Il 12 Giugno 2005, Steve Jobs pronunciò il suo memorabile
discorso agli studenti dell’Università di Stanford. Raccontò vari episodi della
sua vita, privata, ma soprattutto
professionale. In particolare si soffermò
sul periodo successivo alla sua “cacciata” dalla Apple e, di tutto ciò che fece in quel periodo
prima di intraprendere nuove imprese. Raccontò di aver partecipato, tra le altre
cose, anche ad un corso di bella
calligrafia, che si rivelò poi utile
quando si cimentò nella progettazione del Macintosh.
Il messaggio che voleva trasmettere lo argomentò con la
metafora del gioco, comune nei giornali di enigmistica, che fa apparire un’immagine solo dopo aver connesso
tutti i puntini numerati.
Tutto ciò che aveva fatto, corsi, studi, esperienze che
sembravano non seguire una logica e un progetto, li paragonò ai puntini del
gioco, che in seguito contribuirono alla realizzazione e ideazione dei suoi
progetti.
Tutte quelle “strane “ esperienze si comportarono come quei
puntini che alla fine uniti assieme risultarono utili.
I puntini del gioco della metafora di Steve Jobs, hanno il
pregio di svelare, dopo essere stati correttamente uniti l’immagine nascosta.
Non sempre i puntini fungono da rilevatori di un pensiero, di
un’intenzione. Spesso li troviamo all’interno di messaggi con compiti di
spaziatura, quasi per consigliare al lettore una pausa di riflessione o un semplice prendere fiato. Altre
volte invece sottintendono significati che il mittente presuppone siano conosciuti
dal destinatario.
I testi in questo caso diventano quasi dei messaggi in
codice, che l’affiatamento tra mittente
e destinatario rendo comunque comprensibilissimi.
Infine spesso i puntini
vengono messi, per timore di dire,
per creare un alone di mistero e attesa, o semplicemente per mancanza di chiarezza in chi
scrive.
In questo caso ciò che è nelle intenzioni di chi scrive di
certo non è la stessa cosa che, chi legge, cerca di interpretare.
E’ nella natura delle cose dare un senso, conosciuto o interpretato, a ciò che ci succede.
Spesso ciò che intendiamo è ciò ce speriamo, altre volte è l’esatto
contrario e le nostre aspettative si
tramutano in frustrazioni.
Ma i puntini i questo caso dovrebbero essere sostituiti da
parole, con il giusto tempo, per dare un
senso e trasmettere chiarezza, come un
esercizio di scuola elementare che appena completato diventa comprensibile anche
ai più piccoli.
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