Verso le dieci ero in cima al Passo Giau. Avevo “litigato” lungo la strada con il navigatore che voleva farmi fare chissà che spercorso. Ho fatto quello che conoscevo e, lui alla fine ha collaborato.
Lo zaino era preparato per passare la notte fuori, ma sapevo che, verso sera, sarei tornato a casa. Diciamo che la passeggiata è stata l'occasione per allenarmi a portare uno zaino un po' più pesante del necessario.
Lassù al rifugio Nuvolau ero salito nel Luglio 2009, un mese prima di salire in terapia intensiva. Ricordo i dolori alla spalla e allo stomaco, le numerose soste e la sudorazione eccessiva. Alla fine salii e ridiscesi a valle senza il minimo sospetto che il mio cuore fosse in difficoltà.
Oggi ho iniziato la passeggiata con il piglio di un fantino che vuole mettere alla prova e allenare il proprio cavallo. Nel mio caso il cavallo era il mio cuore che, come in altre occasioni, non era a conoscenza di ciò che lo aspettava.
Ho cominciato a camminare spedito, con l'occhio al cardio-frequenzimetro, per vedere le sue reazioni.
Nelle rampe cercavo di non rallentare. Il cavallo, anzi, il cuore non dava alcun segno di sofferenza e, con molto impegno, sono riuscito a farlo battere sino a 130 battiti al minuto. Sono salito al rifugio “in men che non si dica”, sudando e faticando il giusto, sostando per rifiatare ed ammirare il panorama che andava via via a coprirsi di nubi minacciose.
Rifugio Nuvolau |
Al rifugio, mi sono lasciato tentare da formaggio fuso, polenta, birra, grappa e caffè. Insomma non mi sono fatto mancare niente.
In discesa tutto è stato facile, anche sostare qualche momento in più per qualche foto, visto che l'esame era andato meglio del previsto.
Finita la prima parte della discesa, una ragazza che, nel frattempo, stava salendo mi ha chiesto se conoscevo una scorciatoia per arrivare al sentiero che portava al rifugio, senza dover ridiscendere là dove iniziava il percorso segnalato.
Le ho spiegato con cura la strada che avevo appena percorso, facendole notare un passaggio da affrontare con un po' di attenzione.
Mentre saliva l'ho seguita con lo sguardo e, superato il momento più difficile, dopo aver individuato il sentiero, si è voltata salutandomi con la mano da lontano. Ricambiando il saluto mi sono sentito felice dei miei 54 anni.
La globalizzazione dei sentieri senza dimenticare le nostre radici |
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