Seduto sulla scalinata della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Parma osservavo, vicino a mio figlio piccolo, l'andirivieni di persone e di studenti.
Al piccolo avevo spiegato che quella era una scuola e che suo fratello era lì per fare un esame.
“Papà, che cos'è un'esame ?”, chiese immediatamente,
“Un verifica che serve per capire se hai imparato quello che dovevi studiare” ,
“Vedi quella ragazza con quell'enorme libro ?”,
“Lo ha letto e studiato tutto”.
Di meglio i quel momento non riuscii a fare. Poi il discorso divenne più semplice quando l'obiettivo si spostò sul capire quante fossero le pagine dell'enorme libro. La stima grossolana di 400 pagine bastò a calmare la curiosità del bambino.
Poi il ragazzino cominciò a sfogare la sua esuberanza mettendosi a correre e a salire ripetutamente la scalinata.
Intanto i giovani entravano e uscivano, era giorno di esami e di lauree.
Molti sostavano pure loro sulle scale, armeggiavano sui telefonini spedendo, suppongo, risultati e voti a parenti e amici. Spesso fumavano nervosamente.
La curiosità di mio figlio si risvegliò quando, dopo aver visto passare una signora di una certa età, chiese :
“Ma se questa è una scuola perché ci va anche quella vecchia signora?”,
“In questa scuola ci si può iscrivere sempre, a qualsiasi eta”, spiegai.
“Forse", aggiunsi, "quella signora è un insegnante”.
“Forse", aggiunsi, "quella signora è un insegnante”.
La cosa terminò così, senza altri approfondimenti
A un certo punto, un capannello di quattro ragazze si raccolse poco lontano da me, stavano aspettando che un loro amico discutesse la tesi di laurea.
Non potevo non ascoltare i lori discorsi, e prestai ancor più attenzione quando una di loro esordi dicendo :
“Io accendo il computer solo perché devo iscrivermi agli esami, altrimenti faccio tranquillamente a meno di Internet “
“Anche a me non interessa internet, uso a malapena Word per scrivere”, disse un'altra che le stava di fianco.
A quel punto una ragazza bruna, che stava con loro, in apparenza distratta da altri pensieri, disse ;
“Io ho provato a fare ricerche su internet, ma mi arrabbiavo quando non trovavo quello che volevo, così ho lasciato perdere. Qualche volta ho usato Facebook, ma poi ho mollato “.
L'ultima, come risvegliata dalla parola magica Facebook, concluse :
“State lontano da Facebook, crea a molti una sorta di dipendenza, oltre che trattare i nostri dati personali per fare affari. Evitate di inserire troppe informazioni su Facebook !”
La penultima, quella che aveva usato Facebook, forse per non passare per sprovveduta, rassicurò tutti dicendo di aver messo solo le informazioni minime .
Io ascoltai stupito la conversazione, trovando singolare il punto di vista di quelle giovani.
Non mi sembravano delle persone snob.
Pensai, lì per lì, che appartenessero a una specie destinata all'estinzione, incapace di sopravvivere in un mondo dominato dai “Social Network o di sottrarsi all' “Always Connected”. Poi ragionando un po' realizzai, invece, che io, uscito dalla mia riserva, mi ero imbattuto su una parte di mondo che non conoscevo, ma non per questo dovevo ignorare.
La cosa mi fece particolarmente felice, come quando si scopre l'esistenza di una valida opposizione a un governo mediocre.
Insomma un altro mondo era possibile.
Un po' per pudore, aspettai che le ragazze si allontanassero, prima di estrarre il Tablet e consultare la posta.
Armeggiando con il "touch screen", ero pervaso però da una sensazione di disagio, come fossi io l'eccezione, ma in fondo, d'incanto, mi ero scoperto un po' meno libero .
Nessun commento:
Posta un commento