martedì 15 maggio 2012

La Richiesta

“Buongiorno, prego .. si accomodi”, fu l’invito, serio, del funzionario.
La stanza era talmente chiara da sembrare sospesa. I muri quasi non si percepivano e il colore candido dava una sensazione di trasparenza e d’infinito. Jo era già stato in quell'ufficio, molti anni prima. Non ricordava però, chi ci fosse allora, al posto dell’uomo che lo stava accogliendo con tono austero. Nemmeno ricordava di aver vissuto, quel giorno, ansia o timore, anzi, anche se i ricordi erano un po' sbiaditi, ripensava a quell'incontro come ad una normale prassi organizzativa. Qualcosa da dover sbrigare senza troppo pensarci.
Stavolta non poteva nascondere una certa apprensione.
“Che sia già a conoscenza del perché sono qua?“, si chiese, cercando di giustificare l’ansia che lo pervadeva.
“Probabilmente ha letto la mia richiesta”, si rispose convinto.
L’Ufficio Assegnazione sapeva sempre tutto. Era cosa nota. Nulla poteva passare inosservato e ogni piccolo dettaglio veniva valutato attentamente. Anche ciò che poteva sembrare insignificante ai più, per l’Ufficio Assegnazione poteva diventare di vitale importanza.
Il personaggio che aveva davanti, dall'aspetto curato, era vestito di chiaro e apparve a Jo, dopo appena qualche istante, meno duro e austero di quanto fosse sembrato pochi secondi prima.
“Sembra solo una persona molto affezionata al proprio lavoro, nulla di più”, pensò con l’intento di chi non vuole farsi intimorire da falsi preconcetti.
“Si accomodi”, ripeté l’altro, indicando la poltrona che  stava  alla destra di Jo e,  mentre diceva questo, da sotto il tavolo, prese un involucro. Era una cartellina ben tenuta, di certo era stata usata molto poco negli ultimi anni e doveva aver trascorso parecchio tempo nel chiuso di una archivio.
Jo notò immediatamente il suo nome stampato sulla copertina. Là dentro, di sicuro, erano custoditi tutti i documenti dei suoi passati incarichi oltre che, naturalmente, l’ultima richiesta, inoltrata pochi giorni prima, origine e causa di quella convocazione così repentina.
L’uomo apri la cartella , ma prima di prendere in esame i documenti alzò lo sguardo e rivolto a Jo, chiese con voce pacata:
“Lei è qui per essere assegnato a un altro incarico ?”, e prima di ricevere una qualsiasi risposta rilanciò sicuro : “Da quando è libero ?”.


La domanda chiarì a Jo, una volta per tutte, che la sua richiesta non era stata ancora visionata e che, il suo interlocutore era convinto di trovarsi di fronte a una normale assegnazione di fine incarico. 
Jo, pervaso ancora da un leggero senso di paura, pensò per un istante di chiudere l’incontro con una spiegazione sommaria, prima di alzarsi e tornare da colui a cui era stato assegnato. Non riusciva però, ne a rinunciare, ne a trovare le parole adatte per spiegare per bene il motivo della richiesta.
Sperò, per qualche istante, che l’altro si preoccupasse di leggere la domanda.  Niente. Fu così che dopo alcuni interminabili secondi di imbarazzo, balbettò :
“Non non è proprio …. un’ assegnazione di fine incarico .......”

Il funzionario, si scosse, come destato da una notizia inaspettata e ravvivato lo sguardo chiese spiegazioni con piglio molto simile a quello usato all’inizio :
“Cosa mi sta dicendo? Lei è qui pur non avendo terminato il suo incarico ? Conosce le regole del suo lavoro :  L’incarico assegnato deve essere accettato e portato a compimento fino all'ultimo giorno “.
Jo si senti cacciato in un angolo come un pugile che sta per subire un ko. Abbassò lo sguardo, un po’ accusando il colpo, ma soprattutto, per pensare sul come proseguire. A rinunciare ed andarsene non ci pensava. Doveva trovare un modo per uscire da quella incresciosa situazione.
“Si, conosco le regole.", riprese con incertezza," Mi è stato assegnato un incarico 54 anni fa che ho sempre onorato con dedizione e non poche difficoltà”
“Difficoltà ?”, domando l’uomo all'udire quella parola.
“Lei è stato dotato di tutti i mezzi e i poteri per svolgere il suo lavoro senza alcuna difficoltà !”, chiarì con un tono di voce lenta, leggermente alterata; poi, incalzando proseguì:
“Se  ho capito bene, lei ha pure abbandonato il suo assistito per venire qui ?”, continuò come se stesse unendo i puntini di uno schema, intuendo il disegno finale.
“Lei sa che questo è vietato dalle regole!”
“Si lo so”, disse Jo, sempre più piccolo nell'angolo e incapace di trovare il guizzo per scappare.
“Vede…, “, iniziò con tono basso Jo, ormai deciso ad affrontare immediatamente la questione, “ Io vorrei essere assegnato ad un altro incarico........”.
Prese fiato, sollevato per essere arrivato fino a là.
 “Io non riesco più a seguire il mio assistito”.
Terminò, sospirando profondamente. Rimase in silenzio, in  trepida e timorosa attesa.
“E’ la prima volta che sento qualcosa di simile”, si inalberò il responsabile dell’Ufficio Assegnazioni.
”Lo sa che potrebbe perdere la possibilità di avere, in futuro, altri incarichi?”
“Si lo so,” annui Jo, “ so bene quali potrebbero essere le conseguenze “.
Deciso a non farsi travolgere dalla situazione, riprese il discorso con l’intento di spiegare le proprie ragioni.
“Per circa 45 anni il mio assistito è stato uno dei più affidabili e tranquilli tra quelli assegnatemi”, iniziò a narrare Jo e subito si concesse una pausa, come chi  alza la testa per trovare la giusta direzione.

Poi, individuato il bandolo del racconto, prosegui con voce calma :
“Ad un certo punto, però ho capito di dover aumentare il controllo. Il mio assistito aveva cominciato a cacciarsi in guai sempre più grandi”
“Le vicissitudini cominciarono con una caduta in bicicletta. Lanciatosi inconsciamente lungo una discesa, cadde rovinosamente. Dovetti fare del mio meglio per salvarlo. All'ultimo istante deviai la caduta quel tanto da fargli evitare un muro di cemento.  Si fece male lo stesso, ma pensò di essere stato fortunato piuttosto che graziato.”
Dall'altra parte della scrivania l’altro ascoltava, senza dare l’impressione di udire qualcosa di eccezionale.
Ma Jo, deciso a continuare, riprese il racconto :
“I comportamenti, dopo il primo spauracchio, non cambiarono. Continuò a fare errori su errori.  Ho cercato in tutti i modi di farlo tornare quello di un tempo”, disse un po’ sconsolato, come stesse rivivendo quei momenti.
 “Usai prima i sensi di colpa, poi qualche problema fisico. Pensi, andai a scomodare pure il padre, morto qualche anno prima , che tornò a parlargli in sogno. Niente, all’inizio sembrava aver capito, ma poi ripiombò nella solita indifferenza e indolenza”
“Mi sembra che lei non abbia fatto altro che onorare il suo incarico !”, intervenne il funzionario, un po’ incredulo , “Credeva forse di trascorrere tutto il tempo in ozio e senza alcun grattacapo ?”.
Poi riprese chiarendo il suo pensiero.
“In fondo lei è un Custode e non un accompagnatore e, in quanto Custode, ha il dovere di fare il bene del suo assistito “.
Jo in parte condivideva quanto argomentava l’altro, ma si sentiva impotente di fronte alle vicissitudini di colui  verso il quale aveva profuso tanto impegno. La delusione era tale che aveva deciso di abbandonarlo, come fosse stato tradito dall'amico più fedele.
“Ma non è finita !”, riprese a narrare con più fervore, “Decisi di usare metodi ancora più drastici.”.
“Un giorno mentre stava correndo in macchina ad alta velocità, una distrazione lo fece sbandare e tamponare un’auto che gli correva vicino. Non feci nulla e lasciai che gli eventi seguissero il loro corso, senza intervenire. Solo quando, sbalzato dalla macchina, il suo cuore stava per fermarsi, intervenni, facendo arrivare all'ultimo momento i soccorsi. Restò appeso con un filo alla vita per qualche giorno, ma poi cominciò a migliorare.”
Con  un impercettibile gesto della mano il funzionario interruppe il racconto di Jo e, quasi a volerlo riprendere, senza però la convinzione necessaria, disse :
“Vede, lei in quel caso doveva lasciare che il destino facesse il suo corso “, obiettò il funzionario. “La vita e la morte sono due condizioni umane. Quando finisce una, comincia l’altra, ma nessuna delle due deve essere privilegiata”.
Il Responsabile dell’Ufficio Assegnazioni, sembrò di colpo molto più rilassato. Il viso tradiva un senso di sollievo, tipico del padre che, davanti ai dubbi del figlio, lascia trasparire la consapevolezza di chi la sa un po’ più lunga.  Non fece alcun cenno, ne pensò di riprendere, più di quanto avesse già fatto, quell’Angelo tanto premuroso nei confronti del proprio assistito.
Jo, che si aspettava di essere interrotto da un  momento all'altro,  dopo qualche secondo di silenzio concluse il suo racconto. Non era più, ne impaurito ne tantomeno timoroso di compromettere la propria carriera di Custode.
“Ora posso dire che tutto sembra tornato normale. A volte il comportamento del mio assistito mi ricorda i tempi in cui 'dormivo sonni tranquilli' e la sua vita scorreva lungo binari solidissimi. Nonostante questo cambiamento, non riesco in certe notti a chiudere occhio, sempre turbato dalla possibilità che il vizio che tormenta la sua vita lo riporti vicino al precipizio “
“In tutta onestà, penso di avere fatto molto, forse troppo e non sono convinto di avere la lucidità necessaria per affrontare la prossima vicissitudini. Fino a quando potrò o dovrò farmi carico di tenere aggrappato alla vita un assistito che di tanto in tanto prende e corre a sfidare il confine dell’esistenza ?”
Il clima era ormai disteso. Jo aveva concluso il suo racconto. Aveva motivato la richiesta, che poteva apparire inizialmente inusuale e inopportuna. L’onestà intellettuale tipica di ciascun Custode lo aveva portato a tanto. Era conscio di dover rispettare sia la vita quanto la morte di colui che era stato designato a proteggere.
Il funzionario capì  che era giunto il momento di dare delle spiegazioni oltre che delle rassicurazioni. Non era condannabile l’amore di Jo verso il proprio assistito, anzi quel sentimento era segno di una dedizione al servizio, quasi atipica, tra l’enorme schiera dei Custodi.
In realtà il  compito assegnato loro è quello di proteggere la vita e ciò che viene dopo non è tra le competenze richieste.
“Jo” , inziò, cercando di enfatizzare il tono cordiale,” lei è un bravo Custode. Uno dei migliori che abbiamo. Tutto ciò che sta facendo per il suo assistito fa parte delle sue possibilità..... nulla di più”
Si  fermò, e  fissandolo negli occhi, cercava di intuire il suo stato d’animo. Capiva la sua paura di interferire oltremisura sul destino e sulla vita di un uomo ribelle. Capiva il timore di andare oltre le regole del compito che gli era stato assegnato. Poi, non prima di aver preso la rincorsa con un grosso respiro, continuò :
“Un giorno, non so quando, ne io ne lei possiamo conoscere questa data, si accorgerà che nonostante il suo prodigarsi, le sue notti insonni e gli aiuti escogitati all’ultimo momento, la vita del suo assistito finirà e  il suo compito di Custode sarà terminato”.
Riprese lentamente, con tono più grave :
“Il compito dei Custodi è rendere la vita dei loro assistiti meno difficile, aiutandoli ad riconoscere le insidie, invisibili ai loro occhi a causa della superficialità e dell’egoismo. Nonostante tutto questo prodigarsi, non tutto è evitabile e per questo motivo  la vita degli uomini è comunque costellata di dolore e miseria “.
Il funzionario apri la cartellina. Trovò senza fatica la richiesta di trasferimento.
La guardò, senza leggerla, intuendone il contenuto. Poi alzato lo sguardo verso Jo, pose la domanda di cui sapeva già la risposta :
“Butto ?....... Vero ?”
Jo annuì impotente, ma al tempo stesso confortato dalla nuova consapevolezza dei propri limiti che da sempre ignorava. Si alzò, volgendo lo sguardo verso il funzionario, che nel frattempo stava scrutando lontano fra la luce chiara, ma non abbagliante, che sembrava sgorgare da ogni dove.
“Posso andare?”, chiese.
L’altro, prima di rispondere, si volse e guardandolo negli occhi, disse:
“Si, vada pure. Ritorni tranquillo al suo incarico senza remore o timori. Lei è un ottimo Custode. A presto”.

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