La maratona di Venezia, giunta
alla 26esima edizione è terminata. La vittoria è andata ai soliti atleti
africani. Il tempo sotto le 2h e 10’ è ormai garantito in quasi tutte le
maratone.
La scuola africana riesce a
sfornare talenti di qualità , capaci di vincere a qualsiasi latitudine, sui
42.195 metri dedicati a Filippide.
Oggi il tempo era ideale per
correre lungo le strade che attraverso la Riviera del Brenta portano a Venezia.
Ho seguito la maratona alla
televisione, con interesse, ma senza il trasporto di un tempo che mi rifaceva
rivivere le fatiche e le sensazioni di quando ero tra i concorrenti.
Vivevo la vigilia con la
concentrazione che solo i grandi esami della vita sanno rivendicare.
MI avvicinavo alla gare con la stessa
meticolosità con cui si preparano le partenza dei viaggi spaziali, curando
tutti i particolari e facendo tutte le verifiche allo scopo di scongiurare
qualsiasi imprevisto.
Nella mia testa il conto alla
rovescia scorreva inesorabile.
Curavo la dieta, stavo attento a ciò
che bevevo e non tralasciavo neppure di fare un ultimo allenamento tra le strade
amiche, in cerca di conferme sul perfetto funzionamento del motore.
Le sensazioni erano quasi sempre
buone e ho sempre pensato con ottimismo alla gara.
Poi in gara correvo contro me
stesso, mettendo alla prova la mia forza di volontà e la mia capacità di
centrare gli obiettivi.
Correvo anche per ritrovare e
salutare la mia famiglia e mio padre, che si nascondeva lungo il percorso, ma
che sono sempre riuscito a scovare, nonostante le molte persone che assistevano alla gara dai bordi della strada.
Strano a dirsi, ma correvo anche
per questo, per salutare lungo il percorso tre persone, non ci fossero stati,
parte dell’impegno sarebbe scemato.
Per anni ho cercato di ritornare
quello di allora, senza mai più riuscirci.
Oggi che trovo soddisfazione,
alle corse domenicali, nel non farmi raggiungere da chi fa Nordic Walking e, solo
per brevi tratti accelero, guardandomi intorno, quasi avessi sempre qualcuno
alle calcagna che mi controlla, guardo finalmente quel periodo molto bello, con
il giusto distacco, sapendo che non ritornerà mai più, ma non per questo il mio
rapporto con lo sport deve considerarsi terminato.
Ho fatto spesso l’errore di voler
riavvolge all’indietro il nastro della vita, pensando che tutto potesse
ritornare come un tempo. L’ho fatto in modo superficiale, tralasciando tutti
coloro che con me hanno condiviso quegli anni.
Ho capito troppo tardi che
bastava guardare avanti senza pensare troppo al passato.
Si può imparare anche da una
maratona alla tv e dalle mancate emozioni. I tempi della maratona sono
terminati, le corse di oggi sono altrettanto belle.
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