Qualche avvisaglia c'era stata nei giorni scorsi. La nebbia, ormai sparita da queste terre, sembrava tornata dopo una lunga migrazione. Si era riappropiata degli spazi, dei campi, dell'orizzonte. Tutto aveva inghiottito riportando alla memoria paesaggi quasi dimenticati.
Io che ho sempre con me la fotocamera, più di una volta sono stato tentato di immortalare con delle foto l'avvenimento, come si fotografa un evento eccezionale.
Anche la guida ne aveva risentito. In certi tratti, passando attraverso i banchi di nebbia, era difficile la sera distinguere il ciglio della strada.
StRano accogliere un fenomeno atmosferico ostile, come la nebbia con sollievo, ma a volte segnali come questi ci illudono di poterci riconciliare sia con la natura che con il passato, come se ci ritenessimo colpevoli dei cambiamenti recenti.
Poi passata la nebbia, ecco il gelo, il ghiaccio, la brina sull'erba al mattino, la necessità di pulire il parabrezza ghiacciato della macchina.
Il freddo si fa sentire, si apprezza il cappotto, si rimpiange il berretto o la sciarpa lasciati in armadio.
"Ostrega, xe quà el fredo", direbbero i vecchi della mia memoria.
Per finire la neve di questa mattina, in certi momenti con tratti da bufera, ha portato l'inverno al suo posto.
Tutto è bene ciò che finisce bene.
L'inverno, quello vero, quello che tutti noi desideriamo, è alle porte.
Domenica, dice mio figlio, tornerà la neve.
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