Oggi ho letto su Repubblica l'articolo di Ilvo Diamanti, dove egli narra la sua esperienza con l'infarto.
“Quando il cuore si ferma “, è il titolo dell'articolo. Io incuriosito dal titolo ho letto con attenzione sia la narrazione dei fatti e il susseguirsi degli eventi sia le considerazioni e i pensieri che quest'esperienza aveva fatto nascere. Quando il cuore si ferma
L'infarto, cioè quando il cuore riparte, è una opportunità, un modo per ricominciare sapendo che niente potrà essere come prima ma, al tempo stesso tutto tornerà come prima, forse anche meglio di prima, impegnandosi a volersi più bene e a volere più bene a chi ci vuole bene.
E' vero non bisogna farsi prendere dalla paura o dalla paura della paura, il cuore ritornato a battere, continuerà a farlo autonomamente, come sempre. Ho vissuto i primi tempi dopo l'infarto e l'arresto cardiaco con la sensazione o il mandato di doverlo accudire come fosse un bambino. Poi con il passare del tempo i battiti sono diventati sempre più discreti e l'ansia e la paura di rivivere i momenti del dolore profondo o il capogiro unico avviso dell'arresto cardiaco, si sono affievolite e spente come il fuoco di una candela.
Oggi non vivo pensando che il mio cuore mi si possa ribellare, nonostante qualche eccesso e per me tutto è diventato come prima.
Ho dentro una voglia di vivere che ha bisogno dei battiti, anche se lenti di questo cuore che fermandosi ha voluto aiutarmi a rimettere a fuoco ciò che mi circonda.
Ilvo Diamanti conclude con questa considerazione:
“
L'infarto è l'occasione per ri-cominciare. Se ne sei capace. Per guardarti dentro e intorno. Perché domani, certo, è un altro giorno. Ma anch'io, oggi, sono un altro. Diverso da prima. E non sarò più lo stesso.
È il motivo per cui ho scritto queste cose. Non me le sono tenute dentro, per pudore e con paura. Ho raccontato i fatti miei. Ho esibito me stesso. (Sfidando il fastidio di molti a cui, sicuramente, dei fatti miei non interessa molto). Ma l'ho fatto - anzitutto e soprattutto - per me. Per non dimenticare.
Per impedirmi di ritornare. Indietro.
È il motivo per cui ho scritto queste cose. Non me le sono tenute dentro, per pudore e con paura. Ho raccontato i fatti miei. Ho esibito me stesso. (Sfidando il fastidio di molti a cui, sicuramente, dei fatti miei non interessa molto). Ma l'ho fatto - anzitutto e soprattutto - per me. Per non dimenticare.
Per impedirmi di ritornare. Indietro.
”
Raccontare scrivere esperienze come queste, non penso possa essere di aiuto ai lettori o, quanto meno, sono pochi coloro in grado di raccogliere il messaggio che narrazioni di esperienze di questo tipo possono trasmettere.
I malanni sembrano sempre passare vicino, riguardare qualcun altro e, spesso si vive una sorta di onnipotenza, che ci fa credere invincibili, convinti che siano sempre i cuori degli altri a fermarsi.
Invece può capitare che sia il nostro cuore a fermarsi. E con esso la nostra vita bisognosa di essere riconsiderata e ripensata.
Il cambiamento non è repentino, una sorta di apparizione della Madonna o un fulmine a ciel sereno , ma un lento recupero, prima fisico poi personale tutto teso a riprendere gli spazi emotivi, sentimentali e sociali che prima ci appartenevano.
Spesso però, una volta concluso questo percorso ci si accorge che tutto ha un altro significato e le priorità di un tempo oggi sembrano barzellette.
L'importante è non dimenticare, per non ripetere gli errori di un tempo.
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