La scrivania appoggiata all'angolo, dove
si trova il grande radiatore della stanza, appare sempre più
ingombra. Vi trovano posto, ammassati uno sull'altro o appoggiati
negli spazi sempre più esigui, fogli con annotazioni e schemi,
corrispondenza in attesa di essere catalogata, libri letti e da
leggere. Alcuni di questi sono talmente grossi che a vederli incutono
un timore del tutto simile a quello che mi prendeva quando mi trovavo
alla partenza della maratone. So che sono da leggere in vista dei prossimi esami, non sarà una passeggiata studiarci su , ma
li guardo convinto che appena aperti mi prenderanno e appassioneranno
come quelli in corso d'opera, che stanno sopra il comodino in camera.
Quest'ultimi, quasi tutti si
accompagnano con una matita che funge da segnalibro. Strano modo di
usare le matite! C'è chi le utilizza per evidenziare i pensieri e le
parole più significative, mentre io mi limito a tener traccia di
dove sono arrivato. Talvolta mi metto a sottolineare, ma
l'ispirazione dura poco, di sicuro non determinata dal contenuto
delle pagine.
Mi piace raccogliere le matite dentro ai barattoli vuoti del caffè d'orzo che bevo a colazione. Un tempo li buttavo ma da qualche tempo li colleziono, anche se sono tutti uguali,
impilandoli a lato dello schermo del PC, sopra la scrivania.
Due sono destinati a contenere le
matite, quelle gialle della Fila, che compro al supermercato di tanto
in tanto, in confezioni da dodici. Le porto a casa e le metto nei
barattoli. Ne avrò una cinquantina. Ho comprato anche una confezione
di colori a pastello, lunghe matite colorate, finite pure loro in uno
dei barattoli. Là vicino si trovano anche i barattoli con dentro i
pennarelli, di varia misura e spessore e uno destinato a contenere gomma
da cancellare, temperino e chiavette USB, quelle che quando servono
non si trovano mai.
Nulla di quei contenitori del caffè va
buttato, nemmeno i coperchi in gomma, che ho scoperto essere degli
ottimi livellatori e ammortizzatori su cui far poggiare la lavatrice.
Da quando ne ho messo uno sotto uno dei quattro appoggi, la lavatrice
è diventata silenziosa ma soprattutto non vaga per il bagno durante
la centrifuga finale.
In caso di usura o rotture di uno di
questi spessori, ne conservo una scorta sufficiente a tenere in bolla
la lavatrice ancora per qualche anno.
Il restante spazio della scrivania è
occupato dal computer, un vecchio Pentium non so cosa, comprato
usato, ingrassato di un po' di memoria e arricchito da un certo
numero di accessori e periferiche : Webcam. Scanner, altoparlanti e
microfono. Se ci si accontenta della lentezza non manca niente.
Il tutto fa angolo, come già detto,
con un termosifone: grande, alto, massiccio, capace di scaldare una
stanza che fa da cucina, salotto ed entrata.
Mi piace accendere la lampada che sta
sopra alla mensola posta poco sopra al termosifone.
Essa illumina con la sua luce soffusa
giusto l'angolo del PC, puntando dritta sulla tastiera.
La luce si ferma là nei dintorni,
mescolandosi verso il muro, con il chiarore del video. Il resto della
stanza è buio. Mi sembra di essere su un palcoscenico, solo, senza
altri riferimenti e il ticchettio sui tasti fa un rumore che mi
ricorda le prime gocce d'acqua di un temporale estivo: grosse,
pesanti, infrangersi sul tetto, sopra al salotto.
Passo il tempo in quell'angolo di luce,
collegato al mondo attraverso un filo invisibile: Internet.
Sto sul Web ad osservare cosa succede
nel mondo con lo stesso spirito con cui mio padre, d'inverno, passava
le giornate, piovose, quelle in cui non lavorava, affacciato alla
finestra che dava sulla strada.
Stava li ad osservare anche lui il
mondo rappresentato da quella strada in cui passavano macchine,
persone conosciute e non, dove arrivava il rumore di eventi inconsueti :
un'ambulanza, uno scoppio lontano, il rumore di un trattore fuori
stagione.
L'orizzonte del web sembra non avere
fine mentre da dietro il vetro, spesso appannato dal vapore emanato
dalla cucina economica che scaldava la cucina, cinquant'anni fa si
poteva arrivare non oltre la riva che costeggiava la strada.
Le inquietudini di oggi non sono
dissimili da quelle di allora. L'abbondanza di informazioni e notizie
ci sta appiattendo le emozioni e abituando a tutto, nel bene e nel
male.
E' come vivessimo costantemente
all'interno di una discoteca, storditi dal volume assordante della
musica che ci impedisce, appena usciti, di percepire un bisbiglio, un
filo d'aria capace di far fremere le foglie e di modulare un sussurro
all'orecchio della persona amata.
Quello che manca forse è il senso del
silenzio, la sensazione del nulla, di uno zero e di una unità di
misura con cui ricominciare a prendere confidenza con la vita.
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