Pochi minuti prima delle sei ero già pronto.
Maglietta, maglione, K-way ecc. secondo quanto intuivo
attraverso il buio della notte che scemava o dal rumore
delle foglie mosse dal vento o bagnate dalla pioggia.
Insomma avevo il giusto equipaggiamento.
Con la radio in mano, sintonizzata sulla solita stazione,
attendevo il segnale orario delle 6.
Sono le 6. Via dicevo dentro di me.
I primi passi erano fondamentali, in pochi secondi sapevo se
e quanto ero in forma, in ogni caso continuavo, ponendo attenzione alla radio o
concentrato sul ritmo.
Solita strada, attraverso la piazza vuota, verso il "ponte nuovo", lungo
l'argine del canale dove verso metà percorso giravo a destra.
Di solito passavo da quelle parti in 28 minuti.
Passavo di fronte all'albergo, poi ancora un rettilineo, un pezzo di strada trafficata da percorrere con attenzione, di nuovo due rettilinei e l'inizio dell'ultimo tratto strerrato.
Il cielo si era quasi schiarito, talune volte si intravvedeva il sorgere del sole,
mentre nei giorni di nebbia avevo l'impressione di correre verso l'ignoto tanto breve era la visuale.
Era in quell'ultimo tratto di sterrato che iniziava la sfida contro il tempo. Sapevo che le 7 erano oramai prossime e che da un momento all'altro le campane del paese vicino lo avrebbero segnalato.
Io dovevo arrivare più lontano possibile prima di sentire quei rintocchi.
I rintocchi ponevano fine alla sfida. Io mi segnavo il nuovo limite e pensavo alla prossima sfida, di li a un giorno.
Raggiungevo casa recuperando, assaporando il benessere che quella sfida e quel modo di vivere mi aveva trasmesso.
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