Il 1994 fu, per la mia carriera di podista l'anno migliore. Anche se, già alla maratona di Venezia, corsa nell'ottobre del 1993, riuscii a classificarmi 381esimo, scendendo sotto lil muro delle tre ore, l'anno successivo decisi di aumentare l'impegno e il tempo dedicato all'allenamento, con l'obiettivo di migliorarmi.
Le tabelle di allenamento che il mio allenatore mi consegnò per la preparazione invernale, anche dopo 17 anni, non esito a definirle massacranti.
Poche furono le occasioni in cui riuscii a rispettarle, facendo tutto ciò che era previsto. Quello che mi mandava particolarmente in crisi erano le sedute dedicate alla prove ripetute, a cui arrivavo mentalmente già provato, pensando alla fatica che mi aspettava.
Nonostante tutto riuscii a migliorare il tempo nella mezza maratona, correndo a febbraio in 1h 21' 01'', facendo poi seguire una serie di prestazioni sugli stessi livelli fino a ai primi di maggio.
Finita la stagione delle mezze maratone, dopo un breve periodo di riposo, cominciai la preparazione alla maratona di Venezia. Avevo tutta l'estate a disposizione.
Le tabelle di allenamento rimasero le stesse, come pure la fatica sia fisica che psicologica.
L'obiettivo era quello di scendere sotto le 2h e 50'.
Quando tutto sembrava filare per il verso giusto, durante la visita per l'abilitazione all'attività agonistica, comparvero un paio di extrasistoli durante la prova sotto sforzo. Già a quei tempi il mio cuore faceva a volte le bizze !
Mi rimandarono a casa con una lista di controlli da fare, ma soprattutto non mi diedero il certificato.
Tutto accadde a Settembre. Quindi, un mese prima della maratona, rimasi fermo per quindici giorni, il tempo che ci volle per fare tutti gli accertamenti previsti.
A fine mese, mi rassicurarono che non c'era nulla di cui preoccuparsi, consegnandomi il certificato, ma ormai la gara era prossima e quindici giorni di allenamento erano andati perduti.
Corsi comunque la maratona, che terminai tre ore esatte, ma per me, finì al 32esimo km, quando entrai in crisi e dovetti rallentare. Ero passato in 1h e 25' a metà gara e in 2h e 01' ai 30 km.
L'obiettivo sembrava possibile ma, purtroppo, mi mancava la preparazione per percorrere gli ultimi 12 km.
Dimenticai l'esperienza e, dopo qualche giorno di riposo, ripresi gli allenamenti, abbandonando temporaneamente le tabelle. Correvo seguendo le mie sensazioni, alternando allenamenti veloci con altri più lenti e più lunghi.
Fu cosi' che, dopo quindici giorni pensai di iscrivermi alla “Non Competitiva “ che si svolgeva al mio paese, come ogni anno, alla fine di ottobre.
La partenza avvenne come una gara vera, con tanto di sparo e, appena partito capii che le gambe giravano alla grande. Mi sembrava di volare e, quando deviai per il percorso dei 12 km, mi ritrovai davanti la moto apripista.
Solo in quel momento capii di essere davanti a tutti.
Percorsi il resto della gara cercando di non voltarmi mai, chiedendo di tanto in tanto a quello della moto, se qualcuno, da dietro, mi stesse rimontando.
“Nessuno “, mi ripeteva il pilota, “il secondo è molto lontano”, mi rassicurava quando un rettilineo garantiva sufficiente visuale.
Quando arrivai, l'altoparlante annunciò : “ Ecco il vincitore della gara dei 12 km!”.
Tagliai il traguardo di slancio. Avrei potuto fare ancora molti km con la stessa lena.
Quella fu la mia prima e unica vittoria, tra l'altro colta in una gara “non competitiva”, ma ha per me un significato particolare, per cui la ricordo sempre con piacere.
Esistono i grandi traguardi, quelli olimpici destinati a pochi, ma per tutti gli altri, che olimpionici non diventeranno mai, ci sono mille occasioni per poter vivere soddisfazioni, assolutamente non paragonabili, ma capaci all'interno di un mondo più circoscritto e meno competitivo, di dare motivazioni e voglia di impegnarsi per migliorare.
Questo vale per tutti gli aspetti della vita, non solo per lo sport.
Il mondo dei secondi, dei terzi e di tutti coloro che seguono è un universo dimenticato, dove la differenza tra la gloria e la frustrazione si misura spesso in decimi di secondo oppure pochi centimetri.
Perdere di vista la vetta, a favore di sentieri comunque di uguale bellezza, può dare l'opportunità di scoprire un mondo altrettanto ricco e appagante.
Questo mi è tornato alla mente stasera, mentre assistevo al concorso che eleggeva Miss Campeggio 2011.
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