Tornavo da scuola e, presto o tardi che fosse, divoravo il pranzo con la fretta di oggi. Ero affamato come se da settimane non toccassi cibo.
La pastasciutta era sempre quella, per far piacere a mio padre ma, il secondo variava a sufficienza.
Era un piacere mangiare e crescere.
Nei miei pomeriggi, da scolaro, pensavo a giocare. La cartella rimaneva nell’angolo dove la gettavo appena tornato da casa. Era una cartella in cuoio, con le due chiusure laterali a scatto e il manico sulla sommità. C’era spazio dentro per il sussidiario, il libro di lettura , l’astuccio per le penne, diario e quaderni. Il peso non è mai stato un problema. Di sicuro ricordo di averla trattata male.
Finito di giocare, ritornavo in cucina, riaprivo i libri e mi mettevo a “fare le lezioni”. Mi piaceva essere preparato il giorno successivo davanti alla maestra.
Non c’era, in quei pomeriggi, la tentazione della televisione. In casa non arrivavano i giornali, passavo molto tempo a leggere i libri per ragazzi che i miei mi regalavano.
Stavo seduto a leggere un po’ dovunque, per terra, sugli scalini mai nelle sedie.
I programmi tv cominciavano intorno alle diciassette con la “tv dei ragazzi”.
Tutto era permesso fino a Carosello, poi si andava a letto.
A metà pomeriggio, era consuetudine la merenda, di solito un panino divorato con rinnovato appetito.
Di rado mia madre mi preparava “l’uovo sbattuto”, con zucchero e un goccio di crema marsala.
Lo divoravo intingendoci il pane o direttamente con il cucchiaino.
Crescendo, mia madre lo preparò sempre più raramente. Diceva che era “pesante”.
Ogni tanto ci penso e a dire la verità, lo riassaggerei.
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