domenica 19 maggio 2013
martedì 14 maggio 2013
Customer Care
“0422 …. “
Un numero di Treviso, non catalogato era apparso sul display
dell’IPhone”.
“Non è la banca e nemmeno un numero aziendale”, pensai
continuando ad osservare il piccolo schermo nero del telefono. Intanto la
suoneria continuava imperterrita ad attirare la mia attenzione.
Ho un pessimo rapporto con i numeri di telefono che non
conosco o che non siano catalogati nelle mia rubrica telefonica. Diffido, di
solito, da chi mi è sconosciuto e specialmente quando le chiamate arrivano sul
cellulare aziendale, ci penso un po’ e il più delle volte non rispondo.
Qualcuno, notando questa mio comportamento, qualche tempo
fa, mi rimproverava dicendo:
“Chissà quante occasioni ti sei perso non rispondendo …. !”.
Oppure,
“Cosa ti costa rispondere e, nel caso dire, grazie, non mi interessa?”
Ottimi consigli, che solo di rado, ho pensato di seguire. Essere interrotto, o semplicemente dovermi
smarcare da seccature mi pesa oltre modo.
Spesso manca la serenità, la voglia o il buon senso.
Ma quel numero, pur ignorando a chi si riferisse, era troppo
vicino geograficamente per essere snobbato. Così, con curiosità toccai lo
schermo su rispondi.
“Buongiorno, sono dell’USL13, lei è il Sig. ……”
“Si, sono io, … Buongiorno”, risposi.
In pochi attimi realizzai che la chiamata arrivava dall'ospedale e fui assalito da un’agitazione dettata dalla paura.
“Vuoi vedere che il defibrillatore ha individuato qualcosa
di anomalo?”, fu la prima domanda che mi passò per la mente.
Da quando è attivo il collegamento settimane tra l’ICD e un
centro di controllo situato chissà dove, ogni lunedì notte, mentre dormo, il dispositivo
che sta sul comodino illuminando con il suo LED la camera con una strana luce
verde, si collega via radio al defibrillatore e, prima scarica i dati da quest’ultimo,
poi li spedisce attraverso la linea
telefonica a cui è collegato.
Le prime volte la cosa mi faceva rabbrividire, ma come
spesso accade, anche le cose più strane, con il tempo diventano normali e
scontate. Oggi mi capita, raramente di controllare il display. Quando mi
ricordo, accendo lo schermo, premendo il grosso tasto ovale che sta in bella
vista sul modem. Il messaggio è, da mesi, sempre lo stesso, “Prossimo contatto
il…”. La data riportata fa riferimento al lunedì successivo quando
immancabilmente e senza intoppi avviene il contatto e lo scarico.
Quando mi consegnarono il modem, convocandomi in uno degli
ambulatori di cardiologia, mi fecero firmare un documento in cui accettavo uno
strano tipo di violazione della privacy: lo scarico dei valori di funzionamento
del mio cuore, monitorati costantemente dall’ICD che potevano essere usati sia
per scopi diagnostici che per scopi di ricerca. Insomma diventai un sorvegliato
speciale. In quell’occasione chiesi fino a che punto potevano leggere tra le
righe l’andamento della mia vita. La risposta fu terribile nella sua vaghezza :
“Possiamo intuire praticamente tutto”.
“C’è qualcosa che non va ?”, chiesi immediatamente cercando
di sciogliere al più presto l’ansia che mi stava attanagliando. Ero sicuro che,
dall’altra parte del filo, l’altro capisse subito cosa intendevo dire e che,
nel caso peggiore, avrei ricevuto una risposta puntuale.
La telefonata stava nell’ambito del servizio pattuito con
USL al momento del rilascio del sistema di monitoraggio dell’ICD. In caso di
problemi dovevo essere avvertito e contattato entro cinque giorni dall’ scarico
dei dati. Questo avevo sottoscritto
unitamente alle clausole che riguardavano al privacy.
Il timore che improvvisamente, a mia insaputa, qualcosa non
funzioni a dovere nel mio cuore mi ha accompagnato sia dopo l’impianto dell’ICD sia dall’inizio
del monitoraggio remoto, iniziato dopo circa un anno.
Oggi sono abbastanza sereno e tranquillo. Non ci penso quasi
mai e nemmeno le extrasistoli che di tanto in tanto mi fanno sentire per un
battito di tempo un buco allo stomaco, mi danno da pensare.
“No, tutto a posto, stia tranquillo”, mi rassicurò la voce
al telefono.
Passarono un paio di secondi, capaci di far decantare la
tensione, poi la voce continuò.
“Lei sa di essere parte di un progetto europeo che sta monitorando
le persone portatori di ICD “, mi rammentò subito, contribuendo a rasserenarmi.
In effetti già da un anno sapevo di questo fatto e, a parte
una brevissima telefonata, non avevo avuto altri contatti a riguardo.
“Si, mi ricordo”, risposi, ripensando all'incontro in ospedale
in cui ero stato informato e dove di certo avevo sottoscritto qualche altra clausola.
“E’ soddisfatto del servizio?”. chiese
La domanda suonava strana, fuori luogo.
“Quale servizio?”, mi chiesi, cercando una risposta alla
domanda.
“Che intenda il funzionamento dell’ICD lo lo scarico dei
dati del monitoraggio”, rimuginai, ancora un po’ spiazzato.
A dire la verità tutto sembrava andare a meraviglia. L’ICD per
mia fortuna oziava sin dal momento dell’impianto mentre il modem continuava a
trasmette i dati settimanalmente con una puntualità invidiabile.
Il primo è un servizio che spero di non dover verificare
mai, mentre il secondo mi auguro possa aiutare altre persone con problemi
simili ai miei.
“Tutto bene”, risposi, cercando una risposta buona per
entrambe le eventualità.
“Lei apprezza la possibilità di poter essere controllato
remotamente, piuttosto che dover passare ogni mese in ambulatorio?”.
“Apprezzo, …. Apprezzo di sicuro”, dissi di getto come se
dovessi scacciare dei dubbi nella mente dell’altro prima ancora che si
insinuassero.
Ma la frase non era passata inosservata e quell'affermazione sui controlli mensili,
che peraltro non mi erano mai stati prospettati, mi riportò alla mente vecchi
pensieri di malattia e di handicap.
“Vede”, dissi cercando di cambiare discorso, “E’ un po’
strano spiegare a chi mi conosce perché ho un modem con una luce verde sul
comodino e ancor più difficile spiegare cosa fa tutti i lunedì notte”.
“Ormai ci ho fatto l’abitudine e sono contento”, tagliai
corto, deciso a non proseguire nelle spiegazioni.
“Sono sorpreso nel constatare il modo in cui vive la sua condizione”,
replicò l’altro di là del filo, “non è da tutti”
“Posso chiederle una curiosità che ho da tempo ?”, mi permisi di chiedere, visto il tono che
aveva preso la conversazione.
“Mi dica “, disse disponibile l’altro.
“Ma quali sono i parametri che vengono raccolti dall’ICD ?”.
Da sempre mi incuriosiva sapere quali fossero le informazioni che passavano ogni lunedì notte, mentre dormivo, dal mio costato al modem e poi lungo la linea telefonica.
Da sempre mi incuriosiva sapere quali fossero le informazioni che passavano ogni lunedì notte, mentre dormivo, dal mio costato al modem e poi lungo la linea telefonica.
“Più o meno quelli di un normale Elettrocardiogramma, la
pressione arteriosa e altri ancora”, mi rispose in maniera approssimativa il
signore dell’USL.
Fui felice comunque della risposta e fantasticai, negli
istanti successivi, su dove fossero registrati tutti quei dati che mi
appartenevano. Li considerai per un attimo una sorta di reperto archeologico
lasciato per gli uomini del futuro
La telefonata non era finita. L’intervistatore interruppe i
miei pensieri e, con un tono più formale, come se ritornasse a leggere un
traccia che teneva davanti, chiese:
“Mi può confermare la sua data di nascita?
“Sono nato il 7……”,
“Dalla voce sembrava più giovane”, confermò con un tono
vagamente complimentoso.
Ringraziai, lusingato sia dall'ultima frase sia dal modo con
ero riuscito a raccontarmi.
“Il servizio va benissimo, soprattutto, finché non entra in
servizio”, pensai giocando sull'ambiguità delle parole e delle situazioni.
Io con quel servizio spero di non dovermi confrontare mai anche
se, prima o poi, temo, succederà, mio malgrado.
Talvolta mi sento “vecchio
e malandato.”
domenica 12 maggio 2013
Leggendo ..... sulle Aspettative
"Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali,
esse sono reali nelle loro conseguenze"
Teorema di Thomas (William Thomas)
lunedì 6 maggio 2013
IPOD Playlist
E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare
Per il poeta che non può cantare
per l'operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent'anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero
per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole
Chiamami ancora amore - Roberto Vecchioni
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare
Per il poeta che non può cantare
per l'operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent'anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero
per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole
Chiamami ancora amore - Roberto Vecchioni
sabato 4 maggio 2013
venerdì 3 maggio 2013
Il sorpasso
Appena mi vidi superare lungo la rampa del garage da un tagliaerba
fuori controllo, mi voltai e l’espressione di mio figlio non era, di certo,
quella di uno a cui era sfuggito di mano il manubrio.
La faccia somigliava a quella curiosa di chi da molto tempo
serbava dentro il desiderio di provare un gioco nuovo.
Ritornai quindi, a seguire con lo sguardo il tagliaerba
rimanendo stupito dalla velocità con cui scendeva e dalla linea retta che
tracciava. Il portone di lamiera era in
fondo allo scivolo, appena dopo il termine della discesa.
Non c’era spazio alcuno per una frenata, lo schianto era l’unico
epilogo possibile.
Il tonfo fu fragoroso. Il portone si divelse, rimanendo da
un lato semi aperto.
“Però!” Esclamai sorpreso, non immaginando cotanto rumore.
Il portone era uscito dalle guide. Accolsi l’incidente con
uno scatto d’ira. Il bimbo, intuito il malanno, scappò e mi tenne d’occhio,
controllando ogni mio movimento.
Nel frattempo io tentavo, inutilmente, di riportare il portone al suo posto e ripensavo a quante situazioni simili avevo vissuto da piccolo, dopo aver combinato un malanno. Anch'io se potevo me ne stavo a debita distanza da mia madre, senza perderla di vista, per evitare sorprese.
Nel frattempo io tentavo, inutilmente, di riportare il portone al suo posto e ripensavo a quante situazioni simili avevo vissuto da piccolo, dopo aver combinato un malanno. Anch'io se potevo me ne stavo a debita distanza da mia madre, senza perderla di vista, per evitare sorprese.
Ero, invece, dall'altra parte” della barricata” e comprendevo
i timori di mio figlio, però ero certo che avesse capito la lezione.
Non servivano punizioni aggiuntive.
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