C’è un che di organico nella modalità in cui si è svolta la
missione di Curiosity. Mi ricorda il primo viaggio di un bambino a cui i genitori
hanno impartito tutte le istruzioni
necessarie a raggiungere per bene la destinazione, sapendo di non poterlo
accompagnare nell’ultimo tratto.
Anche questa complessa astronave può essere considerato una sorta
di figlio dell’uomo. Un figlio della scienza e della sete di conoscenza,
appartenente ad una nuova generazione di macchine “pensanti” capaci di mettere
a frutto, magari ampliandole, le conoscenze, l’imprinting trasmesso dall’uomo.
Controllarne remotamente, da Terra la discesa, era precluso
dalle leggi della fisica. Servivano minuti per poter trasmettere un singolo
comando, mentre durante la discesa sono stati centinaia al secondo le decisioni
da prendere per poter stabilizzare in continuazione il sistema, centrando con
precisione il cratere Gale.
Quanto bastava a compiere questa serie di complesse
operazioni, era tra le conoscenze già a
bordo e, durante l’avvicinamento, gli occhi di “Curiosity” si sono
continuamente misurati con lo spazio circostante, valutando la velocità e la posizione dell’astronave.
La fase di atterraggio non è stata governata da una sequenza
temporizzata di comandi. La capacità autonoma di apprendere e misurarsi con l’ambiente
esterno ha permesso all’astronave di correggere in continuazione tutti i parametri
di volo, attivando al momento più giusto le operazione fondamentali.
Chissà cosa direbbe Alan Turing, uno dei padri dell'informatica e ideatore del Test di Turing, nell’ammirare un comportamento tanto
intelligente di una macchina. Chissà se un uomo avrebbe fatto meglio ?
Con questa missione si è aperta una fase nuova dei viaggi e
dell’esplorazione spaziale. Volendo si può identificare nel Pathfinder, piccolo robot esploratore di Marte, il precursore
di questa nuova generazione di macchine. Si tratta di sistemi autonomi e capaci
di padroneggiare gran parte delle
funzionalità di base, rispondendo a richieste provenienti dalla terra molto
simili a degli obiettivi di progetto.
Nei prossimi decenni compariranno sistemi molto più capaci
dell’uomo sia di esplorare l’immensamente grande quanto di avventurarsi nell’estremamente
piccolo con il compito di curare e correggere potenziali cause di malattie.
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