che mi aspettava. Il sonno invece forse era distratto e non si accorse del mio arrivo. 15 gocce mi aiutarono a attirare la sua attenzione.
sabato 21 agosto 2010
Graaaziee Roooomaaa !!!!!
INTER - ROMA 3 -1
L'inter si aggiudica la SuperCoppa Italiana |
La partita mette di fronte la vincitrice del Campionato con la vincitrice della Coppa Italia nel corso della stagione appena terminata.
Ma la Roma cosa ha vinto ?
Ma la Roma cosa ha vinto ?
Nonna 'Beta
"Non e possibile che un uomo non beva un bicchiere di vino a pasto", diceva in un dialetto veneto chiaro, non arcaico, segno di un'intelligenza che aveva saputo mediare con il tempo.
Era vecchia quando l'ho conosciuta, da subito mi aveva dato fiducia, mi aveva preso sotto la sua protezione.
Ero un ragazzo nei suoi confronti e ne sono certo, mi considerava il ragazzo giusto per sua nipote.
Vestiva di nero, come le nonne dei miei tempi. Un nero dettato dalla ormai lunga vedovanza, ma anche da un costume ora andato, che vedeva le signore anziane spesso accompagnarsi con quel colore.
Ricordava e rispettava il marito perduto prematuramente e forse sposato non per amore, raccontando con fierezza i tempi andati senza però rimpiangerli.
Aveva fatto una gioventù priva di stenti, ma il matrimonio l'aveva fatta incontrare con la povertà dei contadini degli inizi del novecento, ma non si era mai tirata indietro e persa d'animo.
Il viso era magro, il naso un pò aquilino, gli occhi piccoli ma lo sguardo furbo, sveglio che non perdeva nessun particolare.
Dei capelli bianchi, sempre raccolti sulla nuca, non ne ho mai conosciuto la lunghezza.
Lavorava per casa, con un grembiule scuro annodato in vita. Era una buona cuoca ma lasciava fare, ai più giovani senza mi perderli d'occhio.
La sua sedia stava in un angolo nei pressi della cucina. Seduta in quel canto, leggeva la Famiglia Cristiana e la Vita del Popolo,
Seduta in quel canto pure mangiava perchè usava dire : "Sono troppo piccola e curva per arrivare alla tavola".
I pasti erano un rito dove gli orari non potevano essere sgarrati e la regola era :
"Date prima da mangiare agli uomini".
Accudiva a un figlio e una figlia "rimasti in casa" con la stessa cura, le stesse parole che usava da giovane.
Non era poi così raro che chiedesse al figlio, oramai oltre i cinquanta, dove stava andando oppure di non tornare a casa tardi mentre di sera usciva per andare al bar o chissà dove.
Lo apostrofava con la parola "Toso".
Era nel suo rispetto degli uomini la vera padrona di casa, quella con più personalità, quella di poche parole.
Appena morto il marito aveva comprato la tomba appena sopra per continuare a stargli vicino anche dopo. Quella tomba aspettò forse per quarant'anni.
Era del '99, si è spenta senza fatica, come si spegne una candela consumata.
Era vecchia quando l'ho conosciuta, da subito mi aveva dato fiducia, mi aveva preso sotto la sua protezione.
Ero un ragazzo nei suoi confronti e ne sono certo, mi considerava il ragazzo giusto per sua nipote.
Vestiva di nero, come le nonne dei miei tempi. Un nero dettato dalla ormai lunga vedovanza, ma anche da un costume ora andato, che vedeva le signore anziane spesso accompagnarsi con quel colore.
Ricordava e rispettava il marito perduto prematuramente e forse sposato non per amore, raccontando con fierezza i tempi andati senza però rimpiangerli.
Aveva fatto una gioventù priva di stenti, ma il matrimonio l'aveva fatta incontrare con la povertà dei contadini degli inizi del novecento, ma non si era mai tirata indietro e persa d'animo.
Il viso era magro, il naso un pò aquilino, gli occhi piccoli ma lo sguardo furbo, sveglio che non perdeva nessun particolare.
Dei capelli bianchi, sempre raccolti sulla nuca, non ne ho mai conosciuto la lunghezza.
Lavorava per casa, con un grembiule scuro annodato in vita. Era una buona cuoca ma lasciava fare, ai più giovani senza mi perderli d'occhio.
La sua sedia stava in un angolo nei pressi della cucina. Seduta in quel canto, leggeva la Famiglia Cristiana e la Vita del Popolo,
Seduta in quel canto pure mangiava perchè usava dire : "Sono troppo piccola e curva per arrivare alla tavola".
I pasti erano un rito dove gli orari non potevano essere sgarrati e la regola era :
"Date prima da mangiare agli uomini".
Accudiva a un figlio e una figlia "rimasti in casa" con la stessa cura, le stesse parole che usava da giovane.
Non era poi così raro che chiedesse al figlio, oramai oltre i cinquanta, dove stava andando oppure di non tornare a casa tardi mentre di sera usciva per andare al bar o chissà dove.
Lo apostrofava con la parola "Toso".
Era nel suo rispetto degli uomini la vera padrona di casa, quella con più personalità, quella di poche parole.
Appena morto il marito aveva comprato la tomba appena sopra per continuare a stargli vicino anche dopo. Quella tomba aspettò forse per quarant'anni.
Era del '99, si è spenta senza fatica, come si spegne una candela consumata.
Memoria
Dei messaggi, inutili, di un anno fa, ho cancellato,
da tempo tutto : memoria, collegamenti.
Ora anche le persone sono cancellate del tutto.
Buona fortuna a loro.
da tempo tutto : memoria, collegamenti.
Ora anche le persone sono cancellate del tutto.
Buona fortuna a loro.
Parole a vuoto
"Va ben ", ......,"Va ben",......., "Va ben",......
giovedì 19 agosto 2010
Parametri Macchina
Pressione Minima 77
Frequenza Cardiaca 48
Chissà qual'erano i parametri macchina di un'anno fa.
Ma un anno è passato...........
Parlando d'amore
Radio Due - Effetto Notte 16 Agosto 2010, intorno alle 23.30
Dialogo tra Sarah Maestri e lo psichiatra Alessandro Meluzzi .
Sarah : Tu hai scritto un libro edito da Liberti Editore "Uomini e donne naufraghi del millennio", un libro che parla d'amore dove pare che sia gli uomini che le donne ci capiscano ben poco ?
Alessandro : Diciamo che i linguaggi dell'amore, i linguaggi della comunicazione amorosa, gli elementi simbolici di quel dialogo sottile, eterno, senza tempo che è l'amore, certamente nel nostro tempo presente segnano il passo.
E' come se, un pò i codici della comunicazione, che sono perenni e di sempre, si fossero un pò dispersi e "quadra" quella lettura un pò pessimistica dei naufraghi : " il naufragar mi è dolce in questo madre" come il poeta divino ha detto, ma in cui però il naufragio può essere terribilmente doloroso se a un certo punto non ci sono approdi, non ci sono isole felici e neanche piccole zattere a cui aggrapparsi per non soffrire di quel disorientamento di chi non riesce a trovare il modo di far capire che ama e per chi amando, non riesce a essere riamato, sapendo che nell'amore c'è sempre una componente fisiologica, naturale di irrisolutezza.
Se l'amore fosse risolto, se l'amore fosse ragionevole, se l'amore fosse razionale, se l'amore fosse calcolabile e programmabile e progettabile non sarebbe amore.
S: senti Alessandro questa sera abbiamo proiettato "La verità è che non gli piaci abbastanza", quindi se un uomo non ti chiama non ci sono scuse, cioè se lui non ti cerca è perchè non gli piaci abbastanza ? E' sempre vero ?
A : Non necessariamente. A volte può esserci una certa sofferenza, una certa incapacità di far sentire la propria voglia di amare e di essere amati, soprattutto in un tempo in cui l'amore si è deritualizzato, nel senso che non ci sono, come dicevo, luoghi, le forme, i linguaggi, i riti con cui gli uomini e le donne, da sempre, si sono parlati.
Pensa che cosa rappresentava per intere generazioni il rito della danza, del ballo, il momento della passeggiata sul corso del paese, il guardarsi lontano e discreto, gli sguardi che si davano e si negavano e poi anche un orizzonte di senso dell'amore che difficilmente può essere privato di quella dimensione in qualche modo sacrale che gli è connaturale. Dico sacrale perchè l'amore quando è amore, anche nelle sue forme, diciamo così, più embrionali ha in se una scintilla di infinito e totalità. Quando un amore nasce, fosse anche il primo rapporto tra due adolescenti non ha forse in se una aspettativa, un desiderio, un sogno, che sia per sempre ?
Quando un uomo, una donna , un ragazzo, una ragazza, amano forse accettano di essere amati soltanto da una parte, da un pezzo dell'altro ? O l'amore quando c'è chiede la totalità, cioè chiede l'infinito ? E l'eternità e l'infinito non sono forse attributi del divino ? Quindi l'amore non ha forse in se sempre, inevitabilmente qualcosa di misterioso e di divino ?
......
.....
.....
S: Senti Alessandro, prima appunto parlavamo di questi uomini e donne ormai molto lontani. Le donne, pare, sembrano sempre credere nella favola, no..., nella favola del principe azzurro, invece gli uomini che, insomma,..... tremila scusanti, loro magari più lontani e indifferenti.
Sono così differenti questi "uomo" e "donna"?
A: Io direi che le due sensibilità di genere, quella maschile e quella femminile, si sono molto avvicinate negli ultimi tempi. Non è più così vero che gli uomini obbediscono allo stereotipo del cacciatore, che morde, che fugge, che abbandona, che tradisce. Così come non è vero che la donna attende in un'atmosfera di paura di essere sedotta e che teme l'abbandono perennemente, anzi, direi, che da questo punto di vista c'è stata una certa intercambiabilità di ruoli nell'assumere la dimensione abbandonica.
Ma credo che il vero problema non sia questo.
La vera chiave dell'amore è la dimensione del dono. Questa è quella che fa veramente la differenza. Bisogna pensare che ciò che accade in un rapporto d'amore non è uno scambio, non è un "io do una cosa a te tu dai una cosa a me", " dobbiamo chiudere a pareggio il nostro libro mastro delle emozioni e delle sensazioni alla fine della giornata", ma è una scelta, direi originariamente e in qualche modo mistica di donarsi totalmente ad un altro. Ed è questa capacità di donare, che tutti noi sappiamo fin da bambini, è molto più bella che ricevere un dono. Dare è molto meglio che ricevere, questo lo abbiamo sperimentato tutti.
Quando uno sceglie di donarsi e di farlo con totalità si realizza qualcosa di ineffabile, di poetico, di artistico, di straordinario nella sua vita. Quando questo è bilaterale è il paradiso in terra. Però bisogna che qualcuno abbia la capacità e scelga di mettersi in gioco per primo. E allora questo amore come dono, che poi nelle vecchie coppie vuol dire anche perdono, cioè il più grande dei doni. Quindi la capacità di riuscire a passare sopra a tanti piccoli torti, persino ai tradimenti, alle separazioni..
Perchè vedi, quella persona che si è scelto come compagna della vita, se davvero è tale, è la grande occasione che ci è data per scalare il cielo. Se no ogni volta ripartiamo da zero, scappiamo, fuggiamo, ripartiamo sempre dallo stesso punto. Si innesca quella terribile dimensione che alla fine faceva dire a un grande poeta come Prevert.... Diceva delle donne, ma oggi lo si potrebbe dire anche degli uomini :
"Vengono tutte ugualmente uguali, tutte ugualmente diverse, tutte ugualmente diverse, tutte ugualmente uguali".
E' quella tragica dimensione della intercambiabilità delle persone : tutte uguali le une alle altre. Come se gli gli uomini e le donne poi dal punto di vista fisico siano tutte misteriosamente diverse ma tragicamente uguali. E' l'anima che fa la differenza. E quindi l'amore è un incontro tra anime oltre che tra corpi. E allora tutto diventa un 'altra dimensione. E allora c'è quello stato di grazia, quell'alchimia dell'oro nascente che è la vera chiave dell'amore.
E che poi naturalmente è chiamata ad un divenire, non si può pensare che i meccanismi che mettono assieme un uomo e una donna all'inizio della loro storia siano gli stessi che li manterranno insieme una intera vita. Però sperare, provarci e fare questa scommessa perchè quella persona sia la persona per sempre è la ragione vera per cui gli uomini e le donne si mettono insieme.
Perchè poi l'amore è la fonte della vita. La vita ha bisogno di continuità, di stabilità, di tenerezza. Ha bisogno di accudimento, ha bisogno di accoglienza dell'altro. Quindi questo amare per accogliere, per tenere totalmente l'altro fino a poter dire la più magica delle parole che un uomo e una donna possono dire nella loro vita, e lo dice un uomo che ha già i capelli bianchi :
"Io voglio poter invecchiare con te, quindi io voglio avere insieme a te la forza di perdere la bellezza la salute" e a un certo punto, perfino, fare una scommessa che vada al di là dei confini della vita di questo mondo,
è forse quella dimensione che i giovani oggi fanno fatica a capire perchè trovano pochi modelli.
Ma io credo che bisogna avere il coraggio, anche controtendenza, anche controcorrente di riproporlo.
Dialogo tra Sarah Maestri e lo psichiatra Alessandro Meluzzi .
Sarah : Tu hai scritto un libro edito da Liberti Editore "Uomini e donne naufraghi del millennio", un libro che parla d'amore dove pare che sia gli uomini che le donne ci capiscano ben poco ?
Alessandro : Diciamo che i linguaggi dell'amore, i linguaggi della comunicazione amorosa, gli elementi simbolici di quel dialogo sottile, eterno, senza tempo che è l'amore, certamente nel nostro tempo presente segnano il passo.
E' come se, un pò i codici della comunicazione, che sono perenni e di sempre, si fossero un pò dispersi e "quadra" quella lettura un pò pessimistica dei naufraghi : " il naufragar mi è dolce in questo madre" come il poeta divino ha detto, ma in cui però il naufragio può essere terribilmente doloroso se a un certo punto non ci sono approdi, non ci sono isole felici e neanche piccole zattere a cui aggrapparsi per non soffrire di quel disorientamento di chi non riesce a trovare il modo di far capire che ama e per chi amando, non riesce a essere riamato, sapendo che nell'amore c'è sempre una componente fisiologica, naturale di irrisolutezza.
Se l'amore fosse risolto, se l'amore fosse ragionevole, se l'amore fosse razionale, se l'amore fosse calcolabile e programmabile e progettabile non sarebbe amore.
S: senti Alessandro questa sera abbiamo proiettato "La verità è che non gli piaci abbastanza", quindi se un uomo non ti chiama non ci sono scuse, cioè se lui non ti cerca è perchè non gli piaci abbastanza ? E' sempre vero ?
A : Non necessariamente. A volte può esserci una certa sofferenza, una certa incapacità di far sentire la propria voglia di amare e di essere amati, soprattutto in un tempo in cui l'amore si è deritualizzato, nel senso che non ci sono, come dicevo, luoghi, le forme, i linguaggi, i riti con cui gli uomini e le donne, da sempre, si sono parlati.
Pensa che cosa rappresentava per intere generazioni il rito della danza, del ballo, il momento della passeggiata sul corso del paese, il guardarsi lontano e discreto, gli sguardi che si davano e si negavano e poi anche un orizzonte di senso dell'amore che difficilmente può essere privato di quella dimensione in qualche modo sacrale che gli è connaturale. Dico sacrale perchè l'amore quando è amore, anche nelle sue forme, diciamo così, più embrionali ha in se una scintilla di infinito e totalità. Quando un amore nasce, fosse anche il primo rapporto tra due adolescenti non ha forse in se una aspettativa, un desiderio, un sogno, che sia per sempre ?
Quando un uomo, una donna , un ragazzo, una ragazza, amano forse accettano di essere amati soltanto da una parte, da un pezzo dell'altro ? O l'amore quando c'è chiede la totalità, cioè chiede l'infinito ? E l'eternità e l'infinito non sono forse attributi del divino ? Quindi l'amore non ha forse in se sempre, inevitabilmente qualcosa di misterioso e di divino ?
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S: Senti Alessandro, prima appunto parlavamo di questi uomini e donne ormai molto lontani. Le donne, pare, sembrano sempre credere nella favola, no..., nella favola del principe azzurro, invece gli uomini che, insomma,..... tremila scusanti, loro magari più lontani e indifferenti.
Sono così differenti questi "uomo" e "donna"?
A: Io direi che le due sensibilità di genere, quella maschile e quella femminile, si sono molto avvicinate negli ultimi tempi. Non è più così vero che gli uomini obbediscono allo stereotipo del cacciatore, che morde, che fugge, che abbandona, che tradisce. Così come non è vero che la donna attende in un'atmosfera di paura di essere sedotta e che teme l'abbandono perennemente, anzi, direi, che da questo punto di vista c'è stata una certa intercambiabilità di ruoli nell'assumere la dimensione abbandonica.
Ma credo che il vero problema non sia questo.
La vera chiave dell'amore è la dimensione del dono. Questa è quella che fa veramente la differenza. Bisogna pensare che ciò che accade in un rapporto d'amore non è uno scambio, non è un "io do una cosa a te tu dai una cosa a me", " dobbiamo chiudere a pareggio il nostro libro mastro delle emozioni e delle sensazioni alla fine della giornata", ma è una scelta, direi originariamente e in qualche modo mistica di donarsi totalmente ad un altro. Ed è questa capacità di donare, che tutti noi sappiamo fin da bambini, è molto più bella che ricevere un dono. Dare è molto meglio che ricevere, questo lo abbiamo sperimentato tutti.
Quando uno sceglie di donarsi e di farlo con totalità si realizza qualcosa di ineffabile, di poetico, di artistico, di straordinario nella sua vita. Quando questo è bilaterale è il paradiso in terra. Però bisogna che qualcuno abbia la capacità e scelga di mettersi in gioco per primo. E allora questo amore come dono, che poi nelle vecchie coppie vuol dire anche perdono, cioè il più grande dei doni. Quindi la capacità di riuscire a passare sopra a tanti piccoli torti, persino ai tradimenti, alle separazioni..
Perchè vedi, quella persona che si è scelto come compagna della vita, se davvero è tale, è la grande occasione che ci è data per scalare il cielo. Se no ogni volta ripartiamo da zero, scappiamo, fuggiamo, ripartiamo sempre dallo stesso punto. Si innesca quella terribile dimensione che alla fine faceva dire a un grande poeta come Prevert.... Diceva delle donne, ma oggi lo si potrebbe dire anche degli uomini :
"Vengono tutte ugualmente uguali, tutte ugualmente diverse, tutte ugualmente diverse, tutte ugualmente uguali".
E' quella tragica dimensione della intercambiabilità delle persone : tutte uguali le une alle altre. Come se gli gli uomini e le donne poi dal punto di vista fisico siano tutte misteriosamente diverse ma tragicamente uguali. E' l'anima che fa la differenza. E quindi l'amore è un incontro tra anime oltre che tra corpi. E allora tutto diventa un 'altra dimensione. E allora c'è quello stato di grazia, quell'alchimia dell'oro nascente che è la vera chiave dell'amore.
E che poi naturalmente è chiamata ad un divenire, non si può pensare che i meccanismi che mettono assieme un uomo e una donna all'inizio della loro storia siano gli stessi che li manterranno insieme una intera vita. Però sperare, provarci e fare questa scommessa perchè quella persona sia la persona per sempre è la ragione vera per cui gli uomini e le donne si mettono insieme.
Perchè poi l'amore è la fonte della vita. La vita ha bisogno di continuità, di stabilità, di tenerezza. Ha bisogno di accudimento, ha bisogno di accoglienza dell'altro. Quindi questo amare per accogliere, per tenere totalmente l'altro fino a poter dire la più magica delle parole che un uomo e una donna possono dire nella loro vita, e lo dice un uomo che ha già i capelli bianchi :
"Io voglio poter invecchiare con te, quindi io voglio avere insieme a te la forza di perdere la bellezza la salute" e a un certo punto, perfino, fare una scommessa che vada al di là dei confini della vita di questo mondo,
è forse quella dimensione che i giovani oggi fanno fatica a capire perchè trovano pochi modelli.
Ma io credo che bisogna avere il coraggio, anche controtendenza, anche controcorrente di riproporlo.
martedì 17 agosto 2010
Project Management
"Mauro, hai sentito.... Abbiamo deciso di passare in produzione"
"Si , ho sentito. Che Dio ce la mandi buona !"
Giro di boa
Un'anno fa iniziava il mio giro di boa intorno alla vita.
Avevo pensato di dedicare la giornata a mio figlio più piccolo portandolo al mare-
Al mattino presto, solo un piccolo diversivo per il cambio gomme alla macchina.
Prima di mezzogiorno ero a Caorle, dopo un viaggio in cui comparirono i primi dolori, avvisaglia di ciò che mi sarebbe successo in seguito.
Al mare mi resi conto di essere praticamente immobile, bloccato dal dolore, incapace di seguire o recuperare mio figlio in caso di problemi.
Arrivai a sera con molta fatica, senza mai sospettare di avere un cuore in difficoltà, nonostante i sintomi, nonostante tutto.
Pensavo che tutto si sarebbe sistemato da se, col nuovo giorno.
La serata passò tranquilla, la notte pure.
Avevo pensato di dedicare la giornata a mio figlio più piccolo portandolo al mare-
Al mattino presto, solo un piccolo diversivo per il cambio gomme alla macchina.
Prima di mezzogiorno ero a Caorle, dopo un viaggio in cui comparirono i primi dolori, avvisaglia di ciò che mi sarebbe successo in seguito.
Al mare mi resi conto di essere praticamente immobile, bloccato dal dolore, incapace di seguire o recuperare mio figlio in caso di problemi.
Arrivai a sera con molta fatica, senza mai sospettare di avere un cuore in difficoltà, nonostante i sintomi, nonostante tutto.
Pensavo che tutto si sarebbe sistemato da se, col nuovo giorno.
La serata passò tranquilla, la notte pure.
domenica 15 agosto 2010
15 Agosto - Madonna dell'Assunta
sabato 14 agosto 2010
Bepi
Mi ha insegnato a scrivere, durante le serate dei primi anni sessanta, quando intorno ai trent'anni passava per casa. Non aveva la fidanzata seppur avesse già superato la trentina. In quegli anni si usava fidanzarsi e sposarsi da giovani.
Faceva il muratore alle dipendenze di suo cognato. A casa i suoi avevano della terra, una stalla dietro casa, un pollaio. Case di contadini del dopoguerra, della prima però.
Quando si andava per i campi, si prendevano due mucche e il giogo, le si attaccava al carro e si andava alla velocità delle mucche tra campi, vigne e rive. Era una festa per noi piccoli salire sul carro all'andata per seguirlo poi pieno al ritorno.
Sempre in quegli anni, mi fece da padrino alla cresima. Ricordo l'orologio che mi regalò. Di quel giorno ho una nostra foto in piedi davanti alla Madonna. Mi teneva la mano sulla spalla come prevedeva il cerimoniale.
Poi si fidanzò, nel '66 il matrimonio con pranzo al ristorante "la Villetta". Di quel giorno 3 settembre, ricordo la fuga degli sposi sul far della sera, verso il viaggio di nozze.
Andò a vivere nella casa dei suoi che aveva nel frattempo restaurato.
L'unico figlio arrivo l'anno dopo, ad agosto. Continuò il suo lavoro di muratore, lavorando i campi nel fine settimana. Con il tempo arrivò anche un trattore che mise in pensione le mucche e il giogo.
La vespa con cui si muoveva, invece, fu sostituita da una macchina come per tutti in quegli anni.
Con i 15 anni e le ferie estive cominciai pure io a lavorare durante le vacanze scolastiche, da giugno a settembre facevo il manovale nella stessa impresa. Lui era il muratore che tirava su i muri io gli passavo mattoni e malta senza farlo mai fermare.
Durante i giorni di gettata, facevamo coppia alla betoniera a preparare il calcestruzzo. Erano giorni massacranti ma sia io, perchè giovane, che lui, perchè aveva un fisico da lanciatore di martello, non ci si fermava un momento. Camion di ghiaia, sabbia e cemento finivano nella bocca rotante.
Certe volte, in certe estati, per scansare il caldo si preferiva partire alla mattina presto in quei giorni particolarmente faticosi.
Era sempre di buon umore mentre lavorava e scherzava spesso con gli altri dell'impresa.
Poi arrivarono i dissapori in casa, con i fratelli e le sorelle, storie di eredità e di soldi.
Cose che succedono in quasi tutte le famiglie. Anni di lontananza e silenzi.
Suo padre, se ne andò nell' '83, lasciandolo con qualche vuoto e qualche cosa non chiarita. Ma non lo diede a vedere troppo.
Gli restò la madre, che viveva nella stessa casa. Lui era molto innamorato della moglie e stravedeva per il figlio che ha aiutato a prendere due lauree.
Anche la madre se ne andò dopo anni di infermità. Pian piano si ricucirono i rapporti con le sorelle e fratello. Intraprese per qualche anno un'attività di allevamento di conigli, ne aveva in certi momenti qualche centinaio in quella che era stata la stalla delle mucche. Ricordo l'odore forte.
Con gli anni novanta arrivò la pensione, continuò a lavorare i pochi campi rimasti.
Sembrava avviato verso una vecchiaia tranquilla, quando la moglie pensò bene di lasciarlo, un tumore alle ossa se la portò via in poco più di un anno.
Iniziò solo il nuovo millennio, nella casa di sempre che divideva con il figlio che nel frattempo aveva messo su famiglia. Accettò la solitudine, riprese saldi i rapporti con le sorelle dopo aver perso anche il fratello piu giovane.
Riusci a superare un tumore, sembrò rinvigorito e riprese a muoversi. Pian piano però, a causa di incidenti più o meno gravi, perse progressivamente l'autosufficienza. Alternò periodi di benessere a ricadute sempre più difficili da recuperare.
Dall'ultima di qualche mese fa non si è più ripreso. Negli ultimi momenti di lucidità esprimeva tutta la sua voglia di vivere, senza rassegnarsi a quella sua condizione di malato, con badante al seguito.
Piangeva nel letto di ospedale, conscio di avere intrapreso un pendio senza ritorno. Piangeva, in silenzio e mentre lo rincuoravo cercando di convincerlo che non è poi così facile morire, pensavo a quelle giornate a spalare camion di sabbia e ghiaia.
Ora lo ricordo, giovane, seduto vicino a me, bimbo di pochi anni mentre guida la mia mano tra le righe di un quaderno.
13 Agosto 2010
Faceva il muratore alle dipendenze di suo cognato. A casa i suoi avevano della terra, una stalla dietro casa, un pollaio. Case di contadini del dopoguerra, della prima però.
Quando si andava per i campi, si prendevano due mucche e il giogo, le si attaccava al carro e si andava alla velocità delle mucche tra campi, vigne e rive. Era una festa per noi piccoli salire sul carro all'andata per seguirlo poi pieno al ritorno.
Sempre in quegli anni, mi fece da padrino alla cresima. Ricordo l'orologio che mi regalò. Di quel giorno ho una nostra foto in piedi davanti alla Madonna. Mi teneva la mano sulla spalla come prevedeva il cerimoniale.
Poi si fidanzò, nel '66 il matrimonio con pranzo al ristorante "la Villetta". Di quel giorno 3 settembre, ricordo la fuga degli sposi sul far della sera, verso il viaggio di nozze.
Andò a vivere nella casa dei suoi che aveva nel frattempo restaurato.
L'unico figlio arrivo l'anno dopo, ad agosto. Continuò il suo lavoro di muratore, lavorando i campi nel fine settimana. Con il tempo arrivò anche un trattore che mise in pensione le mucche e il giogo.
La vespa con cui si muoveva, invece, fu sostituita da una macchina come per tutti in quegli anni.
Con i 15 anni e le ferie estive cominciai pure io a lavorare durante le vacanze scolastiche, da giugno a settembre facevo il manovale nella stessa impresa. Lui era il muratore che tirava su i muri io gli passavo mattoni e malta senza farlo mai fermare.
Durante i giorni di gettata, facevamo coppia alla betoniera a preparare il calcestruzzo. Erano giorni massacranti ma sia io, perchè giovane, che lui, perchè aveva un fisico da lanciatore di martello, non ci si fermava un momento. Camion di ghiaia, sabbia e cemento finivano nella bocca rotante.
Certe volte, in certe estati, per scansare il caldo si preferiva partire alla mattina presto in quei giorni particolarmente faticosi.
Era sempre di buon umore mentre lavorava e scherzava spesso con gli altri dell'impresa.
Poi arrivarono i dissapori in casa, con i fratelli e le sorelle, storie di eredità e di soldi.
Cose che succedono in quasi tutte le famiglie. Anni di lontananza e silenzi.
Suo padre, se ne andò nell' '83, lasciandolo con qualche vuoto e qualche cosa non chiarita. Ma non lo diede a vedere troppo.
Gli restò la madre, che viveva nella stessa casa. Lui era molto innamorato della moglie e stravedeva per il figlio che ha aiutato a prendere due lauree.
Anche la madre se ne andò dopo anni di infermità. Pian piano si ricucirono i rapporti con le sorelle e fratello. Intraprese per qualche anno un'attività di allevamento di conigli, ne aveva in certi momenti qualche centinaio in quella che era stata la stalla delle mucche. Ricordo l'odore forte.
Con gli anni novanta arrivò la pensione, continuò a lavorare i pochi campi rimasti.
Sembrava avviato verso una vecchiaia tranquilla, quando la moglie pensò bene di lasciarlo, un tumore alle ossa se la portò via in poco più di un anno.
Iniziò solo il nuovo millennio, nella casa di sempre che divideva con il figlio che nel frattempo aveva messo su famiglia. Accettò la solitudine, riprese saldi i rapporti con le sorelle dopo aver perso anche il fratello piu giovane.
Riusci a superare un tumore, sembrò rinvigorito e riprese a muoversi. Pian piano però, a causa di incidenti più o meno gravi, perse progressivamente l'autosufficienza. Alternò periodi di benessere a ricadute sempre più difficili da recuperare.
Dall'ultima di qualche mese fa non si è più ripreso. Negli ultimi momenti di lucidità esprimeva tutta la sua voglia di vivere, senza rassegnarsi a quella sua condizione di malato, con badante al seguito.
Piangeva nel letto di ospedale, conscio di avere intrapreso un pendio senza ritorno. Piangeva, in silenzio e mentre lo rincuoravo cercando di convincerlo che non è poi così facile morire, pensavo a quelle giornate a spalare camion di sabbia e ghiaia.
Ora lo ricordo, giovane, seduto vicino a me, bimbo di pochi anni mentre guida la mia mano tra le righe di un quaderno.
13 Agosto 2010
Mario
Quando, dopo un 'azione funambolica, lo vidi tornare a centro campo, "passando per un bar di Piazzale Loreto", fui preso da un impeto di rabbia e pensai : "non è da Inter, non gliene frega un c...".
Gli altri compagni di squadra correvano da dannarsi l'anima, lui invece sembrava bighellonare per il campo, senza voglia, salvo guizzare come una pantera appena riceveva la palla. Un fenomeno, lasciatemi dire, molto "libero professionista".
Poi le uscite sul Milan, comprensibili fin che si vuole, estirpate da chi voleva a tutti i costi sollevare un caso. Lui ci è cascato ingenuamente, ritornando alla ribalta negativamente e soprattutto allontanandosi dai tifosi nerazzurri.
Per finire il gesto della maglia in Inter Barcellona, poteva pure quello risparmiarselo. Ma forse tutte le vicissitudini avute con Mourinho, avevano minato la fiducia dei tifosi nei suoi confronti.
I tifosi dell'inter da quel momento lo avevano di fatto scaricato. Lui ad un certo punto lo ha capito, come del resto la società e i possibili acquirenti. L'ipotesi della cessione lentamente si concretizzò.
Va riconosciuto che da quando è apparso sui campi di serie A con l'etichetta del predestinato e del fuoriclasse Mario ha sempre diviso tifosi e non.
I suoi comportamenti eccessivi sono stati sempre analizzati con la lente di ingrandimento. Poche volte gli è stato riconosciuto la fragilità dei suoi 18 / 19 anni. Tutti si sono riempiti la bocca con i discorsi sulla professionalità, sull'essere un personaggio pubblico e via di questi toni.
Ci sono persone, pubbliche pure loro, al di fuori del calcio che di cazzate ne dicono e ne fanno, ma sono sistematicamente perdonate e credute nelle grottesche ritrattazioni. Perchè accanirci su un ragazzo di 18 anni ?
Negli stadi italiani, quando entrava, spesso era fischiato e apostrofato negativamente solo sulla base del colore della pelle. Lui ha retto, spesso, altre volte ha reagito, sbagliando, ma secondo il mio parere con una buona parte di ragione. Altri per molto peggio non hanno vissuto la stessa gogna.
Quello che penso, oggi vedendolo andare in Inghilterra, è che forse l'italia, l'italia del calcio, non sia pronta, non voglia , un Gigi Riva Nero. E' una situazione paradossale ma purtroppo vera. Meglio che questo nuovo Gigi Riva cresca e maturi all'estero, lontano dai "BUUU" di Torino o altri luoghi.
La sua crescita in campionati dove la tolleranza è di casa, faciliterà lui e renderà fattibile l'accettazione da parte nostra, magari attraverso la mediazione di una maglia azzurra.
L'inter, la società, è rimasta a guardare, percependo tutto questo. Non aveva certo il bisogno dei soldi di Balotelli, somme simili potevano essere raccolte cedendo altri giocatori, meno determinanti.
Quest'anno Mario poteva essere titolare sempre, maturare, esplodere finalmente, visto che anche Mourinho se ne era andato. L'inter, il prossimo anno, poteva permettersi il lusso di vincere meno, di aspettare lui, Santon altri ragazzi alle porte della prima squadra.
Moratti ha scelto, soprattutto, credo, per garantirgli un ambiente migliore ove crescere, sperando che il ragazzo diventi uomo ma soprattutto diventi un campione. Ha messo dei paletti nel contratto garantendosi un diritto di prelazione nel caso Mario volesse ritornare a giocare in Italia.
Penso vada bene così, per tutti, anche per quelli che lo fischiavano a cazzo durante le partite, chissa' che lo imparino ad apprezzare attraverso i goal in nazionale.
Altro non c'è da dire , se non
Buona Fortuna Mario.
Parametri Macchina
Pressione Massima 108
Pressione Minima 68
Frequenza Cardiaca 51
Periodo di stess lavorativo fuori del normale.
Con oggi finisce il periodo, ma più semplicemente, da lunedì cambia il tipo di stress.
Quindici giorni ancora e poi ci si riposa un bel pò.
Pressione Minima 68
Frequenza Cardiaca 51
Periodo di stess lavorativo fuori del normale.
Con oggi finisce il periodo, ma più semplicemente, da lunedì cambia il tipo di stress.
Quindici giorni ancora e poi ci si riposa un bel pò.
venerdì 13 agosto 2010
Gino
Giocava da portiere, nella squadra del paese. Faceva parate molto plateali, ma non era un gran portiere, la statura non lo aiutava. Tifava Inter come quasi tutti quelli della sua razza.
Lavorava ai cantieri navali di Venezia , quando ancora si chiamavano Breda. Faceva il giornaliero, partiva al mattino, tornava alla sera. Prima con una moto, poi con l'avvento del benessere degli anni settanta, arrivò la macchina, una Opel enorme, bianca , vuota.
Un matrimonio perfetto, un figlio, una moglie che ben presto però, fu colpita da problemi al cuore che le impedirono di avere altri figli.
La domenica pomeriggio, immancabilmente uscivano a far festa. Non ho mai saputo dove andassero ma quel modo di vivere, che non sacrificava il divertimento, sollevava non poche invidie tra i vicini e i parenti.
Come tutti i suoi fratelli si era costruito una casa, una enorme casa degli anni settanta con due piani, dove il piano terra, alto meno di 2 metri e cinquanta, era stato destinato a ciò che a quei tempi si chiamava scantinato. Guardato con gli occhi di oggi : un enorme spreco di spazio.
Faceva il falegname al lavoro, cominciò, usufruendo dello spazio che aveva, a farlo anche a casa. Pian piano si era costruito un laboratorio che aveva attrezzato con qualche macchina per lavorare il legno. Faceva porte , serrande varie e qualche mobile. Arrotondava come molti in quegli anni.
Essendo il più giovane o per altri motivi a me sconosciuti, gli toccò il compito accudire la madre che nella stessa casa andò a vivere. Per molti anni la nonnina aiutò la famiglia ma a un certo punto dovette fare i conti con il passare degli anni. Una paresi la colpì alla parte sinistra del corpo, rendendola inferma.
Da quel momento la vita si fece un pò più difficile, furono necessari dei sacrifici e qualche incrinatura cominciò a minare la solidità del matrimonio. Si seppe di liti quotidiane sempre più aspre e violente.
La metodicità del suo andare e venire dal lavoro cominciò a cambiare. Tornava sempre più tardi e spesse volte ubriaco.
Si venne a sapere che oltre al vino aveva cominciato a frequentare certe prostitute del paese. Il clima familiare diventò sempre più insostenibile e a farne, in parte, le spese fu la nonnina che per problemi di cuore e non di paresi se ne andò lasciando la famiglia allo sbando più totale.
Le liti si fecero sempre più violente fino a che, un giorno, moglie e figlio furono cacciati di casa, o se ne andarono per loro scelta. Non fecero più ritorno in quella casa per molti anni.
Fu lasciato solo, isolato un pò da tutti, cominciò a vivere solo nella casa, senza avere la capacità di accudire a se stesso. Anche le prostitute che aveva frequentato non ne vollero più sapere.
Le sorelle più vecchie gli lavavano la roba e saltuariamente passavano nella casa a fare le pulizie trovando una situazione desolante, ai limiti del decente. La casa era sporca e in un irrimediabile disordine.
Iniziarono i primi problemi di salute. Le sbornie quotidiane minarono l'integrità del fegato e ben presto la parola cirrosi non fu solamente una minaccia.
Moglie e figlio si trovarono nel frattempo una nuova casa e il matrimonio fini con la separazione e il divorzio.
Intanto fu anticipatamente pensionato e potè arrotondare la pensione con un piccolo riconoscimento di invalidità professionale che venne riconosciuto a molti che avevano lavorato alla Breda : sordità.
I soldi comunque non gli bastavano mai.
Abbandonò la macchina e cominciò a muoversi in bicicletta.
Alcuni ricoveri, per qualche breve periodo, parvero riportarlo verso la retta via.
Ci fu anche una sorta di cena della "riconciliazione" in cui invitò tutti i parenti e in cui spese alcuni soldi della sua liquidazione. Inutilmente, le ricadute furono inevitabili. L'attrazione verso il vino sempre più letale.
La cirrosi, prima in maniera sommessa poi, in forma sempre più eclatante, continuò il suo percorso di morte.
Ormai era diventato una sorta di barbone, sordo a qualsiasi richiamo o attenzione dei parenti, solo, malato.
Pur debilitato dalla malattia rifiutava il ricovero all'ospedale.
Ma ormai il destino era segnato. L'aggravarsi della malattia lo riportò all'ospedale, prima per curarlo, poi per accudirlo. Fini nel reparto di lunga degenza, vicino ai malati terminali. Qualche parente, che lo aveva abbandonato, si rifece vivo. Negli ultimi giorni di vita, forse gli ultimi quindici, riapparve il figlio che cominciò ad accudirlo e assisterlo giorno e notte.
Mori come molti alcolizzati.
Lavorava ai cantieri navali di Venezia , quando ancora si chiamavano Breda. Faceva il giornaliero, partiva al mattino, tornava alla sera. Prima con una moto, poi con l'avvento del benessere degli anni settanta, arrivò la macchina, una Opel enorme, bianca , vuota.
Un matrimonio perfetto, un figlio, una moglie che ben presto però, fu colpita da problemi al cuore che le impedirono di avere altri figli.
La domenica pomeriggio, immancabilmente uscivano a far festa. Non ho mai saputo dove andassero ma quel modo di vivere, che non sacrificava il divertimento, sollevava non poche invidie tra i vicini e i parenti.
Come tutti i suoi fratelli si era costruito una casa, una enorme casa degli anni settanta con due piani, dove il piano terra, alto meno di 2 metri e cinquanta, era stato destinato a ciò che a quei tempi si chiamava scantinato. Guardato con gli occhi di oggi : un enorme spreco di spazio.
Faceva il falegname al lavoro, cominciò, usufruendo dello spazio che aveva, a farlo anche a casa. Pian piano si era costruito un laboratorio che aveva attrezzato con qualche macchina per lavorare il legno. Faceva porte , serrande varie e qualche mobile. Arrotondava come molti in quegli anni.
Essendo il più giovane o per altri motivi a me sconosciuti, gli toccò il compito accudire la madre che nella stessa casa andò a vivere. Per molti anni la nonnina aiutò la famiglia ma a un certo punto dovette fare i conti con il passare degli anni. Una paresi la colpì alla parte sinistra del corpo, rendendola inferma.
Da quel momento la vita si fece un pò più difficile, furono necessari dei sacrifici e qualche incrinatura cominciò a minare la solidità del matrimonio. Si seppe di liti quotidiane sempre più aspre e violente.
La metodicità del suo andare e venire dal lavoro cominciò a cambiare. Tornava sempre più tardi e spesse volte ubriaco.
Si venne a sapere che oltre al vino aveva cominciato a frequentare certe prostitute del paese. Il clima familiare diventò sempre più insostenibile e a farne, in parte, le spese fu la nonnina che per problemi di cuore e non di paresi se ne andò lasciando la famiglia allo sbando più totale.
Le liti si fecero sempre più violente fino a che, un giorno, moglie e figlio furono cacciati di casa, o se ne andarono per loro scelta. Non fecero più ritorno in quella casa per molti anni.
Fu lasciato solo, isolato un pò da tutti, cominciò a vivere solo nella casa, senza avere la capacità di accudire a se stesso. Anche le prostitute che aveva frequentato non ne vollero più sapere.
Le sorelle più vecchie gli lavavano la roba e saltuariamente passavano nella casa a fare le pulizie trovando una situazione desolante, ai limiti del decente. La casa era sporca e in un irrimediabile disordine.
Iniziarono i primi problemi di salute. Le sbornie quotidiane minarono l'integrità del fegato e ben presto la parola cirrosi non fu solamente una minaccia.
Moglie e figlio si trovarono nel frattempo una nuova casa e il matrimonio fini con la separazione e il divorzio.
Intanto fu anticipatamente pensionato e potè arrotondare la pensione con un piccolo riconoscimento di invalidità professionale che venne riconosciuto a molti che avevano lavorato alla Breda : sordità.
I soldi comunque non gli bastavano mai.
Abbandonò la macchina e cominciò a muoversi in bicicletta.
Alcuni ricoveri, per qualche breve periodo, parvero riportarlo verso la retta via.
Ci fu anche una sorta di cena della "riconciliazione" in cui invitò tutti i parenti e in cui spese alcuni soldi della sua liquidazione. Inutilmente, le ricadute furono inevitabili. L'attrazione verso il vino sempre più letale.
La cirrosi, prima in maniera sommessa poi, in forma sempre più eclatante, continuò il suo percorso di morte.
Ormai era diventato una sorta di barbone, sordo a qualsiasi richiamo o attenzione dei parenti, solo, malato.
Pur debilitato dalla malattia rifiutava il ricovero all'ospedale.
Ma ormai il destino era segnato. L'aggravarsi della malattia lo riportò all'ospedale, prima per curarlo, poi per accudirlo. Fini nel reparto di lunga degenza, vicino ai malati terminali. Qualche parente, che lo aveva abbandonato, si rifece vivo. Negli ultimi giorni di vita, forse gli ultimi quindici, riapparve il figlio che cominciò ad accudirlo e assisterlo giorno e notte.
Mori come molti alcolizzati.
mercoledì 11 agosto 2010
Gabriel García Márquez
"
Ho imparato che tutti quanti
vogliono vivere sulla cima della montagna,
senza sapere che la vera felicità
risiede nella forza di risalire la scarpata
"
Ho imparato che tutti quanti
vogliono vivere sulla cima della montagna,
senza sapere che la vera felicità
risiede nella forza di risalire la scarpata
"
Nuovo parco divertimenti
Quà ho fatto molte cose, ho trascorso molti anni.
Ho avuto la fortuna di fare le cose che mi piacevano.
Mi sono divertito, nella maggior parte del tempo.
Ho vissuto, anche, periodi di inutili paranoie che mi hanno fatto dimenticare la fortuna di lavorare divertendomi.
Purtroppo un "briciolo" di ambizione di troppo, mi ha fatto perdere il senso della misura.
Ora mi potrei definire arrivato, cosa potrei fare ancora di nuovo qua ?
Continuare a cambiare, innovare, provare nuove tecnologie.
Ritroverei le stesse motivazioni ? Forse si.
Forse potrei anche alzare gli occhi,
pensare a un altro "parco divertimenti",
in fondo vecchio non sono e porto con me una buona esperienza.
Provarci, in fondo non costa niente.
Italia - Costa d'Avorio 0 : 1
Ripartire bisognava ripartire. Sui nomi, sulle scelte di Prandelli niente da dire. Avevamo richiesto a gran voce Cassano e Balotelli, lui li ha chiamati e fatti giocare. Gli altri, personalmente non li conosco e sicuramente sono tra i migliori in circolazione.
La partita a Londra, chissà perchè a Londra, in uno stadio quasi vuoto, è sembrato un modo per partire a luci spente, lontano dalla ribalta e dalle troppe attenzioni dei tifosi. Anche per questo niente storie, si aspettano i prossimi appuntamenti.
Anche questa volta c'è una riflessione da fare : non si riesce fare goal ! Non me li aspettavo da Amauri, attaccante "di manovra", ma almeno una rete da uno, a caso, degli altri 10 era sperabile. Invece niente, forse i giocatori erano troppo presi dall'imparare i temi tattici del nuovo corso o forse giù di forma vista la scarsa preparazione alle spalle.
Nulla è cambiato, alla fine, ripartire è sempre difficile. Aspettiamo e vediamo.
martedì 10 agosto 2010
venerdì 6 agosto 2010
Trattoria da Coppi
Da fuori l'apparenza è di un bar, meglio di una trattoria, del secolo scorso.
Una tettoia spicca a riparo dell'entrata e di qualche tavolo all'aperto, quasi a bordo strada.
La scritta "Trattoria da Coppi " appare in primo piano.
La scritta "Trattoria da Coppi " appare in primo piano.
Appena entrati, la sensazione è di entrare in un bar, sulla sinistra il bancone , sulla destra alcuni tavoli con al centro un calcetto.
In fondo si nota la sala da pranzo principale e una parte all'aperto con delle tavole già apparecchiate.
Le pareti del bar sono tappezzate da stampe che riproducono documenti del ventennio fascista. Si possono trovare manifesti che inneggiano al duce e citazioni documentate dello stesso. Insomma " mi viene da pensare " a una sorta di nostalgia e predilezione per le gesta di Mussolini.
Nella sala da pranzo invece foto, ritagli di giornale, copie di manifesti inneggiano al mondo del ciclismo ma in modo particolare a Fausto Coppi.
In fondo spicca una gigantografia dello storico scambio di borraccia con Bartali. Ecco spiegato il nome della Trattoria.
Sono le 20.00 e il locale sembra vuoto, solo alcuni avventori del posto si soffermano per la solita ombra e quattro chiacchiere.
Alla richiesta : "C'è posto ?", la risposta è : "Aspettate vediamo quanta gente arriva , sicuramente qualcuno non viene e troviamo posto anche per voi".
Di li poco, verso le 20.30, il locale si riempie, "Ecco tra poco fanno la conta", penso fiducioso di cenare.
Un minuto dopo ci dicono che il posto c'è. A vedere la sala da pranzo la situazione non sembra cosi critica come sembrava. Un solo tavolo occupato, per noi che siamo in quattro c'è l'imbarazzo della scelta.
Alle 20.30 la voce di un qualcuno, che potrebbe essere il cuoco o il titolare, richiama tutti a tavola. Si mangia, il clima familiare pervade le sale.
Intuisco una sorta di fai da te, sospetto che i clienti si preoccupino anche in parte del servizio, alcuni si procurano in autonomia il bere al bancone, altrimenti non si spiegherebbe il numero elevato di camerieri che vagano con bottiglie in mano.
La scelta dei vino è tra raboso e cabernet.
Il menù prevede grigliata mista con contorno di patatine, verdura fresca, fagioli e cipolla e per finire dei funghi, non dichiarati all'inizio.
La grigliata mista arriva in due trance : prima parte, ossetti, salsicce e pollo, su letto di patatine fritte in una unica padella, seconda parte, bistecche ai ferri su letto di funghi su un unico vassoio.
Il cabernet intanto si lascia bere.
Il cibo è ben preparato, senza grosse pretese, si mangia bene.
Ogni tanto riappare, il cuoco-titolare che urlando cerca il consenso dai commensali e distribuisce ancora la carne che avanza.
Non si parla di dolci, si passa subito al caffè. C'è lo spazio per un limoncello.
Il tutto, clima familiare, cibo genuino incluso, a un costo di 15 euro a testa.
Alle 22.30 già si va verso l'uscita, la zona bar ha luci soffuse e il volume della musica è più alto di prima. Gli avventori visti all'entrata hanno lasciato il posto a persone più giovani
Sta passando della musica rock-pop.
Dietro al bancone un vecchio monitor riporta le tracce musicali programmate, anche questo ricorda gli anni ottanta.
Mi rimetto in macchina verso casa.
Alle 22.30 già si va verso l'uscita, la zona bar ha luci soffuse e il volume della musica è più alto di prima. Gli avventori visti all'entrata hanno lasciato il posto a persone più giovani
Sta passando della musica rock-pop.
Dietro al bancone un vecchio monitor riporta le tracce musicali programmate, anche questo ricorda gli anni ottanta.
Mi rimetto in macchina verso casa.
mercoledì 4 agosto 2010
Stress, cuore e lavoro.
Pensando a qualche mese fa molte cose sono cambiate. Fisicamente affronto la giornata con la resistenza di una volta. Comincio a sentirne il peso quando mi siedo in macchina, alla sera, per il ritorno.
Là è come se staccassi la spina e mi metessi in ascolto del mio motore. Prendo coscienza delle poche energie rimaste, abbasso il numero di giri e, forse di attenzione, per recuperare un pò.
Adesso va molto meglio, ma pensando a questo anno di ritorno al futuro, non è la prima volta che mi dico o rassicuro gli altri dicendo : "Mi sento quello di una volta".
La verità che quello di una volta forse non lo sarò mai , ma nemmeno può dirsi concluso il percorso di recupero.
Ripeto tutto va molto meglio. Qualche mese fà, avevo momenti del primo pomeriggio in cui "sopravvivevo " al lavoro sfinito. Restavo senza forze in preda spesso a un sonno da spossatezza. Facevo fatica ad arrivare a sera.
Prima ancora forse ero ancora più debole eppure mi sono mosso per un inverno intero a piedi e senza macchina, quella esperienza mi aveva caricato tanto era originale.
Oggi non posso dire di aver raggiunto il massimo. Spero non sia così. Ho verificato quanto sia determinante l'attività fisica continua, il sentirsi corroborato dall'allenamento.
Appena smetto anche solo per 15 giorni, il decadimento è quasi verticale. Le scale diventano più erte e un passo un pò più svelto fa venire quasi il fiatone.
Devo stare attento a tenere il motore un pò allegro, mai scendere al minimo perchè potrebbe ingolfarsi.
Di quest tempi devo fare i conti con lo stress indotto dal lavoro. La sensazione è quella di vivere con il piede sull'acceleratore, a volte andando un pò fuori giri. Oggi qualche dolorino mi ha per qualche momento spaventato, poi tutto si è sciolto e normalizzato. Trovo difficile controllare queste reazioni senza sottrarmi agli impegni di questo periodo. Ora mi impegno perchè il lavoro lo richiede, poi una pausa sarà d'obbligo assieme alle ferie settembrine o autunnali.
Là è come se staccassi la spina e mi metessi in ascolto del mio motore. Prendo coscienza delle poche energie rimaste, abbasso il numero di giri e, forse di attenzione, per recuperare un pò.
Adesso va molto meglio, ma pensando a questo anno di ritorno al futuro, non è la prima volta che mi dico o rassicuro gli altri dicendo : "Mi sento quello di una volta".
La verità che quello di una volta forse non lo sarò mai , ma nemmeno può dirsi concluso il percorso di recupero.
Ripeto tutto va molto meglio. Qualche mese fà, avevo momenti del primo pomeriggio in cui "sopravvivevo " al lavoro sfinito. Restavo senza forze in preda spesso a un sonno da spossatezza. Facevo fatica ad arrivare a sera.
Prima ancora forse ero ancora più debole eppure mi sono mosso per un inverno intero a piedi e senza macchina, quella esperienza mi aveva caricato tanto era originale.
Oggi non posso dire di aver raggiunto il massimo. Spero non sia così. Ho verificato quanto sia determinante l'attività fisica continua, il sentirsi corroborato dall'allenamento.
Appena smetto anche solo per 15 giorni, il decadimento è quasi verticale. Le scale diventano più erte e un passo un pò più svelto fa venire quasi il fiatone.
Devo stare attento a tenere il motore un pò allegro, mai scendere al minimo perchè potrebbe ingolfarsi.
Di quest tempi devo fare i conti con lo stress indotto dal lavoro. La sensazione è quella di vivere con il piede sull'acceleratore, a volte andando un pò fuori giri. Oggi qualche dolorino mi ha per qualche momento spaventato, poi tutto si è sciolto e normalizzato. Trovo difficile controllare queste reazioni senza sottrarmi agli impegni di questo periodo. Ora mi impegno perchè il lavoro lo richiede, poi una pausa sarà d'obbligo assieme alle ferie settembrine o autunnali.
Parametri Macchina - Modello '57
Pressione Massima 111
Pressione Minima 69
Frequenza cardiaca 49
Stessi dati di un mese fa. La macchina sembra funzionare sempre allo stesso modo.
Pressione Minima 69
Frequenza cardiaca 49
Stessi dati di un mese fa. La macchina sembra funzionare sempre allo stesso modo.
martedì 3 agosto 2010
Vita spericolata, Vita .......
Ricapitolando ....................
Il 16 giugno 2002 mi butto con incoscienza in bici giù da una discesa che pensavo di conoscere. Trovo una curva in più del previsto. Cerco di fermarmi contro un muro di cinta di una casa a 75 km all'ora. Sbaglio mira centrando un cespuglio che stava li di fianco. Mi rialzo, convinco la spalla, un pò ribelle, a seguirmi a casa.
Rimesso a nuovo, mi rimane intatta la passione per il ciclismo visto alla tv.
Il 17 agosto 2009, porto al mare mio figlio piccolo. I soliti dolori alla spalla e allo stomaco, che avvertivo durante l'attività sportiva, li avverto ora con continuità. Faccio 100 e passa chilometri. Non riesco a muovermi. Torno a casa senza problemi, dolori a parte. Il giorno dopo, passato in ospedale per un controllo, mi trattengono in extremis, grazie a un dubbio di un dottore. Durante la notte i dolori aumentano. Al mattino presto mi diagnosticano un infarto. Portato, nonostante le mie proteste, prima in terapia intensiva poi in sala operatoria, vengo operato e ne esco quasi come nuovo.
Il 25 agosto 2009, dimesso da un giorno, dopo l'infarto della settimana prima, passo per casa, devo spedire il certificato di convalescenza. Ho passato la maggior parte del giorno solo. A casa trovo mia moglie a cui chiedo di farmi compagnia mentre spedisco la mail. Salgo al piano di sopra dove c'è il computer, lei è subito dietro. Dopo pochi secondi l'arresto cardiaco, lei comincia a rianimarmi immediatamente, subito aiutata da suo padre, ex infermiere. Mi mantengono acceso quel tanto che basta per restare ancora in questo mondo. Il resto poi lo fanno i medici. Ora vivo con un defibrillatore.
11 Luglio 2010. Torno dalla prima camminata in montagna, dopo i problemi di cuore.Sono in autostrada a 130 all'ora. Un momento di distrazione o l'errore dell'auto che stavo sorpassando, che invade la mia corsia, provoca un tamponamento. Ne scaturisce una carambola per l'altra auto mentre io con la mia proseguo diritto. Mi fermo, con i freni fuori uso, qualche centinaio di metri dopo, senza conseguenze fisiche.
A proposito....... Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno ?
Il 16 giugno 2002 mi butto con incoscienza in bici giù da una discesa che pensavo di conoscere. Trovo una curva in più del previsto. Cerco di fermarmi contro un muro di cinta di una casa a 75 km all'ora. Sbaglio mira centrando un cespuglio che stava li di fianco. Mi rialzo, convinco la spalla, un pò ribelle, a seguirmi a casa.
Rimesso a nuovo, mi rimane intatta la passione per il ciclismo visto alla tv.
Il 17 agosto 2009, porto al mare mio figlio piccolo. I soliti dolori alla spalla e allo stomaco, che avvertivo durante l'attività sportiva, li avverto ora con continuità. Faccio 100 e passa chilometri. Non riesco a muovermi. Torno a casa senza problemi, dolori a parte. Il giorno dopo, passato in ospedale per un controllo, mi trattengono in extremis, grazie a un dubbio di un dottore. Durante la notte i dolori aumentano. Al mattino presto mi diagnosticano un infarto. Portato, nonostante le mie proteste, prima in terapia intensiva poi in sala operatoria, vengo operato e ne esco quasi come nuovo.
Il 25 agosto 2009, dimesso da un giorno, dopo l'infarto della settimana prima, passo per casa, devo spedire il certificato di convalescenza. Ho passato la maggior parte del giorno solo. A casa trovo mia moglie a cui chiedo di farmi compagnia mentre spedisco la mail. Salgo al piano di sopra dove c'è il computer, lei è subito dietro. Dopo pochi secondi l'arresto cardiaco, lei comincia a rianimarmi immediatamente, subito aiutata da suo padre, ex infermiere. Mi mantengono acceso quel tanto che basta per restare ancora in questo mondo. Il resto poi lo fanno i medici. Ora vivo con un defibrillatore.
11 Luglio 2010. Torno dalla prima camminata in montagna, dopo i problemi di cuore.Sono in autostrada a 130 all'ora. Un momento di distrazione o l'errore dell'auto che stavo sorpassando, che invade la mia corsia, provoca un tamponamento. Ne scaturisce una carambola per l'altra auto mentre io con la mia proseguo diritto. Mi fermo, con i freni fuori uso, qualche centinaio di metri dopo, senza conseguenze fisiche.
A proposito....... Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno ?
lunedì 2 agosto 2010
Politica di Agosto
Ricordando tutte le sciocchezze che la politica ci ha riservato negli Agosto andati, mi viene difficile pensare che tutto ciò che sta accadendo altro non sia che un teatrino destinato a chiudere i battenti con settembre.
Non trovo verosimile che ad Agosto possa cadere il governo con la più ampia maggioranza che si ricordi.
Penso che il nostro amato B. risparmierà sulle ferie pur di festeggiare qualche figliol prodigo che volesse tornare sotto la sua protezione.
Con i soldi si può far tutto ! Purtroppo dobbiamo rassegnarci a questo, noi che con i soldi che abbiamo possiamo ben poco.
A settembre probabilmente ci troveremo ad assistere a strette di mano e accordi di legislatura che rimetteranno le cose com'erano. Scusate avevamo scherzato, anzi il dibattito è stato utile ci diranno tra le righe assicurandoci che mai avevano pensato veramente alla rottura.
Chi vivrà vedrà ma diffidate dalle facili illusioni.
Va ricordato che nessuno dei ministri del governo si è sentito in dovere di passare per Bologna oggi 2 Agosto. Troppe cose importanti a cui pensare.
Non trovo verosimile che ad Agosto possa cadere il governo con la più ampia maggioranza che si ricordi.
Penso che il nostro amato B. risparmierà sulle ferie pur di festeggiare qualche figliol prodigo che volesse tornare sotto la sua protezione.
Con i soldi si può far tutto ! Purtroppo dobbiamo rassegnarci a questo, noi che con i soldi che abbiamo possiamo ben poco.
A settembre probabilmente ci troveremo ad assistere a strette di mano e accordi di legislatura che rimetteranno le cose com'erano. Scusate avevamo scherzato, anzi il dibattito è stato utile ci diranno tra le righe assicurandoci che mai avevano pensato veramente alla rottura.
Chi vivrà vedrà ma diffidate dalle facili illusioni.
Va ricordato che nessuno dei ministri del governo si è sentito in dovere di passare per Bologna oggi 2 Agosto. Troppe cose importanti a cui pensare.
domenica 1 agosto 2010
Stefano Baldini
Ci ho gareggiato "contro " nella "Tra valli e pinete", una mezza maratona che si corre ( o correva) la prima domenica di marzo nelle pinete presso il mare di Ravenna.
Mi ricordo che in quella occasione, vinse e io arrivai 120 esimo. Lui tornò con coppa e soldi, io tornai con un pollo surgelato (uno dei miei pochi trofei).
Era già più che una promessa dei 10mila metri.
L'ho seguito nel corso degli anni e pensavo che sarebbe diventato un grande maratoneta, per quel suo modo semplice e efficace di correre.
Ero convinto che avrebbe vinto le olimpiadi di Sidney di fine o inizio millennio. In quell'occasione andò male soprattutto per problemi fisici
Lo reincontrai nel 2001, presso gli stand della Venice Marathon, già io non correvo più ma frequentavo ancora questi eventi per annusarne il clima e vedere i personaggi.
Era nello stand di uno degli sponsor, non aveva nessuno, mi fermai a parlare, dicendogli che lo avevo pensato un predestinato alla vittoria olimpica di Sidney. Mi sorrise con una sorta di "peccato, soprattutto per me", lo salutai facendogli gli auguri per la prossima.
Ad Atene, nel 2004, avevo percorso a piedi, pochi giorni prima, gli ultimi metri della maratona olimpica che vinse.
L'emozione di quella vittoria fu grande (in quei giorni sapevo da poco dell'arrivo del mio secondo figlio).
Ha provato a vincere la maratona di Londra, più volte , non riuscendovi, perdendo, una volta, per un secondo con tempi di assoluto livello mondiale. Peccato, avrebbe meritato almeno una vittoria.
E' stato il più grande maratoneta che l'Italia abbia mai avuto, migliore anche di Bordin che ha avuto il merito di essere il precursore dei Baldini , dei Leone e di altri che hanno alimentato il movimento di maratona degli ultimi venti anni.
Oggi a Barcellona è partito per la sua ultima maratona, non è riuscito a terminarla, non sentendosi competitivo. Ha riconosciuto il peso degli anni.
Non fa niente Stefano. Grazie di tutto.
Pettorali
Una volta erano grandi, quadrati, contenevano al massimo 2 cifre, per le corse in pista, tre per le corse su strada. Nelle gare di atletica si attaccavano solo davanti, in bella vista.
Quanti di chi ha gareggiato, in qualsiasi sport o specialità, vedeva nel numero una sorta di amuleto, se legato a ricordi e ricorrenze belle. Era parte dell'atleta, lo accomunava nelle grandi imprese o nelle grandi disfatte : " l'atleta numero xx ha vinto o si è ritirato". Il numero veniva prima del nome che qualche volta doveva essere trovato in liste ciclostilate.
Poi i pettorali, nelle manifestazioni mondiali o di grande massa, cominciarono a riportare numeri sempre più alti, diecimila , ventimila.
Ma assieme ai numeri gli atleti portavano con se dei chip, prima nelle scarpe poi inseriti direttamente nel pettorale. Quest'ultimi sono diventati negli ultimi anni i veri numeri. Quelli scritti sul pettorale con il tempo si sono rivelati sempre più inutili.
A Barcellona, ai campionati europei di atletica leggera, ecco la grande svolta : via i numeri, appaiono solo i nomi degli atleti. Tutto più chiaro, tutti riconoscibilissimi, gli atleti famosi come quelli ancora sconosciuti.
Forse questa tendenza intaccherà anche altri sport, dove il cambiamento è ancora a metà strada : ora i nomi sono affiancati ai numeri. Chissà se spariranno le leggende attorno ai numeri dieci del calcio o se più semplicemente il nome sulla maglia sarà un tutt'uno con l'atleta. Si tratta solo di attendere ma penso che il processo sia irreversibile.
Quanti di chi ha gareggiato, in qualsiasi sport o specialità, vedeva nel numero una sorta di amuleto, se legato a ricordi e ricorrenze belle. Era parte dell'atleta, lo accomunava nelle grandi imprese o nelle grandi disfatte : " l'atleta numero xx ha vinto o si è ritirato". Il numero veniva prima del nome che qualche volta doveva essere trovato in liste ciclostilate.
Poi i pettorali, nelle manifestazioni mondiali o di grande massa, cominciarono a riportare numeri sempre più alti, diecimila , ventimila.
Ma assieme ai numeri gli atleti portavano con se dei chip, prima nelle scarpe poi inseriti direttamente nel pettorale. Quest'ultimi sono diventati negli ultimi anni i veri numeri. Quelli scritti sul pettorale con il tempo si sono rivelati sempre più inutili.
A Barcellona, ai campionati europei di atletica leggera, ecco la grande svolta : via i numeri, appaiono solo i nomi degli atleti. Tutto più chiaro, tutti riconoscibilissimi, gli atleti famosi come quelli ancora sconosciuti.
Forse questa tendenza intaccherà anche altri sport, dove il cambiamento è ancora a metà strada : ora i nomi sono affiancati ai numeri. Chissà se spariranno le leggende attorno ai numeri dieci del calcio o se più semplicemente il nome sulla maglia sarà un tutt'uno con l'atleta. Si tratta solo di attendere ma penso che il processo sia irreversibile.
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