Stamattina
faceva meno quattro sul termometro della carrozzeria davanti a casa mia
e a stare seduto sul ponte ad aspettare mio figlio, nulla mi faceva
desiderare una corsa mattutina.
Ma
le cose, quando si mettono in moto, spesso avanzano da sole e, se non
si oppone nessuna resistenza si arriva comunque alla meta, buona o
cattiva che sia.
Pensando, rannicchiato dentro la giacca a vento, a questi meccanismi ineluttabili, trovai delle analogie, con il modo con cui sono arrivato a separarmi da mia moglie.
Inizialmente
avviai la richiesta, come una sfida nei suoi confronti,
pensando che questo potesse portarci a parlare e a trovare una soluzione. Quel meccanismo, quella
sfida, una volta innescato, proseguì da solo e non ci fermammo mai a
parlare e discutere sull’opportunità di fermarlo. Solo la mia malattia,
determinò un rallentamento, ma poi, le continue incomprensioni, ci
portarono a firmare davanti all’avvocato. Quella sera di Febbraio, solamente durante i due chilometri che stanno tra casa e lo studio dell’avvocato,
mia moglie mi lesse e consegnò, un biglietto scritto a mano, che
conservo ancora. Non capii, lessi e rilessi quelle righe frettolosamente
scritte. Poi il 28 maggio del 2010 firmammo i documenti della
separazione davanti al giudice, presso il tribunale di Venezia. Vivemmo
quella giornata come una gita, finalmente liberi dai figli, solo noi
due. Il paradosso continuò prima di entrare dal giudice quando ci
chiedemmo : “Ma perchè siamo qui?”, ma, ancora, senza fermarci a pensare, andammo davanti al giudice firmando senza l’apparente ombra del dubbio.
Per me fu un momento dolorosissimo che curai per molti mesi prima di poterlo accettare.
Quel
giorno la gita continuò, passeggiando per Venezia, facendoci delle
fotografie e pranzando come due fidanzati in un ristorante lungo le
calli. Tornammo nel pomeriggio con calma.
Oggi viviamo da separati e non ci siamo mai più ritrovati a parlare o a passeggiare come quel giorno a Venezia, tra meno di diciotto mesi potremmo divorziare.
Stamattina
è successo una cosa simile. Dopo pochi chilometri mi sono ritrovato a
Maerne, un paese poco lontano, in mezzo a altri podisti intirizziti.
Preso coraggio e uscito dalla macchina, mi preparai e, solo in quel momento realizzai che di li a poco mi sarei messo a correre.
La
corsa, che prevedeva premi per i vincitori di categoria, aveva
catalizzato l’attenzione di molti dei più forti podisti della zona.
Come
al solito, pur senza allenamento, decisi di affrontare i 14
chilometri del percorso medio. Ben presto il freddo si volatilizzò e
correre diventò veramente un piacere.
Dopo
qualche chilometro decisi di seguire il passo di una ragazza che aveva
un’andatura simile alla mia . Le dissi dopo un pò, centellinando il
fiato : “Non ti dispiace se ti uso come Pace Maker ?”. La ragazza
rispose gentile e così continuai a seguirla per qualche chilometro.
Durante
quei chilometri, guidato da quel gentile Pace Maker e continuamente
monitorato dall’ICD che mi porto addosso, mi sono sentito veramente
attrezzato dal punto di vista Cardiologico.
Peccato che avessi dimenticato il cardio-frequenzimetro a casa, altrimenti potevo considerarmi una macchina perfetta.
Nessun commento:
Posta un commento