sabato 2 febbraio 2013

Il Ritorno


La porta si aprì come molte altre volte. Spingerla mi dava sempre una sensazione di solidità. Mi sono chiesto molte volte quale fosse il legno con cui era costruita. Il colore era strano, un marrone chiaro che non mi ricordava nessun legno conosciuto e la superficie eccessivamente liscia tanto da farmi dubitare del fatto che si trattasse di vero legno o, non fosse piuttosto, quella  forma di laminato plastico che spesso trovo esposto in qualche fiera dell’artigianato locale.
Insomma ero ritornato a casa e varcare la soglia di casa mi restituiva il sapore e un calore di cui avevo bisogno. Era come se, dopo un lunga corsa, il corpo ritornasse ai ritmi usuali.
“Proprio dei miei soliti ritmi ho bisogno”, pensai, mente appoggiavo la borsa sul divano.
Sul divano, quello destinato a diventare all'occorrenza un letto, ritrovai quel luogo familiare su cui  ero solito smaltire le mie delusioni, la mia rabbia e soprattutto il mio dolore.  Questa era per me, la sua funzione primaria anche se spesso, era un piacere distendersi a guardare la luna passare oltre i vetri dei due abbaini che stanno sul tetto della stanza.
Seduto, osservai per qualche minuto il tappeto rosso e nero che stava al centro del salotto. Poi, alzando gli  occhi verso la vetrata intravvidi l’ultima luce di quel pomeriggio invernale che, affievolendosi, preparava la sera con la solita cura.
“I giorni si succedono veloci”, pensai filosofeggiando, un po’ catturato dalla malinconia. Stamane pensavo a quanto sarebbe stata lunga la giornata, conoscendo gli impegni che mi aspettavano, mentre, a sera fatta, stavo riflettendo su quanto velocemente si fossero succedute le ore del giorno.
“Ero finalmente tornato !”, pensai sorridendo mentre con lo sguardo riprendevo possesso di quei luoghi familiari : la cucina, la scrivania sull'angolo in fondo a destra e il centro tavola con le piante grasse. Tutto era rimasto come lo avevo lasciato. Alcuni particolari testimoniavano il passaggio della signora che mi aiuta nelle pulizie di casa. Tutto era pulito, le cose importanti erano al loro posto. La signora ha capito cosa deve riordinare e ciò che deve lasciare stare per non scombussolare il mio ordine.
Avevo vissuto i giorni fuori casa con un sorta di “timore del non ritorno”. Proprio così, chissà per quale motivo, avevo portato con me quella paura, come fosse una premonizione: temevo di non tornare, che assomigliava a una sensazione di morte. Pur consapevole di questo malessere, il viaggio era stato piacevole, costellato di incontri nuovi, spesso forzati dalle situazioni, ma decisamente interessanti. Scegliere è l’ideale, essere scelti può essere altrettanto piacevole e appagare la voglia, nemmeno tanto nascosta di lasciarsi andare, abbandonandosi al tempo e alle situazioni. Quel timore non mi aveva mai lasciato e avevo passato parte del viaggio a guardarmi intorno, vigile, quasi a voler anticipare un imprevisto incombente. Nulla di assoluto e fatale era invece successo e, mentre stavo seduto sul divano, riflettevo sulla mia ingenuità, capace di dare retta, lasciandomi condizionare, a sensazioni rivelatesi, col senno di poi, frivole e fasulle.  
Le scarpe mi stavano strette e accingendomi a slacciarle, le trovai già slacciate.
“Siamo alle solite “, pensai. Ebbene si, alla mia età non ho ancora imparato a fare i lacci alle scarpe,meglio a farli solidi ma, pur cosciente dell’errore, non mi sono mai preoccupato di correggerlo. Ci sono atteggiamenti e comportamenti che sono talmente radicati in noi che, seppur sbagliati, non riusciamo a correggere. Fare le asole “deboli” alle scarpe è uno dei miei comportamenti sbagliati, che nonostante reiterati tentativi, non sono riuscito ancora a correggere. Sarebbe bello che fosse il solo rimasto, ma ahimè!, non è così.
Nel frattempo i termosifoni si stavano scaldando. La casa, che avevo trovato fredda appena entrato, si sarebbe scaldata di li a qualche minuto, stemperando anche quella sensazione di umido mutuata dall'esterno.
“Tra poco tutto tornerà come prima del viaggio”, pensai alzandomi dal divano per riporre le scarpe.
Era un pensiero ottimista, appeso a un filo di speranza. Sapevo che il viaggio era stato, pur nella sua piacevolezza, un passaggio importante e quindi era inutile ripensare al passato. Bisognava andare avanti. Anche a voler fare le stesse cose di un tempo, diverso sarebbe stato lo spirito e di conseguenza i risultati.
“Le motivazioni sono cambiate!”, quasi sentenziai. Ecco la parola magica “ motivazione”, la molla che carica la nostra vita e ci aiuta a raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo, mentre cerchiamo di realizzare i nostri sogni ma che ci permette anche di accettare i verdetti avversi.
Fu così che, girovagando per casa, mi ritrovai senza motivazioni.
“Non sono solo cambiate, sono semplicemente sparite!”, mi ripetei sgomento. Sapevo cosa avevo perso ma non sapevo ancora cosa mi riservava la nuova strada.
“Sono semplicemente stanco”, pensai, come spesso faccio quando non riesco a venire a capo di qualcosa. Quella dell’essere stanco è una bugia che mi racconto quando non voglio credere di essere confuso o a corto di idee. Mi compatisco un po’, sperando che un raggio di luce  mi stia attendendo dietro al prossimo angolo.
Non mi curai per molto di quest’ultimo cruccio. Potevo riposare, riordinare le idee, prendendomi il tempo necessario. Qualche scintilla di li a qualche giorno sarebbe  di certo scoccata.
Mi avvicinai alla scrivania, alzai il coperchio del PC. Quel tavolo, che spesso faccio illuminare puntualmente da una lampada, mentre tutto attorno c’è il buio è il luogo dove meglio mi riesce di riordinare le idee.
Annoto, leggo e qualche volta disegno. Uso pennarelli, penne e molte matite, quelle con la punta tenera che lasciano sulla carta un segno scuro e largo quel tanto da apparire grezzo. Uso le matite anche come segnalino nei libri, molti, che sto leggendo.
Quando il computer fu completamente avviato, mi balenò alla mente un pensiero. Mi era tornata la voglia di scrivere. In poche secondi la pagina vuota di Word mi si apri davanti. Non sapevo cosa avrei scritto cosi cominciai dal primo pensiero che si impossessò della mia mente.
Cominciai a scrivere :
“La porta si aprì come molte … 

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