Tra le immagini che più hanno
attraversato il mondo della rete, nei giorni scorsi subito dopo la morte di
Steve Jobs, quella che più mi ha impressionato è stata la foto di quell’Ipad
usato come futuribile epigrafe del suo ideatore. Non credo che Steve avesse mai
pensato di aver inventato tra le altre cose la cornice della sua epigrafe.
Ho pensato che, da qualche parte
del mondo qualcuno di sicuro avrà già scritto un’App tagliata per i defunti e,
non è escluso, che i futuri necrologi non si avvalgano tra qualche tempo delle
più sofisticate tecnologie. Forse le vite dei nostri pronipoti potranno essere,
una volta terminate, riviste come si rivede un film, mescolando passato e
presente.
Passando stasera, invece nei
pressi della chiesa di Mirano, ho cercato nella solita bacheca l’epigrafe di
Piero. Appesa nell’angolo alto a sinistra, era del tutto simile alle altre che
normalmente occupano la tabella. Solo la foto era un po’ più grande del solito.
Sicuramente era stata scelta con cura, tra quelle di qualche anno fa, quando c’era
la salute e, appena lasciata la giovinezza non si vedeva ancora all'orizzonte la vecchiaia e soprattutto la sofferenza.
"Niente di tecnologico" mi son detto,
ripensando all’Ipad di Steve e alla sua vita cosi originale e avventurosa,
fatta di successo ma anche di momenti neri. In fondo, anche la sua fine precoce,
può essere equiparata a uno dei momenti bui, di cui parla nel famoso discorso agli
studenti di Stanford.
Chissà cosa avrebbe potuto ideare
ancora per molti anni!
Purtroppo la vita lo ha
licenziato, definitivamente, come in passato lo aveva fatto l’azienda da lui
creata. Non potrà più ritornare, questa è la differenza.
Poi, ripensando a come Steve
aveva cominciato, da studente dentro a una cantina, non mi è poi sembrato
troppo diverso dal modo con cui Piero aveva pure lui iniziato, qualche anno
prima.
Aveva studiato dai preti, un po' da elettricista e sapeva suonare la fisarmonica per averla studiata un po’.
Aveva studiato dai preti, un po' da elettricista e sapeva suonare la fisarmonica per averla studiata un po’.
Amava armeggiare nella sua “cantina”,
dove riusciva a smontare qualsiasi cosa e pensava di poter aggiustare tutto.
Aveva costruito, pure lui, aggeggi che, sembravano futuristici per noi ragazzi, che
lo guardavamo da lontano “lavorare” in cantina. La dentro in realtà, si divertiva
moltissimo.
Aveva una cieca fiducia nella
tecnologia, tanto da pensare che la sua Renault 4 potesse superare qualsiasi
distanza, trasportare qualsiasi cosa e scalare i passi più ripidi.
La povera auto rossa, tentò
qualche volta di ribellarsi, mandando segnali sinistri, ma non riuscì ha incrinarne
la fiducia.
Molti cominciano da una cantina,
qualcuno ne esce alla grande e conquista il mondo, molti, i più restano nella
cantina o nella cantina abbandonano sogni e speranze.
Nessuno parla di chi, perdendo
speranze e energie spese a rincorrere un sogno dentro a una cantina, deve adattarsi
a una vita normale, fatta di lavoro e di problemi comuni a milioni di altri
simili.
Piero, la sua cantina, da cui
forse non pensava di spiccare il volo, se l’è tenuta come fosse una sala giochi
o semplicemente la sua “sala sogni”.
“Siate affamati, siate folli”("stay
hungry stay foolish”) disse Steve agli studenti di Stanford il 12 Giugno 2005.
Lo disse a una generazione di
giovani di un’ America dove ancora è possibile realizzare sogni e successo. “Born
tu run “ cantava Bruce Springsteen a proposito delle opportunità che l’America
riesce a dare a tutti coloro che vogliono mettersi in discussione.
Forse erano “affamati e folli “
anche i giovani, come Piero, come Giovanni, che scappando dalla povertà lasciata
dalla guerra, dalla miseria delle campagne di quei tempi, si inventavano imprenditori,
iniziavano mille lavori per uscire da quegli anni bui.
Riflettevo se sia stato più
grande il divario percorso da Steve o il cambiamento dei giovani degli anni cinquanta,
riemersi dalle macerie di un mondo distrutto.
Nascere Dove, Nascere Quando è
immensamente importante per il destino di ognuno di noi, ma in ogni caso tutti
contribuiamo a cambiare il mondo. I più fortunati, come Steve, vedono le loro
gesta perennemente illuminate dai riflettori del successo, altri come Piero e
la stragrande maggioranza fanno la loro parte, con modestia, nell’anonimato,
vivendo, al pari di Steve, momenti belli e momenti bui.
Poi la malattia colpisce Steve,
colpisce Piero e sia l’uno che l’altro continuano, fin che ne hanno la forza, a
parlare del loro mondo : dei prossimi Ipad come della voglia di tornare a passeggiare
fino al “ponte”.
Si dice che un battito d’ali di
una farfalla in India possa provocare un Uragano due anni dopo nell’Atlantico.
Chissà che le vite normali di persone
come Piero possano contribuire a un futuro migliore per tutti coloro che seguiranno.
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