martedì 14 maggio 2013

Customer Care


“0422 …. “
Un numero di Treviso, non catalogato era apparso sul display dell’IPhone”.
“Non è la banca e nemmeno un numero aziendale”, pensai continuando ad osservare il piccolo schermo nero del telefono. Intanto la suoneria continuava imperterrita ad attirare la mia attenzione.
Ho un pessimo rapporto con i numeri di telefono che non conosco o che non siano catalogati nelle mia rubrica telefonica. Diffido, di solito, da chi mi è sconosciuto e specialmente quando le chiamate arrivano sul cellulare aziendale, ci penso un po’ e il più delle volte non rispondo.
Qualcuno, notando questa mio comportamento, qualche tempo fa, mi rimproverava dicendo:
“Chissà quante occasioni ti sei perso non rispondendo …. !”.
Oppure,
“Cosa ti costa rispondere e, nel caso dire, grazie, non mi interessa?”
Ottimi consigli, che solo di rado, ho pensato di seguire.  Essere interrotto, o semplicemente dovermi smarcare da seccature mi pesa oltre modo.  Spesso manca la serenità, la voglia o il buon senso.
Ma quel numero, pur ignorando a chi si riferisse, era troppo vicino geograficamente per essere snobbato. Così, con curiosità toccai lo schermo su rispondi.
“Buongiorno, sono dell’USL13, lei è il Sig. ……”
“Si, sono io, … Buongiorno”, risposi.
In pochi attimi realizzai che la chiamata arrivava dall'ospedale e fui assalito da un’agitazione dettata dalla paura.
“Vuoi vedere che il defibrillatore ha individuato qualcosa di anomalo?”, fu la prima domanda che mi passò per la mente.
Da quando è attivo il collegamento settimane tra l’ICD e un centro di controllo situato chissà dove, ogni lunedì notte, mentre dormo, il dispositivo che sta sul comodino illuminando con il suo LED la camera con una strana luce verde, si collega via radio al defibrillatore e, prima scarica i dati da quest’ultimo,  poi li spedisce attraverso la linea telefonica a cui è collegato.
Le prime volte la cosa mi faceva rabbrividire, ma come spesso accade, anche le cose più strane, con il tempo diventano normali e scontate. Oggi mi capita, raramente di controllare il display. Quando mi ricordo, accendo lo schermo, premendo il grosso tasto ovale che sta in bella vista sul modem. Il messaggio è, da mesi, sempre lo stesso, “Prossimo contatto il…”. La data riportata fa riferimento al lunedì successivo quando immancabilmente e senza intoppi avviene il  contatto e lo scarico.
Quando mi consegnarono il modem, convocandomi in uno degli ambulatori di cardiologia, mi fecero firmare un documento in cui accettavo uno strano tipo di violazione della privacy: lo scarico dei valori di funzionamento del mio cuore, monitorati costantemente dall’ICD che potevano essere usati sia per scopi diagnostici che per scopi di ricerca. Insomma diventai un sorvegliato speciale. In quell’occasione chiesi fino a che punto potevano leggere tra le righe l’andamento della mia vita. La risposta fu terribile nella sua vaghezza : “Possiamo intuire praticamente tutto”.
“C’è qualcosa che non va ?”, chiesi immediatamente cercando di sciogliere al più presto l’ansia che mi stava attanagliando. Ero sicuro che, dall’altra parte del filo, l’altro capisse subito cosa intendevo dire e che, nel caso peggiore, avrei ricevuto una risposta puntuale.
La telefonata stava nell’ambito del servizio pattuito con USL al momento del rilascio del sistema di monitoraggio dell’ICD. In caso di problemi dovevo essere avvertito e contattato entro cinque giorni dall’ scarico dei dati.  Questo avevo sottoscritto unitamente alle clausole che riguardavano al privacy.
Il timore che improvvisamente, a mia insaputa, qualcosa non funzioni a dovere nel mio cuore mi ha accompagnato  sia dopo l’impianto dell’ICD sia dall’inizio del monitoraggio remoto, iniziato dopo circa un anno.
Oggi sono abbastanza sereno e tranquillo. Non ci penso quasi mai e nemmeno le extrasistoli che di tanto in tanto mi fanno sentire per un battito di tempo un buco allo stomaco, mi danno da pensare.
“No, tutto a posto, stia tranquillo”, mi rassicurò la voce al telefono.
Passarono un paio di secondi, capaci di far decantare la tensione, poi la voce continuò.
“Lei sa di essere parte di un progetto europeo che sta monitorando le persone portatori di ICD “, mi rammentò subito, contribuendo a rasserenarmi.
In effetti già da un anno sapevo di questo fatto e, a parte una brevissima telefonata, non avevo avuto altri contatti a riguardo.
“Si, mi ricordo”, risposi, ripensando all'incontro in ospedale in cui ero stato informato e dove di certo avevo sottoscritto qualche altra clausola.
“E’ soddisfatto del servizio?”. chiese
La domanda suonava strana, fuori luogo.
“Quale servizio?”, mi chiesi, cercando una risposta alla domanda.
“Che intenda il funzionamento dell’ICD lo lo scarico dei dati del monitoraggio”, rimuginai, ancora un po’ spiazzato.
A dire la verità tutto sembrava andare a meraviglia. L’ICD per mia fortuna oziava sin dal momento dell’impianto mentre il modem continuava a trasmette i dati settimanalmente con una puntualità invidiabile.
Il primo è un servizio che spero di non dover verificare mai, mentre il secondo mi auguro possa aiutare altre persone con problemi simili ai miei.
“Tutto bene”, risposi, cercando una risposta buona per entrambe le eventualità.
“Lei apprezza la possibilità di poter essere controllato remotamente, piuttosto che dover passare ogni mese in ambulatorio?”.
“Apprezzo, …. Apprezzo di sicuro”, dissi di getto come se dovessi scacciare dei dubbi nella mente dell’altro prima ancora che si insinuassero.
Ma la frase non era passata inosservata  e quell'affermazione sui controlli mensili, che peraltro non mi erano mai stati prospettati, mi riportò alla mente vecchi pensieri di malattia e di handicap.
“Vede”, dissi cercando di cambiare discorso, “E’ un po’ strano spiegare a chi mi conosce perché ho un modem con una luce verde sul comodino e ancor più difficile spiegare cosa fa tutti i lunedì notte”.
“Ormai ci ho fatto l’abitudine e sono contento”, tagliai corto, deciso a non proseguire nelle spiegazioni.
“Sono sorpreso nel constatare il modo in cui vive la sua condizione”, replicò l’altro di là del filo, “non è da tutti”
“Posso chiederle una curiosità che ho da tempo ?”,  mi permisi di chiedere, visto il tono che aveva preso la conversazione.
“Mi dica “, disse disponibile l’altro.
“Ma quali sono i parametri che vengono raccolti dall’ICD ?”.  
Da sempre mi incuriosiva sapere quali fossero le informazioni che passavano ogni lunedì notte, mentre dormivo, dal mio costato al modem e poi lungo la linea telefonica.
“Più o meno quelli di un normale Elettrocardiogramma, la pressione arteriosa e altri ancora”, mi rispose in maniera approssimativa il signore dell’USL.
Fui felice comunque della risposta e fantasticai, negli istanti successivi, su dove fossero registrati tutti quei dati che mi appartenevano. Li considerai per un attimo una sorta di reperto archeologico lasciato per gli uomini del futuro
La telefonata non era finita. L’intervistatore interruppe i miei pensieri e, con un tono più formale, come se ritornasse a leggere un traccia che teneva davanti, chiese:
“Mi può confermare la sua data di nascita?
“Sono nato il 7……”,
“Dalla voce sembrava più giovane”, confermò con un tono vagamente complimentoso.
Ringraziai, lusingato sia dall'ultima frase sia dal modo con ero riuscito a raccontarmi.
“Il servizio va benissimo, soprattutto, finché non entra in servizio”, pensai giocando sull'ambiguità delle parole e delle situazioni.
Io con quel servizio spero di non dovermi confrontare mai anche se, prima o poi, temo, succederà, mio malgrado.
Talvolta mi sento “vecchio e malandato.”

domenica 12 maggio 2013

Leggendo ..... sulle Aspettative



"Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali,   
esse sono reali nelle loro conseguenze"


Teorema di Thomas (William Thomas)

lunedì 6 maggio 2013

Serido'





IPOD Playlist

E per la barca che è volata in cielo 
che i bimbi ancora stavano a giocare 
che gli avrei regalato il mare intero 
pur di vedermeli arrivare 

Per il poeta che non può cantare 
per l'operaio che non ha più il suo lavoro 
per chi ha vent'anni e se ne sta a morire 
in un deserto come in un porcile 
e per tutti i ragazzi e le ragazze 
che difendono un libro, un libro vero 
così belli a gridare nelle piazze 
perché stanno uccidendo il pensiero 

per il bastardo che sta sempre al sole 
per il vigliacco che nasconde il cuore 
per la nostra memoria gettata al vento 
da questi signori del dolore 

Chiamami ancora amore 
Chiamami sempre amore 
Che questa maledetta notte 
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui 
di musica e di parole 


Chiamami ancora amore - Roberto Vecchioni

venerdì 3 maggio 2013

Il sorpasso


Appena mi vidi superare lungo la rampa del garage da un tagliaerba fuori controllo, mi voltai e l’espressione di mio figlio non era, di certo, quella di uno a cui era sfuggito di mano il manubrio.
La faccia somigliava a quella curiosa di chi da molto tempo serbava dentro il desiderio di provare un gioco nuovo.
Ritornai quindi, a seguire con lo sguardo il tagliaerba rimanendo stupito dalla velocità con cui scendeva e dalla linea retta che tracciava.  Il portone di lamiera era in fondo allo scivolo, appena dopo il termine della discesa.
Non c’era spazio alcuno per una frenata, lo schianto era l’unico epilogo possibile.
Il tonfo fu fragoroso. Il portone si divelse, rimanendo da un lato semi aperto.
“Però!” Esclamai sorpreso, non immaginando cotanto rumore.
Il portone era uscito dalle guide. Accolsi l’incidente con uno scatto d’ira. Il bimbo, intuito il malanno, scappò e mi tenne d’occhio, controllando ogni mio movimento. 
Nel frattempo io tentavo, inutilmente, di riportare il portone al suo posto e ripensavo a quante situazioni simili avevo vissuto da piccolo, dopo aver combinato un malanno. Anch'io se potevo me ne stavo a debita distanza da mia madre, senza perderla di vista, per evitare sorprese.
Ero, invece, dall'altra parte” della barricata” e comprendevo i timori di mio figlio, però ero certo che avesse capito la lezione.
Non servivano punizioni aggiuntive.