Qualche tempo fa, quando stavo al piano di sopra, ho
convissuto per qualche mese, di norma durante l’autunno, con un rumore
fastidioso e inquietante che usciva dalle travi in legno del soffitto.
Preso da altri pensieri, per qualche tempo non ho dato
volutamente peso alla cosa.
“Sparirà prima o poi”, pensavo con il chiaro intento
di rassicurami.
Per qualche tempo l’esercizio mentale riuscì, ma al
tempo stesso il rumore non scomparve, anzi, aumentò di tono e volume come se si
stesse, piano piano, avvicinando.
Cominciai a pensare che dei topi fossero alacremente
al lavoro intenti a scavare un tunnel tra quelle travi massicce, alla ricerca
di un ricovero protetto e caldo e quella maggiore sensazione di vicinanza fece
nascere in me una certa inquietudine.
“Prima o poi bucano la trave e si mettono ad
osservarmi dall'alto”.
In quei giorni, alle prese con queste
considerazioni, consultai esperti di suoni e di soffitti.
Uno di questi, specializzato in tarli, riconobbe in
quel rodere il suono inconfondibile di un tarlo.
MI rassicurò e si candidò per la necessaria
disinfestazione. Fossero stati tarli! Faticai
a credergli, immaginandomi dei tarli grandi quanto un topo e appena se ne andò,
alzai il telefono e consigliai la padrona di casa a ricercare altri specialisti.
Persi di vista la questione, pur passando parte delle
serate in compagnia di quel rosicchio continuo.
Una mattina mentre uscivo per andare al lavoro
incrociai un paio di persone che mi avvisarono di essere stati incaricati di derattizzare
la zona e il tetto della casa.
Furono individuati e tagliati i rami degli alberi
vicini che avevano permesso ai topi di salire sul tetto.
Da quel giorno i rumori sparirono senza più
riapparire.
I tarli o i presunti tali si presentano talvolta in
modo sommesso, quasi in punta di piedi e seppur ci infastidiscano, li
consideriamo come quei dolori che si manifestano d’improvviso e in poco tempo
scompaiono.
Ma altre volte non scompaiono ...
“Il cuore batte a un ritmo lento…”, disse
sommessamente il cardiologo osservando l’elettrocardiogramma. Cinquanta era la
mia frequenza cardiaca in quel momento, del tutto simile a quella che di tanto
in tanto misuravo per controllo o per curiosità.
Considerai la constatazione con una certa soddisfazione.
I farmaci beta-bloccanti, che ogni mattina prendo appena sveglio, hanno appunto
il compito di rallentare il cuore, mi hanno detto, per non stancarlo e farlo
così durare più a lungo.
Continuai la visita senza ansie particolari e il
cardiologo mi propose di rivederci da lì a un anno. Tutto andava bene tranne
che per quel paio di chili che avevo messo da parte durante le ultime feste.
“Se faccio attenzione, senza problemi ritorno presto
in forma!”.
Questi erano i miei pensieri all'uscita dall'ospedale.
La visita era stata breve e in pochi minuti potevo essere a casa per preparare
la cena.
Giunto a destinazione, riposi la cartellina con dentro
ricette e referti, sopra la scrivania e non ci pensai più.
Più tardi raccontando al telefono l’esito della visita
mi riecheggiarono nella mente le parole pronunciate poche ore prima:
“Il cuore batte a un ritmo lento…” ma mentre la
riportavo a chi stava al di là del filo, mi balenò un dubbio che mi fece trasalire:
“E se il cardiologo avesse voluto dire …. Il cuore
batte a un ritmo sempre più lento”.
“Il sempre più lento”, scateno l’ansia e la paura di dover affrontare un progressivo, lento peggioramento, determinato dall’ inevitabile
rallentamento del battito cardiaco.
Sempre più piano, sempre più lentamente … fino a
quando….
Sul fino a quando mi rifiutai di fare ipotesi. Tentai
di mettere a tacere quel tarlo che improvvisamente si era materializzato nella
mia mente.
L’impresa non sembra facile anzi, non sono riuscito a dimenticare quella possibile interpretazione delle parole del medico.
Sono passate un paio di settimane e ancora di tanto
in tanto il tarlo si fa risentire e nonostante l’ansia, non ho cercato di documentarmi
né di richiamare il cardiologo per avere le rassicurazioni che cercavo.
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