“Se vogliamo salvaguardare il
nostro posto di lavoro, dobbiamo abbassare i costi”.
Già le previsioni del prossimo
anno erano state fatte con parsimonia e l’obiettivo di ottenere il necessario
con il minimo costo.
Un po’ di evoluzione c’è e ci
deve essere anche nei momenti di crisi nera. Qualcuno dice che proprio nei
momenti neri si dovrebbe produrre il massimo sforzo, investendo quanto possibile,
per essere pronti ad aggredire la ripresa.
Nelle aziende moderne il successo
non è frutto di strategie industriali. Queste servono solo a riempire le presentazioni
PowerPoint. Le strategie degli ultimi anni sono state puntualmente disattese.
Si naviga a vista nel bene (strategie evolutive) e nel male (scoprendo all’ultimo
momento i problemi economici).
Insomma c’è da chiederci a cosa
servano le mega strutture delle grandi aziende se l’obiettivo è quello di non
farsi travolgere dalla tempesta.
Forse dai manager inutili potrebbe
cominciare parte del risanamento economico. Ci siano o non ci siano il
risultato non cambia. Bastano poche teste ma buone, e quelle, qualunque capo di
azienda è in grado di individuarle con il solo buon senso.
Poi c’è la delocalizzazione,
lavoro Italiano spostato verso paesi dove le stesse cose si fanno a minor costo. Lavoro straniero che produce mobilità
italiana.
I costi sono talmente vantaggiosi che per far lavorare del personale nel Far East
si mette in piedi una sorta di passa-mano informativo in cui chi prepara il
lavoro per i poveri, può nello stesso tempo, produrlo direttamente con una
qualità forse migliore.
Si sta scoprendo, nel settore
alimentare, la qualità e la convenienza dei prodotti a Km. 0.
Penso che lo stesso modello, possa
ormai essere applicato anche in alcuni processi industriali, che oggi sono distribuiti
nel mondo e in continua migrazione, sempre alla ricerca di un povero ancora più
povero.
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