lunedì 3 ottobre 2011

Voci


Il buio e il silenzio sono, usando un termine matematico, i limiti tendenti a infinito delle parole luce e suono.
Il buio è la luce più fioca che si possa immaginare come silenzio è il suono più basso che l’udito riesca a percepire.
Mi piace pensarli come una sorta di vacanza per la vista e l’udito, i sensi che in qualche modo ci danno la percezione dello spazio. Ciò che rimane a disposizione dei nostri sensi è la prossimità, tanto che il mondo a nostra disposizione si riduce all’aperura delle nostre braccia
Succede di questi tempi, che molte serate siano caratterizzate dal silenzio. La televisione è spesso compagna dei lavori domestici. Alla fine la metto a tacere e diventa buia come le notti di questo autunno appena iniziato.
La stanza da letto è lontana anche dai rumori della provinciale. Il silenzio in certi momenti è davvero assoluto.
Rimane quasi fosse un ronzio, il frullare dei pensieri, caratterizzati da qualche proposito su “cosa farò domani” e, di tanto in tanto, da qualche sogno a occhi aperti.
I rumori della nostra mente, non si spengono mai, e, come il rumore di fondo dell’universo proviene dal mitico big bang, essi ci accompagnano dalla nostra nascita.
Nemmeno il sonno riesce ad addormentarli.

Ma quando il silenzio sembra sia sempre più protetto dall’ora tarda, ecco che voci concitate, ricreano lo spazio che sembrava svanito.  Le parole provengono da qualche stanza del palazzo. Impossibile non ascoltarle, come impossibile ignorarne la natura rissosa. Qualcuno sta litigando e nel diverbio le parole perdono il senso della misura. Sembra di assistere una gara dove vince, chi riesce a essere più duro verso l’altro. Dopo poco la rissa non ha ne capo ne coda.
Sto là ad ascoltare e aspetto che lo sfinimento o il buon senso, chiuda la bocche, come aspettavo sere fa che qualcuno spegnesse l’allarme in piena notte, ignorando, per un po’, che dovevo farlo io.
Ascoltando quelle voci rimpiango il suono straziante, ossessivo ma sensato dell’allarme.
Poi, pian piano, le urla sempre più vuote di violenza, ritornano a essere voci, poi parole che spesso terminano con un “buna notte”, sigillo di una tregua temporanea.
Chissà, mi chiedo,  se i due litiganti ricordano ancora i motivi della rissa.
Poi il silenzio ritorna ad accompagnarsi al buio mentre il sonno nel frattempo pare svanito.
Accendo la luce sul comodino. Parte piano e, di lì a poco, mi permette di aprire un libro.
Fatico a mettere a fuoco le pagine, ma continuo a dare la colpa alla lampadina “poco luminosa”.

Ho indossato l’altro giorno un paio di occhiali e ho provato lo stesso sollievo che si ha quando, senza preoccupazione, ci si lascia guidare dal navigatore verso una destinazione sconosciuta.

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